1. Premessa. La normativa sul diritto di accesso ai documenti e dati della pubblica amministrazione, alla luce della giurisprudenza dei giudici amministrativi e della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi e dei pareri espressi dal Garante per i dati personali, ha dato luogo a numerosi problemi applicativi, in ragione anche della discrezionalità attribuita all’Amministrazione. In questa scheda ci si concentrerà sulle principali tematiche emerse con riguardo all’accesso civico documentale e all’accesso civico generalizzato, con un breve accenno finale al c.d. accesso semplice. Una scheda apposita è dedicata al tema del diritto di accesso dei consiglieri comunali.
2. Accesso documentale. Tale diritto è strumentale alla tutela degli interessi individuali di un soggetto (che si trova perciò in una posizione differenziata rispetto ad altri cittadini) ed è finalizzato a garantire la difesa in un giudizio (e, più ampiamente, l’esercizio delle facoltà partecipative e oppositive nel procedimento) attraverso una più completa conoscenza dei provvedimenti concretamente adottati dalla pubblica amministrazione.
Il diritto di accesso deve essere garantito per effetto della sola dimostrazione, da parte dell’istante, dell’esistenza di un proprio interesse giuridico bisognevole di tutela, con esclusione di ogni sindacato dell’Amministrazione sulla fondatezza e pertinenza delle azioni che lo stesso istante intende intraprendere; l’istante deve fornire elementi idonei a dimostrare in maniera chiara e concreta la sussistenza di un interesse diretto, concreto, attuale e corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata/o al documento al quale è chiesto l’accesso (sentenze del Tar Bolzano n. 4 del 2017 e del Consiglio di stato n.1578 del 2018): non risulta pertanto sufficiente un semplice interesse generico e diffuso alla conoscenza degli atti amministrativi, finalizzato ad un controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione o avente carattere meramente esplorativo (sentenza del Tar Roma n. 30 del 2012).
A tal fine risulta essenziale la motivazione (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 4346 del 2017; sulla carenza della motivazione addotta per dimostrare la necessità, anche solo in potenza, delle informazioni richieste per la tutela di un interesse giuridico vedi anche le sentenze del Consiglio di Stato n. 1578 del 2018, del Tar Roma n. 8584 del 2018 e del Tar Ancona n. 386 del 2018). L’interesse all’accesso ai documenti deve essere valutato in astratto, senza che possa essere operato, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale o stragiudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso: e perciò anche prima e indipendentemente dall’effettivo esercizio di un’azione giudiziale (cfr. in tal senso le sentenze del Tar Napoli n. 1380 del 2017, del Tar Trieste n. 89 del 2018, del Tar Venezia n. 852 del 2018 e del Tar Reggio Calabria n. 201 del 2018). Come specificato dal Consiglio di Stato, rientrano nella competenza esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di diritto di accesso, indipendentemente dal fatto che la situazione giuridica finale a cui tutela viene esercitato il diritto di accesso si configuri come diritto soggettivo ovvero come situazione di interesse legittimo (sentenza n. 3555 del 2018). In conclusione, la legittimazione all’accesso non può essere valutata “alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante” (Tar Catania n. 1285 del 2016). L’ambito di tale diritto, quando è motivato da esigenze di difesa in giudizio (che è ipotesi ricorrente), è perciò molto ampio, anche se soggetto ad alcune precise limitazioni, a fini di tutela di interessi sia pubblici che privati, esemplificate nei successivi paragrafi. E l’accesso può riguardare tutti gli atti presi in considerazione nell’ambito di un procedimento amministrativo, ancorché di natura privatistica, purché correlati ad un’attività amministrativa: “gli atti amministrativi soggetti all’accesso sono anche quelli interni concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale, allo scopo di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa” (sentenza Tar Lecce n. 1400 del 2017).
Come specificato dal Consiglio di Stato, rientrano nella competenza esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di diritto di accesso, indipendentemente dal fatto che la situazione giuridica finale a cui tutela viene esercitato il diritto di accesso si configuri come diritto soggettivo ovvero come situazione di interesse legittimo (sentenza n. 3555 del 2018); per un’eccezione a tale principio, con riferimento alla materia dell’accesso ai dati personali vedi la sentenza della Cassazione, sezioni unite, n. 8487 del 2011 e la sentenza del Tar Venezia n. 691 del 2018.
2.1. Le richieste di atti relativi a concorsi e prove selettive. Molteplici sono i casi di ricorsi accolti dal giudice amministrativo, volti a ottenere dall’Amministrazione, una volta esaurite le procedure concorsuali (sentenza Tar Roma n. 5536 del 2018), dati e informazioni relative a prove concorsuali o paraconcorsuali al fine di conoscere i criteri di valutazione adottati e poterli eventualmente contestare in giudizio. Ad esempio, il Tar Toscana osserva che l’informazione richiesta concerne soltanto gli elaborati e le schede/griglie di valutazione del ricorrente e non è attinente a “documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi” né agli atti degli altri concorrenti, nel qual caso potrebbe essere invece giustificato il diniego; nell’occasione lo stesso giudice amministrativo accoglie anche la domanda del ricorrente di condanna alle spese per il silenzio serbato dal Ministero dell’Istruzione di fronte alla richiesta di accesso agli atti, rinviando copia della sentenza alla Procura Regionale Toscana della Corte dei Conti per la verifica del danno erariale per condanna alle spese che il comportamento dell’Amministrazione ha recato alla finanza pubblica (sentenza n. 200 del 2017). Il Tar Lazio, accedendo a una richiesta di accesso agli atti degli elaborati di tutti i candidati ammessi alle prove orali di un concorso, sottolinea che il diritto all’accesso prescinde dalle concrete possibilità di far valere in sede giurisdizionale le proprie argomentazioni; e che la richiesta è inoltre compatibile con le risorse umane e organizzative del Ministero (sentenza n. 55 del 2013; in senso analogo anche sentenza del Consiglio di stato n. 2269 del 2017 e le decisioni del 6 ottobre 2016 e 17 novembre 2016 della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi).
Il Tar di Roma ha ritenuto legittima la richiesta di accesso agli atti riguardanti un provvedimento adottato dal Ministero della Difesa per la promozione al grado superiore, tenuto anche conto del fatto che non appare prospettabile nel caso in questione un profilo di riservatezza, trattandosi di procedura sostanzialmente ad evidenza pubblica (sentenza n. 5603 del 2018; vedi anche la sentenza dello stesso Tar n. 7403 del 2018 riguardante la procedura di partecipazione ad un corso di formazione). Al contrario, il Consiglio di Stato ritiene legittimo il diniego di atti relativi a una selezione per il grado di Consigliere d’Ambasciata svolta dal Ministero degli Esteri, difettando nel caso in questione “quel nesso di necessaria strumentalità che deve avvincere la richiesta di ostensione rispetto al documento cui si intende accedere” (sentenza n. 4838 del 2017; nello stesso senso la decisione del 6 ottobre 2016 della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi; cfr. anche la sentenza del Tar Lazio n. 2628 del 2018).
Non si pone in ogni caso un problema di riservatezza delle domande, degli elaborati dello status e dei documenti inerenti lo svolgimento della carriera di dipendenti della Pubblica amministrazione degli altri concorrenti, in quanto coloro che prendono parte ad una selezione “hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l’essenza della valutazione” e quindi non assumono neppure la veste di controinteressati (sentenza del Tar Napoli n. 2770 del 2018; vedi anche le sentenze del Consiglio di Stato n. 3505 del 2018 e del Tar Bari n. 1169 del 2018). Sull’applicazione dell’istituto del diritto di accesso anche alla documentazione relativa alle prove per l’ammissione a un corso di laurea a numero chiuso vedi le sentenze del Tar Roma nn.7304 del 2017, 4749 e 5682 del 2018; sulla legittimità di una richiesta di accesso agli atti del procedimento riguardanti un master universitario vedi la sentenza del Tar Piemonte n.702 del 2018.
L’accesso deve essere consentito anche con riguardo alla documentazione relativa agli esami ed accertamenti medico-sanitari compiuti su un candidato al concorso, richiesta finalizzata ad una verifica della correttezza dell’esclusione dal concorso stesso da parte della commissione (sentenza Tar Palermo n. 1040 del 2018).
Non risulta comunque possibile un controllo generalizzato sull’attività delle commissioni di concorso. In questo senso il Tar Lazio ha respinto il ricorso riguardante un concorso per referendario di Tar, in quanto ha ritenuto adeguati gli atti già forniti al ricorrente da parte dell’Amministrazione mentre la restante documentazione richiesta risulta “manifestamente sproporzionata e sovrabbondante rispetto all’esigenza del candidato di prendere conoscenza del modus operandi della Commissione e delle ragioni della valutazione espressa sulle sue prove in rapporto a quelle dei concorrenti ammessi, anche ai fini dell’eventuale attivazione della tutela giurisdizionale (sentenza n. 366 del 2018). Lo stesso Tar ha respinto la richiesta di accesso di una organizzazione sindacale agli atti relativi a un concorso per Vice Ispettore di polizia: nel caso in esame non è in discussione la legittimazione del sindacato di richiedere gli atti quanto l’ampiezza della documentazione richiesta che concretizza “un tentativo di controllo generalizzato sull’operato dell’Amministrazione”, vietato dalla normativa sul diritto di accesso (sentenza n. 1126 del 2018).
Risulta infine legittima la richiesta di accesso, da parte di un soggetto che vanti una posizione di “riservataria idonea”, al Prospetto Informativo sulle scoperture per le categorie protette (legge n. 68 del 1999), perché in tal caso non si configura, come sostenuto dall’Amministrazione, una forma di controllo generalizzato (sentenza Tar Roma n. 4918 del 2018). Considerazioni analoghe sono contenute nella sentenza del Tar Bari n. 1169 del 2018, che pone in evidenza anche lo specifico interesse del ricorrente ad acquisire la documentazione richiesta, aldilà della mancanza del requisito della immediata lesione della posizione sostanziale.
Con riferimento agli atti e documenti scolastici cfr. la sentenza del Tar Roma n. 6849 del 2018 sulla legittimità dell’accesso da parte dei genitori del minore agli atti relativi alle varie fasi di svolgimento dell’attività scolastica dei figli aventi una diretta relazione con gli studi compiuti; vedi anche le considerazioni contenute nella sentenza del Tar Puglia n. 741 del 2018 a giustificazione della decisione dell’Amministrazione di consentire soltanto un accesso parziale agli atti richiesti.
2.2. Rapporti di lavoro. E’ giurisprudenza consolidata quella per cui possono formare oggetto di accesso tutti gli atti di gestione del personale dipendente delle amministrazioni, che sono assoggettati agli obblighi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione ex art. 97 cost. (sentenze Tar Roma nn. 7592, 8897 e 8898 del 2018 e Consiglio di Stato n. 783 del 2011).
Per consentire una puntuale contestazione della sanzione disciplinare irrogata a un dipendente pubblico, l’Amministrazione deve consentire l’accesso agli atti, sia nella forma della visione sia mediante il rilascio in copia fotostatica, anche con riferimento alle dichiarazioni rilasciate da terzi, specie nel caso in cui la conoscenza dei documenti sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici (sentenza del Tar Basilicata n. 140 del 2018). Analogamente il Tar Toscana (sentenze nn. 23 e 176 del 2017) ritiene illegittimo il diniego opposto dalla Questura di Firenze all’istanza di accesso concernente gli atti relativi a un procedimento disciplinare; il riferimento contenuto nella legislazione ai documenti riguardanti “le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità”, non può essere dilatato fino a comprendere qualsiasi attività svolta dall’Amministrazione dell’Interno, soprattutto quando sono in gioco essenziali ragioni di tutela del contraddittorio procedimentale: compito dell’Amministrazione è quello di verificare in concreto, per ogni documento richiesto, l’esistenza di determinati interessi cui attribuire carattere di segretezza (come ad esempio le tecniche investigative e l’identità delle fonti di informazione, i rischi per la sicurezza dei beni e delle persone coinvolte etc). Il Tar Liguria ha ritenuto legittima la richiesta di accesso ai documenti attestanti la rilevazione delle timbrature, avanzata dallo stesso dipendente, funzionale alla sua difesa in giudizio per contestare la legittimità della risoluzione del rapporto di lavoro, motivata anche dalle assenze del dipendente stesso (sentenza n. 434 del 2018). E il Tar Roma ha affermato il diritto dell’interessato a conoscere gli atti amministrativi su cui la richiesta disciplinare si fondava anche nel caso in cui il relativo procedimento disciplinare non fosse stato successivamente avviato (sentenza n. 5444 del 2018), mentre il Tar Pescara ha ritenuto legittima la richiesta di una dipendente comunale di prendere visione di una Nota del suo superiore, ancorchè protocollata riservatamente, in quanto funzionale alla tutela del proprio ruolo e mansioni (sentenza n. 227 del 2018).
La richiesta di accesso può essere legittimamente presentata anche con riferimento a documenti riguardanti soggetti diversi dal ricorrente, oscurandone i dati identificativi (il c.d. “accesso schermato”) al fine di verificare le modalità operative seguite dall’Amministrazione in vicende analoghe (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 3956 del 2018, di riforma di una precedente sentenza del Tar Lazio). Vedi in materia anche la decisione del Tar Catania in merito a una richiesta di accesso alle buste paghe di tutti i medici di un ospedale di Modica, strumentale alla difesa degli interessi del ricorrente in sede giudiziale: l’Amministrazione potrà pertanto fornire i dati richiesti limitandosi a oscurare i nominativi degli intestatari dei documenti richiesti (sentenza n. 1285 del 2016). Nello stesso senso il Tar Bolzano con riferimento alla richiesta di documentazione avanzata da un carabiniere al fine di verificare le ragioni del mancato accoglimento di una sua richiesta di trasferimento: anche in tal caso “le problematiche di riservatezza sollevate dall’Amministrazione sono agevolmente risolvibili mediante l’oscuramento dei dati identificativi dei militari interessati dai trasferimenti, come peraltro prospettato dallo stesso ricorrente nell’istanza di accesso” (sentenza n. 4 del 2017; vedi anche la sentenza del Tar Roma n. 4753 del 2018). Non si pone invece un problema di riservatezza con riguardo ai dati contenuti nel Bollettino dei trasferimenti pubblicato dall’Ufficio scolastico regionale, la cui conoscenza è funzionale alla verifica della corretta applicazione dei criteri seguiti per la graduatoria (sentenza Tar Napoli n. 3818 del 2018; in tema di procedure di mobilità vedi le sentenze dello stesso Tar nn.28 e 4864 del 2018, con nomina di un commissario ad acta per far fronte all’inadempimento dell’Amministrazione).
Le richieste di accesso possono essere predisposte anche dalle organizzazioni sindacali, in quanto portatrici di un interesse attinente al ruolo del sindacato quale istituzione esponenziale di una categoria di lavoratori, che agisce a tutela delle posizioni di lavoro degli associati, con particolare riferimento alla corretta applicazione degli accordi sindacali e della normativa in vigore (vedi in tal senso le sentenze del Consiglio di Stato n. del 2014, Tar Milano n. 2288 del 2014 e Tar Napoli n. 4690 del 2012). Peraltro il Tar Lazio, dopo aver confermato la piena legittimazione dell’organizzazione sindacale, ha respinto una richiesta di accesso in ragione dell’ampiezza della documentazione richiesta, riguardante un intero anno, una pluralità di posizioni lavorative, non basta su “un interesse percepibile concreto e attuale, ma generico e indeterminato in relazione agli interessi rappresentati” (sentenza n. 7840 del 2018).
La disponibilità dei documenti richiesti sulle pagine internet dell’Amministrazione, ove il percorso sia intuitivo e di immediata comprensione, esonera quest’ultima dal dare corso alla richiesta di accesso (ad esempio sentenza Tar Roma n. 4781 del 2018).
2.3. Appalti. Importanti decisioni risultano assunte con riferimento alle procedure di gara indette dalle pubbliche amministrazioni, anche in relazione ai criteri di massima trasparenza che ispirano il nuovo codice degli appalti (vedi ad esempio la sentenza del Consiglio di Stato n. 2382 del 2018 e la sentenza del Tar Napoli n. 3875 del 2018), ferma restando la necessità di dimostrare l’interesse del ricorrente per tutti i documenti indicati nella richiesta di accesso (vedi sentenze del Tar Milano nn. 1843 e 1900 del 2018) e fatta salva la possibilità di differire l’accesso in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione, ivi inclusa la documentazione visionata in seduta pubblica, a presidio della segretezza delle offerte tecnico-economiche (sentenza Tar Lecce n. 1262 del 2018). Resta precluso l’accesso a quelle parti dell’offerta, contenenti informazioni che costituiscano segreti tecnici o commerciali, che l’offerente voglia mantenere riservate (sentenza Tar Roma n. 6614 del 2018). Il Tar Val d’Aosta (sentenza n. 34 del 2017) approfondisce tale tematica: anche per tali parti deve essere comunque consentito l’accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla medesima procedura di gara (considerazioni analoghe sono contenute nell’ordinanza del Tar Bari n. 866 del 2018); per giustificare il diniego è necessaria perciò una specifica motivazione che evidenzi le ragioni di “concreta segretezza commerciale” dell’offerta, non essendo sufficiente la mera opposizione dell’offerente (sentenze Tar Sardegna nn. 401 e 407 del 2018, sentenza del Tar Roma n. 5583 del 2018 e ordinanza del Tar Napoli n. 2626 del 2018; vedi al riguardo anche le sentenze del Tar Venezia n. 607 e 802 del 2018 e quella del Tar Lecce n. 1259 del 2018).
Per quanto concerne la documentazione sui requisiti per partecipare a gara di appalto, non appare neppure possibile il differimento dell’accesso alla conclusione delle procedure di aggiudicazione, che deve essere disposto solo con riferimento alle offerte tecnico-economiche per tutelarne la riservatezza (sentenze del Tar Emilia-Romagna n. 222 del 2018 e del Tar Pescara n.178 del 2018). Il Tar Pescara ha accolto la richiesta di un’impresa iscritta negli Elenchi degli operatori economici del Dipartimento opere pubbliche della Regione Abruzzo, riguardante l’accesso alla documentazione di tutte le procedure di selezione delle ditte da invitare alle procedure di affidamento lavori della Regione, in quanto titolare di un interesse a verificare il puntuale rispetto dei principi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento previsti dalla legislazione vigente (sentenza n.250 del 2018).
Sulla materia dell’esercizio del diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti secretati cfr. la sentenza del Tar di Catanzaro n. 830 del 2017.
Cfr. anche la sentenza del Tar Roma n. 6628 del 2018 sulla legittimità della richiesta di accesso agli atti da parte di una società nei cui confronti sia stata disposta la risoluzione del contratto di appalto, se finalizzata a conoscere le modalità e le condizioni di affidamento ad altra impresa dei lavori oggetto del contratto risolto in suo danno. Vedi anche la decisione dello stesso Tar (sentenza n. 7645 del 2018) sulla legittimità della richiesta di accesso ad alcuni atti istruttori compiuti dall’Agenzia delle entrate, propedeutici all’adozione di un provvedimento di non aggiudicazione di una gara, e utili per la discussione del relativo ricorso (sentenza n. 7645 del 2018)
2.4. Rapporti con la pubblica amministrazione. L’accesso può essere funzionale anche alla tutela dei propri diritti nei confronti di determinati atti dell’Amministrazione. Ad esempio, il Tar Roma ha ritenuto legittima la richiesta di accesso, da parte di un’azienda accreditata presso il servizio sanitario, alla documentazione posta a base della quantificazione del budget assegnatole per l’attività di assistenza (sentenza n. 5416 del 2018); lo stesso Tar Roma ha accolto la richiesta di accesso alla documentazione presentata da diversi Comuni in risposta ad un bando della Regione Lazio per la concessione di contributi finanziari per la realizzazione dei centri di raccolta e delle isole ecologiche a supporto della raccolta differenziata dei rifiuti urbani, documentazione utile a verificare la correttezza del giudizio comparativo svolto dalla Regione tra i diversi progetti presentati (ordinanza n. 8980 del 2018); sempre lo stesso Tar ha accolto il ricorso di un’azienda volta a ottenere la documentazione inerente la mancata concessione del contributo richiesto (sentenza n. 7164 del 2018), così come il Tar Palermo nei confronti della documentazione contabile utile a far valere i crediti vantati in un parallelo giudizio di fronte al giudice ordinario (sentenza n. 1680 del 2018). E il Consiglio di stato ha affermato la legittimità di una richiesta di accesso agli atti di una procedura di gara, pur non avendo partecipato alla stessa, al fine di conoscere quali siano gli obblighi a suo carico in base al precedente contratto (sentenza n. 3953 del 2018). Con riferimento al diritto di accesso, a tutela del diritto di difesa del soggetto interessato, agli atti del fascicolo inerente i provvedimenti della CONSOB di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie ed accessorie, vedi le motivazioni delle sentenze del Tar Roma n. 8487 del 2018 e del Consiglio di stato n. 3003 del 2016, che affrontano anche il tema degli atti rientranti nell’esercizio funzione di vigilanza e di regolazione dei mercati della Consob medesima.
2.5.Il cittadino e il fisco. Come precisato dal Consiglio di Stato, l’art. 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990, esclude il diritto di accesso nei procedimenti tributari; però il successivo comma 7 prevede comunque che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Conseguentemente “l’inaccessibilità degli atti del procedimento tributario è temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento stesso, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue l’adozione del provvedimento definitivo e dunque nella fase della riscossione”; rimane precluso solo l’accesso ai documenti relativi all’attività investigativa, ispettiva e di controllo “dalla cui diffusione possa derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza di quest’ultima anche sotto il profilo della conoscenza delle tecniche e delle fonti informative ed operative” (sentenza n. 5138 del 2017; sul diniego di accesso alla documentazione della Guardia di finanza inerente una verifica finanziaria vedi la sentenza del Tar Bari n. 611 del 2018). Osserva al riguardo il Tar Brescia (sentenza n. 543 del 2018): “Le dichiarazioni fiscali, pur essendo in origine documenti predisposti da soggetti privati, diventano documenti amministrativi nel momento in cui sono acquisite dall’Agenzia delle Entrate. L’ingresso nella banca dati tributaria determina il passaggio delle informazioni dalla sfera dei rapporti privati (lavorativi, commerciali, negoziali, o di altro genere) alla sfera pubblica del trattamento dei dati fiscali. Di conseguenza, dopo che il passaggio è avvenuto, le informazioni delle dichiarazioni fiscali e dei relativi allegati sono accessibili da parte di tutti coloro che abbiano interesse a utilizzarle nei confronti dell’amministrazione o di soggetti privati”.
Molte le decisioni a favore dei cittadini che richiedono all’Agenzia delle Entrate (ovvero a Equitalia, a altri concessionari per la riscossione ovvero alle Amministrazioni comunali) dati inerenti la propria posizione fiscale e documenti a dimostrazione dell’importo dovuto. Ad esempio, il Tar Campania ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso opposto da Equitalia al rilascio di copia conforme all’originale di un ruolo nominativo e delle cartelle di pagamento, anche oltre il termine minimo previsto dalla legge, in quanto costituiscono strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni del ricorrente, senza che la concessionaria possa in alcun modo sindacare le sue scelte difensive (sentenza n. 4463 del 2017; vedi anche le sentenze dello stesso Tar n. 2883 e 3877 del 2018 e quella del Consiglio di Stato n. 4760 del 2016). Analogamente il Tar Marche ha accolto il ricorso nei confronti del rigetto di una domanda di accesso alle indagini bancarie relative al contribuente svolte nell’ambito di un accertamento promosso dall’Agenzia delle entrate: tali atti, una volta conclusa la fase degli accertamenti, e emesso l’atto conclusivo degli stessi, non possano rientrare tra quelli coperti dal segreto (sentenza n. 90 del 2018). Vedi anche la decisione del Tar Roma sull’obbligo dell’Agenzia delle entrate di garantire l’accesso ai documenti amministrativi che ineriscono alle predette attività ad essa riconducibili (sentenza n. 4846 del 2018). Sull’obbligo di conservazione, da parte dell’ente esattore, della documentazione riguardante le cartelle di pagamento e le relative notifiche cfr. le sentenze del Tar Roma n. 6907 del 2018 e del Tar Pescara n. 249 del 2018. Vedi anche le sentenze del Tar Brescia nn. 609 e 752 del 2018 e quella del Tar Napoli n. 5162 del 2018 sugli aspetti riguardanti le diverse modalità di notifica delle cartelle esattoriali.
La complessità dell’attività di ricerca di documenti puntualmente identificati ed in possesso dell’Amministrazione non giustifica il diniego all’accesso ma eventualmente solo tempi più lunghi per adempiere alla richiesta (sentenza del Tar Trento n. 108 del 2018).
Per quanto riguarda i dati fiscali inerenti soggetti diversi dal richiedente è necessario che venga adeguatamente dimostrato l’interesse concreto collegato alla richiesta di accesso (sentenze Tar Napoli n. 3125 del 2018 e Tar Brescia n. 543 del 2018). E il Tar Brescia ha ritenuto illegittimo l’oscuramento dei dati relativi ai soggetti riportati nelle denunce/autocertificazioni/accertamenti ai fini Tarsu/Tares/Tari di altri imprenditori della zona, richiesti da un imprenditore del settore agricolo: il giudice amministrativo sottolinea che ”l’accesso ai dati catastali e di proprietà non può essere escluso in via preventiva adducendo ulteriori esigenze di riservatezza consistenti nel segreto professionale, poiché anche in questa fattispecie il diritto di accesso risulta comunque prevalente una volta che si accerti la necessità di disporre della documentazione per la difesa in giudizio” e che le dichiarazioni dei redditi diventano documenti amministrativi nel momento in cui sono acquisiti alla banca dati fiscale (sentenza n. 479 del 2018). Diverso il caso affrontato dal Tar Pescara che ha respinto una richiesta di accesso ad una denuncia di successione mortis causa, richiamando le disposizioni concernenti l’imposta di registro, in base alle quali l’accesso dei soggetti diversi dalle parti contraenti agli atti registrati è condizionato alla previa autorizzazione del giudice competente (sentenza n. 245 del 2018).
Sull’accessibilità da parte di terzi ai dati memorizzati nell’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria (Archivio dei rapporti finanziari, in cui confluiscono le informazioni di banche e operatori finanziari), utilizzati dall’Amministrazione finanziaria e dalla Guardia di Finanza per azione di contrasto all’evasione fiscale, vedi il successivo paragrafo 2.10.
2.6.Il cittadino e gli enti di previdenza. La disciplina del diritto di accesso trova applicazione anche con riguardo alle richieste dei titolari di prestazioni previdenziali volte a verificare la correttezza degli importi corrisposti dall’ente previdenziale, a tutela dei propri diritti (vedi tra le altre le sentenze del Tar Calabria nn. 182 e 202 e del Tar Roma n. 5592 del 2017). In materia trova anche applicazione l’art. 54 della legge n. 88 del 1989 che già imponeva all’Amministrazione di fornire, a richiesta esclusiva dell’interessato o di chi ne abbia diritto ai sensi di legge, i dati richiesti relativi alla propria situazione previdenziale e pensionistica. Tale accesso agli atti può essere finalizzato anche a modificare provvedimenti assunti da altre Amministrazioni dello Stato sulla base di errori materiali nella predisposizione dei documenti (vedi sentenza del Tar Milano n. 1709 del 2018).
Le richieste all’ente di previdenza possono riguardare la posizione di soggetti terzi, nel caso che tali documenti siano funzionali alla difesa in giudizio dei propri interessi (vedi sentenza del Tar Palermo n. 127 del 2018 e quella del Tar Catania n. 1380 del 2018). Nel caso di verbali ispettivi che riportano dichiarazioni dei lavoratori, occorre verificare caso per caso se si ponga un problema di tutela della riservatezza dei dipendenti, al fine di salvaguardarli lavoratori da eventuali discriminazioni o ritorsioni sul luogo di lavoro (cfr. sentenza n. 434 del 2018 del Tar Catanzaro, che esclude tali ipotesi essendo già cessati tutti i rapporti lavorativi dei dipendenti interessati).
2.7. Edilizia e urbanistica. Risultano frequenti le richieste di accesso agli atti amministrativi e alla documentazione al fine di verificare la legittimità degli interventi in campo edilizio effettuati dal proprietario o dall’impresa che segue i lavori e la loro conformità degli interventi alla normativa urbanistico – edilizia. Anche in questo settore dovrà essere verificata l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva anche meramente potenziale (vedi al riguardo la sentenza del Tar Lecce n. 1125 del 2018), senza però che l’Amministrazione possa valutare l’utilità della documentazione richiesta al fine del soddisfacimento della pretesa ad essa correlata (sentenza del Tar Napoli n. 4863 del 2018).
In applicazione di tali principi, Consiglio di Stato (sentenza n. 1947 del 2018), riformando la precedente sentenza del Tar Campania, ha accolto l’accesso alla documentazione riguardante lavori di ampliamento realizzati dai proprietari di un immobile destinato ad albergo, richiesta da proprietaria di immobile confinante. Il giudice amministrativo sottolinea che non è revocabile in dubbio l’esistenza di un interesse conoscitivo personale e diretto alla documentazione richiesta, anche ai fini della tutela in sede amministrativa e giurisdizionale del proprio interesse sostanziale sotteso; la richiesta è molto circostanziata, per cui si esclude che essa abbia finalità meramente “esplorative” e comunque orientate a un “controllo generalizzato” dell’attività amministrativa (come sostenuto dall’amministrazione comunale); né sussistono ragioni di riservatezza ostative, che comunque cederebbero in ragione dell’orientamento dell’esercizio del diritto di accesso alla tutela degli interessi oppositivi. In senso analogo lo stesso Consiglio di Stato (sentenza n. 2158 del 2018), con riferimento all’esistenza di un interesse diretto, concreto e attuale della parte istante a conoscere le decisioni assunte dall’Amministrazione locale in una situazione analoga alla sua. In particolare, il requisito della “vicinitas” attribuisce un interesse diretto, concreto e attuale a conoscere gli atti e i documenti del procedimento abilitativo delle attività edilizie del confinante, al fine di verificare la legittimità del titolo e la conformità delle opere al medesimo (sentenza Tar Palermo n. 1287 del 2018; vedi sul punto anche le sentenze del Tar Campania n. 3976 del 2017 e del Tar Milano n. 1778 del 2018). Sulla legittimità di una richiesta di accesso al progetto dell’amministrazione comunale di realizzazione di opere che interessano la proprietà del medesimo soggetto vedi la sentenza del Tar Napoli n. 4161 del 2018. Lo stesso Tar ha accolto la richiesta riguardante gli atti inerenti il procedimento amministrativo finalizzato all’eventuale esercizio di poteri repressivi di presunti abusi edilizi (sentenza n. 4060 del 2018).
Sul carattere esplorativo o tendenti ad un controllo generalizzato dell’Amministrazione di alcune richieste di accesso vedi invece le sentenze del Tar Palermo nn. 943 e 1288 del 2018. In materia di permessi e concessioni edilizie e sull’utilizzo pubblico dei suoli cfr. anche le sentenze del Tar Puglia nn. 385, 482 e 628 del 2018 e quella del Tar Venezia n. 509 del 2018.
Un’analisi dell’atteggiamento concreto assunto dagli Enti locali in materia di accesso è contenuta nella relazione 2017 del difensore civico di Trento.
2.8. Altre fattispecie. Il Tar Reggio Calabria ha ritenuto legittima la richiesta di accesso ad alcuni documenti riguardanti il contratto concluso tra Eni spa e il Comune di Bagaladi per la fornitura di energia elettrica, perché funzionali a far valere il proprio diritto di credito a fronte dell’inadempimento del Comune medesimo (sentenza n. 376 del 2018).
La richiesta di accesso può essere motivata anche dalla necessità di utilizzare documenti in possesso dell’Amministrazione per far valere propri diritti nei confronti di altri soggetti privati. Ad esempio, il Tar Puglia ha autorizzato l’accesso agli atti di una gara di appalto da parte di un gruppo di professionisti perché tale documentazione risultava utile ai fini di un eventuale azione in giudizio per ottenere il saldo delle prestazioni effettuate ma non saldate (sentenza n. 356 del 2018; in senso contrario vedi la sentenza del Tar Campobasso n. 296 del 2018; . vedi anche la sentenza del Tar Milano n. 1997 del 2018 che ha negato l’accesso da parte di una società subappaltatrice, in quanto il relativo subappalto non era mai stato autorizzato: in presenza di un atto illegittimo, manca pertanto l’interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, e collegata ai documenti ai quali è chiesto l’accesso, che è richiesto dalla legge). E il Consiglio di Stato ha riconosciuto il diritto di accedere ad alcuni atti della Consob al socio di una società finanziaria, interessata da un procedimento di fusione e/o incorporazione con altra società quotata in borsa (sentenza n. 3003 del 2016). Analogamente, il Tar Roma ha ritenuto legittima la richiesta di accesso della documentazione inerente il pagamento dal parte del Ministero dell’economia degli importi versati ai propri clienti, avanzata da un legale per recuperare il proprio credito professionale nei confronti degli assistiti medesimi (sentenza n. 6859 del 2018); così come il Tar Napoli nei confronti dei documenti in possesso del Comune, utili a riscuotere il credito vantato da un’azienda per i lavori svolti nei confronti di un condominio (sentenza n. 4914 del 2018). Vedi anche la sentenza del Tar Milano n. 1604 del 2018. Sulle limitazioni riguardanti l’accesso a atti in possesso dell’Amministrazione, funzionali a comprovare il diritto del ricorrente in sede civile, vedi la sentenza del Tar Cagliari n. 296 del 2018.
L’istituto dell’accesso può essere analogamente utilizzato per documenti riguardanti l’attività svolta da imprese concorrenti nel medesimo bacino d’utenza, se finalizzato a verificare eventuali irregolarità nella concessione delle autorizzazioni e nel rispetto della normativa vigente idonee a tradursi in atti contrari ai principi in materia di libera concorrenza (sentenze del Tar Lecce n. 839 del 2018 e del Consiglio di stato n. 4382 del 2018, di riforma della sentenza del Tar Sardegna n. 406 del 2017).
Il Tar Roma ha autorizzato l’accesso alla documentazione riguardante le procedure di elezione dei componenti del Consiglio dell’Ordine nazionale dei biologi da parte di candidati ed elettori dell’Ordine, non potendosi configurare nel caso in questione un’ipotesi di controllo generalizzato, anche in assenza di un’enunciazione delle possibili irregolarità (sentenza n. 8961 del 2018).
Il diritto di accesso non può essere compresso neppure per gli atti coperti dal diritto di autore, fermo restando il divieto di sfruttamento economico della riproduzione documentale ottenuta: la normativa in materia di diritto di autore e proprietà intellettuale è volta solo a garantire gli interessi economici dell’autore ma non preclude l’accesso a tali documenti (ordinanza Consiglio di stato n. 1013 del 2017).
Non risulta invece ammissibile una richiesta di accesso agli atti, in assenza di una situazione giuridica da tutelare, quando essa è sostanzialmente volta alla verifica del corretto uso del potere di vigilanza dell’Amministrazione nell’applicazione della normativa in vigore, ad esempio se sia stato esercitato in modo analogo anche nei confronti di aziende concorrenti: saremmo di fronte, infatti ad una inammissibile forma di controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione (sentenza Tar Venezia n. 581 del 2018; nello stesso senso Tar Campania n. 2000 del 2016 e n. 3976 del 2017).
2.9. Enti pubblici,società partecipate e soggeti privati. La giurisprudenza ha chiarito che la nozione di “pubblica amministrazione” risulta di ampia portata, in quanto il regime della trasparenza si applica alle società pubbliche controllate da amministrazioni pubbliche, o solamente partecipate, e si estende anche ai soggetti privati laddove l’attività da questi posta in essere risulti genericamente di pubblico interesse o afferente alla gestione di servizio pubblico e che tale attività sia disciplinata da norme di diritto pubblico (vedi sentenza del Consiglio di stato n. 4144 del 2018; per Poste Italiane vedi le sentenze del Consiglio di Stato n. 235 del 2011 e dell’Adunanza plenaria n. 13 del 2016, e il parere n. 1640 del 2016, nonché la sentenza del Tar Napoli n. 3080 del 2018 e quella del Tar Roma n. 8706 del 2018; sull’Anas vedi la sentenza del Tar Palermo n. 859 del 2018; sull’Enel vedi la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana n. 288 del 2018; su Telecom vedi le sentenze del Tar Potenza nn. 500 del 2017 e n. 512 del 2018), mentre le società quotate sono tenute a garantire l’accesso generalizzato relativamente alle sole attività di pubblico interesse svolte.
Alla luce di tali principi, la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi ha chiarito che anche le Società cooperative che perseguono finalità pubbliche e dispongono di capitale pubblico maggioritario debbano essere assoggettate alle norme sul diritto di accesso (parere del 17 novembre 2016). Analogamente, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha affermato il diritto dei cittadini di accedere agli atti riguardanti per l’ottenimento di contribuzioni e benefici vari connessi a terreni agricoli in possesso dei Centri di Assistenza Agricola (cui spetta tra l’altro la funzione di verificare la completezza della documentazione in occasione della presentazione delle domande per l’attribuzione di benefici connessi all’esercizio dell’attività agricola o alla produzione) in quanto essi svolgono funzioni di natura amministrativo-burocratica; e i dati richiesti non sono coperti da riservatezza, non esistendo alcuna norma che vieti di pubblicare le istanze volte a ottenere finanziamenti, essendo al contrario ravvisabile nell’ordinamento il principio secondo cui ogni erogazione pubblica in favore di privati dev’essere massimamente trasparente e dunque ostensibile (sentenza n. 77 del 2018). Il Tar Roma ha accolto la richiesta di accesso alla documentazione, in possesso di un Ente preposto alla gestione degli alloggi pubblici popolari, riguardante la situazione di morosità di un inquilino (sentenza n. 8586 del 2018). Lo stesso Tar ha invece negato il diritto di accesso alla documentazione inerente l’attività di ricerca commissionata ad un dipartimento universitario dell’Università di Milano commissionata da una rete televisiva, in quanto si tratta di prestazioni rese nell’esclusivo interesse dei privati e non come attività tese alla cura concreta di interessi della collettività: non sussiste in tali casi l’esigenza di garantire la trasparenza dell’attività amministrativa ed il suo svolgimento imparziale (sentenza n. 1763 del 2018). Analogamente il Tar Roma ha negato il diritto di accesso alla documentazione relativa ai lavori di manutenzione di un immobile della Cassa forense, in quanto la gestione del patrimonio immobiliare non rientra nell’attività di pubblico interesse assolta dalla Cassa medesima, volta ad assicurare la previdenza e l’assistenza in favore degli iscritti e dei loro familiari (sentenza n. 8512 del 2018).
Il Tar Lombardia ha affermato l’applicabilità della disciplina sul diritto di accesso alla Fondazione La Pelucca Onlus, che eroga prestazioni socio-sanitarie richieste nell’ambito del servizio sanitario nazionale in regime di accreditamento regionale, e quindi esercita un servizio pubblico sia per la Regione Lombardia che per il Comune di Sesto San Giovanni. Interessante anche il caso della richiesta del Comune di Peschiera del Garda alla società che gestisce due aree camper attrezzate di accedere ai tabulati relativi alle entrate e delle uscite dei mezzi, al fine di rendere possibile l’applicazione dell’imposta di soggiorno dovuta dagli utenti di strutture ricettive: il Tar Veneto ha ritenuto legittima tale richiesta perché l’impresa in questione è qualificabile come soggetto ausiliario della pubblica amministrazione in quanto titolare di obblighi strumentali all’esazione dell’imposta di soggiorno ed è pertanto soggetta alla normativa sull’accesso, limitatamente a questa sua specifica attività (sentenza n. 505 del 2018). Mentre l’Anac ha specificato che a Rete Ferroviaria Italiana RFI è applicabile l’accesso civico limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione Europea (cfr. la risposta del Governo all’interrogazione Camera 4-17624 della XVII legislatura). Vedi infine la sentenza del Tar Roma n. 4783 del 2018, che esclude l’applicabilità della disciplina dell’accesso ad un Fondo nazionale che eroga forme di assistenza sanitaria integrative per i lavoratori del settore metalmeccanico
2.10. Il bilanciamento degli interessi: dati sensibili e dati sensibilissimi. Nell’accesso documentale le necessità difensive, riconducibili all’effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., devono di regola ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, ma l’applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorchè vengano in considerazione dati sensibili, richiamati dall’art. 24, comma 6 della legge n. 241 del 1990 (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, informazioni fiscali e finanziarie etc.).
Di norma è consentito l’accesso ai documenti di interesse del coniuge, ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari, essendosi ritenute prevalenti le esigenze di tutela degli interessi economici e dell’assetto familiare, soprattutto nei riguardi del figlio minore, rispetto al diritto alla riservatezza di tali documenti “sensibili” del coniuge (sentenza del Consiglio di Stato n. 2472 del 2014; nello stesso senso Tar Roma n. 2161 del 2017).
Nel caso invece di dati sensibilissimi (ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale del soggetto interessato) il diritto di accesso, ai sensi dell’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice della Privacy) può essere esercitato soltanto se, in seguito a una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza dell’interessato (cfr. ad esempio la decisione della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 15 dicembre 2016). In altri termini occorre che la parte fornisca la prova della stretta necessarietà e indispensabilità del dato cui chiede di accedere rispetto all’interesse oggetto di tutela (sentenza Tar Roma n. 3772 del 2014).
In applicazione di tali principi,in materia di dati sanitari, il Consiglio di Stato ritiene non fondata la richiesta di documentazione connessa all’intervento neurochirurgico subito dall’ex coniuge perchè non è adeguatamente motivata la connessione con il fine di individuare le maggiori tutele giudiziarie nel regime di affidamento della figlia della coppia (sentenza n.139 del 2018); analogamente, il Tar del Lazio non ha ritenuto funzionale all’esercizio del diritto di difesa del ricorrente la conoscenza dei nominativi degli altri soggetti presenti nella graduatoria di Roma Capitale per l’avviamento al lavoro delle persone disabili, in quanto tali informazioni non incidono sulla posizione in graduatoria del ricorrente medesimo (sentenza n. 7652 del 2018).
Al contrario, il Tar Pescara ha autorizzato l’accesso alla documentazione inerente la morte del proprio genitore, già segnalata al ministero della salute per l’inserimento nel sistema di monitoraggio degli errori in sanità (sentenza n. 159 del 2018; sull’accesso alla cartella clinica del parente defunto vedi le sentenze del Tar Potenza n. 429 del 2018 e del Tar Roma n. 6149 del 2018); il Tar Catania ha ritenuto legittima la richiesta di accesso alla cartella clinica della moglie (che aveva scoperto essere affetta da gravi disturbi psichici poco dopo il matrimonio) in quanto tale documentazione risultava utile nell’ambito del procedimento di annullamento del matrimonio di fronte al Tribunale ecclesiastico (sentenza n. 2785 del 2015). Mentre il Tar Reggio Calabria ha acconsentito all’accesso, da parte del genitore, al fascicolo del figlio in affido temporaneo presso i Servizi sociali, perché la documentazione in oggetto era funzionale alla difesa dei propri interessi (e di quelli del minore) nei procedimenti in corso per l’affido del minore (sentenza n.833 del 2014).
2.11 Il ruolo dei controinteressati. In caso di richiesta di accesso, occorre sempre coinvolgere i soggetti potenzialmente controinteressati al fine di valutare le loro eventuali obiezioni: la veste di controinteressato non deve essere riconosciuta a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, sono nominati o coinvolti nel documento oggetto dell’istanza, ma solo a coloro che – per effetto dell’ostensione – vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza (cfr. sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana n. 200 del 2018).
Va comunque escluso che l’Amministrazione possa legittimamente assumere quale unico fondamento del diniego di accesso agli atti la mancanza del consenso da parte dei soggetti controinteressati, atteso che la normativa in materia di accesso agli atti, lungi dal rendere i controinteressati arbitri assoluti delle richieste che li riguardino, rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l’opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati (cfr. sentenza del Tar Napoli n. 1380 del 9 marzo 2017).
Il ricorso per l’accesso per omessa notifica ad almeno uno dei controinteressati può essere dichiarato ammissibile, quando la stessa Amministrazione non abbia ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri in sede procedimentale; in tal caso l’integrazione del contradittorio può essere disposta dal giudice (cfr. sentenza del Consiglio Stato n. 2093 del 2010; vedi anche Tar Catania n. 1285 del 2016 e Tar Cagliari n. 370 del 2018); ma in linea di massima la notifica deve essere effettuata ad almeno a uno dei controinteressati, in particolare quando siano stati già individuati dalla stessa Amministrazione o siano comunque già conosciuti o facilmente individuabili (sentenza Consiglio di Stato n. 2634 del 2018; vedi anche le sentenze del Tar Roma n. 12788 del 2017 e del Tar Milano n. 1065 del 2018). Va inoltre sottolineato che l’ostensione dei dati in forma secretata, con l’esclusione della conoscenza certa dell’identità dei soggetti controinteressati, può non rendere necessaria l’integrazione del contraddittorio (cfr. le sentenze del Consiglio di Stato n. 2968 del 2011 e n. 3956 del 2018 e quella del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana n. 71 del 2018).
2.12. La conoscibilità di esposti e denunce. In quest’ambito va precisato che l’accesso può legittimamente riguardare atti provenienti da soggetti privati, purché gli stessi siano detenuti stabilmente dalla pubblica amministrazione per l’espletamento delle proprie attività istituzionali. In particolare, il privato che subisce un procedimento di controllo potrebbe vantare un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l’esercizio del potere — inclusi, di regola, gli esposti, le diffide e le denunce che abbiano determinato l’attivazione di un potere di controllo, ispettivo o di vigilanza dell’autorità — suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all’accertamento di fatti (sentenza del Tar Marche n. 472 del 2018).
Al riguardo le indicazioni della prassi non sono univoche. Da un lato, c’è un orientamento volto a sottolineare il carattere meramente sollecitatorio dell’esposto o denuncia rispetto a una funzione amministrativa già in capo alla pubblica amministrazione, che la stessa avrebbe dovuto comunque esercitare, e a verificare in concreto l’esistenza di un possibile pregiudizio arrecato dalla ostensione dei dati: proprio al fine di evitare che l’autore dell’esposto possa subire atti di discriminazione o intimidazioni, si potrebbe procedere in tali casi all’oscuramento dei dati personali (in tal senso le Linee guida dell’Anac; vedi anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 5779 del 2014 sull’esigenza di tutelare la riservatezza dei lavoratori che hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva e le sentenze del Tar Toscana nn. 770 e 1023 del 2018 e del Tar Catanzaro n. 434 del 2018). Dall’altro si registrano pronunce in base alle quali l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’Amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela, e di conseguenza il denunciante perde il “controllo” e la disponibilità sulla propria segnalazione che diviene un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell’Amministrazione (sentenza Tar Toscana n. 898 del 2017; nello stesso senso Tar Catania n. 396 del 2016 e Consiglio di Stato n. 3128 del 2018). Non si può affermare perciò il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va a incidere nella sfera giuridica di terzi: a tale riguardo il Tar Lombardia afferma la legittimità della richiesta di accesso ai contenuti di un esposto al fine di accertare se e quali elementi di diffamazione fossero ravvisabili nell’esposto medesimo; in un secondo momento, sarà possibile autorizzare l’accesso anche al nome dell’autore dell’esposto nel caso in cui fossero debitamente motivati gli eventuali profili di rilevanza penale desumibili dallo stesso (sentenza n. 980 del 2016). Su un caso di inapplicabilità nella tutela del segnalante prevista dalla normativa sul whistleblowing (art. 54-bis del d.lg. n. 165 del 2001) vedi le motivazioni di cui alla sentenza del Tar Napoli n. 3880 del 2018.
Vanno in ogni caso esclusi gli esposti privi di contenuto probatorio, perché in tal caso l’accesso risulterebbe effettuato a scopo ritorsivo (cfr. sentenze del Tar Brescia n. 20 del 2014 e, più recentemente, del Tar Perugia n. 365 del 2018).
2.13. Ordine pubblico, sicurezza e indagini giudiziarie. L’art. 24 della legge n. 241/1990, come riformulato dalla legge n. 15/2005, rinvia a successivi decreti la disciplina delle modalità di esercizio del diritto di accesso e di esclusione del diritto di accesso in relazione alla esigenza di salvaguardare, tra gli altri, l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità. In particolare l’accesso deve essere precluso quando i documenti riguardino strutture, mezzi, dotazioni, personale e azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità (tecniche investigative, identità delle fonti di informazione etc). Al riguardo la Corte Costituzionale (sentenza n. 110 del 1998) sottolinea che “la sicurezza interna ed esterna dello Stato costituisce interesse essenziale ed insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro”. In applicazione di tali principi, ad esempio, è stato affermato che il “provvedimento di diniego della cittadinanza italiana non deve necessariamente riportare analiticamente le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l’attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l’indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio di pericolosità sociale del richiedente” (sentenza Consiglio di Stato n. 3206 del 2018). (sulle decisioni in materia vedi, tra le altre, le sentenze del Consiglio di Stato nn.2249 e 2502 del 2018, del Tar Napoli n.2496 del 2018, del Tar Firenze n.716 del 2017 e l’ordinanza del Tar Roma n. 5466 del 2018; vedi anche le sentenze del Tar Roma n. 6836 del 2018, del Tar Torino n. 753 del 2018 e del Tar Puglia n. 948 del 2018). Le effettive esigenze di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica devono essere adeguatamente motivate (sentenza del Tar Milano n. 1821 del 2018): vedi al riguardo la sentenza del Tar Sardegna n.275 del 2018 sull’accessibilità al verbale alla base della sanzione amministrativa comminata ad un esercente per vendita di bevande alcoliche oltre l’orario consentito) .
La legge esclude anche l’esibizione dei documenti utilizzati nel corso dell’attività giudiziaria o di polizia (atti afferenti ad informative penali inoltrate nei confronti del richiedente, eventuali indagini in corso, relazioni di servizio volte a sollecitare l’iniziativa penale da parte dell’autorità giudiziaria) quando si tratti di atti coperti da segreto istruttorio, che non sono perciò inerenti allo svolgimento dell’attività amministrativa ma all’attività di promozione e collaborazione dell’attività di prevenzione e repressione della criminalità: in tal caso, l’accesso dovrà essere consentito solo una volta esaurito il procedimento penale, ivi incluso di caso dell’archiviazione (vedi, tra le altre, le sentenze del Tar Roma n. 14525 del 2015 e del Tar Aquila n. 454 del 2017 e quella del Consiglio di Stato n. 3128 del 2018). In caso di documenti che non costituiscano atti di indagine né siano stati formati nell’ambito del procedimento penale, in quanto documenti preesistenti in possesso della pubblica amministrazione, essi sono invece ostensibili, fatto salvo un provvedimento di sequestro dall’Autorità giudiziaria (sentenza Tar Torino n. 677 del 2018; vedi anche le sentenze del Tar Catania n. 229 del 2017, Tar Palermo n. 1681 del 2018 e del Tar Umbria n. 471 del 2018).
2.14. I pareri legali. La normativa esclude la possibilità di accedere agli atti finalizzati a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico giuridici utili per tutelare i propri interessi, in quanto la conoscenza delle strategie difensive nell’ambito di un procedimento contenzioso (giudiziario, arbitrale o meramente amministrativo, attuale o potenziale) potrebbe pregiudicarne gli interessi (vedi sentenza del Tar Puglia n. 741 del 2018). Peraltro questo principio non trova applicazione ai pareri legali interni, richiesti nell’ambito dell’attività istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento amministrativo, che perciò costituiscono uno degli elementi che condizionano la scelta dell’Amministrazione: in tal caso il diniego di accesso è illegittimo (vedi per tutte la sentenza del Consiglio di Stato n. 7237 del 2010). Andrà quindi valutato caso per caso se il parere legale rappresenti o meno un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso, assumendo così natura di atto endoprocedimentale, e cioè se è correlato ad un provvedimento (anche solo in termini sostanziali, e, quindi, pur in assenza di un richiamo formale ad esso): lo spirito dell’accesso civico è quello di consentire la verifica dell’attività di una pubblica amministrazione, e non solo di quella che si concretizza con l’adozione di provvedimenti finali (vedi ad esempio le sentenze del Consiglio di Stato nn. 2890 e 2899 del 2018 nonché la sentenza del Tar Napoli n. 1308 del 2018 e quella del Tar Abruzzo n. 298 del 2018).
2.15. L’accesso riguarda documenti esistenti e indicati in modo puntuale. Il diritto di accesso è riconosciuto solo per atti esistenti e detenuti dall’Amministrazione, secondo gli obblighi di conservazione della documentazione previsti dalla legge (cfr. al riguardo le sentenze del Tar delle Marche n. 528 del 2018, del Tar Puglia n. 752 del 2018 e del Tar Sardegna n. 530 del 2018; vedi anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 1705 del 2015 e quella del Tar Palermo n. 1463 del 2018).
In caso di impossibilità di reperire la documentazione richiesta, motivata dalla mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, il Tar Milano afferma comunque la necessità da parte dell’Amministrazione comunale dare pienamente conto di tale impossibilità, esplicitando in modo dettagliato le ragioni concrete (sentenza n. 1433 del 2018; vedi al riguardo anche le considerazioni di cui alla sentenza del Tar Roma n. 6889 del 2018). E il Consiglio di stato ha precisato che non è sufficiente la sola denuncia di un furto riguardante gli atti oggetto dell’istanza di accesso devono essere puntualmente indicati, quali siano gli atti inesistenti che non è in grado d’esibire e, nel caso in cui non siano facilmente ricostruibili, perché trasfusi in altri procedimenti (anche giudiziari) “se del caso attingendo ai relativi atti o facendo riferimento a quelli esibiti ad altre Autorità” (sentenza n. 3938 del 2018)).
La relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita a un numero indefinito di atti non specificamente individuati (configurando ad esempio una c.d. richiesta esplorativa). L’utente deve perciò indicare gli atti di cui viene chiesto l’accesso, ovvero fornire argomenti e indizi circa l’esistenza degli atti di cui chiede l’accesso: nel qual caso spetterà all’Amministrazione collaborare per la corretta puntualizzazione della richiesta richiesta (vedi ad esempio le sentenze del Tar delle Marche nn. 279 e 472 del 2018 e quella del Tar Roma n. 8591 del 2018) ovvero fornire la prova contraria; richieste generiche sottoporrebbero l’Amministrazione a ricerche incompatibili sia con la funzionalità degli uffici sia con l’economicità e la tempestività dell’azione amministrativa (sentenze del Consiglio di Stato nn. 2968 del 2011, 68 del 2016, 1148 e 2265 del 2018; sentenza del Tar Lazio n. 236 del 2018; cfr. anche le sentenze del Tar Reggio Calabria n. 173 del 2018, del Tar Milano n. 1564 del 2018 e del Tar Napoli n. 4198 del 2018 nonchè quelle del Tar Roma n. 4833 del 2018 e del Tar Toscana n. 675 del 2018, che individuano peraltro una specifica categoria di atti ai quali deve invece essere consentito l’accesso).
2.16. Le modalità della risposta della pubblica amministrazione. Nel caso di atti soggetti a pubblicazione il diritto si esercita direttamente e immediatamente da parte di chiunque, senza autenticazioni o identificazioni, rendendo obsoleta e superata la tradizionale forma di accesso cartaceo, che comporterebbe l’inutile duplicazione di attività e procedimenti amministrativi: è sufficiente che l’Amministrazione precisi, nella propria nota di riscontro, la possibilità di accedere via web ai documenti richiesti, indicando il collegamento ipertestuale attraverso cui raggiungere i dati (sentenze del Consiglio di Stato nn. 4386 del 2017 e 1148 del 2018; sentenza del Tar Milano n. 1286 del 2018) salvo integrazione da effettuare per i documenti non pubblicati (sentenza Tar Roma n. 5695 del 2018). Risulta altresì praticabile l’utilizzo della posta elettronica certificata per l’invio della documentazione richiesta (sentenze del Consiglio di Stato n. 4286 del 2014 e del Tar Umbria n. 300 del 2018).
Non risulta invece possibile limitare l’accesso alla sola visione degli atti quando essa si riveli insufficiente a consentire la tutela in sede giurisdizionale degli interessi del ricorrente (cfr., fra le altre, la sentenza del Tar Torino n.1458 del 2014, riguardante una richiesta di accesso agli atti per la progettazione e realizzazione del nuovo Palazzo della Regione Piemonte).
3. Accesso civico generalizzato. Le disposizioni sulla trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 sono state espressamente qualificate come “livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche”, che deve essere quindi garantito sull’intero territorio nazionale (ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione), con conseguente vincolo di inderogabilità in peius. L’ampio diritto all’informazione e alla trasparenza dell’attività delle amministrazioni resta temperato solo dalla necessità di garantire le esigenze di riservatezza, segretezza e tutela di determinati interessi pubblici e privati (come elencati nell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013), che diventano l’eccezione alla regola: a tal fine la richiesta dovrà essere notificata ai controinteressati ai fini delle loro eventuali controdeduzioni, che l’Amministrazione valuterà al fine di soppesare l’ampiezza dei dati e dei documenti da ostendere (sentenza Tar Lazio n. 3453 del 2018). In ogni caso l’accesso può riguardare solo gli atti ufficiali compiuti dall’Amministrazione interessata, ma non le opinioni espresse a margine delle riunioni degli organi preposti (sentenza Consiglio di Stato n. 3907 del 2018).
Finalità della norma è quella di “di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”: vedi in tal senso l’accoglimento (con esclusione soltanto degli atti relativi alle verifiche e ispezioni effettuate dalla Prefettura, secondo quanto previsto anche dal regolamento del Ministero dell’Interno) della richiesta di informazioni strettamente connesse a una convenzione stipulata in via diretta, e quindi senza le ordinarie garanzie procedimentali di evidenza pubblica, dalla Prefettura della Provincia di Monza e Brianza per l’accoglienza di migranti (sentenza del Tar Lombardia n. 2157 del 2017). Vedi anche l’accoglimento della richiesta di accesso agli atti di una procedura di gara di un comune lucano, accolta in seguito alla sollecitazione del Difensore civico per la Basilicata (Relazione 2017, pag. 60). Per la legittimità di una richiesta di accesso agli atti di gestione del personale dipendente delle amministrazioni (anche nel caso in cui abbiano acquisito la natura di atti di diritto privato a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro) vedi la sentenza del Tar Lecce n. 1001 del 2018.
Nel caso di una richiesta riguardante gli atti e documenti sulla vigilanza sulle casse previdenziali privatizzate da parte del Ministero del lavoro, il Tar del Lazio ha disposto una parziale integrazione della documentazione già trasmessa al ricorrente, escludendo peraltro espressamente tutte le relazioni, gli appunti, le informative, ecc. che non hanno assunto natura provvedimentale nè si sono trasfusi in atti ufficiali, in quanto attengono a una fase preparatoria delle decisioni e riguardano l’attività dell’Amministrazione, diretta al vertice politico, per consentirgli l’adozione dei conseguenti atti di indirizzo politico-amministrativo: tali documenti restano pertanto esclusi dal novero degli atti per i quali è previsto l’accesso civico (sentenza n. 3598 del 2018). Sull’inapplicabilità della normativa sull’accesso generalizzato agli atti riguardanti le procedure ad evidenza pubblica finalizzate alla stipulazione di appalti o concessioni di servizi, in ragione della specifica disciplina dettata dal codice degli appalti, leggi le considerazioni contenute nella sentenza del Tar Parma n. 197 del 2018.
3.1. Le richieste di accesso da parte di associazioni e organizzazioni. Lo strumento dell’accesso è stato utilizzato non solo da singoli cittadini o aziende ma anche da parte di diverse associazioni, al fine di verificare il corretto funzionamento della pubblica amministrazione, anche aldilà della tutela dei propri associati (cfr. la sentenza del Tar Basilicata n. 143 del 2003 e la decisione della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 21 gennaio 2016). In materia ambientale, ad esempio, la normativa vigente (d.lgs n. 195 del 2005) prevede un regime di pubblicità tendenzialmente molto ampio, con riferimento sia ai soggetti legittimati (“chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”, art. 3) sia alle informazioni che possono essere richieste: stato dell’ambiente (aria, sottosuolo, siti naturali, ecc.) e i fattori che possono incidere sullo stesso (sostanze, energie, rumore, radiazioni, emissioni), sulla salute e sulla sicurezza umana: occorre però che gli atti di cui si chiede l’esibizione siano attinenti alla protezione dell’ambiente, in quanto tale normativa non può essere impiegata per finalità diverse (vedi, tra le altre, le sentenze del Tar Lazio n. 4800 del 2018, del Consiglio di stato n. 4636 del e del Tar Campania n. 3976 del 2017).
Conseguentemente il Tar Sicilia ha affermato la legittimità delle richieste di accesso di un’associazione di promozione sociale, senza fini di lucro, che ha come scopo la tutela dell’ambiente, volte a conoscere le iniziative assunte dalle Amministrazioni comunali per il corretto conferimento dei rifiuti in alcune discariche (sentenze nn. 289, 303 e 417 del 2018; in senso analogo anche la sentenza del Tar Latina n. 82 del 2017; al contrario, il Tar Roma ha negato l’accesso alla medesima associazione alla documentazione inerente un termovalorizzatore di rifiuti sanitari solo in quanto le informazioni richieste riguardano un impianto per il quale erano in corso indagini della magistratura; sentenza n. 2141 del 2018). Il Tar Napoli (sentenza n. 2882 del 2018) ha ritenuto legittima la richiesta di un’associazione dei consumatori di una serie di documenti inerenti l’attività e i programmi realizzati dalla Regione Campania per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio.
Sempre in materia ambientale cfr. anche la sentenza del Tar Lombardia n. 558 del 2018 sulla diffusione dell’amianto nel territorio comunale, la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana n. 15 del 2018 sulla richiesta avanzata da un’azienda operante nel settore dello smaltimento rifiuti e la sentenza del Tar Pescara n. 205 del 2018 su una richiesta di accesso riguardante la documentazione tecnica di un necessaria per poter esporre le proprie osservazioni nell’ambito di un procedimento di valutazione di impatto ambientale. Vedi anche la sentenza del Tar Reggio Calabria n. 99 del 2018 sull’accesso alla documentazione in possesso del comune riguardante la verifica della qualità dell’acqua destinata al consumo umano.
Tra gli aventi diritto possono legittimamente rientrare anche le associazioni a tutela dei consumatori, ma solo con riferimento ad atti che abbiano una incidenza diretta ed immediata nei confronti dell’ente associativo stesso e della generalità degli utenti di servizi pubblici, mentre è da escludere un diritto generalizzato di accesso a fini ispettivi e di vigilanza analogo a quello attribuito agli organi pubblici (vedi in particolare la sentenza del Tar Roma n. 7991 del 2013). Nel caso Concordia, nel cui processo alcune associazioni si erano costituite parte civile, il giudice amministrativo ha autorizzato l’accesso ai documenti amministrativi detenuti dal Registro italiano navale in quanto le esigenze di riservatezza di carattere industriale opposte da Fincantieri sono recessive rispetto agli interessi delle parti nel processo, fermo restando il divieto di divulgazione o di pubblicazione indiscriminata di segreti scientifici o industriali (sentenza Tar Liguria n. del 2015).
3.2. Segue: le richieste di accesso delle organizzazioni sindacali. Diversi i casi di richiesta di accesso legate alla risoluzione di tematiche sindacali. Merita una segnalazione la decisione del Tar del Lazio che, esaminando la richiesta di alcune associazioni sindacali riguardanti l’algoritmo di calcolo che gestisce il software relativo ai trasferimenti interprovinciali del personale docente sulla mobilità, non ha ritenuto fondate le motivazioni addotte dal Ministero della pubblica istruzione, che si era limitata a fornire una puntuale descrizione del predetto algoritmo e del suo funzionamento, perché l’acquisizione richiesta anche del linguaggio sorgente consentirebbe ulteriori valutazioni (ad esempio in ordine alla funzionalità concreta del predetto algoritmo o all’esistenza di eventuali errori nella programmazione). Conseguentemente deve essere consentita la visione e l’estrazione di copia di tale algoritmo, che il Tar ricomprende all’interno della più ampia nozione di atto amministrativo, fermo restando che il richiedente potrà effettuarne “esclusivamente un uso funzionale all’interesse fatto valere con l’istanza di accesso… rappresentato dalla tutela dei diritti dei propri affiliati, in quanto ciò costituisce non solo la funzione per cui è consentito l’accesso stesso, ma nello stesso tempo anche il limite di utilizzo dei dati appresi, con conseguente responsabilità diretta dell’avente diritto all’accesso nei confronti del titolare del software”: e questo a tutela anche del diritto di autore e della proprietà intellettuale (sentenze nn. 3742 e 3769 del 2017).
Di particolare rilievo la decisione del Consiglio di stato (sentenza n. 4417 del 2018, di riforma della sentenza del Tar Veneto n. 950 del 2017) con la quale è stata affermata la legittimità della richiesta di accesso a tutta la documentazione inerente il Fondo integrativo di un istituto scolastico (FIS), ivi incluso l’elenco delle somme destinate ai singoli soggetti beneficiari: il giudice sottolinea la legittimazione rinforzata dell’organizzazione sindacale, sulla base delle disposizioni del contratto collettivo, a conoscere ogni particolare della procedura di utilizzo delle risorse del Fondo al fine di svolgere pienamente e compiutamente il proprio mandato sindacale. Rimane fermo l’obbligo per la stessa organizzazione sindacale, a tutela del diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti, di “non divulgare il contenuto di detta documentazione, se non nelle sedi istituzionali e laddove “strettamente indispensabile” (art. 24, comma 7, ultimo periodo, l. 241/1990) e di non utilizzarlo per scopi diversi da quelli propri della mission dell’organizzazione sindacale, puntualizzati nel relativo Statuto, pena l’assunzione delle conseguenti responsabilità, anche molto gravi, che l’ordinamento fa discendere dall’illecito trattamento dei dati contenuti nella documentazione acquisita per il tramite del positivo esercizio del diritto di accesso documentale”. (Sulla legittimazione delle organizzazioni sindacali vedi anche le sentenze del Consiglio di stato nn. 2559 del 2012 e 5511 del 2013).
Appare interessante anche la decisione sulla richiesta di accesso a informazioni e dati dettagliati sull’andamento dei suicidi tra il personale della Polizia di Stato, ulteriori a quelli forniti in forma aggregata dall’Amministrazione (decisione della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 15 marzo 2016).
3.3. Le richieste massive o generiche. Anche in caso di diritto d’accesso generalizzato, si impone l’identificazione dei documenti richiesti (sentenza Tar Roma n. 8892 del 2018) e un’applicazione rigorosa del criterio del minor aggravio nell’esercizio della pretesa conoscitiva. Conseguentemente, possono formare oggetto della richiesta di accesso civico solo i documenti e i dati già in possesso della PA la quale, quindi, non è tenuta a raccogliere informazioni che non siano nella sua disponibilità né a rielaborare le informazioni che detiene.
In applicazione di tale principio, il Tar Lazio (sentenza n. 2994 del 2018) ha dichiarato legittimo il diniego opposto dal Ministero della Salute in merito a una domanda di accesso agli atti, avanzata Confederazione Nazionale Coldiretti, tendente a ottenere informazioni, dati e documenti (ulteriori a quelli già forniti in forma aggregata dall’Amministrazione) relativi alla importazione di latte e prodotti lattiero caseari da Paesi non facenti parte della Comunità europea detenuti dallo medesimo Ministero, in quanto avrebbe comportato lo svolgimento di una attività amministrativa straordinaria, in ragione della notevolissima mole di dati e documenti da raccogliere e per i quali è necessario consultare soggetti controinteressati; in tal caso, pertanto, l’istanza di accesso deve ritenersi infondata, in quanto viziata da irragionevolezza. Analogamente il Tar Lombardia ha ritenuto legittimo il diniego opposto a una richiesta avanzata al comune di Broni concernente tutte le determinazioni assunte nel 2016 – complete degli allegati – di tutti i responsabili dei servizi del Comune (“che implica necessariamente l’apertura di innumerevoli subprocedimenti volti a coinvolgere i soggetti controinteressati), considerando altresì le numerosissime richieste di accesso (ben 73) inoltrate dallo stesso cittadino nel corso di un anno e mezzo: in conclusione, il giudice amministrativo ha ritenuto che la richiesta formulata dal ricorrente costituisse una “manifestazione sovrabbondante, pervasiva e, in ultima analisi, contraria a buona fede” (sentenza n. 1951 del 2017; cfr. anche l’analoga sentenza n. 669 del 2018). Il Tar Veneto ha respinto un altro ricorso contro il diniego di accesso agli atti, evidenziando che il comune di Dolo aveva già pubblicato sul sito istituzionale dell’Ente e/o comunicato personalmente al ricorrente tutti i dati e le informazioni rilevanti su una manifestazione oggetto della richiesta (sentenza n. 607 del 2017). Coerentemente con le indicazioni contenute nelle Linee guida dell’Anac, anche la giurisprudenza non ha ammesso richieste meramente esplorative, volte semplicemente a “scoprire” quali informazioni l’Amministrazione dispone (sentenza del Tar Veneto n. 171 del 2018).
Anche in caso di richieste molto ampie, appare comunque utile la collaborazione con il richiedente al fine di circoscrivere eventualmente i dati indicati in prima battuta (le Linee guida e la circolare della Funzione pubblica sono improntate a uno spirito collaborativo, di dialogo e di supporto che la P.A. deve offrire nelle richieste di accesso civico): solo nel caso in cui fallisca il tentativo di circoscrivere i documenti richiesti, l’Amministrazione potrebbe negare l’accesso, motivandone in modo circostanziato le ragioni. I medesimi principi sono applicabili all’ipotesi in cui uno stesso soggetto (o una pluralità di soggetti riconducibili a un medesimo ente) proponga più domande entro un periodo di tempo limitato. In questo caso, l’amministrazione potrebbe valutare l’impatto cumulativo delle predette domande sul buon andamento della sua azione e, nel caso di manifesta irragionevolezza dell’onere complessivo che ne deriva, motivare il diniego.
In applicazione di tali principi il Tar Puglia, pur concordando sul carattere massivo e manifestamente irragionevole dell’istanza di accesso civico generalizzato esaminata (riguardante tra l’altro i cedolini paga, le fatture riguardanti acquisti e vendite, i registri iva vendite degli ultimi cinque anni), ciò che giustificherebbe il diniego opposto con riferimento alla tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione, sottolinea tuttavia l’assenza nel caso in questione di quel dialogo endoprocedimentale “che appare ormai un valore immanente dell’azione amministrativa”; conseguentemente il comune di Corato viene invitato a contattare il richiedente e assisterlo nel tentativo di ridefinire l’oggetto della richiesta entro limiti compatibili con i principi di buon andamento e di proporzionalità (sentenza n. 234 del 2018; in senso analogo la sentenza del Tar Roma n.4977 del 2018).
3.4. Diritto ampio ma non controllo generalizzato. Come ben evidenziato dal Consiglio di Stato (sentenza n. 651 del 2018), l’ampiezza del diritto di accesso generalizzato, ispirato a un nuovo modo di concepire il rapporto tra cittadini e potere pubblico, improntato a trasparenza e accessibilità dei dati e delle informazioni (neppure strumentale alla mera difesa in giudizio delle proprie posizioni), non può però estendersi fino al punto da legittimare un controllo generalizzato, generico e indistinto sull’operato dell’Amministrazione. La valutazione al riguardo deve essere sempre effettuata con riferimento alla situazione concreta: ad esempio il Tar Catania ha ritenuto legittima la richiesta del sindacato degli atti riguardanti la gestione del personale presso la struttura operativa ospedaliera; tale istanza, volta a consentire la conoscenza dell’impegno psicofisico cui è sottoposto il personale infermieristico risultava infatti formulata con riferimento solo a un intervallo temporale limitato e perciò non si configurava come un caso di controllo generalizzato (sentenza n. 547 del 2017). Al contrario non risultano ammissibili le richieste di accesso generalizzato non finalizzate al soddisfacimento di un interesse che presenti una “valenza pubblica” e che restino invece confinate ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato e individuale (sentenza Tar Roma n. 8303 del 2018).
3.5. Il tema della riservatezza. Anche nel caso di richieste di accesso generalizzato si ripropone il problema della tutela dei dati personali, in quanto tale strumento va indirizzato alla soddisfazione di un interesse generale e che non di un semplice interesse privato e individuale: a tale riguardo l’orientamento prevalente dei giudici amministrativi appare volto a privilegiare l’interesse conoscitivo (in senso più restrittivo le posizioni espresse da Garante della privacy: vedi al riguardo le considerazioni contenute nella Relazione 2017, cap. 4.3.1). Se è vero, da un lato, che in caso di accesso generalizzato il bilanciamento a favore della tutela dei dati personali è più rilevante rispetto a quanto sopra evidenziato con riferimento all’accesso documentale (cfr. paragrafo 2.8; vedi al riguardo anche la sentenza del Tar Roma n. 6875 del 201825) va in ogni caso motivato con cura quali siano i dati personali dei quali l’accesso potrebbe vulnerare la tutela (cfr. in tal senso la sentenza del Tar Piemonte n. 886 del 2017 che contesta l’esistenza di dati personali da tutelare; in senso analogo la sentenza del Tar Brescia n. 303 del 2018, che sottolinea comunque la possibilità di oscurare eventuali dati sensibili).
Interessante la decisione del Tar Campania in merito alla richiesta di documenti e informazioni sulla presenza sul luogo di lavoro di un dipendente della società Sviluppo Campania; il diniego è stato ritenuto illegittimo in quanto “non si comprende in che modo il dato richiesto se diffuso all’esterno (che comunque andrebbe utilizzato dal richiedente nel rispetto del Codice della privacy) potrà ledere le libertà fondamentali dell’interessato, la sua dignità, la riservatezza, l’immagine e la reputazione o ancora esporlo a pericoli”; conseguentemente, l’Amministrazione dovrà limitarsi a omettere ogni dato idoneo a disvelare le ragioni delle assenze (ad esempio l’astensione dal lavoro per malattia) (sentenza n. 5901 del 2017).
L’assenza di dati da segretare può riguardare anche le procedure di appalto: il Tar Campania ha ritenuto legittima la richiesta di accesso di un’azienda sulle modalità di esecuzione dell’appalto, in quanto le caratteristiche tecniche della fornitura risultavano già precisate nel capitolato di appalto e perciò non esistevano segreto tecnico e know how riservato; in quel caso sarebbe necessario soltanto omettere le informazioni sui canali di approvvigionamento e le relative condizioni (sentenza n. 6028 del 2017).
In questo senso anche le Linee guida dell’Anac, che invitano l’Amministrazione scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell’interessato, privilegiando l’ostensione di documenti con l’omissione dei “dati personali” in esso presenti, quando l’esigenza informativa possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali.
4. Accesso civico semplice. Questo tipo di accesso, introdotto nel 2013, è volto a garantire il rispetto dell’obbligo di pubblicare le informazioni previste dalla legge da parte delle singole Amministrazioni: esso è azionabile da chiunque, senza la previa dimostrazione della sussistenza di un interesse attuale e concreto per la tutela di situazioni rilevanti, senza obbligo di motivazione e “con la sola finalità di consentire una pubblicità diffusa e integrale dei dati che sono considerati dalle norme come pubblici e quindi conoscibili” (così Tar Campania n. 5901 del 2017). E’ possibile pertanto ricorrere al giudice amministrativo in caso di inadempimento: si segnala a titolo di esempio la decisione del Tar Lazio in ordine alla mancata pubblicazione da parte del Ministero della Giustizia delle tabelle relative all’albo degli amministratori giudiziari (sentenza n. 9076 del 28 luglio 2017). E il Tar Veneto ha riconosciuto il diritto di accesso civico e il relativo obbligo per l’amministrazione regionale veneta di provvedere alla pubblicazione online dell’ammontare della raccolta fondi in aiuto alle zone colpite dal tornado del luglio 2015 (sentenza n. 214 del 2017).
L’accesso semplice può costituire anche l’occasione per precisare quale tipo di documenti debbano essere ordinariamente pubblicati dalle singole Amministrazioni: cfr. a tale riguardo la decisione del Consiglio di Stato che ha ordinato l’integrazione dei dati e informazioni contenute nell’”Anagrafe Edilizia Scolastica” del sito del Ministero dell’Istruzione (sentenza n. 47 del 2018).
Un problema specifico si è posto con alla pubblicazione dei dati (compensi, viaggi e missioni, dichiarazione dei redditi, situazione patrimoniale) dei titolari di incarichi dirigenziali, prevista dall’art. 14, comma 1-bis, del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33; sarà la Corte costituzionale a doversi pronunciare sulla costituzionalità della norma, su sollecitazione del Tar Roma (ordinanza n. 9828 del 2017).
5. Alcune considerazioni conclusive. L’analisi svolta evidenzia che il nostro ordinamento dà luogo a vari tipi d’accesso, con diverse finalità e metodi d’approccio alla conoscenza e altrettanti livelli soggettivi di pretesa alla trasparenza dei pubblici poteri, pur nella comune ispirazione al principio di trasparenza. Nel caso dell’accesso documentale la tutela di specifici interessi può consentire un accesso più in profondità, perché solo in favore di una ristretta cerchia di interessati, secondo le regole recate dalla legge n. 241 del 1990. Invece, nell’accesso generalizzato (non collegato, cioè, a un interesse qualificato e differenziato o comunque volto a un controllo diffuso sull’attività dei pubblici poteri), le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità ma più esteso, perchè comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni. Risulta perciò essenziale tenere distinte le due fattispecie per calibrare i diversi interessi in gioco, allorché si renda necessario un bilanciamento caso per caso tra tali interessi (cfr. tra le altre, le sentenze del Tar Lazio n. 3742 del 2017 e n. 8303 del 2018 e quelle del Tar Campania nn. 188 del 2016, 6028 del 2017 e n. 2659 del 2018), anche se si assiste talora, quasi inevitabilmente, a una sovrapposizione tra i diversi istituti e un possibile loro utilizzo combinato da parte dei cittadini (cfr. ad esempio la sentenza del Tar Puglia n. 676 del 2017 e quella del Tar Sardegna n. 649 del 2018) e talvolta ad un ricorso improprio agli istituti dell’accesso per finalità del tutto diverse (vedi sentenza del Tar Roma n. 7326 del 2018).
Si tratta di un processo ormai irreversibile verso una sempre maggiore trasparenza dell’attività amministrativa, anche se rimangono resistenze da parte di singole Amministrazioni, testimoniate anche dall’elevato numero dei ricorsi sul diniego di accesso (oltre 1400 nel 2016 quelli di fronte alla Commissione di accesso, dei quali il 38% accolti in tutto o in parte; consistente anche il numero di ricorsi di fronte al Tar). Avviso Pubblico continuerà a monitorare la prassi applicativa e la giurisprudenza al fine di fornire un quadro sempre aggiornato sull’utilizzo di questo istituto.
(ultimo aggiornamento settembre 2018)