Premessa. Il TAR di Venezia si è pronunciato con la sentenza 1876/2022 a proposito delle limitazioni orarie introdotte in un Comune veneto (di cui, tuttavia, non si conosce il nome in quanto oscurato dal Collegio stesso), su ricorso di un gestore di una sala giochi.

Nello specifico, il Regolamento al centro del ricorso prevede, per le sale giochi, orari di apertura “dalle ore 9.00 alle ore 23.00 di tutti i giorni compresi i festivi, per un massimo giornaliero di ore dieci e con interruzione obbligatoria dalle ore 13.00 alle ore 14.30 e dalle ore 18.00 alle ore 20.30”.

I giudici con la sentenza che qui si analizza hanno confermato la correttezza di queste previsioni.

L’istruttoria. In primo luogo, il TAR dà conto dell’attività istruttoria condotta a monte dell’approvazione del Regolamento comunale: in particolare, il Comune ha sottoscritto un Protocollo con la Prefettura di Venezia, che ha poi predisposto uno schema di regolamento comunale, oltre a fornire dati relativi al fenomeno e dettare linee guida e best practises da seguire in un’ottica di prevenzione.

Nel Regolamento, sono state poi richiamate le raccomandazioni della Commissione Europea del 14 luglio 2014 oltre a dare conto dell’ampio confronto avuto con le associazioni di categoria interessate.

Tutti questi elementi consentono di rigettare le censure di parte ricorrente relative ad eccesso di potere, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

Il principio di proporzionalità. Il TAR scrutina, poi, il Regolamento alla luce del test di proporzionalità (idoneità del mezzo, stretta necessità, adeguatezza).

Richiamando la giurisprudenza consolidata sul punto (CDS 8298/2019), i giudici ritengono giustificata la scelta del Comune di limitare l’orario del gioco, ancorché incida sulla libertà di iniziativa economica, “in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco”. Si conferma dunque, nell’interpretazione giurisprudenziale, il nesso tra riduzione degli orari, riduzione dell’offerta di gioco e tutela della cittadinanza rispetto ai rischi del gioco.

È priva di pregio, inoltre, secondo il TAR, l’argomentazione secondo cui a causa delle limitazioni orarie i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco: ciò, secondo il Collegio, “prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione”. Peraltro la stessa sentenza citata del Consiglio di Stato ammetteva limitazioni orarie più stringenti di quelle previste nel caso specifico (otto ore quotidiane di apertura).

La sopravvenuta legge regionale. Poco tempo dopo l’adozione del regolamento, è sopravvenuta le legge regionale 38/2019 che, in punto di orari, per assicurare uniformità su tutto il territorio regionale, ha previsto fasce orarie regionali di interruzione del gioco (dalle 7 alle 9, dalle 13 alle 15 e dalle 18 alle 20) più stringenti di quelle contenute nel Regolamento impugnato.

Secondo il TAR, “le limitazioni imposte dalla norma di rango superiore (la legge regionale e il suo atto attuativo), infatti, non fanno che dimostrare la adeguatezza e proporzionalità delle disposizioni comunali che, se non possono ritenersi sostituite dalle prescrizioni della deliberazione regionale, risultano confermate da quest’ultima che, dichiaratamente, detta condizioni minime inderogabili”.