Premessa

Il 25 febbraio 2016 la Camera ha approvato il provvedimento che ridisciplina la materia dei conflitti di interesse, sostituendo la legge n. 215 del 2014,  al fine di valorizzare le fasi del controllo preventivo ed estenderne il campo di applicazione.  Il testo accorpa numerose proposte di legge (C.275, C. 1059C. 1832C. 1969C. 2339C. 2634C. 2652C. 3426). Il provvedimento passa ora al Senato (AS2258): vedi le sedute della Commissione Affari costituzionali del 12 aprile 2016, 19 aprile 2016, 27 aprile 2016, 28 aprile 2016, 3 maggio 2016, 4 maggio 201617 maggio 2016, 24 maggio 2016.  Nella seduta del 25 maggio 2016 è stato deciso di effettuare un ciclo di audizioni, con particolare riferimento alla normativa vigente in altri Paesi europei: le prime audizioni si sono svolte il 5 luglio 2016 e sono stati illustrati i documenti presentati dall’Autorità per la concorrenza, dall’Assofiduciaria e dal Prof. Pinelli; il 13 settembre è stato ascoltato il prof. Passigli, che ha lasciato agli atti un suo documento. L’esame è ripreso nella seduta del 4 ottobre 2016 in previsione della redazione di un nuovo testo unificato, presentato nella seduta del 10 maggio 2017.

Contenuti del provvedimento, nel testo della Camera

Principi di carattere generale. Sussiste conflitto di interessi nei casi in cui chi ricopre una carica di governo “sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza” (art. 4). Il DDL è rivolto a chi ricopre cariche politiche: membri del governo nazionale e regionale, membri del Parlamento e dei consigli regionali (previa legge regionale), componenti delle autorità indipendenti (Trasporti, Antitrust, Comunicazioni, Energia elettrica, gas e sistema idrico, ANAC, Commissione di garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Commissione di Vigilanza sui fondi pensione, CONSOB, Garante Privacy, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e Banca d’Italia) (artt. 2, 11 e 12).

Incompatibilità (art. 6). Sono incompatibili con le cariche politiche sopra esposte i seguenti incarichi, anche se ricoperti all’estero:

  1. ogni ufficio pubblico diverso dal mandato parlamentare che non sia ricoperto in ragione della funzione di governo svolta;
  2. qualunque impiego pubblico o privato;
  3. l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, di consulenza e arbitrali, anche se non retribuito;
  4. l’esercizio di attività imprenditoriali anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie
  5. qualunque funzione di gestione in imprese o società pubbliche o private, comprese le società in forma cooperativa, in enti di diritto pubblico, anche economici, o in fondazioni ad eccezione di quelli ricoperti in ragione della funzione di governo svolta.

Inoltre i titolari delle cariche “non possono, nell’anno successivo alla cessazione dal loro ufficio, svolgere attività di impresa né assumere incarichi presso imprese private o presso imprese o enti pubblici o sottoposti a controllo pubblico, se non previa autorizzazione dell’Autorità che, considerata l’attività precedentemente svolta in qualità di titolare della carica di governo, accerti l’insussistenza di conflitti di interessi”. In caso di violazione del divieto accertata, viene applicata una sanzione amministrativa pecuniaria parli al “doppio del vantaggio economico ottenuto” dalla funzione vietata.

I dipendenti pubblici e privati che assumono una carica di governo nazionale sono collocati in aspettativa o nell’analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza, con decorrenza dal giorno del giuramento o comunque dell’effettiva assunzione della carica. I titolari delle cariche iscritti in albi o elenchi professionali sono sospesi di diritto dai relativi albi professionali per la durata della carica di governo.

Chi assume una carica di governo può percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza.  In caso di violazione, viene applicata sanzione amministrativa pecuniaria corrispondente al doppio del vantaggio economico ottenuto.

Conflitto di interessi patrimoniale (art. 8). La fattispecie in esame si presenta “quando il titolare della carica di governo nazionale possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciarie, partecipazioni rilevanti in imprese operanti nel settore della difesa, del credito o in imprese di rilevanza nazionale nei settori dell’energia, delle comunicazioni, dell’editoria, della raccolta pubblicitaria, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale o dei servizi erogati in concessione o autorizzazione”. E ancora “quando, per la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nazionale nel medesimo settore di mercato si rilevi che essi siano tali da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”.

Per “partecipazione rilevante” si intendono quelle “detenute direttamente o per interposta persona, superiori al 2 per cento del capitale sociale nel caso di società quotate in mercati regolamentati e al 10 per cento negli altri casi, nonché le partecipazioni inferiori a tali soglie che assicurano al titolare il controllo o la partecipazione al controllo, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, dell’articolo 7 della legge n. 287 del 1990, (norme per la tutela della concorrenza e del mercato) o dell’articolo 93 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” (d.lgs. n. 58 del 1998).

Ineleggibilità (artt. 13 e 14). I casi di ineleggibilità dell’articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati (dpr n. 361 del 1957) sono ora estesi anche a coloro che hanno “la titolarità o il controllo, anche indiretto, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, dell’articolo 7 della legge n. 287 del 1990, o dell’articolo 93 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. n. 58 del 1998)” “nei confronti di un’impresa che svolge prevalentemente la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione di notevole entità economica rilasciata dallo Stato che importi l’obbligo di adempimenti specifici…alle quali la concessione o l’autorizzazione è sottoposta”.

Le cause di ineleggibilità previste dal dpr 361 del 1957 non si applicano “agli amministratori delle imprese che siano cessati dalla carica prima della presentazione della candidatura” eai proprietari, agli azionisti di maggioranza o ai detentori di un pacchetto azionario di controllo, sia direttamente sia per interposta persona, che, prima della presentazione della candidatura, perfezionino la cessione della proprietà o del pacchetto azionario di controllo ovvero si adeguino alle prescrizioni dai medesimi richieste all’Autorità”.

La vigilanza sulla corretta applicazione della legge (artt. 3 e 4). L’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) vigila sull’attuazione delle disposizioni della legge.

Ogni incompatibilità riscontrata dall’Autorità dovrà essere risolta entro 30 giorni dalla comunicazione della stessa al diretto interessato.  In caso di mancato esercizio di questa opzione, si intende che “l’interessato abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo”.

Entro venti giorni dall’assunzione della carica vanno comunicate all’Autorità (art. 5) le altre cariche ricoperte e le attività svolte sopraesposte. Va inoltre trasmessa ultima dichiarazione dei redditi, nonché i dati relativi e beni mobili e immobili, la titolarità di attività patrimoniali, anche se cessate nei sei mesi precedenti dall’assunzione della carica, se per interposta persona o se svolte all’estero. Vengono inclusi anche i dati relativi alla titolarità di imprese individuali e agli strumenti finanziari previsti dall’articolo 1, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. n. 58 del 1998). Tali obblighi dichiarativi riguardano anche il coniuge “non legalmente separato” e i parenti entro il secondo grado. Ogni variazione di tali elementi va comunicata con apposita dichiarazione integrativa entro venti giorni dalla sua realizzazione. Va infine comunicato all’Autorità “ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dalla carica di governo, un impiego o un’attività di qualunque natura”.

Qualora le dichiarazioni risultino incomplete o non veritiere, l’Autorità ne informa i diretti interessati, perché provvedano a integrarla entro venti giorni. Trascorso tale periodo, l’Autorità:

a) procede all’acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili, con le modalità previste dall’articolo 14, comma 2, della legge n. 287 del 1990, avvalendosi, ove occorra, della guardia di finanza;

b) qualora le dichiarazioni rese successivamente alla scadenza del termine fissato per l’integrazione o la correzione delle stesse ma non oltre trenta giorni da tale scadenza, applica nei confronti dei soggetti interessati una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro;

c) informa contestualmente il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle Camere e, comunque, ove ne sussistano gli estremi, la competente autorità giudiziaria.

In caso di mancata presentazione di tali dichiarazioni nei trenta giorni successivi al termine indicato dall’Autorità, si procede ai sensi dell’articolo 328, secondo comma, del codice penale (rifiuto di atti di ufficio); nel caso di dichiarazioni non veritiere o incomplete si applica l’articolo 76 (sanzioni per atti falsi) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (dpr n. 445 del 2000).

Con riferimento specifico ai casi di conflitto di interesse (artt. 7 e 8), se l’Autorità rileva che il titolare di una carica di governo nazionale, può prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni che, pur destinati alla generalità o a intere categorie di soggetti, sono tali da produrre, nel patrimonio dello stesso o di uno dei soggetti ad esso collegati (il coniuge e i parenti fino al secondo grado), un vantaggio economico “rilevante e differenziato”, rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento, informa il medesimo soggetto dell’obbligo di astensione. L’obbligo di astensione dalla partecipazione ad una deliberazione ai sensi del presente articolo riguarda ogni attività del Consiglio dei ministri relativa alla deliberazione medesima. In caso di violazione a tale obbligo, salvo che il fatto costituisca reato, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dai soggetti interessati.

Nel caso in cui risulti inadeguata la previsione di obblighi di astensione, l’Autorità, al fine di prevenire i conflitti di interessi, può disporre che i beni e le attività patrimoniali, siano affidati, entro il termine da essa stabilito, a una gestione fiduciaria. Il gestore viene scelto con determinazione adottata dall’Autorità, sentiti gli interessati e, ove essa lo ritenga opportuno, la CONSOB, la Banca d’Italia o la competente autorità di settore. I gestori sono scelti tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare. Ai beni e alle attività patrimoniali affidati al gestore si applica l’articolo 22 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. n. 58 del 1998).

Composizione e nomina dei membri dell’Autorità Antitrust (art. 14). La composizione dell’Authority (legge n. 287 del 1990) viene nuovamente modificata: i membri tornano ad essere 5, dopo la riduzione a tre decisa nel 2011: un presidente e quattro membri, scelti tra professori universitari, magistrati, avvocati e commercialisti con almeno 15 anni di esercizio della professione.

Le candidature sono depositate presso la Segreteria generale di uno dei due rami del Parlamento, che le trasmette alle competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato che, a maggioranza dei due terzi dei componenti e nel rispetto del principio di equilibrio tra i sessi, formano, rispettivamente, un elenco di dodici e uno di otto soggetti. La Camera eleggerà tre membri, il Senato i restanti due.

Per ulteriori approfondimenti vedi il dossier del Servizio Studi del Senato, che contiene anche elementi di comparazione con altri ordinamenti.

 

(ultimo aggiornamento: 11 maggio 2016)

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)