Gioco d’Azzardo: tra proroghe a livello locale e l’attesa di una legge nazionale, il fenomeno non ferma la sua espansione. Intervista al Vicesindaco di Pavia Angela Gregorini, responsabile di Avviso Pubblico sul GDA

Sebbene nel Paese cresca la consapevolezza – tanto tra gli Enti locali quanto fra i cittadini –  sui rischi del GAP (Gioco d’Azzardo Patologico), i dati sulla diffusione del gioco d’azzardo in Italia continuano a crescere. La Raccolta, ovvero l’insieme delle giocate registrate nel singolo anno, ha sfondato nel 2017 il muro dei 100 miliardi di euro. E le proiezioni sul 2018 raccontano che quello che sta per chiudersi sarà molto probabilmente un nuovo anno record.

Il divieto assoluto di pubblicità introdotto dal cd. Decreto Dignità entrerà in vigore in modo graduale e gli effetti si potranno valutare solo nel medio-lungo periodo. Il Governo ha annunciato che intende mettere mano al riordino del settore e ad un aumento della tassazione attraverso specifiche disposizioni nel collegato alla manovra finanziaria, mentre non è stato ancora avviata la discussione in Parlamento delle numerose proposte di legge in materia. Nel frattempo si registrano atteggiamenti contrastanti a livello locale: alcune Regioni – dopo la Liguria, anche l’Abruzzo –  hanno già disposto la proroga dei termini per l’applicazione del c.d. distanziometro. In altre – come Piemonte e Puglia – è in corso il dibattito sull’adozione di un analogo rinvio delle disposizioni volte a ridurre l’offerta di gioco. Al contrario in Emilia Romagna prosegue l’attuazione della normativa regionale volta ad una redistribuzione sul territorio delle sale da gioco e scommesse.

La recente ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità ci consegna dati allarmanti sui cosiddetti “giocatori problematici” presenti nel nostro Paese: sono un milione e mezzo le persone che faticano a gestire il tempo da dedicare al gioco, a controllare quanto spendono, alterando i comportamenti familiari e sociali. 70mila fra questi sono minorenni.

Avviso Pubblico ha intervistato la Vicesindaco di Pavia Angela Gregorini, responsabile dell’associazione sul tema del gioco d’azzardo, per fare il punto della situazione. A partire dalla felice esperienza di Pavia, esempio di come le politiche locali possano incidere sul territorio, per poi allargare lo sguardo sul fenomeno a livello nazionale.

Ci eravamo lasciati un anno  e mezzo fa, mentre Pavia si stava trasformando da maglia nera dell’azzardo a maglia rosa dei progetti di prevenzione e contrasto. Qual è oggi la situazione sul territorio a livello di Raccolta? Quali progetti sta portando avanti il Comune?

In quattro anni di lavoro abbiamo ottenuto risultati decisamente positivi. Con il dimezzamento dei punti di gioco presenti in città e la riduzione del 30% il numero di slot machine attive,  abbiamo tagliato del 15% la Raccolta: da 2.650 euro a 2.235 pro-capite.

Risultati che non sarebbero stati possibili senza una sensibilizzazione attenta e costante dei cittadini, attraverso progetti che hanno come obiettivo sostituire il gioco d’azzardo con il gioco sano, portandolo nelle piazze, nelle scuole, nei centri per gli anziani, agendo su quelle che sono le categorie a rischio. Per far capire che il problema non è il gioco ma l’azzardo, che ci sono dei modi sani e non pericolosi per divertirsi. Insegnare da un lato e offrire delle alternative dall’altro.

Il tutto è stato reso possibile grazie al sostegno fattivo della Regione Lombardia che in questi anni ha erogato, solo a Pavia, contributi per il contrasto al GAP pari ad oltre 100mila euro. Una sensibilità che al momento sta venendo meno, perché il tema del gioco d’azzardo patologico sembra essere sparito dall’agenda regionale. Oltre alla diffusione del gioco sano, da novembre partirà un progetto che coinvolgerà le scuole di Pavia sulla matematica dell’azzardo, ovvero su quali sono le reali possibilità di vincere al gioco. Il progetto si concluderà in primavera, con uno spettacolo teatrale rivolto a tutti gli istituti secondari, medie e superiori.

Cittadinanza, esercenti, società civile: è possibile incidere sul tema del gioco patologico senza coinvolgere queste categorie?

Assolutamente no. È indispensabile coinvolgere la cittadinanza, perché senza un’attività di sensibilizzazione su questo tema, ogni normativa riduce il suo effetto. Analogamente è decisivo sensibilizzare e coinvolgere gli esercenti, chi nella sua attività ospita la slot machine o altre tipologie di gioco d’azzardo. Rispetto a questo abbiamo condotto un lavoro di formazione e informazione con l’aiuto della Polizia Locale. Sono state spiegate le regole, sono stati informati sui rischi del GAP, sono state date indicazioni su come agire, è stato verificato se avessero seguito i corsi di formazione obbligatori predisposti dalla Regione. Il riscontro è stato molto positivo.

Ribadisco: senza questo lavoro di sensibilizzazione, su più livelli, non avremmo ottenuto i risultati che ho descritto prima. Coinvolgere tutta la comunità è essenziale, a partire naturalmente dai ragazzi. Una formazione che non è solo rivolta a loro, ma che è in grado di espandersi, perché ciò che apprendono a scuola poi lo possono condividere a casa, con i genitori. È questa la catena virtuosa della società civile, che sarà fondamentale in quella che è la sfida del presente, relativa al gioco d’azzardo online. Un tema su cui a livello locale e nazionale siamo all’anno zero, anche perché incidere sulla fascia giovanile è molto più complicato. In questo senso la formazione è ancora più decisiva, soprattutto sul tema del cosiddetto “gaming”. Come funzionano i giochi sullo smartphone? Perché sono in grado di creare dipendenza? Non sono giochi d’azzardo nel senso stretto del termine, ma ne possono diventare un’anticamera. È un tema che va affrontato.

Pavia si tira fuori dal tunnel dell’azzardo, mentre altre città e paesi della provincia, dati alla mano, sembra lo stiano imboccando. Cosa ci dice questo?

Abbiamo una città come Voghera in cui la Raccolta pro-capite è aumentata in maniera esponenziale, dati che hanno spinto l’Amministrazione ad intervenire, predisponendo progetti e formazione nelle scuole. Lo stesso sta accadendo in una realtà più piccola della provincia, il paese di Martino Siccomario. La motivazione dietro questi aumenti è da rintracciare nelle scelte di Pavia: chiaramente le persone si spostano per giocare laddove le regole – sugli orari di apertura delle sale, sulle distanze dai luoghi sensibili – sono meno restrittive. È una conseguenza logica e ci dice che c’è bisogno di normative organiche, il più possibile condivise, soprattutto a livello locale.

A livello nazionale la Raccolta non si arresta, nel 2017 è aumentata di altri sei punti percentuali, sfondando il tetto dei 100 miliardi annui. I primi dati sul 2018 ci consegnano delle previsioni tutt’altro che positive. Nonostante l’impegno delle Amministrazioni, nonostante l’informazione sia più presente su questo tema e la cittadinanza più consapevole. Cosa manca ancora per frenare l’overdose da azzardo nel nostro Paese?

È ovvio che bisogna passare da una riduzione dell’offerta di gioco generale, decisa a livello centrale, dallo Stato. Ma è anche un problema di cultura. Quando parlo di cultura non mi riferisco alla sola sensibilizzazione sui rischi del GAP, ma ad un concetto più esteso. Bisogna smantellare l’immagine del successo “facile” a tutti costi, per cui vinci due milioni di euro e sei sistemato per la vita. È chiaro che si tratta di un processo complesso che riguarda la cultura del lavoro, l’educazione, una scala di valori. Senza affrontare questo problema di cultura, rischi che il contrasto normativo sia solo una pezza con cui tappare il buco. Non è facile e richiede tempo, ma non penso ci sia alternativa.

Distanziometro, limitazione degli orari di apertura delle sale sono due dei principali strumenti in mano agli Enti locali per agire sul fenomeno. A distanza di anni dai primi provvedimenti, si può misurare il loro effetto sui territori?

L’esperienza di Pavia racconta che il loro effetto è evidente. Effetto che aumenta se accompagnato dalle campagne di sensibilizzazione. Molti esercenti, soprattutto quelli che avevano poche slot machine all’interno delle proprie attività, le hanno dismesse perché non era più conveniente tenerle. In virtù delle limitazioni degli orari, al titolare non interessava più avere una macchinetta che comportava in certi casi anche un abbassamento del livello di frequentazione del suo bar. Sul distanziometro il discorso è più complesso perché agisce sulle nuove autorizzazioni, nel nostro caso non è retroattivo. Per cui andrà meglio valutato alla scadenza delle autorizzazioni già in essere.

Da una parte centinaia di posti di lavoro, dall’altra la tutela della salute. Sull’azzardo sembra giocarsi una partita già osservata più volte in Italia, in altri settori economici…

In un paese in cui il gioco d’azzardo è legale è chiaro che si pone il tema della difesa dei posti di lavoro e le legittime proteste delle associazioni di categoria. A maggior ragione se una parte del bilancio dello Stato si basa sugli introiti garantiti dall’azzardo. Ma in questi anni è stato appurato che vi è una corrispondenza tra l’eccesso d’azzardo e problemi sanitari e sociali di importanti fette della popolazione. Per cui una risposta deve essere agire sull’offerta d’azzardo. E anche se causa una contrazione dei posti di lavoro, vi è un interesse superiore in ballo: la salute dei cittadini.

Il governo ha introdotto il divieto assoluto di pubblicità sull’azzardo. Per molti operatori è solo una mossa propagandistica che mina la libertà di impresa, favorisce il gioco illegale e non avrà alcun effetto sulla diminuzione della Raccolta e sul contrasto al gioco d’azzardo patologico. Cosa ne pensa?

Sono sempre stata una sostenitrice del divieto assoluto di pubblicità, i cui effetti andranno comunque valutati il prossimo anno, quando le disposizioni entreranno in vigore. Valuto positivamente la scelta, ma non possiamo pensare che sia sufficiente da sola ad arrestare l’overdose da azzardo. E non vedo una connessione tra il divieto e il pericolo di un aumento di gioco illegale. D’altro canto è assolutamente auspicabile un monitoraggio sempre maggiore del gioco illegale, aumentando quei controlli che rappresentano una delle disposizioni contenute nell’accordo Stato-Regioni dello scorso anno.

A proposito di leggi nazionali: l’esecutivo ha annunciato di voler mettere mano al settore con una legge organica. Ha citato l’accordo Stato-Regioni del 2017, su cui sono state espresse riserve. Cosa va salvato di quel documento?

C’è molto da salvare, a cominciare dall’indicazione – decisiva – di una riduzione complessiva dell’offerta di gioco. In questo settore se riesci a ridurre l’offerta, ottieni una diminuzione della domanda. Va ripresa inoltre la parte dell’accordo che introduce una serie di requisiti per i locali in cui si gioca d’azzardo e l’obbligo di tessera sanitaria per accedervi. Il tutto, come dicevo in precedenza, deve essere accompagnato da un’intensa attività di controllo.

La parte che va ridiscussa è relativa agli orari di accesso al gioco, perché l’accordo prevede una chiusura massima di sei ore, con un’apertura fino a 18 ore giornaliere. Una limitazione così blanda da essere praticamente inutile. È un punto fondamentale perché va nel senso opposto all’esperienza maturata dai Comuni in questi anni. O si mettono delle restrizioni molto più stringenti oppure si lasci agli Enti locali la discrezionalità.

Per cui non ritiene auspicabile un’uniformità per tutto il territorio nazionale?

Lo Stato deve inserire in una legge organica dei paletti, delle limitazioni più restrittive rispetto a quelle contenute nell’accordo Stato-Regioni del 2017. Ma credo che, all’interno di queste restrizioni, vada lasciata una certa autonomia agli Enti locali sia sul distanziometro che sugli orari di gioco. Ci sono territori, soprattutto se limitrofi, che condividono caratteristiche e problemi. Ma ne esistono altri con caratteristiche ed esigenze diverse.

In attesa della legge nazionale che riordini il settore, alcune Regioni stanno frenando sull’applicazione delle leggi locali che imponevano – soprattutto attraverso il distanziometro – chiusure o delocalizzazioni dell’azzardo sui territori. Come dobbiamo leggere questo rallentamento?

Credo che questi rallentamenti non si possano capire se non si legge tutto il contesto nazionale. Dopo l’accordo di un anno fa, poco o nulla è stato fatto a livello centrale. Per cui credo che lo stop di alcune Regioni vada letto come una risposta alla mancata “copertura” offerta dallo Stato. Il divieto di pubblicità è un passo importante, ma sulla legge organica abbiamo, per il momento, solo una dichiarazione di intenti. Penso che, data la situazione, alcune realtà locali non se la siano sentite di andare avanti da sole.

Che ruolo ha Avviso Pubblico in questa partita?

Io non dimentico che l’esperienza di Pavia nel contrasto al GAP  nasce con Avviso Pubblico. Ci ha permesso di entrare in contatto con tutta una serie di realtà, ci ha messo in mano strumenti che non avevamo, per conoscere il fenomeno e capire come agire. Credo che un’associazione come Avviso Pubblico svolga un ruolo fondamentale per quegli Enti locali che si approcciano a questo difficile tema e non solo, perché offre la possibilità di mettersi in rete con altri Comuni che hanno già sperimentato e possono condividere delle buone pratiche amministrative.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)

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