Storia del Bene
I beni erano intestati a D.M.S. Nel 2002 il Tribunale di Milano ha disposto la confisca definitiva dei beni tramite misura di prevenzione.
D.M.S. era detenuto, al momento della proposta della misura di prevenzione, presso la Casa di Reclusione di Napoli Secondigliano. Nonostante il soggetto fosse stato sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, continuò a commettere gravi reati: fu denunciato per partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti per il quale, nel 1985, furono emessi un provvedimento di cattura dalla Procura della Repubblica di Trapani e un mandato di cattura dal GIP di Milano. Nel 1986 e nel 1991, rispettivamente dal Questore di Milano e dal Procuratore della Repubblica di Milano, venne proposto “per l’applicazione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno in un comune della Lombardia”.
La Corte d’Assise di Palermo, con una sentenza del 1991, condannò D.M. ad alcuni anni di reclusione e al pagamento di una multa per ricettazione continuata aggravata e per reati come attività illecite, aggravanti specifiche, associazione per delinquere. Nella medesima sentenza venne accertata “la funzione del soggetto, quale collegamento, alle dipendenze dei C., tra l’organizzazione mafiosa siciliana ed i malavitosi milanesi dei quali si sarebbe servito per reperire i prodotti chimici necessari alla raffinazione dell’eroina”. Furono inoltre comprovati i contatti con persone legate alla malavita organizzata di cui D.M. godeva.
Il soggetto riportò anche condanne per furto, ricettazione, altre attività e reati illeciti. Nonostante il soggetto fosse impiegato nel campo edile, a seguito delle indagini, il patrimonio accumulato risultò chiaramente legato ad attività illecite.
Nel 1992 i carabinieri della Sezione di Trezzano sul Naviglio riferirono che, nei primi mesi dell’anno, D.M. fu avvistato diverse volte in compagnia di persone pregiudicate. Il decreto dello stesso anno stabilì che era necessario sottoporre il soggetto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno in un comune diverso da quello di residenza al fine di interrompere la sua cooperazione con persone legate alla criminalità organizzata.
Durante una perquisizione domiciliare, effettuata nel 1997 presso l’abitazione della moglie, furono rinvenuti, oltre a una cospicua somma di denaro in contanti, gioielli e pellicce, un passaporto, una patente di guida e una carta d’identità, recanti la foto di D.M., ma delle false generalità; fu anche ritrovato un manoscritto riportante i dati castali delle proprietà intestate ad un’azienda, destinato al ragioniere che a partire da Ottobre 1996 fu consulente della società.
I beni erano intestati ad un’azienda, con sede sociale a Vigevano, costituita nel 1991 con capitale sociale di £ 20.000.000 sottoscritto per £ 10.000.000 dalla moglie di D.M. e per £ 10.000.000 da un parente di questa, nominato amministratore unico della società – carica trasferita a un altro parente nel 1996, insieme alla quota. Nonostante le perdite riscontrate da un esame dei bilanci depositati, subite tra il 1991 e il 1996, e le capacità reddituali dichiarate da questi, i finanziamenti dei soci, effettuati dal 1992 al 1996, furono molto elevati. L’elevato ammontare dei finanziamenti dei soci dimostra che la società risultò “lo strumento principale delle attività di investimento degli utili realizzati da D.M. e quali furono ‘le concrete modalità di acquisto degli immobili intestati alla società. Nel 1992, acquistò da un’altra società i due appartamenti e le due autorimesse. Alla stipulazione dell’atto per la società intestata alla moglie di D. M. si presentò l’allora amministratore unico della società e, per la parte venditrice, il fratello del proposto “in forza di procura speciale a lui conferita dall’amministratore unico” della società da cui erano stati acquistati i due appartamenti. Come dichiarato, la suddetta società fu costituita al fine di gestire il patrimonio immobiliare familiare in un momento di crisi economico-finanziaria causata da alcuni investimenti sbagliati. Il padre, proprietario della società, prima di morire, raccomandò al figlio “la restituzione di un debito contratto con terzi”; quando questi si ripresentarono per la riscossione della somma senza mai spiegarne le origini, il figlio – diventato conseguentemente amministratore unico -, non avendo a disposizione il denaro, gli propose gli appartamenti di Baveno.
Al momento della stipulazione dell’atto dal notaio la persona propostasi per la riscossione della somma si presentò in compagnia di un nipote a cui, come risultò effettivamente dagli atti, nel 1991 venne rilasciata la procura speciale a vendere mentre lo zio non risultò più rintracciabile. Dalla ricognizione fotografica, l’amministratore unico della società riconobbe, seppur con qualche incertezza, D.M. S. nel nipote e, con sicurezza, lo zio di questi nella persona che sollecitò la restituzione del debito.
Tipologia e Descrizione
I beni sono due appartamenti in condominio al secondo piano, uno di di 49 mq. e l’altro di 53 mq., e due autorimesse di 14 mq. e 6 mq.
Riutilizzo
I beni sono stati destinati e trasferiti al patrimonio indisponibile del Comune di Baveno come alloggi di servizio personale del Comando Provinciale di Verbania nel 2008. Dopo la scioglimento del Corpo Forestale nel 2016, è possibile che i beni siano stati trasferiti al Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFAA) dei carabinieri.