Premessa. Nella seduta del 30 novembre 2017, la Commissione consiliare speciale sulle infiltrazioni mafiose e sulla criminalità organizzata nel territorio regionale del Lazio (di seguito semplicemente “Commissione”) ha approvato la relazione che dà conto dell’attività svolta nell’ultimo anno di lavori, tra audizioni, approfondimenti e studi.
Come ricordato anche dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma, Giovanni Salvi, a Roma i fenomeni criminali di maggior rilievo sono molto variegati: «Nella Capitale c’è la corruzione della pubblica amministrazione, c’è la criminalità economica […] per importi di miliardi di euro, c’è un problema tipicamente “romano” e di poche altre città come l’eversione, il terrorismo e la criminalità politica, c’è un problema di gravi reati in materia ambientale. Poi c’è l’ingente fenomeno del narcotraffico» (Rel. inaugurazione anno giudiziario 2016). Peculiare della realtà criminale romana, inoltre, è lo sviluppo di forme autoctone di criminalità organizzata di stampo mafioso, operanti sul territorio accanto alle tre principali organizzazioni mafiose. Da numerosi provvedimenti giudiziari, tuttavia, emerge che, diversamente da queste ultime, aventi modelli organizzativi pesanti, rigidamente gerarchici, nei quali i vincoli di appartenenza sono indissolubili e inderogabili, la realtà criminale romana è storicamente caratterizzata da un’elevata fluidità nelle relazioni criminali e dall’assenza di strutture organizzative rigide, compensate però dalla presenza di figure carismatiche di grande caratura criminale e da rapporti molto stretti con le organizzazioni mafiose tradizionali operanti sul territorio romano.
La situazione della criminalità organizzata ad Ostia. Il X Municipio di Roma Capitale comprende una popolazione di circa 230.000 abitanti, dei quali 90.000 nella sola Ostia. La presenza di consorterie criminali in questa zona della città risale almeno ad i primi anni Ottanta, come risulta anche dalle più recenti sentenze a carico del clan Fasciani. Peraltro, nell’ambito del processo Tramonto, il Tribunale di Roma ha riconosciuto anche il metodo mafioso nell’agire criminale di tale gruppo, così argomentando: «Le acquisizioni documentali consentono difatti di ritenere provato che a partire dagli anni Ottanta la famiglia Fasciani, dedita alle attività criminali costituenti il terreno d’elezione delle tradizionali associazioni di stampo mafioso, quali l’usura, l’estorsione ed il traffico di stupefacenti ha imposto, ricorrendo a metodi esplicitamente violenti e minacciosi (incendi ed attentati dinamitardi ad attività commerciali) ed alle armi, ed in forza dei collegamenti e contatti con elementi di spicco delle tradizionali associazioni di stampo mafioso, come la camorra e la mafia, il controllo ed il predominio sulle attività commerciali, lecite ed illecite, del litorale romano, acquisendo in tal modo e radicando nel tempo una fama criminale tale da ingenerare sia all’esterno che all’interno dell’associazione un clima di assoggettamento ed omertà derivante dalla forza d’intimidazione della quale ha costantemente dato prova» (Trib. Roma, sez. V, n. 19797/2015). La Corte d’appello ha poi confermato in toto le risultanze del giudizio di primo grado.
Si segnala inoltre che, con decreto del Presidente della Repubblica del 27 agosto 2015, il X Municipio è stato sciolto per gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Il 29 novembre 2016, una delegazione della Commissione si è incontrata con il prefetto Domenico Vulpiani, coordinatore della Commissione straordinaria del X Municipio, il quale ha riferito circa l’azione di ripristino della legalità nella macchina amministrativa. Particolare attenzione è stata dedicata alla gestione delle spiagge di Capocotta e Castelporziano, soggette entrambe a particolari vincoli di carattere naturalistico. Negli stabilimenti e nei punti di ristoro presenti sulle due spiagge, sono state riscontrate violazioni di diversa natura: occupazione abusiva di aree demaniali, illeciti edilizi ed urbanistici, con conseguenti danni ambientali tuttora in corso di valutazione ai fini dell’eventuale decadenza dai titoli commerciali rilasciati. Le attività ispettive disposte dalla Commissione straordinaria hanno accertato un diffuso abusivismo edilizio anche in altra parte del territorio municipale, in particolare nell’area inserita nella riserva naturale statale del litorale romano, soggetta anch’essa a specifica tutela ambientale e paesaggistica.
Significativa nella zona è anche la presenza di un altro gruppo criminale di matrice mafiosa, quello della famiglia Spada, imparentata con la più nota e potente famiglia dei Casamonica.
La criminalità nelle Ater del Lazio. Il 17 novembre 2017 la Commissione ha ascoltato i responsabili delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale di Roma, Latina e Frosinone. Da tali audizioni sono emerse le criticità della situazione di tali enti in relazione ai rischi di penetrazione delle consorterie criminali nella gestione degli immobili; problematiche confermate anche da numerose attività d’indagine avviate dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri con il coordinamento delle procure di Latina e Frosinone, e della DDA di Roma.
Particolarmente degno di nota appare il protocollo d’intesa sottoscritto nel luglio 2017 da Ater e Questura di Latina in quanto, come riferito dal direttore dell’Azienda Paolo Ciampi, sta svolgendo anzitutto una significativa funzione deterrente, non essendosi più registrate occupazioni abusive dalla data della sua sottoscrizione.
La presenza della ‘ndrangheta. L’organizzazione criminale di origine calabrese è presente nella Capitale e nelle aree del litorale laziale (Anzio, Nettuno, Ardea e Pomezia) fin dagli anni Settanta. Dalle più recenti risultanze investigative e processuali emerge che, pur se con diversi gradi di indipendenza e autonomia dalla casa madre, si può parlare oggi di nuclei criminali che, rafforzatisi e strutturatisi nel tempo, hanno finito per dar luogo a vere e proprie associazioni mafiose autoctone. La Direzione investigativa antimafia ha sottolineato che la strategia criminale adottata nel Lazio da tali cosche appare principalmente sostanziarsi in forme di inquinamento del mercato immobiliare, commerciale e finanziario, all’interno del quale vengono riciclati o reimpiegati capitali di provenienza illecita (Rel. Dia al Parlamento, primo sem. 2016). Una strategia che non può, ovviamente, prescindere da una rete sempre più articolata di imprenditori e professionisti compiacenti, come confermato dalle investigazioni eseguite dai Centri Operativi Dia di Roma e Reggio Calabria e dalla Polizia di Stato. Numerosi sono stati, infine, i procedimenti coinvolgenti ‘ndranghetisti dediti nella regione al traffico internazionale di stupefacenti.
La camorra. La presenza della camorra nella Regione Lazio fu rilevata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie già nel 1985. Come nel caso della ‘ndrangheta, si è assistito ad un processo di integrazione tra componenti criminali di origine diversa, che hanno dato vita ad organizzazioni aventi caratteristiche originali, più adatte all’esercizio del metodo mafioso nel peculiare tessuto sociale romano. Principali ambiti di attività delle cosche d’origine camorristica operanti su Roma e nel basso Lazio sono il traffico di sostanze stupefacenti, le estorsioni ed il riciclaggio e reimpiego di risorse economiche di provenienza illecita in attività imprenditoriali quali, principalmente, ristoranti, alberghi e supermercati. Significative anche le infiltrazioni nel settore del trasporto su gomma legato all’ortofrutta, che nel Lazio è riconducibile essenzialmente al mercato di Fondi.
Cosa Nostra. La presenza della mafia siciliana sul territorio laziale è ancor più risalente, potendosi individuare le prime attività criminali già a partire dagli anni Sessanta. Quanto alla situazione attuale, al pari di quanto avviene nelle regioni del nord del Paese, «la strategia di cosa nostra di operare adottando una politica di basso profilo si conferma anche per il Lazio, dove i clan siciliani continuano a fare perno sulle notevoli disponibilità finanziarie ed economiche per ingerirsi nel tessuto sociale ed imprenditoriale» (Rel. Dia al Parlamento, primo sem. 2016). Gli ambiti maggiormente interessati da tentativi di penetrazione – di fatto immutati nel corso di questi decenni – restano quelli degli esercizi pubblici e commerciali, il mercato immobiliare, i servizi finanziari e di intermediazione. Anche in questo caso, determinante per il perseguimento di questa strategia, con la quale il crimine organizzato punta a “farsi impresa”, è la rete di stabili relazioni avviata con professionisti, operatori economici ed esponenti del mondo della finanza, disponibili a prestare i propri favori per agevolare la collocazione nel sistema economico locale dei capitali mafiosi.
La città metropolitana di Roma Capitale. La realtà metropolitana di Roma è caratterizzata da una presenza radicata e diffusa di organizzazioni criminali ascrivibili alla ‘ndrangheta, alla camorra e in misura minore a cosa nostra nelle cittadine a sud della Capitale, in particolare in Ardea, Pomezia, Anzio e Nettuno, mentre nella zona dei Castelli Romani operano da alcuni anni agguerrite consorterie criminali i cui elementi apicali risultano collegati ad una famiglia di derivazione camorristica. Si rileva, invece, una presenza altamente qualificata di esponenti delle organizzazioni mafiose di matrice ‘ndranghetistica nella zona nord della città metropolitana: Rignano Flaminio, Morlupo, Sant’Oreste, Castelnuovo di Porto e Campagnano. La presenza e la pervasività della consorteria calabrese, in particolare, ha nel tempo riguardato anche la pubblica amministrazione, come attesta lo scioglimento del Consiglio comunale di Nettuno nel 2005 per accertato condizionamento da parte di tale organizzazione.
Particolarmente degna di nota in tale area, nonché nella provincia di Frosinone, appare poi l’infiltrazione di gruppi criminali nel settore del gioco d’azzardo, come emerso da numerose inchieste delle Dda di Roma, Napoli, Salerno e Potenza.
La provincia di Latina. La provincia di Latina, come ha autorevolmente sottolineato innanzi alla Commissione parlamentare antimafia e alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti il questore di Latina Giuseppe De Matteis, costituisce un unicum nel panorama nazionale: nella fascia a sud della provincia, il triangolo tra Formia, Gaeta e Minturno, si segnala una forte infiltrazione camorristica, essenzialmente dovuta all’esilio forzato di alcuni appartenenti ai Casalesi a seguito della guerra interna al clan della fine degli anni Ottanta. A nord, invece, si rileva una significativa presenza di ‘ndrangheta, soprattutto nelle zone di Aprilia e, seppur con un’incidenza di molto inferiore, Cisterna. La mafia calabrese è poi storicamente presente nell’area di Fondi, dove, come già precedentemente evidenziato, rivolge la maggior parte dei propri interessi verso il controllo del mercato ortofrutticolo (MOF).
Si segnala infine che, nei comuni compresi tra Castelforte, Minturno e Santi Cosma e Damiano sono stati compiuti, tra il 2014 ed il marzo del 2016, ben undici tra attentati ed intimidazioni; fatti tutti classificabili come reati spia dell’attività sul territorio di organizzazioni camorristiche.
La provincia di Frosinone. Come dichiarato dal ministro dell’Interno nella relazione sull’attività delle forze dell’ordine, «la provincia di Frosinone – collocandosi in posizione baricentrica tra le aree metropolitane romana e campana – risulta interessata da dinamiche criminali originarie di tali contesti territoriali, che si traducono nella commissione di eterogenee fattispecie delittuose, quali furti, rapine, traffico di sostanze stupefacenti, operazioni di “moneylaundring”, smaltimento e trattamento dei rifiuti» (4 gennaio 2017).
Le province di Viterbo e Rieti. Nella provincia di Viterbo, diversamente da quelle di Roma, Latina e Frosinone, non si registra una presenza pervasiva di organizzazioni criminali.
Anche «il circondario di Rieti risulta fino ad oggi esente da infiltrazioni di criminalità organizzata nel tessuto politico-economico» (Rel. inaugurazione anno giudiziario 2017 del P.G. presso la Corte d’appello di Roma, Giovanni Salvi). Tuttavia, nel corso dell’audizione di fronte alla Commissione del Prefetto di Rieti, in data 16 maggio 2017, si è rilevato che, a seguito degli eventi sismici verificatisi nel territorio della provincia reatina, risulta significativamente mutato lo scenario economico di detta zona, essendo aumentato il rischio di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti relativi ai settori della rimozione delle macerie e delle costruzioni edili, sia pubbliche che private. Sicché, al fine di garantire la trasparenza e la legalità nelle attività di gestione dell’emergenza, sono stati presi i seguenti provvedimenti:
- L. 17 ottobre 2016, n. 189, convertito con legge 15 dicembre 2016, n. 229, con il quale è stata costituita, presso il Ministero dell’Interno, una “Struttura di Missione”, che svolge attività di prevenzione e di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nei lavori, nella gestione dei servizi e nel reperimento delle forniture necessarie alla ricostruzione dei comuni del centro Italia colpiti dai recenti eventi sismici;
- la Prefettura, in data 16 settembre 2016, ha sensibilizzato i sindaci della provincia di Rieti a richiedere le credenziali di autenticazione per l’accesso al sistema automatizzato delle comunicazioni e informazioni antimafia denominato Banca Dati Nazionale Antimafia (BDNA);
- è stata inoltre istituita una “white list” nella quale sono stati inseriti fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, strumento che si è andato ad aggiungere alla preziosa Anagrafe antimafia degli esecutori;
- infine, è stata potenziata l’attività del “Gruppo interforze”, di cui all’art. 5, comma 3, del D.M. 14 marzo 2003.
Traffico di stupefacenti e piazze di spaccio. Nel contesto delle regioni italiane, il Lazio si presenta come quella con maggiori criticità in relazione a questo fenomeno criminale. I dati che emergono dalla relazione per il 2015 della Direzione Centrale Servizi Antidroga (DCSA) sono emblematici: la regione è la prima per numero di individui coinvolti nel traffico di stupefacenti; è la seconda, dietro soltanto alla Lombardia, per il quantitativo di eroina sequestrata; comunque terza, invece, con riguardo ai sequestri di marijuana; ancora terza per numero di decessi legati all’abuso di droghe, preceduta da Emilia-Romagna e Campania.
Numerose sentenze, indagini della magistratura e gli stessi dati della DCSA testimoniano la pervasività e la diffusione del traffico di droga e del commercio di stupefacenti, in particolar modo nella Capitale. Le maggiori piazze di spaccio risultano essere San Basilio, Tor Bella Monaca, La Romanina e il Pigneto. Le prime tre si caratterizzano come piazze chiuse, dotate cioè di un’organizzazione di spaccio che opera in strutture difese da vedette e sistemi di difesa passiva, come cancelli e barriere artigianali; l’ultima come una piazza a cielo aperto dove chi spaccia stupefacenti lo fa senza sistemi di allerta e di protezione (Rapp. ”Mafie nel Lazio”, 2016).
Conclusioni e proposte. Alla luce dei lavori svolti e sulla scorta delle problematiche emerse, la Commissione avanza e promuove una serie di proposte, a partire dalla ritenuta necessità di costituire e potenziare alcuni presidi delle FFPP posti in zone strategiche, al fine di meglio contrastare le consorterie criminali. In particolare, nel Pontino appare non più procrastinabile la costituzione di una sezione operativa della Dia tra Gaeta e Formia, l’istituzione di una sezione distaccata della Squadra mobile di Latina nel basso Lazio ed infine l’elevazione della Compagnia dei Carabinieri di Formia a Reparto territoriale. Nel contesto capitolino, appare invece altrettanto importante elevare la stazione dei Carabinieri di Tor Bella Monaca a Compagnia, data l’obiettiva gravità della situazione della criminalità organizzata in tale contesto.
Nella considerazione che certe problematiche sociali debbano costituire una priorità per tutte le istituzioni, si ritiene poi auspicabile che il Presidente della Giunta regionale o un suo rappresentante entri a far parte del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Come avvenuto nella provincia di Latina, sarebbe del pari auspicabile la sottoscrizione di simili protocolli d’intesa tra Ater e FFPP, al fine di far fronte alle problematiche relative all’occupazione abusiva degli appartamenti.
Tenuto conto del procedimento penale “Mondo di mezzo” e delle numerose indagini relative ai fenomeni corruttivi che hanno evidenziato come una parte della classe dirigente, politica, imprenditoriale e amministrativa della Regione sia stata fortemente interessata da fenomeni di illegalità, si ritiene importante inserire nello statuto della Regione Lazio un chiaro riferimento alle tematiche della corruzione e della lotta alle mafie e, al contempo, la Commissione condivide la richiesta avanzata dai responsabili anti corruzione del Comune di Roma e della Regione Lazio di estendere l’utilizzo dello strumento del whistleblowing anche a tutti i cittadini, per ampliare la sfera di prevenzione e contrastare i fenomeni corruttivi nella pubblica amministrazione.
Per tutelare, da un lato, la libertà di informazione e, dall’altro, l’immagine della pubblica amministrazione, si suggerisce inoltre la costituzione della Regione come parte civile nei procedimenti penali aventi ad oggetto, rispettivamente, minacce ai giornalisti e infiltrazioni nel sistema istituzionale locale e/o regionale da parte di organizzazioni criminali.
Si auspica, infine, che la Commissione venga ricostituita all’inizio di ogni legislatura.
(a cura di Luca Fiordelmondo, Master APC dell’Università di Pisa)