Premessa. La Commissione di inchiesta antimafia ha approvato il 14 dicembre 2017 la relazione finale su mafie, migranti e tratta di esseri umani, nuove forme di schiavitù (Doc. n. XXIII, n. 30), che trae origine dal lavoro svolto sia dall’apposito Comitato che in Commissione plenaria e di cui qui sono sintetizzate le conclusioni.

Contesto generale di riferimento. La relazione analizza in profondità le caratteristiche del traffico (c.d. smuggling) e della tratta di esseri umani (c.d. trafficking) all’interno del complesso fenomeno dell’immigrazione, che vede attualmente un esodo senza precedenti di intere popolazioni verso l’Europa, utilizzato dalle organizzazioni criminali transnazionali (in particolare di origine nigeriana, albanese, rumena, maghrebina, cinese, dell’ex-URSS e bulgara) per ricavare ingenti profitti attraverso la gestione di tutte le fasi della trasmigrazione delle persone che partono dall’Africa, dalla Cina e dagli altri Paesi: si inquadrano in tale contesto lo sfruttamento del lavoro nero, la ricerca di manodopera più disponibile, il traffico di organi, la prostituzione, la pedopornografia, l’impiego a fini di accattonaggio, i matrimoni illegali, che vedono soggetti passivi soprattutto donne e minori.

La relazione fornisce dati su tale fenomeno, purtroppo in rilevante crescita, pur nell’estrema difficoltà di individuare con precisione le vittime di tratta: anche se si registra un generale miglioramento delle norme legislative in materia, dopo la svolta del Protocollo ONU su tratta e traffico di esseri umani siglato a Palermo nel 2000 (la legislazione italiana è una delle più avanzate), vi è tuttora una difficoltà delle stesse autorità inquirenti di inquadrare le diverse fattispecie di reato, i cui confini sono spesso labili. La condizione di immigrati clandestini li pone infatti in una posizione di debolezza; perciò tenderanno ad affidarsi ai trafficanti anche una volta raggiunto un Paese occidentale, ritenendo che solo quest’ultimi possano garantire la possibilità di non essere rimpatriati: e ciò determinerà anche per gli immigranti volontari una restrizione della libertà personale, con sottoposizione a vessazioni, minacce, violenze e inganno. (Per approfondimenti vedi la relazione 2016 della Direzione nazionale antimafia)

Il ruolo delle organizzazioni criminali. La relazione ricostruisce le modalità organizzative e le alleanze attraverso le quali operano i diversi gruppi criminali (le ”nuove mafie”), in stretta sinergia uno con l’altro, dalla fase della pianificazione dello spostamento dal Paese di origine, a quella della gestione nelle zone di confine (per la produzione di documenti falsi, la scelta delle rotte, l’ospitalità temporanea dei clandestini) fino agli emissari finali, che operano negli stessi Paesi europei (anche contattando i clandestini all’interno dei centri di accoglienza) e che ricavano i vantaggi economici maggiori dallo sfruttamento delle vittime, accompagnato da sottrazione dei documenti, minaccia di ritorsioni nei confronti di familiari, lesioni personali, atti di violenza sessuale etc. Per tutti i “servizi” garantiti, le organizzazioni criminali applicano proprie “tariffe”: e agli ingenti profitti (stimati complessivamente in 32 miliardi di dollari annui dall’Organizzazione Internazionale del lavoro) fa riscontro un basso rischio, rispetto ad altre attività illecite, a causa delle oggettive difficoltà delle indagini e delle pene previste (in passato, soprattutto, poco severe). La relazione sottolinea i collegamenti esistenti con i gruppi criminali italiani, in particolare con la camorra, e l’interesse delle organizzazioni nostrane per i fondi destinati alle politiche di accoglienza, come evidenziato da diverse inchieste giudiziarie, come quelle su mafia capitale e il Cara di Isola Capo Rizzuto.

Gli strumenti di prevenzione e contrasto. Il Programma Nazionale d’Azione contro la tratta e il grave sfruttamento (PNA) rappresenta lo strumento fondamentale di prevenzione, repressione dei reati, protezione e integrazione sociale e aumento della consapevolezza del fenomeno, coinvolgendo tutte le amministrazioni competenti a livello centrale e territoriale.

Il decreto legislativo n. 24 del 2014, con cui è stata recepita la direttiva comunitaria 2011/36, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione, prevede l’adozione di un solo programma che possa accompagnare la vittima in tutte le diverse fasi, dall’identificazione (che comporta spesso molte difficoltà, per gli ostacoli posti dai Paesi d’origine ed un insufficiente coordinamento tra gli Stati europei) all’inclusione sociale o al rimpatrio assistito, garantendo così una tutela più efficace.

Le Linee guida del novembre 2016 della Commissione nazionale per il diritto d’asilo cercano di superare le difficoltà incontrate dalle forze di polizia attraverso l’individuazione di procedure standard per una corretta identificazione delle vittime, il riconoscimento della protezione internazionale ed il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali nelle attività di assistenza e tutela. In questo contesto un ruolo importante è svolto dalle direzioni distrettuali antimafia.

Ulteriori passi in avanti possono essere realizzati attraverso il superamento della distinzione tra smuggling e trafficking (assicurando un permesso di soggiorno – al pari delle vittime sfruttate sul nostro territorio che decidono di uscire dal giro – a coloro che siano stati sottoposti a sfruttamento già nel corso del viaggio per l’Europa), un’adeguata formazione per il personale che deve affrontare tematiche così complesse, un’attenta verifica dei flussi finanziari derivanti da tali attività illegali ed un controllo accurato delle forme di sfruttamento lavorativo, specie in agricoltura (prevedendo anche forme di risarcimento a carico del datore di lavoro).