Premessa
La Commissione bicamerale sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, al termine di numerose audizioni e di missioni in alcune città italiane, ha approvato il 9 aprile scorso, all’unanimità, una relazione dedicata alle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, a 18 anni dall’introduzione dei primi strumenti legislativi di riutilizzo a fini sociali e istituzionali dei beni confiscati.
Qui di seguito è riportata una sintesi del documento conclusivo (Doc XXIII, n. 1).
Gli interventi di razionalizzazione del sistema normativo e amministrativo
Dopo un approfondito esame dell’evoluzione della normativa europea ed internazionale (con indicazioni anche per l’azione del Governo nel corso del semestre di Presidenza italiana ai fini di un affinamento delle norme esistenti ed un miglior coordinamento tra gli Stati) e di quella nazionale (nella quale il sovrapporsi delle leggi nel tempo – spesso approvate per far fronte a specifiche emergenze- ha determinato una minore efficacia degli strumenti volti a garantire un rapido riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati) e dei dati relativi ai beni oggetto di provvedimenti di confisca e di progetti di recupero (basata sui dati del Ministero della giustizia del settembre 2013), la Commissione elenca una serie di proposte volte a superare le attuali difficoltà nella riassegnazione dei beni e a migliorare l’attuale sistema normativo, che possono essere così riassunte:
- Il procedimento presso i tribunali
Al fine di abbreviare la procedura, spesso molto lunga e articolata, la Commissione propone innanzitutto la creazione di sezioni specializzate presso i tribunali distrettuali e le corti d’appello, trattandosi di una materia complessa che riguarda non solo profili penali, ma anche il diritto fallimentare, societario e tributario. Si sottolinea inoltre l’importanza di assegnare al procuratore della Repubblica del tribunale distrettuale il potere di proposta e coordinamento delle iniziative riguardanti le misure di prevenzione, oggi attribuite ad una pluralità di soggetti; inoltre anche il procuratore nazionale antimafia dovrebbe poter avanzare proposte di prevenzione di natura patrimoniale. Da modificare anche la competenza territoriale per evitare i possibili vizi di incompetenza nei casi di una pluralità di soggetti che abbiano la loro dimora in altre aree del territorio (l’incompetenza comunque dovrebbe essere fatta valere, a pena di decadenza, subito dopo la costituzione delle parti). Sempre al fine di accelerare le procedure, si propone l’attribuzione del sequestro alla polizia giudiziaria. Infine è rimarcata la necessità di potenziare gli organici.
- La tutela dei terzi
La Commissione sottolinea l’urgenza di una razionalizzazione del procedimento volto a garantire i diversi soggetti che possono vantare diritti rispetto ai beni oggetto di confisca, prevedendo innanzitutto l’immediata citazione anche degli istituti bancari titolare di diritti reali di garanzia. Sempre nell’ottica di non incidere negativamente sulle concrete possibilità di gestione delle aziende soggette a sequestro, si propone una complessiva revisione della disciplina, oggi troppo ancorata ai principi del diritto fallimentare, che consenta di poter affrontare in tempi rapidi tutti gli aspetti riguardanti, tra gli altri, i rapporti di lavoro esistenti.
- Gli amministratori giudiziari
Dopo la costituzione dell’Albo (avvenuta solo recentemente), occorre procedere in tempo spedito alla definizione dei criteri di calcolo dei compensi e di rotazione degli incarichi.
- Una nuova Agenzia per i beni confiscati
La Commissione propone un profondo ripensamento dei compiti dell’Agenzia, concentrandone l’attività nella gestione dei soli beni oggetto di un procedimento definitivo di confisca, ferma restando l’attività di assistenza e consulenza nelle fasi precedenti con la magistratura e gli amministratori giudiziari e di raccordo con le strutture ed associazioni che operano in questo campo. In tale prospettiva vanno anche ridefinite le professionalità coinvolte (soprattutto esperti in materia di gestione aziendale e di progetti di finanziamenti nazionali ed europei), ponendo l’Agenzia alle dipendenze della Presidenza del Consiglio. Infine va definita in tempi rapidi la banca dati sui beni confiscati (che era stata prevista per i primi mesi del 2013).
- Facilitazioni e premi per favorire le aziende oggetto di confisca
Si propone la creazione di fondi ad hoc per agevolare la prosecuzione dell’attività, crediti di imposta per aiutare la regolarizzazione dei rapporti di lavoro e garantire la sicurezza dei lavoratori, incentivi a favore delle cooperative dei lavoratori, premi fiscali per chi fa ordinativi alle nuove aziende. Vanno inoltre esclusi dal Patto di stabilità gli investimenti degli enti locali per la ristrutturazione degli immobili sequestrati.
- Una nuova misura di prevenzione
La Commissione propone infine l’introduzione di un nuovo istituto, il “controllo giudiziario”, da affiancare a quello dell’”amministrazione giudiziaria” prevista dall’art. 34 del codice antimafia, in base al quale il commissario giudiziaria eserciterebbe un controllo sul rispetto delle prescrizioni adottate dal tribunale allo scopo di eliminare possibili infiltrazioni mafiose in un’azienda.
Il dibattito in Aula
La relazione della Commissione, Doc XXIII, n. 1 che è stata successivamente discussa anche dall’Assemblea di Camera del 16 giugno 2014 e 18 giugno 2014 e dall’Aula del Senato nella seduta del 17 giugno 2014: entrambi i rami del parlamento hanno approvato una risoluzione in materia, di identico contenuto, di identico contenuto, che qui si riproduce integralmente. Ulteriori approfondimenti sono contenuti della Relazione approvata dalla Commissione il 22 ottobre 2014 sulla riforma del Codice antimafia (Doc. XXIII n. 5).
Doc. XXIII, n. 1 – Risoluzione
La Camera,
esaminata la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, approvata all’unanimità nella seduta del 9 aprile 2014 (DOC. XXIII, n. 1);
premesso che:
il sistema di contrasto ai patrimoni della criminalità organizzata, grazie all’intuizione contenuta nella legge Rognoni-La Torre, mantiene tuttora una rilevanza strategica per la tutela della democrazia e del mercato;
i risultati ottenuti in questi trenta anni dalle forze dell’ordine e dalla magistratura in termini di sottrazione di beni alle mafie sono ragguardevoli ed impongono di mantenere elevata l’attenzione dello Stato su questo settore;
numerosi sono i casi di destinazione di beni confiscati a fini sociali e, grazie ad essi, sono stati conseguiti, almeno in parte, gli scopi fissati dalla legge 7 marzo 1996, n. 106, legge di iniziativa popolare, unica nel suo genere nel panorama internazionale, che ha dato priorità al valore simbolico del passaggio del bene confiscato dalle mani della criminalità a quello della collettività, degli enti pubblici e delle associazioni;
sono tuttavia necessari interventi normativi per rendere più efficiente la gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata e per rendere più celere la loro destinazione dopo la confisca;
secondo l’unanime giudizio degli operatori di settore, l’attuale disciplina normativa prevede una procedura di verifica dei crediti che rende difficile la programmazione della prosecuzione delle attività delle imprese sequestrate e, al contempo, non offre tempestiva tutela ai terzi creditori, creando il rischio di indefinite dilazioni nella regolamentazione dei rapporti;
l’incertezza sui tempi del procedimento e sulla concreta possibilità di prosecuzione dell’azienda si ripercuote sul mantenimento dei livelli occupazionali e priva i lavoratori di tutela; peraltro il mutamento dei soggetti che seguono l’amministrazione (a partire dal sequestro fino alla confisca definitiva) può intralciare la realizzazione di un piano industriale di medio periodo, unico strumento che può consentire la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa;
si è manifestata l’inadeguatezza dell’applicazione della normativa fallimentare al procedimento di prevenzione con riferimento alla verifica dei crediti ed alla disciplina dei rapporti pendenti;
si avverte la necessità di creare uffici specializzati presso i tribunali e le Corti di appello, come anche presso gli organi investigativi e amministrativi, che si occupino della sottrazione dei beni alla criminalità organizzata e del loro riutilizzo a fini sociali; all’affinamento delle professionalità va accompagnato un adeguato potenziamento degli organici;
l’Agenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANBSC) non è riuscita, dalla sua istituzione nel 2010 fino ad oggi, ad assolvere con adeguata tempestività ai suoi compiti istituzionali, dapprima limitati alla mera emissione del provvedimento di destinazione e, dal marzo 2012, alla gestione, in via esclusiva, dei beni confiscati con provvedimento di primo grado;
per le limitate dotazioni di organico, per la mancata integrazione delle esperienze di amministrazione con appropriate figure professionali versate nell’attività di gestione, per i ritardi nella emanazione delle c.d. «linee guida» con le quali l’Agenzia avrebbe dovuto coadiuvare i giudici delegati, a fronte dell’aumento delle confische da parte dell’Autorità giudiziaria, si è registrato, dal 2010 al 2013, un netto calo dei provvedimenti di destinazione a fini sociali o istituzionali, nonostante le pressanti richieste dell’opinione pubblica, degli enti locali e delle associazioni, di reimmettere nel circuito legale aziende e beni; sul punto inequivocabili elementi ha fornito il Ministero della giustizia nella Relazione al Parlamento segnalando che tra il 2009 ed il 2012 il numero dei beni destinati è calato da 629 a 86 e che solo nel 2013 i provvedimenti di destinazione sono stati 415, dato che, ad avviso del Ministero, «sembra mostrare la volontà di recuperare il tempo perduto da parte di chi per un paio di anni ha emanato i decreti a rilento» (pag. 25);
peraltro il programma informatico di raccolta dei dati dei beni sequestrati e confiscati, che doveva essere implementato dall’Agenzia nazionale, non risulta ad oggi ancora operativo nonostante il relativo progetto sia stato dotato di cospicui fondi, nazionali ed europei; e ciò, oltre a rendere incompleti i dati finora esaminati, potrebbe essere motivo di responsabilità civile e contabile rilevabile dalla Corte dei Conti;
considerato che la Commissione ha formulato proposte di riforma della normativa antimafia finalizzate a superare le criticità finora evidenziate dagli operatori. In particolare:
- per colpire la criminalità e ostacolare l’evasione fiscale, spesso dedotta dai soggetti socialmente pericolosi a giustificazione della provenienza dei capitali utilizzati per acquistare immobili o quote societarie, va escluso che si possa tenere conto dei proventi di evasione fiscale e di ogni altro tipo di attività illecita, come peraltro recentemente affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione il 29 maggio 2014;
- per accelerare la destinazione dei beni confiscati, va riformata l’Agenzia Nazionale, dotandola di professionalità con competenze economiche e gestionali; concentrando i suoi compiti nella fase successiva alla confisca definitiva; demandandole funzioni di ausilio all’Autorità giudiziaria durante il procedimento; riorganizzandone la struttura anche con la dotazione di uno strumento di indirizzo che coinvolga, a titolo gratuito, tutti i soggetti potenzialmente interessati alla destinazione dei beni; favorendo, in tal modo, l’utilizzo immediato ad uso sociale dei beni sin dalla fase del sequestro;
- per dare immediato impulso alle attività di destinazione dei beni confiscati nelle more della definizione di una organica riforma dell’Agenzia, deve essere richiesto al direttore recentemente incaricato, prefetto Umberto Postiglione, di provvedere al più presto all’emanazione delle linee guida e all’implementazione del programma informatico per il censimento e la gestione centralizzata di tutti i beni sequestrati e confiscati e al contempo di accelerare l’assegnazione dei beni ancora inutilizzati;
- per consentire una ragionevole programmazione dell’attività di impresa e regolare con priorità assoluta i rapporti di lavoro con i dipendenti,
- va garantita la partecipazione tempestiva e proficua dei terzi creditori al procedimento di prevenzione affinché possano, in contraddittorio, rappresentare le loro ragioni; in particolare, gli istituti di credito, titolari di ipoteche, potranno subito articolare prove in ordine alla sussistenza della loro buona fede;
- va disciplinata la regolamentazione dei rapporti contrattuali e di credito in fase anticipata subito dopo il sequestro delle aziende;
- va introdotto un sistema nel quale la gestione dei beni e delle aziende in sequestro prosegua in capo alla stessa autorità ed allo stesso amministratore giudiziario per tutto l’intero procedimento fino alla confisca;
- va creato un fondo di rotazione alimentato con parte delle somme ora destinate al Fondo Unico Giustizia per rendere fruibili gli immobili e per favorire i lavoratori delle aziende sequestrate;
- per migliorare efficienza, tempestività e garanzie del procedimento,
- vanno istituite sezioni distrettuali specializzate presso i tribunali e presso le Corti di appello, previo adeguato potenziamento delle piante organiche;
- va attribuita la competenza in materia di misure di prevenzione patrimoniali alle Procure distrettuali con potere di coordinamento;
- va esteso il potere di proposta patrimoniale al Procuratore nazionale antimafia (PNA);
- deve essere prevista la partecipazione del detenuto all’udienza tramite videoconferenza;
- per un’adeguata regolamentazione delle attività degli amministratori giudiziari,
- vanno accelerate le procedure necessarie per istituire l’albo degli amministratori e renderlo operativo;
- va predisposta la disciplina, ancora mancante dopo quattro anni, sui criteri di determinazione dei loro onorari;
- va integrata la normativa prevedendo la rotazione ed una equilibrata ripartizione tra gli amministratori giudiziari, senza fissare limiti al numero degli incarichi, così privilegiando gli apporti di professionalità e di economicità;
- disciplinare il nuovo istituto del «controllo giudiziario», elaborato da una delle commissioni governative, relativo alla gestione delle aziende, che configuri una forma meno invasiva di intervento, qualora le forme di infiltrazione e condizionamento mafioso di attività imprenditoriali non pregiudichino la sostanziale integrità dell’azienda e pertanto non giustifichino una misura così invasiva come lo spossessamento;
fa propria la Relazione della Commissione sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ed impegna il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati nella citata Relazione.
(6-00075) «Bindi, Fava, Di Lello, Dadone, Mattiello, Scopelliti, Garavini, Bruno Bossio, Attaguile, Dorina Bianchi, Piepoli, Vecchio, D’Uva, Taglialatela».
(30 ottobre 2014)