Premessa. Nel luglio del 2018, il Comune di Monza ha approvato il “Regolamento per la prevenzione ed il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito” con il quale venivano individuati alcuni criteri per modulare l’attività e l’orario delle sale da gioco d’azzardo lecito e il funzionamento degli apparecchi del gioco presenti nel territorio comunali.

In particolare, va segnalato che i criteri indicati erano rivolti anzitutto alla prevenzione della diffusione del gioco d’azzardo patologico tra i giovani, visto il riferimento agli orari scolastici, e nelle fasce più fragili della popolazione (articolo 6, comma 1). Il Regolamento, poi, all’articolo 6, comma 2 assegnava ad un’ordinanza del Sindaco, da emettere ai sensi dell’articolo 50 del TUEL, il compito di individuare nello specifico le fasce orarie di chiusure delle sale e di interruzione del funzionamento degli apparecchi del gioco lecito. In relazione a ciò, l’ordinanza sindacale 211 del 30.11.2018 (commentata in maniera più estesa qui) ha introdotto un limite orario che prevede una chiusura complessiva di 15 ore, potendosi tenere aperte le sale gioco e in funzione gli apparecchi dalle 14 alle 23.

Fascia oraria, peraltro, insolita: spesso i Comuni optano per uno spezzettamento delle fasce orarie in cui è possibile svolgere le attività, inframezzati da intervalli di chiusura (generalmente prevedendo alcune ore di apertura al mattino e nel tardo pomeriggio/sera; es. 10-13 e 17-22, come si vedrà anche più avanti rispetto al Comune di Milano, le cui scelte sono state avallate dal TAR Lombardia).

Il ricorso. Il Consiglio di Stato è stato interessato della questione in seguito ad un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da Adda Gestioni S.p.A. contro il Comune di Monza per chiedere l’annullamento dell’ordinanza. I ricorrenti, in particolare, hanno lamentato la carenza di un’adeguata attività istruttoria in accompagnamento dell’ordinanza, tale cioè da giustificare lo scostamento rispetto alle 6 ore di interruzione previste dall’Intesa siglata in sede di Conferenza Unificata Stato Autonomie locali il 7 Settembre 2017. Proprio il valore di quest’ultima costituisce uno degli snodi fondamentali: ad oggi, infatti, ancora non è stata recepita da alcun decreto ministeriale e, pertanto, si potrebbe essere portati a pensare – come del resto argomenta il Comune di Monza – che per questo motivo essa sia “priva di valore cogente”.

L’Intesa. Il Consiglio di Stato è, però, di diverso avviso (richiamando TAR Lazio, sezione II-bis, 1460/2019; TAR Lazio 6260/2019): viene valorizzata l’idea che questo strumento consensuale possa, anzitutto, costituire un elemento a sostegno della “leale collaborazione istituzionale” tra diversi livelli di Governo e che tale funzione non sia smentita dalla semplice assenza di recepimento formale. In altre parole, per superare l’argomento che afferma non si possa annullare un atto sulla base di un accordo che non ha trovato un ingresso formale nell’ordinamento, il Consiglio di Stato ripercorre la funzione stessa della Conferenza sottolineandone l’intrinseca funzione di raccordo e mediazione tra posizioni ed interessi dei diversi attori che vi partecipano e sostenendo che non si possa porre nel nulla un accordo comunque raggiunto tra le parti sol perché l’Intesa non è stata formalmente recepita.

Dunque, l’Intesa possiede un valore quanto meno di parametro cui le istituzioni che a vario livello intervengono nell’ambito del gioco d’azzardo devono riferirsi. La particolarità della materia risiede proprio nelle varie intersecazioni tra livelli di governo che essa implica: sono chiamati in causa, infatti, interessi che attengono a materie di esclusiva competenza statale (ordine pubblico e sicurezza), materie concorrenti tra Stato e Regioni (tutela della salute) e materie attribuite espressamente ai Comuni (interventi in tema di pianificazione e governo del territorio, tutela della quiete pubblica, regolamentazione della circolazione stradale, tutela della salute e della vita salubre degli abitanti di un Comune). Sul punto si veda anche la sentenza 220/2014.

Inquadrata in questi termini, l’Intesa costituirebbe allo stato un punto di riferimento idoneo ad offrire copertura e giustificazione alle scelte dei Comuni che si collocano in assonanza con essa dovendosi però, d’altro canto, adeguatamente motivare ogni scostamento rispetto al modello prospettato (ciò viene, peraltro, esplicitamente riconosciuto alle Regioni e Province Autonome nell’Intesa laddove si dice che esse possono introdurre “forme maggiori di tutela della popolazione” per perseguire il contrasto al GAP).

L’istruttoria. È dunque necessario, a questo punto, analizzare le giustificazioni che vengono addotte in epigrafe dell’Ordinanza 211 del 2018. In particolare, si tratta: 1) dei dati del SERT dell’ASST di Monza; 2) dei numeri, in crescita, dei giocatori problematici e a rischio forniti dal Dipartimento Politiche anti droga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, indagine GPS-DPA, e dal Sistema di sorveglianza nazionale sul disturbo da gioco d’azzardo; 3) delle risultanze del Progetto Selfie, commissionato dal Comune di Monza, sul gioco d’azzardo tra i minori.

Tutte e tre queste risultanze istruttorie sono giudicate “palesemente insufficienti” dal Consiglio di Stato ai fini delle restrizioni orarie oggetto dell’Ordinanza sindacale. La prima viene censurata sulla base della considerazione che il SERT copre l’intera provincia di Monza e Brianza e che dunque i dati da essa forniti non sono riferibili esclusivamente al solo territorio comunale; la seconda perché l’indagine è svolta, sul territorio nazionale, in un periodo temporale (2009-2015) antecedente all’Intesa; la terza, infine, viene considerata insufficiente perché il Progetto si risolve, di fatto, in un questionario somministrato a minori: l’attendibilità viene ridimensionata sia perché il fenomeno del gioco d’azzardo lecito non riguarda in prima istanza i minori (a cui l’accesso alle sale gioco è interdetto, ricorda il Consiglio di Stato) sia perché il questionario stesso non affronta scientificamente il tema della dipendenza da gioco ma solo la conoscenza dei minori del fenomeno.

La Giurisprudenza. Va detto, per completezza, che sui due punti che maggiormente caratterizzano questo parere – vale a dire, il valore dell’Intesa e le valutazioni dell’attività istruttoria svolta dai Comuni – la giurisprudenza amministrativa è in realtà abbastanza diversificata: non mancano infatti le sentenze in cui si giunge ad esiti diversi.

Ad esempio, con riferimento al tema della valutazione delle istruttorie dei Comuni poste a fondamento delle misure in tema di orari, la sezione I del TAR Lombardia (sentenza 495/2019) ha avallato la scelta del Comune di Milano di riferirsi ai dati del SERT (“che, ad avviso del Collegio, dimostra in realtà l’esistenza ed adeguatezza dell’istruttoria”) nell’ordinanza (n. 63/2014) che ha introdotto un limite massimo di 8 ore (dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23) dell’apertura e del funzionamento degli apparecchi da gioco. Inoltre, viene anche richiamata la sezione III del TAR Veneto (sentenza 128/2017) che definisce la diffusione del fenomeno della ludopatia un “fatto notorio”.

Anche rispetto al valore dell’Intesa, è possibile richiamare una giurisprudenza di diverso avviso: ad esempio, la sezione II del TAR Lazio (sentenza 2556/2019) afferma: 1) che “l’intesa non ha valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo” (richiamando anche TAR Veneto, sentenza 417/2018); 2) che avendo l’Intesa carattere generale ed essendo finalizzata al riordino complessivo della materia, non è pensabile che essa trovi applicazione e diventi parametro di proporzionalità solamente rispetto ad un singolo profilo (quello degli orari) dei tanti che affronta quando gli altri non vengono presi in considerazione.

 

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)