Premessa. La Commissione parlamentare sulla contraffazione ha svolto numerose audizioni (magistrati, forze dell’ordine, associazioni di categoria etc) sul tema della contraffazione degli oli di oliva (leggi questa scheda). Il 17 settembre 2015 la Commissione ha approvato una relazione sulle misure di contrasto della contraffazione in questo settore, qui di seguito sintetizzata (doc. XXII – bis n. 4)
Contesto generale di riferimento. La relazione analizza approfonditamente il quadro di riferimento normativo (a partire dalla legge n. 9 del 2013 e dalla normativa comunitaria) e le caratteristiche del sistema produttivo italiano, che ha una rilevanza strategica nell’ambito del comparto agricolo. Data la necessità strutturale di ricorrere all’importazione di prodotti provenienti dall’estero (Spagna , Grecia, Nord africa, Medioriente), c’è il forte rischio che il basso costo di tali materie prime accentui il rischio di frodi e contraffazioni, spesso molto sofisticate (basate su prodotti di scarsa qualità o, addirittura, di materie estranee all’oliva) per sconfiggere le quali vanno adottate misure articolate, anche a tutela della salute dei consumatori.
Le proposte della commissione. Le indagini giudiziarie ed i controlli effettuati dalle forze dell’ordine hanno portato alla luce diverse pratiche illecite (“olio di carta”, impiego di olio deodorato, utilizzo illecito di denominazioni di origine etc) evidenziando anche l’opportunità di una revisione complessiva della normativa penale (leggi questa scheda).
Per quanto riguarda i controlli, essi vanno intensificati nella fase “a monte” dell’imbottigliamento (attraverso il potenziamento della tracciabilità, adottando il sistema vigente per il comparto vinicolo, l’ulteriore miglioramento delle banche dati esistenti e l’istituzione del Registro unico dei controlli e della vigilanza sulle produzioni agroalimentari), perché nella fase successiva le tecniche di sofisticazione rendono estremamente difficile evidenziare le frodi: ed è importantissimo incentivare lo sviluppo di metodi di rilevazione atti ad attestare scientificamente le caratteristiche organolettiche dei prodotti.
La discussione in Assemblea. L’Aula di Montecitorio ha discusso la relazione nelle sedute del 29 marzo 2016 e del 31 marzo 2016; al termine è stata approvata all’unanimità una risoluzione (vedi allegato).
All.to: risoluzione 6-00228 del 31 marzo 2016 Mongiello, Catania, Russo, Franco Bordo, Garofalo, Ciracì, Pastorelli, Cenni, Di Gioia, Catanoso, Senaldi, Baruffi, Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti, Antezza, Amoddio
La Camera,
premesso che:
l’olivicoltura italiana rappresenta un settore produttivo strategico per il Made in Italy agroalimentare e per l’economia locale, essendo presente in quasi tutte le Regioni, caratterizzandone il paesaggio ed assicurando la produzione di oli di oliva vergini di elevata qualità;
l’identità dei prodotti nazionali e la lotta alle frodi alimentari risultano strategici per garantire la solidità, la competitività e la distintività del Made in Italy e delle imprese agricole italiane;
la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo ha scelto di approfondire il tema della contraffazione nel settore dell’olio d’oliva ritenendo che nel settore dell’agroalimentare tale comparto costituisce un caso di notevole rilevanza, sia per l’importanza della produzione dell’olio nel panorama delle produzioni agroalimentari italiane di qualità, sia per la gravità dei fenomeni di contraffazione e frode in essere;
il settore è stato oggetto di un importante intervento normativo – la legge 14 gennaio 2013, n. 9 – che ha dettato norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, al fine di adeguare gli strumenti di contrasto dei fenomeni della contraffazione e delle frodi alimentari, con numerose soluzioni innovative finalizzate a garantire il controllo della filiera dell’olio sia in sede produttiva sia in sede di commercializzazione, a tutela della qualità del prodotto italiano e a salvaguardia dei consumatori;
il comparto dell’olio di oliva extra vergine è una ricchezza strategica per il nostro Paese; l’intero sistema olivicolo oleario italiano deve essere curato, gestito, controllato e promosso in maniera specifica, così come avviene per altri settore di eccellenza italiana del comparto agricolo, quale il vino e la viticoltura;
le frodi e le contraffazioni più frequenti nel settore dell’olio riguardano la trasformazione di oli non extra vergine in oli extravergine, attraverso tecniche chimiche di laboratorio che consentono l’acquisizione delle caratteristiche organolettiche di tale prodotto d’eccellenza, ovvero miscelando materie prime scadenti e non commercializzabili come olio extra vergine;
in particolare, attraverso la tecnica della deodorazione un olio di oliva avente inizialmente caratteristiche qualitative e compositive non conformi a quelle previste dalla legge per l’olio extravergine viene reso tale tramite operazioni che consistono nell’arricchimento e nella manipolazione di oli vergini d’oliva o oli lampanti raffinati o sottoposti a distillazione blanda e poi commercializzato come olio extravergine di oliva;
la violazione delle denominazioni d’origine concreta un tipico reato di contraffazione sanzionato dal codice penale ai sensi dell’articolo 517-quater relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d’origine dei prodotti agroalimentari;
altro fenomeno frequente di contraffazione in senso lato, nel settore dell’olio d’oliva e in generale dei prodotti del settore agroalimentare, è rappresentato dal cosiddetto italian sounding, ossia delle pratiche di produzione e commercializzazione, essenzialmente all’estero, di oli aventi una falsa evocazione dell’italianità del prodotto, utilizzando nomi, simboli, colori, o attraverso l’imitazione di denominazioni geografiche o l’utilizzo di immagini ed etichette che ingannano i consumatori circa l’italianità dei luoghi di origine della materia prima, senza tuttavia realizzare una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane o dei marchi collettivi DOP e IGP;
da quanto emerso in sede di audizione, sia da parte delle associazioni dei produttori che dalle risultanze delle inchieste giudiziarie, occorre pertanto incrementare i controlli in particolare sulle produzioni dell’olio di oliva extravergine, al fine di tutelare la specificità delle produzioni italiane ed impedire la realizzazione di produzioni illecite che realizzino fattispecie contraffattive o di frode alimentare;
i controlli «a valle», a campione sul prodotto finito e imbottigliato risultano essere inefficaci, in quanto le frodi realizzate con sofisticate tecniche di laboratorio e violazione dei disciplinari di produzione dell’olio extravergine d’oliva raramente, salvo il caso di falsi o contraffazione grossolana, determinano la messa in commercio di prodotti privi dei requisiti di acidità propri dell’olio extravergine, rendendo difficile svolgere analisi in grado di evidenziare le frodi o le contraffazioni; l’esperienza di inchieste giudiziarie come l’«Arbequino» condotta in Toscana, ad esempio, mostra che i controlli condotti «a monte» della fase finale dell’imbottigliamento, volti ad acclarare la sussistenza di irregolarità relative alla fase di acquisizione della materia prima o per quanto concerne i processi produttivi, con l’uso di materiali o di tecniche illecite per il confezionamento dell’olio extravergine, risultano molto più efficaci;
in sede di ricerca scientifica occorre individuare metodi di analisi ufficiali, in grado di rilevare eventuali trattamenti termici, di deodorazione e di raffinazione degli oli non extravergine effettuati da aziende che operino illecitamente per trasformare tali oli in olio extravergine; è opportuno altresì realizzare banche dati integrate tra loro e rappresentative delle produzioni di oli extravergini di oliva delle diverse aree geografiche del Paese;
circa l’acquisizione delle partite di oli dall’estero, l’esperienza maturata mostra come la prassi diffusa di acquisizione di partite di olio a basso costo da Paesi comunitari (Spagna e Grecia) o extraeuropei (Tunisia), che possono essere destinate, attraverso tecniche chimiche di laboratorio, quale la deodorazione, alla trasformazione fraudolenta in partite di olio extravergine italiano, costituisce non un’eventualità ma un approccio sistematico e organizzato su vasta scala per le aziende che operano illecitamente; in tale ottica le recenti decisioni assunte dall’Unione europea di eliminazione dei dazi doganali all’importazione dell’olio d’oliva tunisino rischiano di aggravare la situazione;
altro tema importante in sede di controlli è quello di garantire un’adeguata tracciabilità dei trasporti dell’olio e della relativa documentazione, a partire dalla fase dell’ingresso doganale e per tutte le fasi di trasporto interno;
appare necessario, inoltre, introdurre forme di controllo delle rese degli oliveti, il cui valore teorico massimo in termini di capacità produttiva di olive, è predeterminabile, per contrastare il fenomeno delle false produzioni olivicole ed olearie italiane, cui si collega la prassi illecita delle false fatturazioni; è il fenomeno del cosiddetto «olio di carta», allorquando da zone agricole che hanno perso capacità produttiva ovvero manifestano un eccesso di produzione non compatibile con la capacità fisica di produzione degli oliveti pervengono documentazioni contabili eccessive rispetto al volume di produzione realmente possibile;
la realizzazione di una sorta di libro genealogico dell’olivo consentirebbe di evidenziare immediatamente una sovrapproduzione, che non sarebbe giustificabile, se non con il ricorso ad approvvigionamenti di materia prima di provenienza straniera o comunque non legata al territorio di produzione;
oltre al tema dei controlli occorre lavorare per la valorizzazione delle diverse categorie degli oli d’oliva, contemperando l’obiettivo di salvaguardare il livello di eccellenza delle produzioni extravergine e vergine, ostacolando l’impiego di oli minori per il confezionamento illegale di tali prodotti, con quello di valorizzare e rendere pienamente commercializzabili anche le produzioni olearie minori, favorendo sbocchi di mercato, atteso che nel 2014, per tale motivo, presso i frantoi sono rimaste senza classificazione circa 120.000 tonnellate di prodotto;
è necessario assicurare il riconoscimento del valore probatorio, in sede processuale, dell’analisi organolettica (panel test) sull’olio d’oliva, che ha un’importanza rilevante nel giudizio della qualità finale del prodotto, per rilevare eventuali comportamenti fraudolenti e per verificare se un olio che ha qualità chimiche opportune per essere considerato extra-vergine le ha anche da un punto di vista organolettico;
fa propria la Relazione sulla contraffazione nel settore dell’olio d’oliva approvata il 17 settembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo e impegna il Governo, per quanto di competenza, a intraprendere ogni iniziativa utile, al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione, con particolare riferimento alle seguenti azioni:
a) operare per il miglioramento dei controlli sulla produzione dell’olio extravergine, al fine di garantire il rispetto dei disciplinari di produzione e la salvaguardia delle caratteristiche organolettiche di tale olio d’eccellenza, con controlli adeguati alla sofisticazione delle tecniche di laboratorio adoperate per lavorazioni contraffattive o fraudolente, che richiedono una pari capacità di controllo in sede chimica e di riscontro dei procedimenti di lavoro;
b) promuovere iniziative per la definizione in sede pubblica di metodi per la certificazione su basi scientifiche delle caratteristiche organolettiche del prodotto e l’origine geografica dello stesso, come misura idonea a garantire la provenienza del prodotto italiano;
c) introdurre anche per l’olio il sistema di certificazione della merce e del trasporto oggi adottato per il vino (sistema MVV);
d) implementare, per consentire una completa ed esaustiva tracciabilità delle partite di olio oggetto di trasformazione, il funzionamento del sistema del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN), con una completa integrazione tra i portali del SIAN e degli enti territoriali competenti nel settore agricolo, come già previsto dall’articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, e favorire la completa telematizzazione delle informazioni nel sistema agricolo attraverso il Registro Unico dei Controlli e della Vigilanza sulle produzioni agroalimentari vigilate (RUCI);
e) introdurre un registro ufficiale delle rese produttive dell’olivo e le corrispondenti rese olearie delle diverse varietà presenti in Italia;
f) monitorare il profilo del deposito delle partite di olio nel corso dell’anno, rendendo obbligatoria la classificazione e registrazione del prodotto in un determinato periodo dell’anno, se del caso estendendo tale obbligo di classificazione e di registrazione nel SIAN;
g) assicurare il riconoscimento del valore probatorio, in sede processuale, dell’analisi organolettica (panel test) sull’olio d’oliva.
(ultimo aggiornamento 1* aprile 2016)