ATTENTI A QUEL PIZZINO

L’ARRESTO DI ROSALIA MESSINA DENARO, SORELLA DEL BOSS MATTEO, AVVENUTO VENERDÌ 3 MARZO GRAZIE AD UNA OPERAZIONE CONDOTTA DAL ROS, DAI CARABINIERI DEL COMANDO PROVINCIALE DI TRAPANI E DELLO SQUADRONE ELIPORTATO DEI CACCIATORI DI SICILIA HA CONFERMATO L’ACCURATEZZA DELL’INDAGINE PORTATA AVANTI DALLA PROCURA DI PALERMO E FORNITO ULTERIORI DETTAGLI SU IDEE, RUOLI E PROCEDIMENTI DELL’ORGANIZZAZIONE MAFIOSA. A RACCONTARE SONO STATI I PIZZINI, IN UNO TRA QUESTI, MESSINA DENARO RIVENDICA LA SUA IDENTITÀ MAFIOSA, CONSERVATO GELOSAMENTE DALLA SORELLA APPARE COME UN MANIFESTO IDENTITARIO DI CUI NON VANNO SOTTOVALUTATI I CONTENUTI
Il contributo di Massimo Calzolari*

Quel pizzino di Messina Denaro, ritrovato a casa della sorella, seppur datato 2013, potrebbe adattarsi alla situazione del momento e chissà che sia stato lasciato lì perché dovesse essere ritrovato e fatto conoscere. Non sembra soltanto una riflessione del mafioso ma la traccia di un programma di un capo popolo che necessita di reclutare nuovi adepti. Peraltro, lo fa, non facendo leva sul messaggio più semplice e diretto, l’illusione dell’arricchimento facile purché sia garantita l’obbedienza ai capi e la fedeltà all’organizzazione criminale, insomma l’essere sempre un “uomo d’onore”, ma si spinge ben oltre, riproponendo l’antica visione della mafia che si fa stato.

È un testo aberrante che ribalta e trasfigura la realtà e che ha questo senso:

  • Lo stato italiano, mai riconosciuto dagli uomini d’onore, opprime la Sicilia con la violenza come fecero i piemontesi ai tempi.
  • Lo stato giustifica l’oppressione con la grande bugia che definisce canaglie disumane gli “eroi mafiosi” (riconosciuti come il male) che invece lottano per la liberazione dei siciliani dal dominio dello stato italiano (definito il bene).
  • La grande bugia affama la Sicilia e gli uomini d’onore si oppongono sino alle estreme conseguenze: l’arresto e il conseguente dolore inferto alle famiglie.
  • La storia però darà ragione dei torti subiti dai siciliani. Pertanto, è un onore essere mafiosi.

Il testo, nella sua follia, sembra la traccia di un documento politico con cui, cosa nostra, per quanto ne sappiamo sensibilmente indebolita, ma mai morta, ricerca consenso proponendo non soltanto piccioli, ma qualcosa che punta dritto allo stato di disagio e di solitudine offrendo un’alternativa (folle) alla loro insoddisfacente condizione.

Il pizzino richiama la storia e le origini dell’organizzazione criminale, cita il presente di un territorio affamato e chiude in modo enfatico col “botto”: la storia ci darà ragione!  Esattamente come la struttura di un messaggio politico. L’uomo d’onore ne esce con grande forza, il ruolo della mafia antistato pure, l’obiettivo di un orgoglioso riscatto della Sicilia dal destino infame anche.

Tutto è ben trasfigurato: la diffusa conoscenza del fenomeno credo che permetterà ai più di giudicare il testo pizzino con repulsione, però mi chiedo se non vi siano segmenti della società che, al contrario, possono invece esserne attratti.

Rischi sociali e prevenzione

Penso a coloro che hanno conosciuto e conoscono solo: la sconfitta, l’assenza di opportunità, la difficoltà quotidiana su tutto, la precarietà, l’assenza di dignità, l’assenza di futuro, in un contesto in cui la politica non è più, per molti, un punto di riferimento per dare speranza per creare coesione sociale e un futuro migliore.

Penso a chi, uscito dalla casa occupata, cerca un lavoro e lo trova nello spaccio o nel sommerso, rientra in quella casa con poco più di quando è uscito e soprattutto senza aver risolto il problema del lavoro e con tanta rabbia. Mi chiedo se chi, oltre al bisogno mai superato, non avendo più i riferimenti ideali e politici che disegnavano scenari di riscatto e si ritrova solo, non sia attratto da quelle folli considerazioni del pizzino e non ceda sia per bisogno, sia per l’illusione di un’alternativa.

Sappiamo che le marginalità sociali e culturali sono il terreno da cui attinge la mafia e che le restrizioni pandemiche hanno esasperato fenomeni che tendono ad allentare la coesione sociale sia tra i giovani, sia tra gli adulti, che sfogano la loro condizione di disagio nel bullismo, nell’azzardo, a volte anche nella violenza. Le forze politiche, a partire da quelle che hanno responsabilità di governo, devono investire per ridurre le diseguaglianze e recuperare margini e periferie.

Molte situazioni sembrano ampliare i perimetri della precarietà e della disperazione, ridurre la fiducia verso le istituzioni e là, in quei territori in cui le mafie hanno ancora potenziali solidi legami con la gente, potrebbero rimanere davvero gli unici interlocutori.

Considerato questo scenario, lo Stato deve prestare particolare attenzione alla gestione dei sussidi, potenziare e non ridurre la capacità di spesa sociale dei comuni. Infine, un’attenzione particolare andrà posta al dibattito sulla cosiddetta “autonomia differenziata” sulla quale nel Paese non si registra una visione unitaria e condivisa.

 

*architetto, già assessore e sindaco del comune di Savignano sul Panaro, membro del comitato scientifico di Avviso Pubblico

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