Un boato, poi il silenzio, coperto da miliardi di particelle di polvere esplose insieme al tempo che si è fermato quel 19 luglio 1992 alle 16.59. I minuti successivi in via D’Amelio, a Palermo, è un brulicare di sirene, ambulanze, vigili del fuoco, decine di poliziotti e centinaia di persone incredule di quanto è appena accaduto: una bomba nascosta dentro una Fiat 126 ha dilaniato il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Si salva solo Antonio Vullo, il sesto poliziotto della scorta che rimane gravemente ferito.
È il secondo attentato mafioso-terroristico in meno di due mesi. Il 23 maggio Cosa nostra aveva fatto saltare in aria il tratto dell’autostrada A29 che porta a Palermo all’altezza di Capaci, per uccidere Giovanni Falcone. Insieme a lui la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La mafia corleonese aveva appena eliminato i giudici simbolo della stagione di rivalsa dello Stato sulla mafia, infliggendole colpi durissimi durante il maxiprocesso nell’aula bunker di Palermo, iniziato a febbraio 1986 e concluso con le sentenze di condanna in Cassazione a gennaio 1992.
Le settimane e i mesi successivi all’attentato di Capaci e via D’Amelio segneranno un nuovo passo nella lotta alla criminalità organizzata, anche grazie alla spinta fortissima dell’opinione pubblica che soffierà forte sul fuoco della rabbia, della paura e dell’indignazione per l’incapacità di buona parte delle istituzioni di far fronte all’emergenza endemica dell’aggressione mafiosa alla società, alla politica e all’economia, diventata ormai una metastasi. Depistaggi da parte di alcuni elementi dello Stato e verità nascoste lasceranno aperte tante domande che non avranno mai una risposta.
Eppure il ruolo delle istituzioni, a tutti i livelli, è indispensabile nella guerra alle mafie. Alle azioni repressive di forze di polizia e magistratura, è necessaria la forza delle persone, dei cittadini e degli enti locali, che sono l’avamposto dello Stato sui territori, dove le cose avvengono. I sindaci, gli amministratori locali possono garantire una presenza preziosa in termini di allargamento dei diritti nelle città e quindi di prevenzione culturale e sistemica contro le attività di espansione sociale dei gruppi criminali.
«La lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società», è il commento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel ventinovesimo anniversario dell’attentato a Paolo Borsellino, che insieme a Giovanni Falcone ha dimostrato che «le mafie possono essere sconfitte – dichiara ancora il Presidente Mattarella – e che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia».
Insieme a tanti rappresentanti delle istituzioni, quest’anno Avviso Pubblico sarà presente a Palermo con il Presidente Roberto Montà, alla cerimonia in ricordo della strage di via D’Amelio.
La dichiarazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del 19 luglio 2021.