PREMESSA. La Commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha dedicato la seduta del 19 Febbraio 2019 all’audizione del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Oggetto di questa audizione è il lavoro di valutazione dei programmi ministeriali di intervento normativo per una complessiva rivisitazione del sistema sanzionatorio e processuale in materia. Il Ministro, nel corso del suo intervento, ha chiarito come la tutela della salute dei cittadini e il contrasto alla criminalità ambientale siano impegni prioritari dell’azione del suo dicastero (video completo dell’audizione).

ATTIVITÀ DI COORDINAMENTO INVESTIGATIVO E MONITORAGGIO DEI REATI AMBIENTALI. Con la relazione introduttiva, il Ministro Bonafede ha illustrato i punti salienti delle attività di coordinamento investigativo e di monitoraggio dei reati ambientali. Si segnalano in particolare:

  • Per prima cosa, la modifica del regime del coordinamento delle indagini relative ai reati ambientali, realizzata di recente grazie all’approvazione della legge n. 68 del 2015, Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente, volta a “favorire a livello nazionale l’effettivo monitoraggio dei reati ambientali e a consentire un’attività investigativa che, attraverso il coordinamento del lavoro tra le varie procure, permetta di recepire la complessiva portata dei singoli episodi criminosi in materia di ambiente, soprattutto alla luce della crescita esponenziale di incendi in siti di trattamento o di stoccaggio dei rifiuti, che sembrano sottintendere l’esistenza di un vero e proprio sistema illecito, gestito dalla criminalità organizzata, avente ad oggetto il traffico e il trattamento dei rifiuti”. A tal fine, attraverso la modifica dell’articolo 118-bis, Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, sono stati introdotti l’obbligo di comunicazione delle indagini in corso per i delitti ambientali al Procuratore generale presso la corte di appello al fine di favorire la circolazione delle notizie e il coordinamento tra le varie procure, e l’obbligo per il PM procedente di dare comunicazione al Procuratore nazionale antimafia dell’avvio delle indagini su ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, e attività organizzative per il traffico illecito dei rifiuti.
  • L’istituzione di un nucleo atto a svolgere un monitoraggio in tema di reati ambientali alla luce del quale i tribunali e le procure interessati devono trasmettere i dati dell’anno precedente entro il 30 aprile dell’anno successivo. Sulla base dei dati riferibili all’anno 2018 raccolti presso le 140 procure della Repubblica dislocate sull’intero territorio nazionale, si è rilevato che tra i 111 uffici rispondenti, 35 hanno iscritto nel 2018 almeno un procedimento giudiziario per incendi verificatisi in impianti di gestione rifiuti, mentre in 76 uffici non si è registrato alcun procedimento.
  • La firma del Protocollo d’intesa del 19 novembre 2018 che istituisce il Piano di azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti. Tale piano – che si inserisce a pieno titolo tra le azioni promosse dal Ministero della Giustizia per il contrasto e la prevenzione dei reati ambientali – ha finalità di “prevenzione, monitoraggio, controllo e risanamento ambientale del territorio interessato dal fenomeno dei roghi dei rifiuti anche in aree naturali protette, nell’interesse della tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza pubblica”. Il Piano di azione individua ambiti puntuali di intervento, specificando per ciascuno di questi sia azioni per la tutela della salute della popolazione, dell’ambiente e dell’ecosistema, sia azioni di presidio e controllo del territorio e prevenzione degli incendi dei rifiuti.
  • L’istituzione dell’Unità di coordinamento del Piano d’azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, finalizzata a monitorare le azioni e verificare gli effetti del piano medesimo. Il Ministero della Giustizia ha nominato a tal fine un proprio rappresentante che si occupa di svolgere l’attività di raccordo con l’autorità giudiziaria (in particolare le procure della repubblica operanti su territorio) e gli enti interessati nell’ambito delle iniziative comuni. La logica è “quella di operare attraverso la predisposizione di una rete informativa a carattere trasversale, che permetta da un lato all’autorità giudiziaria di acquisire informazioni utili da più fonti (Ministeri della salute, dell’ambiente, dell’interno), dall’altro all’Unità di conoscere quali siano le principali criticità connesse al perseguimento dei reati ambientali, al fine di fornire l’adeguato ausilio per semplificare i compiti dell’autorità giudiziaria”.

CRITICITÀ DEL QUADRO NORMATIVO VIGENTE. Passando alle criticità di tipo sostanziale e procedurale della legislazione vigente, si evidenzia:

  • Anzitutto, che la repressione delle violazioni ambientali risente troppo delle carenze e inefficienze che gravano sull’intero sistema con riferimento a ogni tipologia di reato. Queste carenze consistono principalmente nella lentezza e complessità dei procedimenti, tempi incerti, tecniche dilatorie, e intervento della prescrizione.
  • La seconda problematica è rappresentata  dalla sostanziale inutilità delle sanzioni amministrative e dall’inapplicabilità nel concreto delle disposizioni che prevedono sanzioni penali e delle sanzioni interdittive. Questa situazione è dovuta principalmente allo scarso controllo del territorio e alla concreta difficoltà di fare verifiche. Gli esperti del Ministero hanno quindi sottolineato che, a fronte di tali circostanze, “chi inquina ritiene più vantaggioso affrontare il rischio di vedersi applicata una sanzione pecuniaria piuttosto che affrontare le spese per dotare un singolo impianto o un intero stabilimento dei requisiti tecnici richiesti per l’adeguamento della vigente normativa”.
  • Il piano normativo è spesso non coordinato e soggetto a ripetute modifiche, non sempre finalizzate ad anteporre le esigenze di tutela della salute dei cittadini e delle disposizioni comunitarie rispetto alle esigenze economiche di specifici settori imprenditoriali. Su questo ultimo punto il Ministro ha comunque sottolineato che si sta verificando un’inversione di tendenza grazie all’introduzione nel codice penale dei delitti contro l’ambiente (L. n. 68/2015), che stabiliscono sanzioni più severe per comportamenti gravi (prima blandamente sanzionati), estendono le ipotesi di confisca e prevedono disposizioni premiali.

IPOTESI DI RIFORMA DEL MINISTERO. Date le numerose criticità emerse, il Ministro Bonafede ha illustrato alcune proposte finalizzate al miglioramento della normativa attualmente in vigore:

  • In primis, viene sottolineato che sarebbe opportuno effettuare interventi migliorativi del Testo unico ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), sia per quanto riguarda la parte sanzionatoria, sia per il meccanismo di estinzione delle contravvenzioni ambientali mediante l’adempimento delle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza.
  • Si reputa altresì necessario l’aggiornamento dell’elenco dei reati contemplati dal decreto legislativo n. 231/2001, inserendo tutti quelli presenti nel D.Lgs. n. 152/2006, e modificando l’articolo 8 di tale provvedimento nel senso di consentire anche all’ente di estinguere l’illecito mediante l’adempimento delle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza.
  • Si propone inoltre l’estensione della sanzione penale per l’abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi, da chiunque commesso (quindi, anche da parte del privato) e la sostituzione delle attuali sanzioni amministrative con sanzioni penali nel caso di esecuzione di progetti in violazione delle disposizioni in tema di valutazione di impatto ambientale.
  • Viene poi auspicato un raddoppio dei termini di prescrizione per specifica contravvenzione ambientale, attraverso la modifica dell’articolo 157, comma 5, del codice penale; soluzione del resto già prevista per il delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.
  • Tali modifiche al regime sanzionatorio vanno integrate con interventi sul Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011), che prevedano in modo specifico la possibilità di applicazione anche nei confronti di soggetti abitualmente dediti alla commissione di reati ambientali.
  • Il Ministro ha quindi illustrato i possibili interventi per rafforzare la Rete delle Procure generali in materia ambientale, in particolare attraverso l’introduzione della figura del referente nella materia ambientale in ogni singolo ufficio di Procura circondariale e presso le Procure generali, sotto il coordinamento della Procura generale della Cassazione. Sulla rete delle Procure generali in materia ambientale, il senatore Lorefice ha anche ipotizzato l’istituzione di una Direzione nazionale per i crimini ambientali, perché secondo lo stesso “c’è la necessità di creare una struttura specialistica, non di dare ulteriori oneri alla Direzione nazionale antimafia”. Di fronte a questa possibilità il Ministro Bonafede ha risposto di ritenere preferibile evitare la proliferazione di uffici, investendo piuttosto sulla specializzazioni all’interno di uffici già esistenti, ad esempio fornendo “più risorse umane, più magistrati che si occupino, all’interno della Direzione nazionale antimafia, dei crimini ambientali”. A tal fine, si ritengono necessarie “misure che prevedano la formazione di giudici specializzati in materia ambientale distrettuale, nonché percorsi agevolati per i processi che li riguardano, attraverso il loro inserimento tra i reati meritevoli di trattazione prioritaria di cui all’articolo 131-bis delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale”.

 

(a cura di Sara Giovannelli, studentessa del Master APC dell’Università di Pisa)