Premessa. La Commissione di inchiesta sulle mafie ha approvato il 27 aprile 2016 una prima relazione (Doc. XXIII, n. 13) sulla trasparenza delle candidature e l’efficacia dei controlli per prevenire l’infiltrazione mafiosa negli enti locali in occasione delle elezioni amministrative. In questa legislatura la Commissione aveva già affrontato la tematica della trasparenza delle liste elettorali attraverso la definizione di un nuovo codice di autoregolamentazione e lo svolgimento di una puntuale attività di verifica in occasione delle elezioni amministrative del 2015. Qui di seguito sono sintetizzati i contenuti di tale relazione e della seconda relazione approvata il 31 maggio 2016 (Doc. XXIII, n. 16) sui risultati concreti dell’attività di verifica svolta nonchè le considerazioni svolte dal presidente della Commissione a seguito dell’esito degli accertamenti effettuati sulle liste presentate in occasione dei turni elettorali del novembre 2017. Ulteriori riflessioni sul tema delle infiltrazioni mafiose nelle Amministrazioni locali e della trasparenza delle liste elettorali sono contenute nella relazione conclusiva della Commissione del febbraio 2018 (vedi in particolare la scheda su Mafie e politica locale).

Il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali. La Commissione sottolinea la necessità di un ulteriore innalzamento della soglia di protezione delle istituzioni nella fase della selezione dei gruppi dirigenti e in particolare delle candidature per le assemblee elettive; a tal fine deve essere garantita perciò la conoscenza delle situazioni giudiziarie di coloro i quali si candidano in rappresentanza di una comunità territoriale. Le inchieste giudiziarie, le relazioni del Procuratore Nazionale Antimafia e i dati sui decreti di scioglimento per mafia e degli atti di intimidazione ai danni degli amministratori locali dimostrano inequivocabilmente l’interesse delle organizzazioni criminali di accedere alle risorse pubbliche gestite dagli enti locali ricorrendo all’intimidazione mafiosa e alla corruzione: e tale fenomeno non riguarda solo le regioni meridionali ma sempre più anche il nord del Paese.

Caratteristiche della nuova attività di verifica. La verifica del rispetto del codice di autoregolamentazione e della c.d. legge Severino non può attualmente essere effettuata in tempi limitati su tutte le liste elettorali a causa non solo dell’elevato numero di comuni al voto ma anche per l’assenza di una banca dati che consenta ricevere un riscontro tempestivo di tutte le fattispecie previste dal codice di autoregolamentazione e dalla legge Severino (esistenza di misure cautelari, stato di latitanza o di esecuzione di pena, ecc.). Conseguentemente la Commissione ha deciso di circoscrivere l’attività di verifica per il prossimo turno elettorale ai comuni sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata ovvero che siano stati sottoposti nell’ultimo triennio alle procedure di accesso, sempre ai sensi dell’art. 143 del testo unico sugli enti locali.

Si tratta di 14 comuni, dislocati in 5 regioni (Lazio, Campania, Calabria, Emilia Romagna, Liguria): Roma, Sant’Oreste (Roma) e Morlupo (Roma), Battipaglia (Salerno), Villa di Briano (Caserta), Scalea (Cosenza), Ricadi e Joppolo (Vibo Valentia), Badolato e San Sostene (Catanzaro), San Luca e Platì (Reggio Calabria), Finale Emilia (Modena), Diano Marina (Imperia).

Le proposte per il futuro. La relazione si sofferma infine su una serie di proposte volte ad agevolare in futuro l’attività di verifica elle liste elettorali e rendere più efficace i controlli: completamento dell’informatizzazione del casellario giudiziale e dei carichi pendenti su base nazionale, istituzione di un’anagrafe unica dei candidati, revisione dei tempi e delle modalità di accertamento delle condizioni di incandidabilità, estensione del codice di autoregolamentazione e dei protocolli di legalità, inasprimento delle pene per il reato di scambio elettorale, per gli atti di intimidazione degli amministratori locali e per le false dichiarazioni etc.

Approfondimenti. La Commissione ha successivamente audito il 25 maggio 2016 i componenti della commissione elettorale circondariale di Roma ed il prefetto di Caserta per esaminare l’attività svolta con riguardo alle province di Roma e Caserta, che ha condotto ad escludere dalle liste numerosi candidati che avevano presentato un’autocertificazione sui carichi pendenti non rispondente a quella reale  (leggi questa scheda).

I risultati dell’attività di verifica. Nella seduta del 31 maggio 2016 è stata approvata all’unanimità la relazione sulla situazione dei 13 dei 14 comuni sopra indicati (nel comune di San Luca non sono state infatti presentate liste), in vista delle elezioni del 5 giugno 2016: un’approfondita analisi è dedicata alle vicende di Roma capitale (per la conferenza stampa clicca qui).

La verifica, che ha riguardato nel complesso 3.270 candidati (dei quali 2.200 relativi alle elezioni del consiglio comunale e dei municipi di Roma capitale) ha evidenziato otto casi di incandidabilità ai sensi della legge Severino, tutti legati a condanne definitive, in aggiunta a quelli già rilevati dalle commissioni elettorali (sei relativi alle liste del comune di Battipaglia, uno al comune di Scalea e uno al VI municipio di Roma) con conseguente trasmissione degli atti anche all’all’autorità giudiziaria per l’avvio dell’istruttoria penale per falsa dichiarazione. Ulteriori tre casi di potenziale sospensione, legati a condanne non definitive, sono stati rilevati con riferimento alle liste dei comuni di San Sostene, Battipaglia e VI Municipio di Roma. Altri tre casi, tutti relativi a liste civiche del comune di Roma, rientrano nei più ristretti criteri previsti dal codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione antimafia.

Considerazioni conclusive. L’attività di verifica ha confermato l’utilità di procedere all’ampliamento dei tempi a disposizione delle commissioni elettorali e all’informatizzazione delle procedure per consentire di svolgere sempre l’attività di verifica delle autocertificazioni presentate dai candidati (come fatto ad esempio dalle Prefetture di Catanzaro e Caserta e per gran parte delle liste del comune di Roma) e precludere così la partecipazione alla competizione elettorale dei candidati non in regola con la normativa vigente.

La relazione evidenzia comunque una serie di situazioni molto dedicate in alcuni dei comuni esaminati; anche in presenza nelle liste di candidati senza precedenti penali risulterebbero infatti collegamenti stretti tra singoli candidati e gruppi criminali radicati sul territorio. Ciò comporta la necessità di un severo screening delle liste da parte delle forze politiche al fine di evitare infiltrazioni nelle amministrazioni locali da parte delle organizzazioni criminali.

La relazione sottolinea anche l’opportunità di una revisione della legge Severino al fine di tener conto dell’elevato numero di casi di candidati con condanne definitive per una serie di reati di minor allarme sociale: potrebbe pertanto essere utile procedere al cumulo delle pene ricevute per più reati, nel caso si superasse la soglia dei due anni in un arco di tempo limitato; analoga esigenza di riforma si pone anche con riferimento alla normativa sullo scioglimento dei comuni per mafia, sulla quale la Commissione illustra alcune proposte (vedi in particolare l’ultimo capitolo della relazione).

La relazione sottolinea anche la necessità di una più intensa azione dello Stato per agevolare il ripristino di una corretta dialettica democratica nelle situazioni più critiche, come ad esempio quelle di Platì o San Luca, nelle quali il semplice e reiterato ricorso allo scioglimento dei consigli comunali non ha garantito di per sé il ritorno alla piena legalità dell’amministrazione comunale.

Ulteriori considerazioni sono svolte dalla Commissione antimafia con riferimento alla presenza assai diffusa di “liste civiche”, soprattutto nel Meridione, a danno delle liste direttamente rappresentative dei partiti, con numerosi fenomeni di trasformismo politico, o di maggioranze variabili legate a singoli esponenti politici o ad interessi clientelari, che possono favorire situazioni di illegalità nelle amministrazioni interessate.

La verifica delle liste elettorali per le elezioni del 2017. Nella seduta del 29 novembre 2017 la Presidente della Commissione ha riferito in ordine alle prime risultanze degli accertamenti effettuati sulle liste presentate per le elezioni amministrative siciliane e nei comuni che tornavano al voto dopo lo scioglimento per mafia (Mazzarrà Sant’Andrea in provincia di Messina, Nardodipace in provincia di Vibo Valentia e Ostia, X Municipio di Roma), al fine di verificarne la compatibilità sia con le disposizioni della legge Severino sia con il Codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione.

Dai controlli finora svolti sono emerse 7 situazioni di incompatibilità, delle quali 1 soltanto riferibile alla legge Severino; 6 di esse riguardano esponenti inclusi nelle liste delle elezioni in Sicilia e l’altra quelle di Ostia. Tali risultanze non tengono ovviamente conto dei provvedimenti giudiziari adottati – dopo lo svolgimento delle votazioni – nei confronti di alcuni soggetti presenti nelle liste della Sicilia.

Aldilà dei limitati riscontri quantitativi, la Commissione ribadisce l’urgenza di un intervento legislativo, prima cioè delle prossime elezioni politiche, al fine di rafforzare ulteriormente la legge Severino, secondo le proposte già elaborate dalla Commissione, al fine di rendere effettivi i controlli dei requisiti sia di incandidabilità sia di ineleggibilità (anche attraverso il loro ampliamento ai casi di dichiarazione falsa o mendace in ordine ai requisiti stessi) ed assicurare la massima trasparenza e pubblicità delle situazioni processuali dei singoli.

La Presidente Bindi – riprendendo l’appello lanciato dal Ministro degli Interni agli Stati generali contro le mafie – sottolinea la necessità di una ferma presa di posizione in Parlamento di tutte le forze politiche di rifiuto dei voti delle mafie e per un’attenta selezione della classe dirigente che vada aldilà anche delle problematiche dei casellari giudiziari ed investa tutti i soggetti che “che vivono in contesti sia di parentela che di vicinanza con ambienti mafiosi o che sono in qualche modo «chiacchierati».

 

(ultimo aggiornamento febbraio 2018)