Premessa. La Commissione di inchiesta sulle mafie ha ascoltato il 24 novembre 2015 il dott. Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, accompagnato da alcuni componenti della commissione governativa che ha elaborato una serie di proposte normative in tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità. L’audizione, oltre ad un’illustrazione dei criteri di fondo che hanno ispirato i lavori della commissione (mantenimento degli attuali livelli di garanzia dell’indagato o dell’imputato; impiego delle tecnologie disponibili nel processo penale; nuove misure per rendere più difficile delinquere), è stata incentrata in particolare sui temi delle intercettazioni telefoniche e del riutilizzo dei beni confiscati alla mafia. Il dott. Gratteri è stato successivamente riascoltato nella seduta del 22 febbraio 2017 nell’ambito del filone di inchiesta sui rapporti tra mafie e massoneria. Qui di seguito sono sintetizzati i contenuti della prima audizione.
La revisione della disciplina sulle intercettazioni. La Commissione ha posto particolare attenzione all’adeguamento della disciplina delle intercettazioni all’introduzione di nuove tecnologie, anche informatiche.
Dovrebbero cadere gli attuali limiti per le video riprese, oggi ammesse solo in luoghi pubblici, consentendole anche in ambito privato (ad esempio in occasione di un summit mafioso) attraverso l’equiparazione al regime delle intercettazioni telefoniche ambientali. Va altresì consentita anche l’intercettazione epistolare (l’attuale normativa consente solo il controllo di corrispondenza del detenuto) ad esempio con riferimento ai pizzini. Si propone inoltre l’eliminazione del differente regime tra intercettazioni intramoenia, all’interno degli uffici di procura, e extramoenia (ora permesse solo in presenza di presupposti gravissimi) e l’estensione dei casi in cui si possa procedere all’intercettazione ambientale (oggi condizionata alla una notitia criminis di una fattispecie criminosa di durata di un reato permanente).
Nelle proposte della commissione, Il rafforzamento delle capacità di indagine (e l’allungamento dei termini per lo svolgimento delle intercettazioni) si unisce ad un miglioramento delle garanzie della difesa: vanno in questa direzione il divieto di inserire il testo integrale delle intercettazioni nei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, a meno che non sia rilevante a fine di prova; la nuova fattispecie penale volta a tutelare i soggetti diffamati dal contenuto delle intercettazioni; il rilascio di copie su supporto informatico per gli avvocati in modo da avere un’immediata disponibilità degli atti del processo, con la possibilità di prendere visione dei cosiddetti brogliacci delle operazioni.
Riutilizzo sociale dei beni confiscati. La commissione si è concentrata innanzitutto sul problema della gestione delle aziende confiscate, spesso soggette a fallimenti (o a un rapido deperimento) in ragione dei tempi lunghi richiesti dalle procedure attuali. Ciò ha condotto a proporre un’informativa volta a verificare l’assenza di un effettivo utile alla gestione, in modo da procedere in tal caso alla vendita immediata, a partire dalle situazioni in cui l’azienda sopravviveva solo in ragione delle presenza di interessi mafiosi; e, sempre in tal caso, ad anticipare la destinazione definitiva dei beni oggetto di sequestro, in particolare delle aziende, al momento del provvedimento di confisca di primo grado (ed è previsto un meccanismo volto ad assicurarne l’acquisto da parte di persone “ineccepibili”): questa innovazione permetterebbe di far entrare subito il bene nel circuito legale; in caso di esito negativo della misura di prevenzione, l’ex proprietario del bene otterrebbe comunque una somma nettamente superiore a quella del valore economico che il bene stesso viene ad assumere attualmente al termine del procedimento. Tale soluzione (si tratta di un’ulteriore opzione, alternativa a quelle della gestione diretta e dell’affitto temporaneo previsto dal testo approvato dalla Camera) trova riscontro anche in altri istituti del nostro ordinamento e appare conforme ai principi della normativa comunitaria.
Viene altresì prospettata l’istituzione di sezioni specializzate cui affidare anche la gestione dei beni dei sequestri penali.
La commissione propone inoltre una diversa qualificazione dei soggetti chiamati a gestire le aziende, attività che richiede competenze specifiche: in tale quadro deve essere adeguatamente potenziato il ruolo dell’Agenzia nazionale quale organo che coadiuva direttamente l’autorità giudiziaria, ampliandone l’organico e immettendo nuove figure professionali specializzate, adeguate ai compiti ad essa assegnati, anche nelle strutture di direzione.
La titolarità della proposta delle misure di prevenzione. La commissione propone di sopprimere la possibilità da parte del questore e della Direzione investigativa antimafia di formulare autonomamente la proposta di misura di prevenzione, che andrebbe invece rivolta al procuratore della repubblica, l’unico organo in grado di elaborare compiutamente una proposta al riguardo, suffragata dalle approfondite indagini svolte.
Altri temi. Il dibattito in commissione antimafia si è sviluppato anche su un’altra proposta avanzata dalla commissione Gratteri sulla soppressione della Dia, tenuto conto che, a venti anni di distanza, sono comunque restati in piedi – e rafforzati- i Corpi specializzati all’interno della polizia, dei carabinieri e della Guardia di finanza.
Nel corso dell’audizione è stato fatto infine un accenno anche ai temi dell’allungamento dei termini di prescrizione e dell’estensione della disciplina sulle misure di prevenzione anche ai reati contro la pubblica amministrazione, prevista dal testo sui beni confiscati approvato dalla Camera.