Alle prossime elezioni amministrative per il comune di San Luca non ci sono candidati sindaci, né liste. Nelle parole dell’attuale primo cittadino, Bruno Bartolo che ha deciso di non richiedere il rinnovo del mandato, il racconto delle difficoltà attraversate, delle delusioni subite, della rassegnazione attuale, ma anche dei risultati raggiunti e una speranza affinché l’esercizio di un diritto democratico possa tornare anche a San Luca.
Nessuna lista è stata presentata nel paese dell’Aspromonte patria di Corrado Alvaro ma, purtroppo, drammaticamente noto per la sanguinosa faida tra i clan Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, culminata con la strage di Duisburg del 15 agosto 2007, per i sequestri di persona degli anni ’80 e ‘90, per le lunghissime latitanze “a casa propria”, e per i grandi e attualissimi traffici di droga, che arrivano a coprire tutto il Paese, come emerse anche in recenti inchieste a Roma.
San Luca è il comune del santuario della Madonna della montagna di Polsi, luogo di profonda religiosità popolare, ma anche dove la ‘ndrangheta teneva i propri vertici, e il cui rettore e parroco a San Luca, don Pino Strangio, è stato condannato in primo grado a 9 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “Gotha”. Una storia difficile da cancellare, ma ora a San Luca si tornerà indietro di cinque anni con un nuovo commissario prefettizio, così come era già stato dal 2013 al 2019, prima per lo scioglimento per condizionamento mafioso, poi nel 2015 per non raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto al voto, e nel 2017 e 2018 perché nessuno aveva presentato liste.
Così era rimasto come commissario Salvatore Gullì, dirigente della Prefettura di Reggio Calabria, con una lunga e positiva esperienza nei comuni sciolti per mafia, che aveva ben amministrato, dalla lotta all’evasione dei tributi comunali alla raccolta dei rifiuti, dal contrasto a furti d’acqua all’abusivismo edilizio, dalle iniziative culturali a quelle sportive. Al punto che i cittadini avevano scritto all’allora ministro dell’Interno Marco Minniti, raccogliendo firme in suo favore, perché volevano restasse: meglio un commissario di un sindaco.
Anche perché nessuno si faceva avanti per candidarsi. I cittadini sostenevano che era inutile, perché poi il Comune sarebbe stato sciolto per mafia. “Il paese è piccolo e siamo tutti parenti, tutti con gli stessi cognomi e quindi sospettabili”. Grande sfiducia e disaffezione verso le istituzioni e il voto, e non solo alle comunali: alle ultime politiche ha, infatti, votato solo il 22%, un record nazionale.
Candidati solo nel 2019
Finalmente nel 2019 erano state presentate due liste, la prima “Klaus Davi sindaco di San Luca” con candidato a primo cittadino il noto massmediologo, e personaggi esterni a San Luca, una provocazione positiva. Che aveva funzionato. Era stata, infatti, presentata un’altra lista, “San Luca ai sanluchesi”, con candidato sindaco Bruno Bartolo, infermiere in pensione, già vicesindaco, e con lui alcuni giovani. “L’ho fatto solo per amore del mio paese. E così anche chi si è candidato con me. Altrimenti non ci saremmo esposti – ricorda Bartolo -. Ho 75 anni, non avevo bisogno di fare il sindaco, quel poco di pensione che ho basta a me e a mia moglie”. E aveva vinto, facendo dire al procuratore Nicola Gratteri, figlio di questa terra (continua a vivere nella sua Gerace a pochi chilometri di distanza) “ora San Luca può essere un paese normale”.
Rinuncia, delusione e rassegnazione
Bartolo, però ha deciso di non ricandidarsi. “Il 21 maggio – annuncia – faremo un incontro coi cittadini per dire perché, ma anche come abbiamo trovato il comune e come lo lasciamo, cosa siamo riusciti a fare e cosa non siamo riusciti”.
Ma intanto si sfoga. “Lascio a malincuore ma non ho più la forza. Sono stati cinque anni tremendi per me. Cinque anni pesanti in tutti i sensi. Certe istituzioni non mi hanno dato l’aiuto che dovevo avere. Certe criticità vanno aiutate non massacrate. In questi anni mi sono sentito molto solo, abbandonato. Non da tutti. La Regione mi ha sostenuto. E così anche il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani (oggi a Palermo, ndr) che è stato la mia bussola”. Ma non mancano critiche ai cittadini. “Ho sperato fino all’ultimo che qualche giovane raccogliesse il testimone, ma nessuno se l’è sentita. Mi aspettavo che un gruppo di giovani si unisse per fare una nuova amministrazione. A San Luca ci sono più di 200 laureati, avvocati, ingegneri, medici, c’è di tutto. Ma non si fanno avanti, c’è contrarietà a impegnarsi nel comune. C’è rassegnazione”.
Ricorda con orgoglio i lavori per sistemare finalmente la strada per il santuario di Polsi, con finanziamenti per svariate decine di milioni. Un modo per rompere quell’isolamento che favoriva la ‘ndrangheta. Ma, aggiunge: “ho chiesto un Protocollo d’intesa per Polsi perché il comune da solo non ce la fa, dai controlli a tutto il resto. Ho ricevuto un avviso di garanzia per omissione di atti d’ufficio perché non ho controllato le bancarelle della festa per vedere se chi c’era aveva i requisiti. Ma io ho solo una vigilessa. Mi hanno risposto di fare una convenzione con altri comuni”.
E allora il quasi ex sindaco si sfoga. “Facciamo un passo avanti e cinquanta indietro. Serve investire di più sulla scuola. San Luca ha bisogno di una scuola forte, che istruisca e educhi i bambini, coinvolgendo le famiglie”. E i cittadini come stanno reagendo? “C’è chi mi dice di restare. Ma tanta gente dice “fate come la mucca, riempite il secchio di latte e poi ci date un calcio””.
La speranza possibile
L’addio, però potrebbe diventare un arrivederci. “Non è detto che tra sei mesi o un anno non cambiamo idea ma con l’impegno preciso da parte delle istituzioni che devono esserci più vicine. E se davvero dei giovani si faranno avanti”.
Intanto la notizia del “non voto” a San Luca sembra non interessare, sia a livello regionale che nazionale. Nessun commento politico, neanche polemiche. San Luca dimenticata e la ‘ndrangheta ringrazia.
*giornalista