Premessa. Nel corso della seduta del 22 giugno 2021, la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali ha approvato la Relazione sulla prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l’emergenza sanitaria.
Il XX Comitato – costituito proprio al fine di approfondire questo tema – sottolinea da subito che le mafie si sono dimostrate attori rilevanti sin dal principio della pandemia, con l’obiettivo di sfruttare le nuove opportunità offerte dal contesto. Il periodo analizzato dal Comitato è compreso tra febbraio 2020, momento in cui comparare in Italia il primo paziente affetto da Covid-19, e febbraio 2021: la Relazione si pone dunque l’obiettivo di fornire un’analisi parziale e alcuni spunti di riflessione che andranno ulteriormente approfonditi.
È parere della Commissione che la presenza mafiosa nella fase pandemica non vada considerata come pericolo, bensì come rischio: tale distinzione permette di porsi nella giusta prospettiva, «perché evidenzia la capacità strategica mafiosa, le sue azioni, le responsabilità dirette e i nessi di casualità» (pag. 4). Altra importante premessa è che la crisi legata alla pandemia espone a un rischio maggiore proprio le comunità dove le mafie erano già radicate a causa di fragilità preesistenti.
Nel nuovo scenario dell’emergenza sanitaria, caratterizzato da un tessuto socio-economico fortemente provato, vuoti di controllo, povertà e disuguaglianze che configurano una situazione da “economia di guerra”, emergono due assi lungo i quali le mafie si stanno muovendo: l’asse economico – tramite infiltrazione o intercettazione di fondi nazionali ed europei – e l’asse sociale – con interventi rivolti ai cittadini in difficoltà. I due assi sono «destinati ad essere trattati in parallelo, in virtù dell’intreccio indissolubile tra movimentazioni di liquidità delle mafie e impatto sociale» (pag. 5).
I temi oggetto della presente Relazione sono molteplici e, come si vedrà più avanti, il Comitato focalizza l’attenzione sia su settori in cui la criminalità organizzata risultava forte già prima della pandemia, sia su ambiti divenuti appetibili e vulnerabili proprio durante l’emergenza sanitaria che – si ricorda – «si è aggiunta ad un’emergenza sociale, culturale, di diritti negati e di marginalità, oltre che ad una crisi economica già presente e lacerante […]. È impossibile oggi parlare di mafia in tempo di pandemia senza partire dalle disuguaglianze e dalle ingiustizie presenti nella società» (pag. 7).
Analisi della situazione di contesto. I contesti caratterizzati da forte recessione hanno sempre costituito rilevanti opportunità per la criminalità organizzata di stampo mafioso, nota per le capacità di adattamento alle nuove e mutevoli situazioni e per la capacità di trarre profitto da ambiti economici strutturalmente fragili. Le organizzazioni criminali, grazie all’ingente disponibilità di capitali di natura illecita, sono in grado di fornire un’immediata risposta ai bisogni, alle crisi di liquidità e alle difficoltà economiche di individui, famiglie, aziende.
Sin dall’inizio della pandemia si è registrata una maggiore ingerenza criminale in diversi e importanti settori: la filiera agro-alimentare, l’approvvigionamento di dispositivi medici e di protezione individuale e il settore farmaceutico (dove si parla di merce contraffatta o sprovvista delle necessarie autorizzazioni), i trasporti, le imprese di pulizia e sanificazione, gli appalti pubblici, i servizi cimiteriali o di gestione dei rifiuti. Un ulteriore elemento da considerare è senza dubbio l’elevato livello di disoccupazione, che ha favorito la creazione di un bacino da cui la criminalità organizzata può attingere per procurarsi manovalanza a basso costo. In questo contesto, le mafie hanno agito anche da welfare di prossimità, offrendo sussidi e beni di prima necessità alle famiglie, ottenendo così ulteriore consenso. È evidente che, soprattutto tra i ceti sociali più vulnerabili, si sia creato «un pericoloso rapporto di gratitudine e dipendenza dalla criminalità organizzata» (pag. 10).
Il XX Comitato mette in rilievo come le mafie riescano ad adattarsi alle situazioni emergenziali e a sfruttare cinicamente le nuove opportunità, anche perché spesso sono momenti in cui vi è la tendenza alla deroga e alla semplificazione normativa. A questo si collega l’enorme responsabilità dei funzionari pubblici e degli Enti locali, soprattutto in vista dell’imminente arrivo di ingenti quantità di denaro destinate alla ripresa economica del Paese: di fronte a mafia e corruzione, la Commissione auspica una «riforma moderna, coraggiosa, innovativa, partecipata della pubblica amministrazione» (pag. 15).
Il Comitato – che, si ricorda, analizza il periodo tra febbraio 2020 e febbraio 2021 – si focalizza sugli eventi del primo lockdown nazionale e del successivo periodo di riapertura in riferimento alle attività della criminalità organizzata:
- Tra marzo e maggio 2020: molteplici truffe e frodi nel commercio di prodotti sanitari, venduti – anche online – a prezzi esorbitanti e spesso contraffatti o non conformi alla normativa. La rete ha rappresentato anche la sede per il recupero del settore del gioco, compromesso dalla chiusura dei centri e dall’interruzione degli eventi sportivi. Il controllo del territorio è stato realizzato tramite forme alternative di intervento, che hanno assicurato prestigio ai sodalizi, come l’elargizione di aiuti economici immediati senza chiedere (almeno in un primo momento) una contropartita: «l’assistenza economica dei mafiosi a famiglie e imprenditori in difficoltà ha consentito alle consorterie criminali, da subito, di acquisire molteplici profitti in termini di riciclaggio e reinvestimento di risorse illecite, nonché in una prospettiva di più lungo termine, ha permesso alle stesse di consolidare le basi di future connivenze, innalzando il proprio livello reputazionale e garantendosi la possibilità di ulteriore infiltrazione nel tessuto sociale e di integrazione nell’economia legale» (pag. 18). Per quanto riguarda il traffico degli stupefacenti, pur rilevando una generale diminuzione dell’attività criminale in termini di attività di importazione e di vendita al dettaglio, le organizzazioni criminali sono state in grado di riadattarsi mutando i sistemi di distribuzione (sfruttando i pochi esercizi commerciali rimasti aperti e ricorrendo a piattaforme informatiche) e scegliendo nuove rotte per il traffico e diversi mezzi di trasporto (approfittando anche del trasporto di generi di prima necessità e forniture sanitarie).
Dunque si può affermare che, in sostanza, «dopo un primo momento di rallentamento e stasi, le organizzazioni criminali hanno approfittato dello scarso interesse mediatico e delle istituzioni, concentrate sull’emergenza pubblica, per avviare un rapido processo di cambiamento spostando l’attenzione su nuovi settori e diverse modalità d’azione» (pag. 19).
- Tra giugno e dicembre 2020: periodo di parziale e graduale riapertura. La crisi sociale ed economica ha permesso alle mafie di insinuarsi più profondamente nell’economia legale e di guadagnarsi ulteriore consenso: l’offerta di posti di lavoro e di denaro contante per la sussistenza delle famiglie e delle aziende ha consentito alle organizzazioni di accrescere il proprio prestigio criminale, di «instaurare nuovi rapporti forieri di pericolosi sviluppi, in quanto fondati su debiti di riconoscenza o su situazioni di sudditanza» (pag. 20), di riciclare proventi illeciti e di acquisire imprese in difficoltà. I settori oggetto di investimenti da parte della criminalità organizzata in questo periodo sono stati: forniture di prodotti medico-ospedalieri e dispositivi di protezione individuale, sanificazione, smaltimento di rifiuti sanitari, servizi funebri. In questa seconda fase sono ripresi i traffici illeciti.
Rimane da considerare che altri settori di tradizionale profitto della criminalità organizzata sono in profonda crisi: le scommesse formalmente legali e il settore degli appalti pubblici hanno risentito duramente della sospensione prolungata delle attività.
Ambiti di indagine: economia, enti locali, comunità sociali. Allo scoppiare dell’emergenza sanitaria, la criminalità organizzata di stampo mafioso si trovava già in possesso di diversi vantaggi competitivi: processi corruttivi già avviati e relazioni con politica, burocrazia, pubblica amministrazione; disponibilità di una notevole massa di liquidità; forte presenza in alcuni settori economici (smaltimento dei rifiuti, costruzioni, logistica, sanità).
I clan mafiosi partivano anche, in alcune zone d’Italia, da un rapporto molto forte con la società civile, basato su fattori quali il controllo del territorio, una disponibilità economica allettante e una cronica lentezza dello Stato (contrapposta alla velocità di intervento delle mafie).
C’è poi un terzo asse lungo il quale le mafie avevano già mosso passi importanti, ovvero gli Enti locali: «con riferimento alle rendite di posizione già conquistate dalle mafie […] gli enti locali rappresentano l’ambito più difficile da quantificare e descrivere perché si oscilla fra situazioni note e macroscopiche (i comuni sciolti o commissariati) e situazioni di difficile penetrazione» (pag. 23). È tuttavia possibile isolare alcuni fattori, quali l’aumento della corruzione in relazione agli appalti e i legami torbidi e confusi tra clan e pezzi di burocrazia e istituzioni in grado di agevolare le mafie pur non commettendo reati.
Il XX Comitato ha sentito la necessità di ampliare il raggio d’azione a un quarto aspetto: i liberi professionisti, che subiscono o cercano direttamente il contatto con esponenti di clan mafiosi, mettendo a disposizione le proprie competenze. Questo ambito rappresenta l’anello di congiunzione fra il mondo illegale e l’economia legale, permette forme di riciclaggio e investimenti sempre più raffinate, opera una saldatura con la parte sana della società.
Il Comitato ha provato a rilevare andamenti consolidati: innanzitutto, i clan hanno dimostrato una generale capacità e prontezza di intervento e riorganizzazione. Si è osservata, dunque, «una sorta di strategia attendista volta a comprendere la portata dell’emergenza e gli effettivi rischi» (pag. 26). Il periodo di lockdown generalizzato ha causato una diminuzione delle attività criminali, ma ha anche rappresentato – in maniera indiretta – l’occasione per le organizzazioni criminali di rafforzarsi sul territorio, accrescere il consenso sociale ed espandersi al momento dell’economia legale e della pubblica amministrazione. Le mafie hanno, in generale, «mostrato una capacità di adattamento enorme e repentina» (pag. 30): come ricordato sopra, nel periodo delle riaperture sono ripresi i traffici illeciti (anche se con modalità e rotte differenti), la contraffazione ha ripreso vigore (soprattutto per dispositivi medici e gel igienizzanti), l’usura è diventata un’opzione. I clan sono, tuttavia, riusciti a farsi strada anche in ambiti nuovi, come gli attacchi informatici e la sanificazione.
Vengono poi citati alcuni esempi di welfare di prossimità: la distribuzione dei “pacchi spesa”, il supporto ai detenuti, i prestiti a tasso zero da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Ciò che emerge dall’analisi della Commissione e di altri attori rilevanti è che le mafie hanno cercato di muoversi sottotraccia, seguendo una strategia di mascheramento negli affari; una strategia conservativa, in attesa che le opportunità offerte dalla pandemia diventassero ancora più chiare e macroscopiche. Servono dunque nuovi approcci anche sul fronte della lotta alle mafie, che pongano al centro dell’attenzione lo scambio di dati e informazioni anche a livello nazionale e il contrasto patrimoniale.
Altro punto messo in rilievo dal Comitato è il rapporto tra mafiosi e imprenditori, soprattutto in un contesto di crisi economica: i primi prestano denaro in tempi rapidi – più rapidi rispetto allo Stato – e sfruttano l’occasione per appropriarsi di realtà produttive e stringere legami.
Il XX Comitato svolge poi un focus sull’economia italiana nel corso della pandemia e particolare attenzione merita il fenomeno dell’usura, conseguente alla crisi di liquidità che ha interessato molte famiglie, nonché piccole e medie imprese. Come è noto, le statistiche relative alle denunce effettuate non sono un indicatore affidabile in quanto rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’universo usurario. Accentua le difficoltà di rilevamento anche l’eterogeneità delle forme attraverso cui l’usura si manifesta. Con tali premesse, va dunque valutato con cautela il dato che segnala un aumento modesto (+6,5%) dei reati di usura nel primo trimestre del 2020 e la stima relativa al periodo maggio-luglio 2020 che vedrebbe addirittura un sensibile decremento (-26,8%) delle segnalazioni e delle denunce.
La Commissione ritiene possibile che «l’aumento registrato nel primo trimestre sia in qualche misura dovuto all’assenza dei ristori statali, con conseguente ricorso al credito parallelo, mentre nel secondo trimestre il decremento rilevato sia dovuto proprio all’inizio dell’erogazione dei ristori» (pag. 46). Una possibile correzione di tiro rispetto a tale interpretazione potrebbe essere offerta da una valutazione dei dati forniti dalla Guardia di finanzia. Si tratta del confronto del valore complessivo dei proventi sequestrati connessi o derivanti dall’attività usuraia durante l’emergenza sanitaria rispetto a un precedente periodo di normalità: «nei primi sei mesi del 2020 il valore dei sequestri effettuati risulta più che raddoppiato rispetto all’analogo arco temporale del 2019. Non solo. La Guardia di finanza ha rilevato come in non pochi casi l’usura è maturata in un contesto molto prossimo, se non proprio contiguo, ad ambienti riconducibili alla criminalità organizzata» (pag. 46). Non è raro che siano gli imprenditori stessi a rivolgersi ai mafiosi e a chiedere “protezione”, passando da vittime a imprenditori-speculatori. Così l’usura «continuerebbe a rappresentare il grimaldello delle mafie per entrare nel mondo economico, per immettere capitali “sporchi” nell’economia legale, in un sordido circolo vizioso di riciclaggio e reimpiego, ma anche per arrivare a una sorta di “esproprio” delle imprese coinvolte» (pag. 47). Il Comitato avanza poi alcune proposte al fine di contrastare il fenomeno dell’usura.
In base alle audizioni svolte, sono emersi alcuni indicatori di rischio che è utile sintetizzare schematicamente:
- mutamento massivo dei codici ATECO delle imprese: il fenomeno è di proporzioni talmente vaste da sottendere verosimilmente molteplici dinamiche oggi non pienamente accertate; non può escludersi che vi siano state manipolazioni per finalità illecite;
- variazione degli assetti societari delle imprese, tramite il trasferimento di azioni o quote per oltre il 50%;
- mancato dialogo tra imprese in crisi Covid-19 e organismi intermedi, in particolare Confindustria (è semplice sfiducia o vi sono altre ragioni?);
- settori a rischio di infiltrazione delle organizzazioni criminali: servizi che, in quanto essenziali, non hanno interrotto le attività, quali lo smaltimento rifiuti, i trasporti e la sanificazione;
- illecita percezione di fondi pubblici;
- il rischio emergente dalle analisi dell’Unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d’Italia che segnala operazioni sospette al fine di contrastare il riciclaggio: l’UIF rileva un forte inserimento della criminalità organizzata nelle operazioni sospette connesse con la fase pandemica: nella prima fase, è significativo l’interesse a entrare nei comparti di produzione di materiale sanitario; nella seconda fase, sono emersi con maggior frequenza tentativi di infiltrazione nelle imprese e di appropriazione di fondi pubblici.
Gioco legale e illegale. È risaputo che le consorterie mafiose gestiscono da tempo servizi per il gioco d’azzardo clandestino ma si sono allo stesso tempo adoperate per acquisire direttamente o indirettamente il controllo dei punti di gioco regolari. I principali motivi di questo interesse risiedono nell’opportunità di riciclaggio di denaro e negli ingenti ricavi che tali attività consentono.
Durante la pandemia l’offerta basata su rete fisica è stata chiusa o limitata e si è dunque assistito a un parziale spostamento dei consumi verso altri canali non soggetti a restrizione, come l’offerta online. È da rilevare però che – nonostante un aumento della raccolta legale online nel periodo del lockdown – il gioco in rete risultava essere in crescita da ben prima della pandemia. Ed è inoltre emerso che solo una piccola parte dei giocatori su rete fisica ha iniziato a giocare online.
Le chiusure dello scorso autunno hanno cambiato ulteriormente il quadro e dunque, per capire se in questi mesi si siano stabilizzati nuovi modelli di consumo, bisognerà valutare la situazione che si determinerà dopo le riaperture di luglio 2021: «non può escludersi che una parte del maggior consumo online, possa essere intercettata – attraverso siti clandestini – dall’offerta illegale che in questo settore era già presente e in ascesa. Analogamente va verificato se le chiusure abbiano determinato la comparsa di nuovi punti di offerta clandestina anche per il gioco d’azzardo su rete fisica» (pag. 60).
Enti locali. Gli Enti locali sono diventati progressivamente dei centri decisionali e di distribuzione di ingenti risorse finanziarie, soprattutto attraverso il sistema degli appalti di lavoro, servizi e forniture nei settori sanitario ed edile, ampiamente presidiati da imprese mafiose. Da sempre il settore pubblico è di particolare interesse per le mafie, potendo offrire posizioni di rendita o addirittura di sostanziale monopolio attraverso il condizionamento delle istituzioni, ottenuto grazie alla leva corruttiva e alla collusione. Aggiudicarsi un appalto significa poter stipulare subcontratti, offrire posti di lavoro, gestire i contratti fornitura e dunque “fidelizzare” all’organizzazione mafiosa un numero rilevante di persone. Per le organizzazioni mafiose, dunque, controllare un ente locale «significa controllare un territorio e condizionarne pesantemente la vita politica, sociale ed economica esercitando un potere di natura oppressiva» (pag. 63).
È da notare che in questo contesto si è ridotto l’impiego della violenza a favore di una strategia di mimetizzazione e penetrazione silente, che punta sulla corruzione, sullo scambio di voti e sulla candidatura di persone organiche alle cosche. Questi fattori contribuiscono a garantire maggiore impermeabilità delle indagini degli organi investigativi. Chi viene eletto grazie alla criminalità organizzata può distribuire risorse, gestire assunzioni e dunque rafforzare ulteriormente il consenso sociale ed elettorale, la diffusione dell’omertà, il giro d’affari, l’acquisizione di manovalanza criminale e di persone disposte a fare da prestanome per finalità di riciclaggio e capitali illeciti. Si tratta di aspetti che la pandemia rischia di accentuare e aggravare.
Altro indicatore che mette in luce l’interesse delle mafie per il mondo degli Enti locali è rappresentato dalle intimidazioni nei confronti di sindaci, assessori e consiglieri, sia da parte di organizzazioni criminali sia da soggetti non strutturati. Sono stati registrati numerosi eventi di questo tipo nel periodo pandemico, proprio quando agli Enti locali sono stati assegnati una serie di compiti di controllo del territorio e sostegno alle famiglie. C’è il rischio che la rabbia sociale, l’incertezza e la precarietà provocate dal Covid-19 siano strumentalizzate da parte delle organizzazioni criminali e che eventi violenti si verifichino con più assiduità.
Nei prossimi mesi, inoltre, giungeranno in Italia i fondi del programma Next Generation EU: si tratta di un ingente stanziamento per cui la cui distribuzione e impiego sarà fondamentale il ruolo svolto dalle Regione e dagli Enti locali. Gli Enti locali saranno chiamati a gestire circa 43 miliardi di euro e – secondo l’ANCI – sarebbe opportuno assegnare le risorse direttamente agli Enti locali, semplificando le procedure burocratiche, stabilendo tempi limitati e definiti, fornendo strumenti e personale qualificato. Tale richiesta si fonda anche sul fatto che i settori di riforma individuati dalla Commissione europea riguardano ambiti di azione dei Comuni e delle Città.
Il Comitato ritiene opportuno, tenuto conto di quanto appena esposto, indicare una serie di azioni:
- sostegno finanziario agli Enti locali per fronteggiare le difficoltà derivanti dalle chiusure forzate di diverse attività: i fondi sono necessari per garantire i servizi ai cittadini e contrastare quello che è stato definito un “welfare mafioso di prossimità”;
- garantire agli Enti locali, con un piano straordinario, la fornitura di strumenti e la possibilità di assumere nuovo personale qualificato per la gestione dei fondi europei;
- approvare una riforma della pubblica amministrazione in grado di rispondere alla crescente domanda di semplificazione e digitalizzazione;
- accrescere i presidi contro le infiltrazioni criminali nel tessuto economico, attraverso una norma che richieda alle pubbliche amministrazioni di comunicare alla UIF dati e informazioni sulle operazioni sospette di cui vengano a conoscenza;
- garantire la massima protezione e sicurezza agli amministratori locali, particolarmente esposti e minacce e intimidazioni.
Comunità sociali. Si è più volte citato il tema del welfare mafioso di prossimità e il Comitato sceglie di affrontare l’argomento indagando le cause del radicamento economico e sociale delle mafie sui territori: è evidente infatti che se parte della popolazione tende le mani davanti alla generosità interessata di un boss mafioso, quel contesto di disagio, povertà e asservimento sono radicati e hanno cause che muovono da fattori profondi.
Le mafie offrono risposte ai bisogni della popolazione laddove lo Stato arriva con maggiore lentezza e – secondo la Commissione – la soluzione risiede nella costruzione di un nuovo modello economico e sociale, fatto di politiche di prevenzione, politiche sociali e culturali, economiche e di assistenza volte a realizzare una maggiore giustizia sociale e a colmare i gap esistenti, fonti di diseguaglianze, con uno sguardo specifico sulle sacche di disagio sociale che offrono terreno fertile alle mafie. È dunque indispensabile «il rilancio di quel welfare di prossimità che oltre a garantire servizi e risorse, permette di ricostruire il senso e il valore di una comunità sana e non abbandonata a sé stessa, partendo dalle periferie e dalle aree ad alta densità criminale e più povere» (pag. 67).
In questa prospettiva «è importante ragionare al plurale, parlare al plurale e quindi valorizzare il contributo e la resilienza che le comunità possono offrire» (pag. 70), a partire dall’antimafia sociale, ma è allo Stato che spetta creare le condizioni per curare le vulnerabilità che affliggono il paese: «è dalla cura della vulnerabilità mediante l’affermazione del modello circolare che deve necessariamente partire l’elaborazione di una efficace e globale strategia di contrasto alle mafie. L’affermazione del modello circolare per curare la vulnerabilità implica l’adozione, sia nell’azione di prevenzione che in quella di repressione, di misure di intervento basate sulla circolarità delle informazioni, sulla trasparenza e sulla tracciabilità, sulla sensibilizzazione, sulla responsabilizzazione, sul coinvolgimento partecipativo, sulla cooperazione e sulla condivisione, sulla creazione di una rete di legami, connessioni e sinergie, tutto questo sia in ambito settoriale che a livello globale, tanto sul piano istituzionale quanto su quello sociale e comunitario» (pag. 73). I temi della trasparenza e della tracciabilità riguardano soprattutto la gestione e l’erogazione del denaro, mentre la condivisione e la cooperazione spettano alle istituzioni deputate alla prevenzione e al contrasto della criminalità organizzata (anche a livello internazionale).
Liberi professionisti. Il tema dell’area grigia e dell’ausilio di competenze tecniche da parte di professionisti a favore dei mafiosi non è certo nuovo. Focalizzando l’attenzione sul periodo pandemico, è da rilevare che la prossimità temporale non consente di avere un quadro informativo completo, ma i pochi dati acquisibili e i segnali registrati sono tali da imporre particolare attenzione, soprattutto in relazione alle ingenti somme di denaro in arrivo dall’Europa. La via della semplificazione amministrativa e delle procedure di affidamento può favorire la criminalità organizzata e «tali operazioni non sarebbero realizzabili senza l’ausilio dei professionisti, talvolta all’oscuro, talaltra “compiacenti”, quand’anche non collusi» (pag. 78).
Focus sui minori di età. Il Comitato dedica un approfondimento ai minori, categoria ignorata durante il primo anno di pandemia, particolarmente vulnerabile dal punto di vista della povertà materiale ed educativa e, in condizioni critiche, preda facile per agenzie di socializzazione criminale.
Viene trattato il tema dell’esplosione delle forme di violenza gratuita nelle strade e nelle piazze di molte città italiane, scenari del tutto nuovi nel mondo giovanile. Si tratta di azioni premeditate, organizzate, comunicate con piena intenzionalità che possono rappresentare – per la criminalità – una avvisaglia di disponibilità diffusa a compiere azioni violente. I minori, insomma «rappresentano il frammento sociale che rischia attraverso queste manifestazioni di trovarsi in contatto diretto con fenomeni criminali di ben altra natura e portata, particolarmente attraenti in una fase di assoluta emergenza sanitaria e socio-economica» (pag. 83).
È da segnalare che, in fase pandemica, si continuano a registrare forme di coinvolgimento e affiliazione di minori alla criminalità organizzata: una tendenza già in atto prima dell’emergenza sanitaria e che ora rischia di acuirsi proprio a causa delle disomogeneità socio-economiche, della mancanza di prospettive e del rischio di marginalizzazione e desertificazione culturale ed educativa legata alle chiusure.
Conclusioni. Nel corso della Relazione sono stati evidenziati i rischi e i pericoli dell’azione delle mafie in un periodo delicato come quello pandemico, mappando i settori maggiormente a rischio e descrivendo i fronti su cui sono in atto forme di attacco criminale. Il Comitato sottolinea l’importanza della collaborazione interforze (anche a livello europeo) e della cooperazione tra corpi sociali e istituzioni nella lotta e nella prevenzione al crimine organizzato, considerato che «appare evidente che l’aggressione procede parallelamente dal punto di vista economico-finanziario e sociale, puntando a quegli asset che proprio in questa fase sono fondamentali per la ripresa del Paese: i suoi punti forti per la ricrescita, il sistema bancario e del credito, il patto sociale fra cittadini e istituzioni. L’allarme è e deve essere forte» (pag. 90).
La Commissione conclude elencando tre elementi che possono determinare un’accelerazione nel contrasto all’aggressività mafiosa in questa fase:
- investimento nei beni confiscati e nella loro valorizzazione: l’attività di individuazione dei patrimoni illeciti porta all’indebolimento delle organizzazioni limitandone le risorse economiche e alla riaffermazione delle regole di libera concorrenza; gli spazi potrebbero inoltre essere usati per far fronte all’emergenza abitativa o per creare presidi educativi;
- potenziamento e valorizzazione della società civile organizzata, fornendo strumenti adeguati a continuare a riparare il tessuto sociale;
- Investimenti sulla coesione e l’allargamento della “squadra Stato”, nella quale la collaborazione tra istituzioni e con la società civile permette di costruire strumenti di monitoraggio, prevenzione e protezione, nonché eccezionali capacità di efficace repressione delle mafie.
(A cura di Sara Noto, studentessa Master APC dell’Università di Pisa)