Premessa. La Commissione di inchiesta sulla contraffazione ha approvato il 19 dicembre 2017 un documento conclusivo (doc. XXII-bis, n.20), nel quale sono sintetizzati i risultati dell’ attività svolta nell’intera XVII legislatura.

Le dimensioni del fenomeno in Italia e nel mondo.  Lo sviluppo del commercio mondiale e la globalizzazione dell’economia hanno allargato a dismisura le possibilità di espandersi del fenomeno contraffazione, anche in virtù dell’interesse sempre più spiccato della criminalità organizzata nei confronti di tale business. La contraffazione è oggi un’attività svolta in modo sistematico e strutturata – che sfrutta reti e infrastrutture avanzate via aerea, terrestre e marittima – e costituisce un’industria a sé stante, favorita oltretutto dallo sviluppo del commercio elettronico.

Su base mondiale le stime dell’OCSE fissano al 2,5% degli scambi mondiali nel 2016 il volume dei beni contraffatti, per un valore di 461,85 miliardi di dollari, una cifra che costituisce la prima voce mondiale dei business illeciti, superiore persino al traffico di stupefacenti e con un trend in forte crescita. L’Italia è, dopo gli Stati Uniti, il Paese più colpito dal fenomeno. Tale posizione deriva dalla presenza di numerosi “brand” nell’industria italiana (il Made in Italy), che la rende molto vulnerabile. La Cina si conferma il Paese di provenienza della maggior parte di questa marce, che giunge in Italia da Hong Kong, dal porto del Pireo in Grecia, da Singapore, Thailandia, Turchia, Marocco, Germania, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Senegal.

Secondo il rapporto del Censis del giugno 2016 sulla contraffazione, il suo fatturato in Italia nel 2015 ammontava a 6,9 miliardi di euro, in crescita del 4,4% rispetto al 2012, con una perdita di gettito fiscale stimata in 5,7 miliardi di euro ed oltre 100.000 posti di lavoro sottratti all’occupazione legale. “L’immissione sul mercato di un volume di merci legali equivalente determinerebbe un incremento della produzione interna di 18,6 miliardi di euro (lo 0,6 per cento del totale), recando un incremento di valore aggiunto per l’Italia di 6,7 miliardi” cita la Commissione.

La contraffazione riguarda quasi tutti i settori merceologici. Il più interessato in Italia è quello dell’abbigliamento – un terzo del totale delle merci contraffatte, con un valore della produzione di 2,2 miliardi di euro -. Seguono il comparto degli audiovisivi, beni informatici ed elettronici e prodotti alimentari. I sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza tra il 2012 e il 2016 sono stati pari ad oltre un miliardo di pezzi.

Il valore della contraffazione per le organizzazioni criminali. “Il business della contraffazione garantisce profitti elevati a fronte di rischi tutto sommato contenuti – evidenzia la Commissione – poiché il contrasto alla contraffazione non costituisce una priorità, in termini di risposta repressiva e sanzionatoria, anche penale, rispetto ad altri settori di attività illecite. Lo smercio di prodotti contraffatti garantisce alti profitti, derivanti dall’uso di materie prime scadenti o nocive, dallo sfruttamento del lavoro nero, e dalla totale evasione fiscale per le produzioni illegali. Vi è quindi lo stimolo per le organizzazioni criminali ad investire in tale settore. Uno studio dell’UNICRI riporta che la duplicazione illegale di un programma di computer, che costa 20 centesimi di euro, è venduto sino a 45 euro, con un guadagno molto superiore alla vendita, ad esempio, di un grammo di hashish per 12 euro, il cui costo di produzione è di 1,52 euro”.

I danni arrecati dalla contraffazione tanto all’economia – effetti nocivi sulla concorrenza e sul fatturato delle aziende che perdono risorse per investimenti qualificati per sviluppare costantemente l’innovazione e adeguare le produzioni. – e sulla salute –  produzioni contraffatte o false realizzate con materiali di scarsa qualità nel settore agroalimentare, ma anche nel campo della moda o dei giocattoli – non sono sufficientemente recepiti dall’opinione pubblica. (Per ulteriori approfondimenti leggi questa scheda)

Aspetti critici della normativa comunitaria. Una normativa armonizzata a livello comunitario costituisce un elemento positivo per la costituzione di uno spazio europeo comune in materia, ma la Commissione ha dovuto prendere atto di una serie di problemi derivanti dalle regolazioni introdotte dall’Unione europea, evidenziando alcuni casi indicativi.

  1. Per ovviare alle carenze della tutela dell’origine dei prodotti e tutelare il cosiddetto “Made In” l’Unione ha promosso l’iter di un pacchetto sicurezza prodotti, che prevede l’obbligo di indicare l’origine per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario e una serie di obblighi per produttori, fabbricanti e importatori tesi a garantire maggiori informazioni per i consumatori. “Il Pacchetto ha ricevuto ad aprile 2014 il voto favorevole del Parlamento, ma l’iter è stato bloccato a seguito delle resistenze – in seno al Consiglio – di molti Paesi membri, in prevalenza dei Paesi del Nord Europa, ritenendo che la norma sul Made In ostacoli la circolazione delle merci ed aumenti i costi per le imprese. Nel Programma di lavoro per il 2017, la Commissione ha previsto l’adozione di un nuovo pacchetto contenente iniziative legislative in materia di mutuo riconoscimento e di sorveglianza del mercato, ma, nonostante le prese di posizione favorevoli del Parlamento europeo, allo stato attuale appare molto improbabile che possano essere fatti passi avanti”.
  2. La normativa comunitaria in tema di commercio elettronico, che stabilisce una sostanziale limitazione della responsabilità per i soggetti definiti come «prestatori di servizi della società dell’informazione» (c.d. Internet Service Provider –ISP), i soggetti che conducono attività economiche svolgendole on line, è ritenuta obsoleta “in un settore ove l’evoluzione tecnologica e le dinamiche del mercato si sono sviluppate a ritmi vertiginosi. La realtà del mercato digitale cui si rivolgeva è mutata profondamente negli ultimi anni, perché oggi esiste una pluralità di ISP, molto più ampia di quella individuata dalla direttiva, che sono divenuti erogatori di servizi diversificati, ove il ruolo assunto non è meramente tecnico ma si sostanzia in comportamenti attivi diversificati”. La Commissione evidenzia la necessità di determinare un conseguente aumento delle responsabilità per queste aziende digitali a fronte delle prestazioni svolte e dei profitti percepiti, nel senso di garantire una maggiore tutela, per quanto riguarda la lotta alla contraffazione e alla pirateria digitale, ai titolari di diritti di proprietà intellettuale.
  3. Sul sistema di tracciabilità dei farmaci è consultabile un’apposita scheda di sintesi sulla contraffazione nel settore farmaceutico.
  4. “Il sistema doganale comunitario soffre di una mancanza di uniformità e di una diversa intensità dei controlli tra Dogane del Nord Europa, che privilegiano la celerità operativa e l’incremento dei volumi di traffico, e agenzie doganali come quella italiana, ove invece si svolgono controlli adeguati al rispetto delle varie normative doganali, fiscali e commerciali sulla movimentazione delle merci, compreso il contrasto alla contraffazione. L’assenza di controlli doganali adeguati nel Nord Europa fa sì che merci di provenienze extra-UE entrino facilmente nel territorio europeo o possano transitare per destinazione extra-UE, senza sottostare ai controlli previsti dalle normative di settore, con l’ulteriore effetto paradossale della diminuzione di traffico nei Paesi le cui Dogane sono più intransigenti”.

Proposte. In base all’attuale quadro legislativo e alle criticità sopra elencate, la Commissione avanza alcune proposte. Tra queste le principali sono:

  1. interventi in sede nazionale: modifiche al sistema penale e agli istituti di procedura penale; coordinamento delle forze di Polizia e il ruolo della Polizia municipale; coordinamento delle banche dati; coordinamento in sede amministrativa.

In particolare il sistema sanzionatorio penale è caratterizzato da una eccessiva presenza di norme, tra codice penale e leggi speciali. Tale eccesso normativo comporta un problema di armonizzazione. La Commissione ritiene di “proporre una ricollocazione di tutte le fattispecie di reati in tema di contraffazione nel codice penale, strutturandoli come reati di pericolo, tra i delitti contro l’industria e il commercio e destinato a tutelare i diritti di proprietà industriale: non più reati di falso, ma reati economici, in considerazione dei beni giuridici tutelati”.

Un secondo aspetto di particolare rilevanza è quello della pena edittale, sempre inferiore nel massimo a cinque anni. Ciò determina che i reati di contraffazione possono rientrare nell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Si propone la trasformazione dell’attuale aggravante speciale di cui all’art 474-ter, in reato autonomo, con pena edittale al di sopra del limite dei 5 anni.

Un altro dei punti possibili di miglioramento delle modalità di contrasto “può essere costituito dall’ulteriore implementazione del processo di specializzazione delle competenze tra le varie Forze di Polizia”. Analogamente ci si riferisce alla Polizia Municipale, per il suo ruolo fondamentale di contrasto sul territorio della vendita al dettaglio di merce contraffatta.

È inoltre determinante un maggior flusso di informazioni e di condivisione delle banche dati. Occorre pertanto “una interazione tra le aziende titolari dei diritti di proprietà intellettuale e le istituzioni pubbliche deputate ai controlli”. (Per ulteriori approfondimenti leggi questa scheda).

  1. interventi in sede internazionale: iniziative di coordinamento in sede internazionale che riguardano i trattati e le istituzioni internazionali; contrasto alla criminalità organizzata, operante ormai in chiave sovranazionale; interventi in sede finanziaria, tra cui l’approccio Follow the Money e il contrasto all’uso illecito dei Money transfer; presidio degli spazi doganali e delle zone di libero scambio; tutela della proprietà intellettuale su internet;

La Commissione rileva che per la contraffazione non esiste un trattato internazionale specifico e che “l’Accordo TRIPs costituisce sostanzialmente l’unico fondamento per una standardizzazione degli interventi….La Commissione ritiene quindi che sia interesse dell’Italia favorire in ogni modo il processo di definizione in sede internazionale di un trattato che definisca la contraffazione, superando le difficoltà di molti Paesi ad accettare forme piene di tutela dei diritti di proprietà industriale”.

In merito ai Money Transfer, la Commissione ne sottolinea l’utilizzo come via di trasferimento dei proventi illeciti della contraffazione verso i Paesi asiatici di provenienza delle merci e uno strumento palese di realizzazione di pratiche di evasione fiscale. Nel 2013 le rimesse verso l’estero, in gran parte effettuate tramite Money transfer, si sono attestate intorno ai 5,5 miliardi di euro (dati Banca d’Italia). In tal senso “sarà importante verificare l’impatto del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 attuativo della direttiva (UE) 2015/849”.

  1. interventi per la produzione, la distribuzione il consumo delle merci: controlli sulle filiere produttive e le certificazioni etiche; ricorso agli strumenti tecnologici per l’etichettatura e la tracciabilità dei prodotti; tutela della provenienza territoriale delle merci e il contrasto al fenomeno dell’italian sounding; sensibilizzazione del consumatore.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)