PREMESSA. La legge 134/2021, denominata “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, è uno dei primi tasselli della cd. Riforma Cartabia, approvata dal Parlamento anche in seguito alle espresse richieste in tal senso formulate in sede comunitaria all’atto di erogazione dei fondi del PNRR.
L’impianto della legge. Essa si compone di due articoli: solo il primo articolo contiene, in realtà, la delega al Governo, mentre il secondo articolo apporta modifiche immediate (benché per certi versi assoggettate a un regime transitorio) al codice penale e al codice di procedura penale.
L’improcedibilità. L’aspetto senza dubbio più rilevante di questa riforma consiste nell’introduzione del nuovo istituto dell’improcedibilità.
Innanzitutto, sul versante della prescrizione, l’art. 2, comma 1, lett. c) introduce l’articolo 161-bis c.p. in cui si prescrive che il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la sentenza di primo grado.
L’istituto dell’improcedibilità trova invece spazio nel nuovo articolo 344-bis del c.p.p.: si stabilisce, in linea generale, l’improcedibilità dell’azione penale se il giudizio d’appello o il giudizio di cassazione non sono definiti, rispettivamente, entro 2 anni e 1 anno. Nel caso questi termini dovessero essere superati, spetterà ai giudici di appello e di cassazione dichiarare di non doversi procedere.
In caso di particolare complessità del giudizio di impugnazione, si può accedere alla proroga dei termini, rispettivamente, di 1 anno e di 6 mesi per il giudizio di appello e per quello di cassazione.
L’improcedibilità e i reati di mafia. Un regime particolare è previsto per i delitti che concernono le associazioni di stampo mafioso.
Il nuovo art. 344-bis del c.p.p. parla, infatti, di “ulteriori proroghe” (oltre a quelle appena esposte che riguardano tutti i reati) al plurale (quindi senza limiti) per una serie (puntualmente elencata) di delitti, tra i quali rientrano anche il 416-bis (associazione di stampo mafioso) e il 416-ter (scambio elettorale politico-mafioso) del c.p., oltre al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, TU stupefacenti – DPR n. 109 del 1990).
Anche in questi casi, presupposto dell’ordinanza motivata del giudice che dispone la proroga è la particolare complessità del giudizio di impugnazione, che può determinarsi, nello specifico, “in ragione del numero delle parti o delle imputazioni o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare”.
Nel caso dell’art. 416-bis.1, comma 1, del c.p., ossia i delitti (punibili con pena diversa dall’ergastolo) commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis ovvero commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose, “i periodi di proroga non possono superare complessivamente tre anni nel giudizio di appello e un anno e sei mesi nel giudizio di cassazione” (con una durata complessiva, dunque, di cinque anni per il giudizio di appello e di due anni e mezzo per quello di cassazione).
Regime transitorio dell’improcedibilità. L’istituto dell’improcedibilità trova applicazione rispetto ai procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020. Per questi, se l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024, i termini di durata massima dei giudizi di appello e di cassazione sono, rispettivamente, di tre anni e di un anno e mezzo.
Le modifiche in tema di indagini preliminari. Altre modifiche, oggetto di delega (e quindi contenute nell’articolo 1) sono relative alle indagini preliminari e ai presupposti per l’esercizio dell’azione penale.
L’art. 1, comma 9, lett. a), in particolare, contiene l’indicazione di modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, prevedendo che il PM chieda l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna.
La delega interviene anche rispetto ai termini di durata delle indagini preliminari (art. 1, comma 9, lett. c, d) e alle tempistiche per l’esercizio dell’azione penale o archiviazione da parte del PM (art. 1, comma 9, lett. e). In particolare, la durata delle indagini preliminari è fissata in via generale in un anno; per i reati contravvenzionali, la durata è di sei mesi; per i reati di cui all’art. 407, comma 2, del c.p.p. (tra cui l’associazione mafiosa e i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis del c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo) è di un anno e sei mesi. In tutti i casi è fatta salva l’ipotesi di usufruire di una proroga, di massimo sei mesi, in caso di complessità delle indagini.
La delega comprende poi anche la previsione di rimedi alla stasi del procedimento (art. 1, comma 9, lett. g, h) e la formulazione di criteri più stringenti per la riapertura delle indagini (art. 1, comma 9, lett. t).
Altre novità. La legge 134/2021 introduce, all’art. 1, anche altre novità tra quelle oggetto della delega al Governo; per l’operatività di queste sarà necessario attendere l’approvazione dei relativi decreti delegati. Tra le novità principali troviamo, ad esempio, quelle relative:
1) alla digitalizzazione del processo penale (art. 1, commi 5 e 6);
2) alle disposizioni in materia di giustizia riparativa, applicabili a qualunque reato, su iniziativa dell’autorità giudiziaria competente e sulla base del consenso libero e informato della vittima e dell’autore e della positiva valutazione del giudice sull’utilità del programma in ambito penale (art. 1, comma 18);
3) all’estensione dell’ambito di applicabilità della messa alla prova (art. 1, comma 22) e alla nuova disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi (art. 1, comma 17);
4) alla disciplina dei casi di assenza dell’imputato (art. 1, comma 7);
5) alla competenza del tribunale in composizione monocratica (art. 1, comma 9, lett. l), per la quale la delega prevede l’estensione anche a quei delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a sei anni (anche se congiunta alla multa) che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento;
6) alla disciplina dei procedimenti speciali, con la previsione di alcune disposizioni che li rendono più vantaggiosi per l’imputato (art. 1, comma 10);
7) alle modifiche in tema di appello e ricorso per cassazione, con la previsione di alcune ipotesi di inappellabilità (art. 1, comma 13, lett. c-f) e l’estensione del concordato sull’accoglimento dei motivi di appello tra le parti anche ad alcuni reati gravi (tra cui anche il delitto di associazione di stampo mafioso);
8) alle modalità di esecuzione della confisca per equivalente (equiparate alle modalità di esecuzione delle pene pecuniarie) e alle modalità di vendita dei beni confiscati nel processo penale (art. 1, comma 14);
9) alla modifica delle condizioni di procedibilità per una serie di reati (art. 1, comma 15).
I criteri generali dettati dal Parlamento. Un altro aspetto di rilievo è quello relativo ai cd. criteri di esercizio dell’azione penale.
Dopo ampia discussione, l’art. 1, comma 9, lett. i traccia la delega anche rispetto alla previsione che “gli uffici del pubblico ministero, per garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge”, procedano ad individuare i “criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili”.
Anche in questo caso, come per le altre disposizioni di cui all’art. 1, bisognerà attendere l’effettivo esercizio della delega.
(a cura di Marco De Pasquale, Master APC dell’Università di Pisa)