Premessa. La Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione ha approvato il 20 dicembre 2017 una relazione (doc XXII bis, n. 22) sul funzionamento del sistema di protezione dei richiedenti asilo, di cui sono qui sintetizzati gli aspetti principali.
Il quadro di riferimento normativo. Sono innanzitutto ricostruite le tappe evolutive della normativa sulla protezione internazionale, con brevi accenni al contesto internazionale ed una più approfondita disamina dei progressi registrati a livello europeo; la parte più corposa della trattazione è ovviamente incentrata sulla normativa nazionale, a partire dalla legge Martelli del 1990 fino agli ultimi sviluppi introdotti dal “decreto Minniti” (D.l. n. 13/2017, convertito nella legge n. 46 del 2017) e dalla “legge Zampa” (legge n. 47/2017).
L’evoluzione dei fenomeni migratori. La seconda parte si sofferma in modo circostanziato sull’evoluzione del fenomeno migratorio a partire ai primi sbarchi degli anni ’90, sulle misure adottate nelle diverse circostanze e sulla loro concreta applicazione, con l’analisi dei vulnus che di volta in volta venivano riscontrati a livello normativo e delle iniziative, in larga parte di carattere emergenziale, intraprese durante le più importanti crisi internazionali degli ultimi 30 anni: la guerra civile somala, quella jugoslava ed infine le primavere arabe e la guerra civile siriana hanno tutte riguardato da vicino il nostro Paese anche in riferimento all’aumento di volume dei flussi migratori. Questo capitolo si chiude con un glossario della terminologia riguardante i centri di accoglienza e uno schema riassuntivo delle principali tappe del percorso di accoglienza.
Gli approfondimenti. Sono poi esposti specifici approfondimenti sugli aspetti giudicati di particolare interesse al fine di una migliore comprensione delle criticità presenti all’interno del sistema di protezione ed integrazione dei richiedenti asilo e dei beneficiari di uno fra i vari tipi di protezione garantiti dall’ordinamento.
Le presenze nei centri di accoglienza: emerge il larghissimo ricorso alle strutture straordinarie (CAS) e la mancata attivazione di migliaia di posti SPRAR, sebbene quest’ultimo modello di gestione sia stato a più riprese designato come la procedura ordinaria di intervento in questo settore.
Tipologie e titolarità delle strutture: si tratta prevalentemente di strutture piccole dimensioni, per circa un quarto di derivazione alberghiero – ricettiva, con larghissimo ricorso agli strumenti della locazione, mentre sono pochi i beni di proprietà e le strutture demaniali, il che incide non poco sui costi finali del sistema.
La distribuzione nel territorio: il quarto focus analizza la percentuale di comuni coinvolti nell’accoglienza e l’incidenza dei migranti rispetto ai residenti, rimarcando la difficoltà nel raggiungere quell’obiettivo di equa ripartizione sul territorio dei migranti. In particolare, la quasi totalità delle Regioni italiane fa registrare un tasso di partecipazione comunale al di sotto del 50% del totale.
Le tipologie di affidamento: si registra un largo ricorso all’affidamento diretto; nei luoghi dove questa tipologia di appalto pubblico vanta una diffusa applicazione, come in Calabria, questo fenomeno coincide con i casi di maggiore concentrazione della presenza di migranti in poche strutture.
Considerazioni conclusive. La Commissione sottolinea innanzitutto la permanente divaricazione tra il modello di sistema di accoglienza delineato dal decreto legislativo n. 142 del 2015 e la sua concreta applicazione, a partire dalla mancata costituzione degli hub regionali o interregionali quali centri governativi di prima accoglienza, sostituiti di fatto dal Cas (Centri di accoglienza straordinaria) e dagli ex Cara che- concepiti come strutture temporanee – finiscono tuttora per assorbire invece il maggior numero di migranti, senza essere in grado di garantire servizi adeguati, anche in considerazione dei grossi ritardi nel passaggio degli immigrati dalla prima alla seconda accoglienza, che dovrebbe in teoria favorire un livello qualitativo di accoglienza e integrazione più alto. A questo si aggiunge la distribuzione non omogenea fra Regione e Regione, ed anche a livello interregionale, data l’esigua quantità di Comuni aderenti a progetti di integrazione rispetto al totale, che determina ulteriori ingiustizie, visto che alcune fra le Regioni più povere ospitano elevate percentuali di migranti. Da sottolineare anche i tempi lunghi di esame delle domande di protezione internazionale sia in sede amministrativa che giurisdizionale – che la recente normativa non ha risolto (la Commissione svolge alcune considerazioni critiche al riguardo)- con pesantissime ricadute sul sistema di accoglienza.
La Commissione sottolinea la necessità di un coordinamento efficace tra i diversi livelli istituzionali, valorizzando in particolare il ruolo rivestito dalle Regioni e quello del governo nazionale nei confronti del sistema diffuso e a base volontaria. Più in generale, mentre viene posta particolare attenzione all’accoglienza primaria e al soccorso, ancora insufficiente è l’attività di inclusione. Anche gli incentivi ai comuni per realizzare la rete della seconda accoglienza non sono stati decisivi. Occorre anche investire sulle forme di rimpatrio, a cominciare dal rimpatrio assistito, e qualificare meglio l’accoglienza nei CAS, con più efficienti corsi di lingua, di orientamento civico, formazione professionale, validazione delle competenze acquisite e inserimento lavorativo.
D’altronde, si sottolinea che nel 2016 l’Italia, secondo stime UNHCR, è risultata essere il terzo Paese al mondo (dopo USA e Germania) per numero di domande di protezione internazionale ricevute, il che dà l’idea della crescita del fenomeno nell’ultimo decennio. È naturale dunque che profonde e non semplici trasformazioni abbiano scosso il nostro Paese ed il suo sistema di accoglienza.
In sostanza, è stato fatto un gran lavoro fino ad oggi, il sistema funziona meglio e più efficientemente rispetto a pochi anni fa, ma i passi in avanti ancora da compiere sono ancora molti.
(a cura di Francesco Casella, Master in analisi, prevenzione e contrasto della corruzione e della criminalità organizzata – anno 2016 – Università di Pisa)