Premessa. Una sezione della Relazione finale della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura è dedicata al tema della trasparenza negli enti pubblici anche non territoriali, a cui ha lavorato il Comitato XXIV coordinato dal senatore Elio Lannutti.

Al centro del lavoro, i legami tra l’assenza di trasparenza nelle procedure e negli atti amministrativi, e il proliferare di fenomeni corruttivi collegabili ad organizzazioni mafiose e associazioni criminali. Queste ultime, infatti, osserva il Comitato, negli anni hanno progressivamente sostituito l’uso della violenza con forme di infiltrazione nell’economia e negli apparati pubblici. È per questo, principalmente, che la normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione, originariamente non elettivamente destinata a prevenire fenomeni di criminalità mafiosa, rappresenta, oggi, secondo la Relazione, uno strumento essenziale per il contrasto all’azione di penetrazione delle organizzazioni mafiose nell’economia e nella pubblica amministrazione.

La trasparenza nei Comuni sciolti in gestione commissariale nel 2021. Una delle attività svolte dal Comitato ha riguardato l’analisi dello stato di attuazione della normativa sulla trasparenza (rispetto al profilo della gestione finanziaria) dei comuni sciolti per mafia (ex art. 143 Tuel) che nell’anno 2021 sono stati gestiti da una Commissione straordinaria (per tutto o parte dell’anno solare). Nello specifico, l’analisi ha riguardato cinquanta Comuni.

In premessa va rilevato che i Comuni sciolti per mafia spesso versano in condizioni finanziarie deficitarie: nello specifico, ben ventuno comuni dei cinquanta esaminati versavano in gravi condizioni finanziarie nel 2021 (42% a fronte dell’8% di media nazionale).

L’analisi ha messo in luce come, anche nel corso delle gestioni commissariali, spesso il ciclo di programmazione dei bilanci non venga rispettato e il piano dei conti integrato non sia prodotto o pubblicato. Questo viene imputato, dalla Relazione, ad una generale carenza di attenzione nei confronti degli obblighi di trasparenza che si riscontra anche da parte delle gestioni commissariali.

In particolare, alla ricognizione del 24 Agosto 2022, 17 comuni su cinquanta risultavano inadempienti per quel che concerne la pubblicazione aggiornata del bilancio di previsione.

Performance anche peggiori per il rendiconto di gestione per l’anno 2021 (da approvarsi entro il 30 Aprile 2022) che, sempre alla data del 24 Agosto 2022, risultava correttamente pubblicato solo in 14 comuni su cinquanta (in altri quindici casi risultava pubblicato il rendiconto riferito all’anno 2020).

Sul versante, invece, del Piano degli indicatori, nel 50% dei Comuni esaminati esso non risultava affatto pubblicato, mentre in altri quindici quello pubblicato si riferiva ad annualità precedenti.

Nel corso della Relazione, inoltre, viene messo in luce come i bilanci spesso vengano pubblicati senza i pareri dei revisori dei conti, la cui lettura sarebbe invece preziosa perché consentirebbe di comprendere dove si annidano possibili anomalie.

Molto più alti, invece, sono gli indici di trasmissione alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap) del Ministero dell’economia e delle finanze dei rendiconti di gestione (46 Comuni su cinquanta lo hanno fatto per quel che concerne i dati del 2020).

I bilanci dei Comuni sciolti in gestione commissariale nel 2021. I dati trasmessi alla Bdap consentono al Comitato di svolgere alcune considerazioni. Emerge, in particolare, che la capacità di riscossione dei comuni sciolti per mafia, relativamente alle entrate finali, ammonta al 67%, inferiore così di 4 punti rispetto alla media nazionale.

Più critica è, invece, la capacità di riscossione della tassa/tributo sui rifiuti solidi urbani, ferma al 35%, e gli incassi derivanti da vendite o dalla gestione di beni e, soprattutto, di servizi (37%).

Sul piano delle spese, risultano inferiori rispetto alla percentuale media nazionale, invece, le spese riguardanti Trasporti e diritto alla mobilità (una differenza di 5 punti percentuali), Istruzione e diritto allo studio (la differenza è di 2 punti) e Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (ove la differenza è di 1 punto).

La capacita di pagamento è pari al 66% per le uscite nette (8 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale).

La Relazione analizza, poi, lo stato complessivo dei bilanci dei Comuni analizzati: su quarantasei Comuni analizzati, 9 sono in avanzo di amministrazione, i restanti tutti in disavanzo. Tra le cause del disavanzo, spicca per il Comitato proprio la bassa capacità di riscossione.

Gli alert dell’infiltrazione mafiosa nei Comuni. Oltre alla mancata pubblicazione dei dati relativi alla gestione finanziaria, altre inadempienze sul piano della trasparenza riguardano la gestione degli appalti, dei beni immobili in proprietà o locazione, del personale, dei concorsi, dei servizi affidati alle società partecipate o controllate e dei procedimenti amministrativi aperti.

La frequenza di tali criticità, oltre alla reiterazione nel tempo degli scioglimenti di alcuni Comuni, suggerisce al Comitato l’importanza di elaborare un insieme di indicatori di rischio quali strumenti spia in un’ottica preventivaper cogliere in anticipo il pericolo di ingerenza mafiosa.

Per superare le criticità sul piano della trasparenza, perduranti anche durante le gestioni commissariali, la Commissione ha condiviso la proposta dell’ANAC di costituire un portale unico per la gestione della sezione Amministrazione trasparente e per l’effettiva pubblicazione di tutti i dati.

La trasparenza e il ruolo delle white list. Il Comitato ha affrontato anche il tema delle white list. In premessa, richiamando il lavoro specifico compendiato nella XVI Sezione della Relazione della Commissione, si sottolinea da un lato l’importanza di questo strumento e, dall’altro, l’imponente mole di lavoro che grava sulle Prefetture che porta, in molti casi, a ritardi.

La Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (BDNA) consente uno scambio efficace di informazioni tra uffici variamente dislocati sul territorio nazionale.

Viene tuttavia riscontrato un deficit di condivisione per i casi di richiesta di iscrizione alla white list da parte di un’impresa per la quale si riscontri, all’avvio delle verifiche, un fumus di infiltrazioni criminali tale da richiedere ulteriori approfondimenti. In questo caso, il procedimento inevitabilmente rallenterà e, qualora vengano superati i limiti temporali stabiliti per legge, ciò consentirà all’impresa di operare comunque, salva la previsione della interruzione dei rapporti nel caso di successivo accertamento della mancanza di requisiti per l’iscrizione. Qui si annida la criticità: il mancato inserimento nella BDNA delle semplici richieste di iscrizione nelle white list può determinare inefficienze e dispersione di informazioni. Non è, infatti, da escludere, secondo la Relazione, che un’impresa che si veda respingere la richiesta di iscrizione presso una prefettura, si ricostituisca sotto altra ragione sociale in un altro territorio, presentando una nuova richiesta alla diversa prefettura competente allo scopo di ottenere la possibilità di partecipare agli appalti, contando proprio sulla mancata condivisione delle informazioni tra prefetture.

La situazione nei Comuni: corruzione, Amministratori sotto tiro e retribuzioni. L’audizione di Massimo Pulejo, autore, insieme Pablo Querubín, dello studio “Plata y Plomo: How Higher Salaries Expose Politicians to Criminal Violence”, ha consentito alla Commissione di gettare un fascio di luce sul rapporto tra corruzione, intimidazioni e retribuzioni nel settore pubblico.

Punto di partenza sono due rapporti: quello di ANAC del 2019 relativo alla corruzione in Italia, da cui si evince che, nel periodo 2016-2019, nel settore degli appalti pubblici è stato scoperto un caso di corruzione a settimana: il 41% degli episodi corruttivi riguardava le amministrazioni comunali ed era caratterizzato dalla corresponsione illecita di importi di bassa entità (mediamente tra i 2 mila e i 3 mila euro, ma talvolta anche di 50-100 euro); tra le tendenze corruttive più riscontrate, il frazionamento degli appalti per sfuggire alle verifiche preventive previste dal Codice antimafia, il frequente ricorso al subappalto del contratto e, in più di un quarto delle gare c.d. sopra soglia, l’individuazione, di fatto, di una sola impresa offerente.

L’altro focus è sul Rapporto Amministratori Sotto Tiro di Avviso Pubblico, da cui emerge che dal 2014 al 2020 si sono verificati 3.051 attacchi e intimidazioni, di cui 2.464 perpetrati da gruppi criminali, ai danni nella maggior parte dei casi, dei Sindaci (759 episodi), dei Consiglieri Comunali (349 casi) e degli assessori (270 casi).

Il nucleo centrale dell’analisi offerta nell’audizione riguarda il rapporto tra corruzione, intimidazioni e stipendi: da un lato, infatti, è emerso che “le amministrazioni locali nelle quali gli stipendi erogati sono più elevati, gestiscono in modo maggiormente trasparente i loro fondi, in particolare nei settori più comunemente infiltrati dal crimine organizzato”.

D’altro lato, “è risultato che, più elevata è la remunerazione del sindaco e dei membri delle giunte comunali, più frequenti sono gli atti di violenza perpetrati in loro danno da organizzazioni criminali. Nei comuni appena al di sopra dei 5 mila abitanti, nei quali maggiore è la remunerazione, gli attacchi criminali ai membri dell’esecutivo comunale raggiungono quasi il triplo di quelli che si verificano nei comuni appena al di sotto di tale soglia”.

Ciò suggerisce, secondo l’audito, l’importanza di “coniugare più elevati livelli di remunerazione a un’adeguata azione di contrasto e prevenzione della violenza di stampo mafioso nei confronti di amministratori pubblici e di politici”.

Il Piano triennale per la prevenzione della corruzione e la trasparenza. L’audizione di Pierluigi Raimondi, Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (Rpct) del Consiglio nazionale delle ricerche (ente pubblico di ricerca con competenze multidisciplinari) ha consentito al Comitato di approfondire il tema dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione e la trasparenza, alla luce di alcune innovazioni che nel caso del Cnr sono state inserite.

Tra queste, le più significative sono:

  • lo sviluppo di una banca dati dei finanziamenti esterni, come strumento di trasparenza e controllo;
  • una proposta di rotazione ordinaria del personale, al fine di evitare che possano consolidarsi posizioni di privilegio nella gestione diretta di attività e che il medesimo funzionario tratti lo stesso tipo di procedimenti per lungo tempo, relazionandosi sempre con i medesimi utenti;
  • l’applicazione della rotazione straordinaria dei dipendenti in caso di procedimenti penali o disciplinari per illeciti di natura corruttiva;
  • la predisposizione di un modello di dichiarazione (c.d. pantouflage) da far sottoscrivere al personale al momento della cessazione del rapporto di impiego, ai fini del rispetto dell’art. 16-ter del d.lgs. 165/2001;
  • l’elaborazione di linee guida, regolamenti e manuali operativi sul nuovo codice degli appalti;
  • l’istituzione di albi di figure specializzate;
  • la predisposizione di una dichiarazione di assenza di conflitto di interessi, per il personale che propone imprese spinoff;
  • la predisposizione di appositi moduli per l’accesso civico, rinvenibili nella apposita sottosezione dell’area dedicata alla Trasparenza del sito istituzionale dell’ente.
  • la pubblicazione del cd. registro degli accessi.

Sulla figura dell’Rpct in enti caratterizzati da ampiezza e complessità (come il Cnr) è stata avanzata l’ipotesi di ricorrere a figure esterne all’amministrazione per garantire assoluta terzietà.

La corruzione nel contesto universitario. Il Comitato ha raccolto anche il contributo di Giambattista Scirè presidente dell’Associazione Trasparenza e Merito che associa 1001 studiosi provenienti da quasi tutti i settori scientifico-disciplinari e si occupa di segnalare alle competenti autorità e all’opinione pubblica irregolarità e abusi nelle università italiane.

Il tema interessa la Commissione Antimafia perché, come spiegato nella Relazione, l’Università rappresenta un luogo molto ambito dalle organizzazioni criminali: è un settore, infatti, che gestisce ingenti risorse economiche in forma di appalti, progetti, servizi e concorsi; permette di instaurare rapporti con ambienti in grado di facilitare il collegamento con settori importanti dell’apparato statale, dell’economia e della politica, di cui le mafie necessitano per proteggere e allargare i loro interessi.

Gli episodi corruttivi che si sono verificati non sono a carattere occasionale, localistici e dal contorno ristretto, ma hanno portata più ampia e presentano alcune irregolarità ricorrenti. Tra queste: la predisposizione di bandi sartoriali; l’eccesso di discrezionalità tecnica da parte delle commissioni giudicatrici dei concorsi; l’elusione da parte degli atenei delle previsioni del Piano anticorruzione nel sorteggio dei commissari; l’elusione del giudicato delle sentenze; forme di mobbing di varia natura, con molestie e violenze psicologiche e perfino sessuali; l’uso di metodi di intimidazione e querele o denunce; l’uso indiscriminato di procedimenti disciplinari.

Tra le proposte che sono emerse nel contributo pervenuto al Comitato, si segnala: un sistema più democratico di elezione del Rettore, con l’eliminazione del cosiddetto voto ponderato; l’istituzione di un ruolo unico della docenza universitaria; la centralizzazione dei concorsi con commissioni sorteggiate e criteri di valutazione più oggettivi; l’integrale pubblicazione degli atti concorsuali; l’istituzione di un sistema di penalizzazione per le università nei quali si verificano contenziosi e sanzioni severe per i commissari coinvolti in concorsi truccati; il commissariamento degli atenei che hanno reiteratamente e gravemente violato disposizioni legislative; la creazione di un osservatorio nazionale sugli atenei presso l’Anac che vigili su concorsi e appalti, rendendo disponibili a chiunque i dati raccolti.