Premessa. Lo studio sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia del Lazio, del quale viene di seguito presentata una sintesi, è stato realizzato da Crime&tech, spin-off del centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica di Milano, su impulso dell’Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio.
La criminalità organizzata nel Lazio. Come più approfonditamente descritto nella sintesi del rapporto “Mafie nel Lazio” del 2016, la presenza della criminalità organizzata (in seguito CO) ha assunto in questa regione caratteristiche peculiari dal punto di vista storico, sociale ed economico, difficilmente riscontrabili nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa o in altri territori, italiani e non, in cui le diverse forme di CO si sono insediate. I numerosi gruppi si radicano territorialmente convivendo in una sorta di equilibrio in cui nessuno prevale e tutti raccolgono le opportunità offerte dal territorio, dall’economia e dalla società laziale. Qui, più che altrove, ad una storica e sempre attuale presenza delle mafie tradizionali si affianca, poi, la genesi di gruppi criminali autoctoni, che in alcuni casi hanno raggiunto un notevole livello di strutturazione interna e che riescono a interloquire alla pari con le consorterie mafiose tradizionali. I gruppi autoctoni, però, vanno distinti da quelli cosiddetti “autonomi”. Originatisi nell’alveo delle organizzazioni mafiose tradizionali, questi ultimi si sono stabiliti in maniera permanente nel territorio laziale e si sono resi di fatto autonomi dalle organizzazioni di origine sotto il profilo operativo.
Sotto il profilo delle modalità di azione dei vari gruppi, il contesto laziale si caratterizza invece per la compresenza di diverse strategie. Accanto alla realizzazione di proventi illeciti, tramite le tipiche attività criminali, vi è la possibilità di riciclare tali proventi, grazie alla presenza, soprattutto a Roma, di un fiorente mercato immobiliare, a una piazza commerciale di primissimo piano e ad una vocazione turistica impareggiabile che garantisce flussi economici corposi in ambiti specifici quali l’alloggio e la ristorazione. Nella direzione della mimetizzazione delle organizzazioni criminali va anche l’affermarsi, soprattutto in epoca più recente, di una strategia di azione meno appariscente, improntata più sull’infiltrazione e l’inquinamento del tessuto economico e amministrativo che non sul controllo sociale e il ricorso alla violenza. La vicenda oggetto dell’inchiesta “Mondo di Mezzo” rappresenta l’emblema di questa evoluzione.
Nota metodologica. Anzitutto, è necessario dare una definizione operativa del concetto, rinvenuta dagli autori dello studio in quella data da Savona & Berlusconi (2015): l’infiltrazione della CO nell’economia legale è definita come «qualunque caso in cui una persona fisica appartenente ad un’organizzazione criminale o agente in sua vece, o una persona fisica precedentemente infiltrata, investe risorse finanziarie o umane per partecipare al processo decisionale di un’impresa legale».
Le statistiche su tale fenomeno sono state ricavate sia dai dati relativi alle aziende confiscate incluse nella banca dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (periodo 2007 – gennaio 2016), sia dai riferimenti a fenomeni di infiltrazione presenti nelle relazioni semestrali della DIA nel periodo 2013-2016 (primo semestre). «Vale la pena ricordare – sottolineano gli autori – che la natura delle osservazioni processate è diversa per le due fonti utilizzate. Se nel dataset ANBSC ogni record corrisponde ad un’azienda confiscata, i riferimenti nelle relazioni DIA possono riguardare sia sequestri e confische sia altre circostanze quali arresti o menzioni più o meno specifiche all’infiltrazione di un gruppo nell’economia legale».
L’infiltrazione per territori, settori e gruppi criminali. Soffermandosi in primo luogo sui tratti fondamentali emergenti dalla ricerca, si può notare che:
- l’entità del fenomeno dell’infiltrazione nell’economia legale nel Lazio è maggiore rispetto al resto d’Italia. Rapportando il numero di aziende confiscate incluse nella banca dati dell’ANBSC al numero di aziende registrate alla CCIAA, si ricava una misura dell’infiltrazione più che doppia nel Lazio (5,1 aziende confiscate ogni 10 mila) rispetto al dato nazionale (2,4 aziende ogni 10 mila);
- la concentrazione delle aziende considerate è fortissima sul territorio della provincia di Roma (87,6%). Le altre province che registrano una presenza considerevole di aziende confiscate sono Latina (9,3%) e Frosinone (2,5%), mentre né Viterbo né Rieti (dove non si registra nessun caso) raggiungono un numero totale di aziende ragguardevole;
- la presenza nell’economia regionale è concentrata in specifici settori. A livello settoriale, infatti, si può osservare come le infiltrazioni colpiscano sì tutti i principali ambiti di attività economica, ma la concentrazione più forte riguarda i settori della ristorazione e alberghiero, delle attività immobiliari, delle costruzioni, del commercio all’ingrosso (in particolare di prodotti alimentari, bevande, tabacco e beni di consumo finale) e al dettaglio (con una rilevante presenza di distributori di carburanti). Una concentrazione nel settore della ristorazione molto marcata, che è particolarmente forte nella provincia (e nella città) di Roma data la vocazione spiccatamente turistica e terziaria della città, mentre settori quali quelli delle costruzioni o del commercio all’ingrosso registrano un’infiltrazione relativamente più forte nella provincia di Latina;
- la presenza è trasversale ai diversi gruppi criminali. Entrando più nel dettaglio, è possibile comunque evidenziare come il settore della ristorazione sia particolarmente infiltrato dalla camorra (soprattutto i ristoranti). La ‘ndrangheta è invece relativamente più presente nel settore delle costruzioni e del commercio all’ingrosso (soprattutto di prodotti alimentari, bevande e tabacco), mentre i gruppi autoctoni e autonomi si dedicano soprattutto al commercio (sia all’ingrosso sia al dettaglio, in particolare di carburante) e alla ristorazione da bar.
Con specifico riguardo ai diversi ambiti settoriali dell’economia, è di sicuro interesse un raffronto tra livello regionale e livello nazionale. Il tasso di confisca nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, per esempio, nel Lazio è oltre tre volte superiore al dato nazionale, così come quello nel settore immobiliare. Isolando il dato della sola ristorazione, invece, si può notare che nel Lazio si confischino il quadruplo dei ristoranti rispetto al resto del Paese.
Considerando ora la distribuzione di aziende confiscate per gruppi criminali, emerge in primo luogo una divisione praticamente a metà del numero totale di queste fra mafie tradizionali e organizzazioni autoctone e autonome. Tra le mafie tradizionali la camorra fa registrare una presenza nettamente superiore sul territorio laziale, mentre salta all’occhio l’assenza della mafia siciliana. Tra i gruppi autoctoni e autonomi si segnala, invece, soprattutto l’organizzazione riconducibile a Massimo Carminati e a Salvatore Buzzi e gli ex componenti della cosiddetta Banda della Magliana.
Modalità di infiltrazione e controllo. Le modalità di infiltrazione e controllo di aziende nel Lazio da parte della CO riflettono le strategie già ravvisabili a livello nazionale, con qualche specificità. In sintesi, sulla base dei casi analizzati nello studio, si possono individuare due principali modalità di infiltrazione:
- l’avvicinamento e l’acquisizione di società preesistenti, spesso in difficoltà economiche;
- la costituzione di società ad hoc per approfittare di opportunità di business emergenti (ad esempio la partecipazione a gare d’appalto).
Il controllo delle aziende si avvale di una molteplicità di stratagemmi finalizzati a rendere difficile la riconducibilità delle stesse al gruppo criminale da parte degli organi investigativi. Tra questi:
- l’uso di prestanome, scelti nella cerchia di familiari, professionisti compiacenti o imprenditori collusi/connessi al gruppo di CO;
- l’estero-vestizione dell’impresa o del gruppo imprenditoriale, con l’utilizzo di giurisdizioni poco trasparenti e paesi off-shore;
- l’uso della responsabilità limitata e in particolare di s.r.l. semplificate;
- l’uso di specifiche strategie finanziarie e di corporate governance (ad esempio, il cambio frequente di ragione sociale e di sede legale, la cessione di rami aziendali, la cosiddetta “fusione inversa”, il finanziamento da parte di soci).
Modalità di gestione economico-finanziaria. Attraverso una comparazione tra le aziende confiscate e gruppi di controllo costituiti da aziende con caratteristiche similari (stessa provincia, stesso settore, stessa forma giuridica), è stato possibile infine verificare se le aziende confiscate si distinguano dalle “analoghe sane” sotto diversi profili.
- Le aziende confiscate nel Lazio risultano mediamente più grandi. In particolare, l’attivo totale risulta essere quasi doppio nelle aziende confiscate rispetto alla media dei relativi gruppi di controllo (+74%). Questo dato vale, a livello settoriale, sia per le aziende nel settore delle costruzioni sia per quelle dell’alloggio/ristorazione, anche se la differenza nel primo settore è molto più marcata (+501%) di quella rilevata nel secondo (+26%).
- L’incidenza dell’indebitamento finanziario delle aziende confiscate – misurato attraverso la quota di prestiti bancari e obbligazioni finanziarie, di breve e di lungo termine, sulle passività totali – è decisamente inferiore rispetto al gruppo di controllo (circa la metà in media), in particolare nel settore dell’alloggio/ristorazione (un ottavo), ma in misura sensibile anche in quello delle costruzioni (un terzo). I debiti commerciali risultano invece leggermente superiori, ma sostanzialmente in linea con il dato medio delle “analoghe sane”, anche se nel settore dell’alloggio/ristorazione questa differenza è più marcata.
- Anche il dato sulla natura circolante dell’attivo aziendale – misurata, da un lato, attraverso il rapporto tra disponbilità liquide e attività totali e, dall’altro, attraverso quello fra attività correnti e attività totali – conferma la dinamica tipica delle imprese paravento. In generale, i dati sul totale delle aziende confiscate mostrano una maggiore liquidità rispetto alle analoghe sane, ma il dato appare particolarmente significativo a livello settoriale. Le aziende operanti nel settore delle costruzioni e (soprattutto) quelle dell’alloggio/ristorazione presentano differenze più marcate rispetto alle analoghe aziende non infiltrate.
- In media i margini di profittabilità appaiono sensibilmente inferiori rispetto al gruppo di controllo (e negativi). Ciò vale sia nel settore dell’alloggio/ristorazione sia in quello delle costruzioni, in cui la differenza è meno marcata.
(a cura di Luca Fiordelmondo, Master APC dell’Università di Pisa)