“TRADITORI”: PAOLO BORROMETI RACCONTA IL FANGO E I DEPISTAGGI CHE HANNO SEGNATO LA STORIA ITALIANA

Dallo sbarco in Sicilia degli alleati, alla prima strage di Stato, quella di Portella della Ginestra, coperta ancora da segreto di Stato. Passando per la stagione delle bombe del 1992 e del 1993, fino all’intricata cattura di Matteo Messina Denaro. Una ricerca della verità che diventa un percorso a ostacoli per chi vuole capire come mai tanti delitti sono rimasti impuniti.

È la premessa di questa nuova puntata di di #CONTAGIAMOCIDICULTURA, la rubrica di Avviso Pubblico che raccoglie alcune tra le letture più significative del fenomeno mafioso. Questa volta proviamo a farci strada nell’intreccio di trame coperte di fango e disseminate di depistaggi della storia repubblicana.

Lo facciamo con Paolo Borrometi, giornalista sotto scorta per le continue minacce subite dalla mafia e condirettore dell’agenzia di stampa AGI. È autore di “Traditori – Come fango e depistaggio hanno segnato la storia italiana”, recentemente pubblicato per Solferino.

«Traditori è una storia alternativa, sotto il profilo giornalistici, dei tradimenti nel nostro Paese. Ci fa comprendere ad esempio come le stragi del ’93 e ’93 non siano stati dei fatti isolati, ma sono stati il sangue all’interno di una strategia», spiega Paolo Borrometi.

Ma chi sono i traditori e perché bisogna conoscerli? «Sono in tanti che hanno tradito e noi giornalisti – prosegue l’autore – abbiamo il dovere di raccontarli, affinché i lettori, i cittadini, possano decidere da che parte stare». I colpevoli vanno cercati anche fuori dal tradizionale perimetro mafioso, perché i capi bastone poco avrebbero potuto fare senza coperture e connivenze di massoneria, terrorismo e pezzi importanti di Stato.

Ma “prima ancora di cercare i colpevoli, si è messa in dubbio la credibilità di chi accusava”, si legge sulla quarta di copertina. “È accaduto a Giovanni Falcone quando si disse che la bomba dell’Addaura l’aveva piazzata lui stesso e a Paolo Borsellino la cui agenda rossa, misteriosamente scomparsa, sarebbe stata un «parasole». Don Diana? «Era un camorrista.» Peppino Impastato? «Un terrorista.» La lista dei nomi infangati per distrarre l’attenzione dai delitti è lunga. E la strategia ha un preciso nome in gergo, «mascariamento».

Una storia, alternativa e potente, del lato oscuro del Paese. Ma Borrometi ricorda che a fronte dei tanti traditori, ci sono anche tanti servitori dello Stato, tanti cittadini, amministratori, giornalisti, sacerdoti che loro malgrado sono morti facendo il proprio dovere, nel tentativo di rendere la nostra storia autorevole e credibile.

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