Premessa. La Commissione di inchiesta ha ascoltato il 16 marzo 2017 il Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, prefetto Gerarda Pantalone (che ha assunto da poco tale incarico), la quale ha anche fornito via via dati aggiornati sui flussi dei migranti e la loro collocazione all’interno del territorio nazionale ed in Europa. Una nuova audizione si è svolta il 25 maggio 2017.
Il sistema degli hotspot. Ai 4 centri cui è stata già assegnata questa funzione (500 a Lampedusa, 400 a Trapani, 300 a Pozzallo, 400 a Taranto) si aggiungeranno in un prossimo futuro altre strutture, in particolare in Sicilia e Calabria, tra cui Palermo (150 posti), Corigliano Calabro (400), Crotone (800) e Reggio Calabria (400), e saranno realizzati hotspot mobili in Sardegna. E’ in corso una riflessione sull’utilizzo del CARA di Mineo: per ora è stato avviato un processo di alleggerimento di questa struttura con un passaggio da 3.800 ospiti a 3.200. Queste strutture consentiranno di far fronte alle esigenze di identificazione, informazione e soccorso sanitario, in linea con le indicazioni della Corte dei conti europea, in previsione dello smistamento e della relocation dei migranti: su tale fronte negli ultimi mesi si registrano significati progressi, con la disponibilità manifestata da diversi Paesi europei ad accogliere 1.000 immigranti al mese (mentre ad oggi siamo ad un totale di 6.200 migranti circa rispetto ai 39.600 programmati).
Le altre strutture di accoglienza. I centri di prima accoglienza (ex CARA) sono oggi 15 ed ospitano 13.337 migranti. I CAS (Centri di accoglienza straordinaria) sono realizzati dalle prefetture per far fronte ad emergenze specifiche e continuano a rappresentare la componente principale del nostro sistema di accoglienza: oggi sono 7.121, con 136.573 migranti; dopo un primo periodo, possono essere convertiti in strutture ordinarie attraverso la partecipazione alle gare aperte europee. Il sistema SPRAR (501 centri ordinari, 95 per minori non accompagnati e 44 per persone in evidente stato di disagio) ospita invece 23.621 migranti: tali strutture – cui aderiscono attualmente 546 enti locali – vanno ulteriormente potenziate, trattandosi di un’accoglienza di qualità superiore perché volta ad integrare i migranti. Per i nuovi CPR (Centri per il rimpatrio) è in via di completamento l’istruttoria, d’intesa con le Regioni, sulla loro collocazione: intanto si è già proceduto all’ampliamento di alcune strutture esistenti (a Roma e Torino) e all’individuazione di altre da ristrutturare (Bari Palese, Gradisca Isonzo, Iglesias, Mormanno, Modena, Montichiari, Santa Maria Capua Venere).
Il Centro di Isola Capo Rizzuto. Oggi è unicamente un Centro di accoglienza per richiedenti asilo, in quanto il CIE è chiuso dal marzo del 2016. In attesa del nuovo capitolato, il contratto per la gestione del Centro ha durata annuale, per un importo complessivo di 12,6 mln di euro: la gara è stata aggiudicata all’ATI Sant’Anna Accoglienza, composta dalla Società Consorzio Opere di Misericordia, costituita dalla Confederazione nazionale Misericordie d’Italia e Miser di Isola Capo Rizzuto (l’unica colpita dai provvedimenti della magistratura ed attualmente sottoposta ad amministrazione giudiziaria) e alcune società di Crotone e a Prato (Mediterranea Catering, Puliverde, Cooperativa servizi Crotone, società cooperativa Cosec, Ristorart Toscana). E’ in corso anche un’inchiesta amministrativa sulle cause e le responsabilità degli illeciti accertati.
Minori non accompagnati. Si tratta di un fenomeno molto complesso non solo in relazione al loro numero (25.000 arrivi nel 2016) ma anche per la carenza di strutture ad essi dedicate. Attualmente ci sono 19 centri di primissima accoglienza per 950 posti in dieci regioni d’Italia, 31 strutture recettive di prima accoglienza attivate dai prefetti nei rispettivi territori per 572 posti e 92 centri di seconda accoglienza, per complessivi 2.007 posti: i posti gestiti dal Ministero dell’interno sono 3.368, mentre quelli degli enti locali 12.000.
Le linee di indirizzo. Il Governo ha innanzitutto predisposto alcune misure importanti contenute nel decreto legge n. 13 del 2017 per accelerare sia le procedure di riconoscimento (che attualmente determinano periodi di lunghissima attesa nei centri, alimentando rabbia e tensioni) che il rimpatrio dei non aventi diritto (nella seduta del 24 maggio il prefetto riporta i seguenti dati relativi al periodo 1° gennaio – 21 maggio 2017: allontanati dal territorio nazionale 8.935 migranti irregolari, di cui 5.926 respinti alla frontiera, 662 riammessi nei Paesi di provenienza e 2.347 rimpatriati).
In secondo luogo, è stato elaborato un Piano di accoglienza per 200.000 migranti, fondato su una loro equilibrata distribuzione su tutto il territorio nazionale, tenendo conto del numero di abitanti e della densità di popolazione di ciascun comune: ad esempio, per i comuni fino a 2.000 abitanti, c’è un criterio fisso di 6 migranti; per i comuni più grandi, Il criterio di riparto varia da 3 a 3,5 posti per ogni 1.000 abitanti, ad eccezione delle grandi città (dove già risiedono moltissimi migranti, il criterio è di 2 posti ogni 1.000 abitanti. Con il nuovo piano si punta ad estendere il numero dei comuni coinvolti (oggi 2.880 su 8.000) per assicurare un’accoglienza stabile nel tempo, garantendo allo stesso tempo il rispetto del tetto massimo concordato. Sulla base delle primissime intese, è già stata conseguita una disponibilità di oltre 6.000 posti.
In terzo luogo, con il decreto del Ministro dell’Interno del 7 marzo 2017 è stato approvato lo schema di capitolato riguardante la gestione e la fornitura di beni e servizi nei centri di accoglienza, redatto anche sulla base del parere dell’Autorità nazionale anticorruzione. Tra le innovazioni si ricorda in particolare il superamento del gestore unico e la suddivisione in lotti prestazionali (salvo per i comuni di minori dimensioni): il primo lotto è il più importante, perché riguarda i servizi alla persona ed include la gestione amministrativa per servizi alla persona e cioè anche la mediazione culturale e l’assistenza sanitaria; gli altri tre concernono la fornitura dei pasti, il servizio di pulizia e di igiene ambientale e la fornitura di beni. Tutto ciò al fine di favorire la concorrenza ed una maggiore trasparenza della spesa, essendo prevista specifica rendicontazione per ciascuna tipologia di servizio. L’aggiudicazione dell’appalto si basa su un metodo di calcolo – la c.d. “formula bilineare” – con il quale si valuta la prestazione del servizio 60 punti rispetto ai 40 del prezzo, con una preminenza perciò all’aspetto qualitativo dell’offerta. Sono inoltre previsti controlli molto accurati sulla concreta gestione dei servizi: da questo punto di vista il nuovo capitolato prevede ulteriori poteri e obblighi per i prefetti, con un funzionario responsabile dell’esecuzione del contratto, controlli cadenzati a distanza ravvicinata e senza preavviso, l’aumento delle penali.
E’ prevista inoltre la creazione di apposite white list delle imprese operanti in questo settore.
Viene sottolineato infine l’avvio del nuovo sistema informatico volto a garantire un monitoraggio completo sui migranti che transitano in Italia, a partire dal loro ingresso fino all’uscita dalle strutture di accoglienza. E’ stato anche insediato un Osservatorio permanente sul monitoraggio del sistema di accoglienza, con il compito anche di intensificare i controlli.
Risorse finanziarie. Nel Documento di economia e finanza 2017 per il fenomeno migrazioni è previsto un impegno di spesa da 4,2 miliardi a 4,6 miliardi di euro, dei quali il 18,8% destinati alle operazioni di soccorso in mare, 68,2% all’accoglienza, 13% per l’assistenza sanitaria e l’istruzione (13 per cento). Dei 2 miliardi gestiti dal Dipartimento delle libertà civili 1,895 miliardi sono destinati all’accoglienza: 1,3 miliardi per i centri di accoglienza, 405 milioni per le strutture SPRAR, 170 milioni per il “Fondo minori non accompagnati” cui si aggiungono altri importi di minori entità per le commissioni territoriali, la manutenzione dei centri, le collaborazioni a Paesi terzi etc.
Il Fondo asilo 2014-2020 (FAMI), pari a 695 milioni (alimentato in parti uguali dall’Unione europea e dall’Italia), che ha sostituito i tre fondi precedenti, ha l’obiettivo di promuovere una gestione efficace ed integrata della migrazione, sostenendo gli aspetti del fenomeno migratorio verso tre aspetti: l’asilo, la migrazione legale e l’integrazione e i rimpatri, oltre a casi speciali che sono quelli dei reinsediamenti e della ricollocazione.
(ultimo aggiornamento 6 giugno 2017)