Trentadue anni dalla Strage di Capaci: memoria e prospettive al servizio della legalità

Alle 17.57 del 23 maggio 1992, Cosa nostra dichiarò guerra allo Stato. Una violenta esplosione sull’autostrada A29 presso Capaci, in Sicilia, uccise il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Una mattanza che segnò un punto di svolta nella lotta contro la mafia, incidendo profondamente nella coscienza collettiva italiana.

Trentadue anni dopo, il ricordo di quel tragico evento è ancora vivo, alimentato dalla continua attività del movimento antimafia e dalle riflessioni sullo stato attuale delle organizzazioni mafiose. Il forziere delle coscienze e delle esperienze si è allargato in questi anni. E oggi va protetto più che mai dalle continue aggressioni, spesso invisibili ma non meno devastanti, delle mafie che sono attive e dilagano nell’economia e nella società.

La Commemorazione e l’impegno del Movimento Antimafia

Da allora, ogni 23 maggio, si celebra la Giornata della Legalità in onore delle vittime delle stragi di Capaci e di quelle di via D’Amelio. Cinquantatré giorni dopo, infatti, un’altra bomba dilaniò il corpo del magistrato Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto all’esplosione fu l’agente Antonino Vullo.

Quest’anno, la commemorazione ha visto una partecipazione massiccia di cittadini, studenti e rappresentanti delle istituzioni, riuniti per rendere omaggio a coloro che hanno sacrificato la vita per la giustizia.

Le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio nel 32° anniversario della Strage di Capaci ribadiscono l’importanza della memoria e dell’unità nella lotta contro tutte le forme di criminalità organizzata. «Come sostenevano Falcone e Borsellino, la Repubblica ha dimostrato che la mafia può essere sconfitta e che è destinata a finire. L’impegno nel combatterla non viene mai meno. I tentativi di inquinamento della società civile, le intimidazioni nei confronti degli operatori economici, sono sempre in agguato».

«La Giornata della legalità che si celebra vuole essere il segno di una responsabilità comune. È necessario tenere alta la vigilanza. Gli anticorpi istituzionali, la mobilitazione sociale per impedire che le organizzazioni mafiose trovino sponde in aree grigie e compiacenti, non possono essere indeboliti.  L’eredità di Falcone e Borsellino è un patrimonio vivo che appartiene all’intera comunità nazionale. Portare avanti la loro opera vuol dire lavorare per una società migliore», ha concluso il Presidente Mattarella.

Il movimento antimafia, che ha visto la luce dopo gli attentati degli anni ’90, ha compiuto notevoli passi in avanti sulla costruzione di anticorpi culturali contro il sistema mafioso. Ma c’è ancora molto da fare sul fronte della lotta alla corruzione, forse uno degli aspetti più sottovalutati e che però è quello più silente e ambiguo con cui le mafie portano avanti i loro affari.

Associazioni come Libera, fondata da don Luigi Ciotti, Avviso Pubblico e molte altre reti sociali, continuano a lavorare instancabilmente per sottrarre il controllo del territorio alle organizzazioni criminali, promuovendo iniziative di recupero dei beni confiscati e progetti di educazione alla legalità.

L’evoluzione delle mafie negli ultimi trent’anni

Negli ultimi trent’anni, le mafie italiane hanno subito profonde trasformazioni, adattandosi ai cambiamenti economici e sociali del Paese. Se negli anni ’90 Cosa Nostra era conosciuta per il suo uso brutale della violenza, oggi le sue attività si sono fatte più sottili e diversificate. Così come quelle di ‘Ndrangheta, di Camorra e delle mafie pugliesi. Le organizzazioni mafiose hanno espanso il loro raggio d’azione, non solo mantenendo il controllo sul traffico di droga e le estorsioni, ma anche infiltrandosi nel tessuto economico e istituzionale, inquinandolo e mettendo a rischio la tenuta democratica del nostro Paese.

Le mafie sono sempre più imprenditoriali. Sparano meno. E questo significa meno allarme sociale e condizioni migliori per mandare avanti gli affari loschi, nascosti sotto lenzuola di attività legali: infiltrazioni nei principali settori economici, nell’edilizia, nella sanità, nell’agricoltura, nel gioco d’azzardo, nella ristorazione, nel commercio e persino nei servizi di sicurezza privati. Le cosche fanno affari su tutto.

La risposta dello Stato e della società

La risposta dello Stato alla sfida posta dalle mafie si è evoluta nel tempo, diventando più articolata e sofisticata. Oltre all’azione repressiva, che ha portato all’arresto di molti boss e al sequestro di ingenti patrimoni, si è puntato molto sulla prevenzione e sulla collaborazione internazionale. L’introduzione di normative più severe come il codice antimafia, che va difeso, e le misure di protezione per i collaboratori di giustizia, hanno rafforzato l’efficacia delle operazioni contro le organizzazioni criminali.

La società civile gioca un ruolo cruciale in questa lotta. La sensibilizzazione e l’educazione alla legalità sono strumenti fondamentali per creare una cultura antimafia radicata e consapevole. Il coinvolgimento delle scuole, delle università e delle organizzazioni non governative ha portato a una maggiore consapevolezza e partecipazione nella lotta contro la mafia.

Tutto questo deve servire a ribadire che la commemorazione dei trentadue anni dalla strage di Capaci non debba essere solo un momento di ricordo, ma anche un’occasione per riflettere sui progressi compiuti e sulle sfide ancora da affrontare. La lotta contro la mafia richiede un impegno costante e collettivo, che coinvolga tutte le componenti della società. Solo attraverso la memoria, l’educazione e la determinazione si potrà sperare di sconfiggere definitivamente le mafie e costruire un futuro di legalità e giustizia.