La normativa e il caso. Il Comune di Varese, con l’ordinanza n. 6 del 5 aprile 2011 avente ad oggetto la “Tutela dell’utenza sociale nell’utilizzo degli apparecchi per il gioco”, ha introdotto una serie di misure di contrasto al gioco d’azzardo patologico con l’obiettivo di salvaguardare le fasce più fragili della popolazione: tra queste, in particolare, la riduzione degli orari di gioco (reso possibile dalle 9 alle 22) e l’introduzione del distanziometro rispetto a scuole, ospedali e luoghi di culto.

In primo grado, avevano sollevato ricorso alcune società operanti nel settore del gioco: il TAR Lombardia lo aveva accolto con la sentenza 2308/2012. Il Comune di Varese ha proposto appello e il Consiglio di Stato si è pronunciato, rigettandolo, con la sentenza 4194/2021 che qui si analizza.

La questione di costituzionalità rispetto all’articolo 50, comma 7 del TUEL. Il primo motivo di appello presentato dall’Ente locale concerne la prospettazione di una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 50, comma 7 del TUEL per violazione degli articoli 32 e 118 della Costituzione in quanto:

  1. “la normativa vigente non tutelerebbe la salute pubblica nel contrasto alla ludopatia”;
  2. l’articolo 50 comma 7 del TUEL “prevaricherebbe anche il ruolo riconosciuto all’Ente appellante dall’art. 118 della Costituzione, spettando ai Comuni, in quanto enti pubblici più vicini ai cittadini e ai problemi pratici della vita quotidiana, perseguire, secondo i canoni di economicità, efficacia ed efficienza, i fini posti dalle leggi”.

Secondo il Consiglio di Stato, tale questione va considerata manifestamente infondata: nel corso degli anni, infatti, sottolineano i giudici, c’è stata un’evoluzione del quadro giurisprudenziale che la stessa Corte costituzionale ha considerato nella pronuncia 220/2014, con cui ha rilevato l’inammissibilità di questioni simili a quelle presentate dall’appellante. Secondo la Consulta, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha elaborato un’interpretazione dell’articolo 50, comma 7 del TUEL “compatibile con i principi costituzionali, perché disposizione in sintonia con il potere comunale di pianificazione e governo del territorio, valutando anche le esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti”.

Lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente. L’altro motivo di appello che il Comune solleva è relativo alla qualificazione del provvedimento: l’esito del giudizio di primo grado, ossia l’annullamento dell’ordinanza, infatti, si fondava sulla considerazione che il provvedimento impugnato avesse natura di ordinanza extra ordinem ai sensi dell’articolo 54, comma 4 del TUEL senza che però rispettasse i presupposti necessari di contingibilità e urgenza. Nell’appello, l’Ente locale afferma nuovamente che la base giuridica del provvedimento va invece rinvenuta nell’articolo 50, comma 7.

Il Consiglio di Stato rigetta anche questo motivo di appello: la qualificazione che danno anche i giudici di Palazzo Spada, infatti, è nei termini di un’ordinanza contingibile e urgente, la quale però nel caso di specie è stata emessa non solo in assenza dei necessari requisiti, ma anche senza la previa indicazione di termini di efficacia. Sotto questo profilo, infatti, si ribadisce che “simili provvedimenti [devono] essere circoscritti nel tempo e indicare un proprio limite temporale”.

L’annullamento dell’ordinanza del Comune di Varese, pertanto, viene confermato anche dal Consiglio di Stato che sottolinea “la contraddittorietà del provvedimento impugnato il quale, pur essendo stato adottato sul presupposto dell’esistenza di una situazione di imminente pericolo (da cui il richiamo ai poteri straordinari di cui all’art. 54 del decreto legislativo n. 267/2000), introduce una disciplina a tempo indeterminato in materia di orari di apertura/chiusura delle sale giochi” e senza nemmeno dimostrare l’esistenza di una “situazione di necessità e urgenza tale da giustificare il ricorso ai poteri di ordinanza extra ordinem”.

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)