La Commissione ha svolto due audizioni con il Ministro delle regioni e delle autonomie locali (seduta del 13 maggio 2014) e con il Ministro degli Interni (seduta del 29 luglio 2014). Qui di seguito sono sintetizzati i contenuti più rilevanti delle due audizioni


Rilevanza del fenomeno

I dati disponibili, aggiornati al primo quadrimestre del 2014, evidenziano la forte diffusione del fenomeno e la sua crescita progressiva nel tempo (con un aumento nel 2014 del 66 per cento rispetto al 2010). Nel 2013 gli atti di intimidazione nei confronti di amministratori locali rilevati sull’intero territorio nazionale sono stati 668, mentre nel solo primo quadrimestre del 2014 sono stati 321. Le Regioni più colpite sono la Sicilia, la Calabria e la Campania, ma il fenomeno riguarda l’intero territorio nazionale: ad esempio in Toscana, Marche ed Emilia-Romagna, gli episodi intimidatori nel primo quadrimestre 2014 hanno già superato quelli dell’intero anno precedente. Le intimidazioni riguardano soprattutto i sindaci (44,5 per cento), seguiti dai componenti delle giunte comunali (21,8 per cento), e dai consiglieri (20,1 per cento). Va registrata una tendenza a denunciare maggiormente gli atti di intimidazione, come effetto di una più forte presa di coscienza della gravità di questi episodi.


Le matrici del fenomeno

Se la matrice di buona parte degli episodi rimane ancora ignota, si possono però individuare le origini di tale preoccupante fenomeno, che è collegato solo in parte alla presenza della mafia o di altre organizzazioni criminali; vanno considerati infatti i fenomeni corruttivi soprattutto nel settore degli appalti o della concessione di beni e servizi pubblici e della destinazione urbanistica del territorio. Vanno però sottolineati anche i tantissimi atti di danneggiamento o di violenza riconducibili a situazioni di disagio sociale, acuite dall’attuale crisi economica, oltre a casi attribuibili a rivalità politiche o a dissidi di natura meramente privata. Secondo il Ministro degli Interni, non sono riscontrabili in linea di massima motivazioni di carattere politico-ideologico, se si fa eccezione per alcune azioni messe in atto dalle frange più radicali del movimento No-TAV.

Spesso le intimidazioni avvengono con modalità eclatanti (gravi minacce, danneggiamenti e attentati incendiari, fino agli omicidi): e ciò fa supporre che tali fenomeni costituiscano uno degli strumenti di pressione utilizzati per condizionare le dinamiche decisionali dell’ente pubblico e trarne benefici di carattere economico, in particolare nei contesti a legalità debole. Ciò può dar luogo in taluni casi alle dimissioni forzate da parte degli amministratori coinvolti. E tra gli elementi presi in considerazione dalle Prefetture ai fini dell’avvio del procedimento di scioglimento degli enti locali (ben 243 dal 1991 all’aprile 2014) ci sono anche gli atti di intimidazione, giudicati una possibile spia di una forte  volontà di condizionamento.


Proposte

Nel corso delle audizioni i rappresentanti del Governo hanno illustrato in particolare le seguenti iniziative e proposte.

  • Potenziamento dell’attività di prevenzione e di contrasto: viene ricordata, ad esempio, l’operazione Deus, che ha portato all’arresto di 16 affiliati ad una cosca calabrese, ritenuti responsabili di atti di intimidazione nei confronti del sindaco e di altri pubblici amministratori del Comune reggino di Rizziconi. Va comunque assicurata la protezione fisica e la vigilanza sugli amministratori; in tale contesto, appare utile un’attività di sensibilizzazione della cittadinanza, a partire dalle scuole, sul fenomeno delle vittime della criminalità, inclusi gli amministratori locali: dare adeguato risalto a ciò che accade nelle singole comunità locali contribuisce senz’altro a proteggere maggiormente gli amministratori vittime di intimidazioni e minacce. Si propone infine, proprio partendo dall’iniziativa promossa dalla Commissione di inchiesta, di creare di una banca dati nazionale per censire in modo puntuale il fenomeno.
  • Disciplina degli appalti: occorre semplificare le procedure e aumentare la trasparenza, diminuendo la discrezionalità oggi esistente e incrementando il ricorso alle Centrali uniche per gli acquisti; a tale riguardo potrebbe essere utile l’obbligatorietà, per i Comuni i cui consigli sciolti per mafia, del ricorso alla stazione unica appaltante, che oggi è solo facoltativo
  • Assistenza agli amministratori: occorre mettere in campo misure di supporto degli amministratori locali, in particolare con l’istituzione presso le prefetture di nuclei di sostegno tecnico e amministrativo per i Comuni di piccole e medie dimensioni. E poi sviluppare a livello locale i protocolli di legalità che assicurino il coinvolgimento di associazioni di categoria, di associazioni professionali, di enti rappresentativi di interessi legittimi e di tutti quei soggetti che possono dare un loro contributo al rispetto della legalità nel proprio territorio. E’ anche stato proposto di ricomprendere anche gli amministratori locali nel novero dei soggetti legittimati ad accedere ai benefici del fondo antiestorsione, quando i danni patrimoniali da loro stessi patiti, in ragione dell’incarico ricoperto, abbiano una matrice mafiosa o eversiva.
  • Programma operativo nazionale Legalità 2014-2020:  tale Programma prevede interventi per il riutilizzo dei beni confiscati, una maggiore efficienza delle pubbliche amministrazioni e la trasparenza degli atti pubblici. Per quanto riguarda i beni confiscati la loro assegnazione alle organizzazioni no profit potrebbe essere effettuata in alcuni casi direttamente dall’Agenzia, evitando il rischio che il Comune sia esposto all’intimidazione mafiosa; vanno inoltre sviluppati i protocolli tra apparati pubblici e associazioni di settore e professionali per un più tempestivo ed efficace riutilizzo dei beni.
  • Autoriciclaggio: Viene giudicata urgente l’approvazione della nuova normativa in materia, attualmente all’esame delle Camere.

(Settembre 2014)