Il principio. Quando i vertici del contraente generale abbiano attivato, per la scelta dei sub-affidatari, una procedura competitiva, violandone le regole, ne rispondono non in qualità di soggetti privati ma in qualità di incaricati di pubblico servizio, trattandosi di affidamenti effettuati per conto della pubblica amministrazione e finalizzati alla realizzazione di un’opera pubblica finanziata con denaro pubblico.

È questo il principio affermato dalla Cassazione penale, sezione sesta penale, con la sentenza del 1° marzo 2018, n. 9385.

Il caso. La pronuncia in rassegna fa seguito ad una serie di indagini compiute a carico di una Società il cui amministratore unico aveva consegnato alcune somme di denaro ai vertici amministrativi del Consorzio che rivestiva il ruolo di general contractor per una tratta ferroviaria relativa all’Alta Velocità. Il denaro era stato versato, in particolare, affinché la Società venisse aiutata a vincere una gara indetta dal medesimo Consorzio ed i vertici del general contractor avevano così fornito importanti informazioni sulle offerte presentate dagli altri concorrenti, consentendo alla medesima Società di presentare un ribasso rilevante rispetto alle altre offerte, con la promessa che tale ribasso sarebbe stato comunque recuperato con la stipula ad un atto aggiuntivo collegato ad un precedente contratto stipulato con il medesimo Consorzio.

Origine e natura giuridica del general contractor. Il ricorso dal quale trae origine la pronuncia in rassegna era incentrato sulla qualificazione di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dei vertici del Consorzio general contractor nell’ambito delle procedure di scelta dei sub-contraenti nonché sulla qualificazione di “gara pubblica” delle procedure indette dal medesimo Consorzio. In particolare, veniva contestata la configurabilità della nozione di incaricato di pubblico servizio alla luce del disposto di cui agli articoli 357 e 358 cod. pen. e veniva sostenuto che la figura del contraente generale non aveva natura pubblicistica per quanto concerne la procedura di scelta dei sub-contraenti. La difesa dell’imputato sottolineava, inoltre, che il general contractor non era né amministrazione aggiudicatrice – ai sensi dell’art. 3, comma 25 del d.lgs. 163/2006, quale organismo di diritto pubblico – né un ente aggiudicatore, non rientrando nemmeno nelle categorie di cui all’articolo 3, commi 26, 28 e 29 del predetto decreto legislativo. Con riguardo allo status del general contractor nelle procedure di selezione del contraente – sosteneva ancora la difesa – la fornitura commissionata alla Società concorrente rientrava nel 40% di lavori potevano essere eseguiti dal Consorzio direttamente, oppure mediante sub-affidamenti a imprese terze oppure (seppure con determinati limiti) potevano essere realizzati mediante affidamento ad una delle imprese consorziate.

 

Le norme. Al momento dei fatti oggetto di esame da parte della Cassazione, la figura del contrente generale era disciplinato dall’art. 9 del d.lgs. n. 190/2002 nonché dagli artt. 176 e 177 del previgente codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163/2006.

La sentenza in rassegna sottolinea che tale disciplina traeva origine dalla decisione della Commissione UE del 16 marzo 2005 – emessa a chiusura della procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia – e dal conseguente art. 12 del decreto-legge n. 112/2008 s.m.i. in forza del quale i contraenti generali, individuato direttamente per la realizzazione delle grandi opere, avrebbero dovuto affidare una significativa quota delle commesse a imprese terze individuate mediante procedura di evidenza pubblica conforme alla normativa europea.

L’art. 176, comma 6 del d.lgs. n. 163/2006 (come modificato dal d.lgs. n. 152/2998, in vigore dal 17 ottobre 2008) disponeva poi testualmente che “il contraente generale provvede alla esecuzione unitaria delle attività di cui al comma 2 direttamente ovvero, se costituito da più soggetti, a mezzo della società di progetto di cui al comma 10; i rapporti del contraente generale con i terzi sono rapporti di diritto privato, a cui non si applica il presente codice, salvo quanto previsto nel presente capo. Al contraente generale che sia esso stesso amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore si applicano le sole disposizioni di cui alla parte 1 e alla parte 2, che costituiscono attuazione della direttiva 2004/18, ovvero di cui alla parte 3”.

Secondo il ricorrente, in base alle norme in esame, il general contractor che aveva ricevuto le “mazzette” non era amministrazione aggiudicatrice (ai sensi dell’articolo 3, comma 25, d.lgs. n. 163/2006), né ente aggiudicatore (a mente dell’articolo 3, comma 29, d.lgs. n. 163/2006), né tanto meno impresa pubblica (a mente dell’articolo 3, comma 28, d.lgs. n. 163/2006), né, infine, ente che opera in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi dall’autorità secondo le norme vigenti (articolo 3, comma 29 d.lgs. n. 163/2006 che, a propria volta, rimanda alla disciplina relativa ai cc.dd. “settori speciali” del gas, dell’energia termica, dell’elettricità, dell’acqua, dei trasporti, dei servizi postali e sfruttamento di area geografica): il Consorzio general contractor, infatti, operava come soggetto privato nei rapporti con i sub-fornitori, e ciò sia nel momento della selezione del contraente, sia nel momento successivo della gestione del contratto.

Secondo pronuncia resa dalla Corte di Cassazione, al contrario, la natura giuridica del general contractor va correlata, piuttosto che alle qualifiche soggettive e formali, ai compiti che tale contraente assume su di sé, compiti in base ai quali tale soggetto può considerarsi inserito nell’apparato dell’ente pubblico appaltante ed assume la veste di “agente” dell’amministrazione. Sul piano generale, infatti, con l’istituto del general contractor la stazione appaltante affida ad un soggetto –  dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria – la realizzazione dell’opera, con qualsiasi mezzo, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto redatto dalla medesima stazione appaltante e posto a base di gara, a fronte di un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l’ultimazione dei lavori. In tal modo il contraente generale assume su di sé anche compiti che, di norma, graverebbero sulla stazione appaltante, quali ad esempio l’acquisizione delle aree di sedime, la progettazione esecutiva, il prefinanziamento in tutto o in parte dell’opera da realizzare, la selezione dei soggetti gestori, l’indicazione del piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiale e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata.

La Cassazione sottolinea che la varietà di tali compiti ha generato incertezze circa la natura giuridica del contraente generale, talvolta assimilato alla figura dell’appaltatore, altre volte considerato piuttosto come un mandatario senza rappresentanza nell’interesse dell’amministrazione, oppure accostato ad un concessionario di lavori pubblici.  Analogamente, il rapporto intercorrente tra l’amministrazione ed il contraente generale è stato ricondotto, di volta in volta, alle figure dell’appalto, del mandato o della concessione amministrativa.

Nel caso di specie, nel 1992 il Consorzio general contractor era stato prescelto, senza alcuna gara, quale soggetto deputato alla realizzazione di uno dei lotti della rete ferroviaria dell’Alta Velocità. Per effetto dell’art. 12 del decreto-legge n. 112/2008 s.m.i., alcuni atti integrativi della convenzione originariamente stipulata con il citato Consorzio disciplinavano la quota di lavori che doveva essere affidata ai terzi mediante procedura concorsuale conforme alle previsioni delle direttive comunitarie. Con atto integrativo del 2011, il general contractor aveva quindi assunto l’obbligo di far eseguire il 60% dei lavori mediante affidamenti ad imprese terze, selezionate dallo stesso general contractor con l’applicazione delle procedure comunitarie di evidenza pubblica e ad eseguire il restante 40% dei lavori civili e di armamento direttamente, oppure mediante sub-affidamenti a imprese terze o ancora, con determinate limitazioni, mediante affidamento a una o più Consorziate.

Il consorzio general contractor – prosegue la Suprema Corte – era stato costituito nell’ambito di un rapporto convenzionale con enti pubblici per la realizzazione di opere pubbliche di interesse strategico nazionale ed europeo, finanziate prevalentemente con risorse pubbliche e conferendogli poteri tipici delle stazioni appaltanti pubbliche, in forza di un contratto descritto come contratto di committenza, in tal modo creando una figura speciale di concessionario per la realizzazione di grandi opere di interesse strategico e che, indipendentemente dalla sua identità di soggetto imprenditoriale privato, persegue un interesse pubblico, esercitando potestà di natura e derivazione pubblicistica. Non solo il general contractor era stato individuato con una procedura che deroga alle norme ordinarie in materia di appalti, ma era – ed è rimasto anche nell’attuale d.lgs. n. 50/2015 – dotato di poteri e facoltà caratteristici di ogni committente pubblico.  Alla luce di tali connotati, che delineano in capo al contraente generale “diritti speciali ed esclusivi concessi dall’autorità competente secondo le norme vigenti”, la Cassazione penale qualifica il contraente generale tra i soggetti indicati nel d.lgs. n. 163/2006, articolo 3, comma 29, ovverosia come ente aggiudicatore, categoria alla quale non osta la natura privata degli enti. Secondo la giurisprudenza amministrativa – prosegue la pronuncia in rassegna – gli atti delle procedure di evidenza pubblica rimangono oggettivamente amministrativi, anche quando adottati da stazioni appaltanti formalmente private, le quali, limitatamente agli atti di gara, assurgono ad amministrazioni pubbliche “in senso soggettivo” (Consiglio di Stato, n.1478/1998). È stato altresì affermato che il contraente generale, per le funzioni ad esso attribuite nell’iter che conduce alla realizzazione di un’opera pubblica, viene ad assumere la veste di soggetto funzionalmente inserito nell’apparato dell’ente pubblico appaltante, assumendo così la già citata veste di “agente” dell’amministrazione (Cassazione civile, Sezioni Unite, n. 16240/2014).

Sulla natura del general contractor, come ente aggiudicatore, e sulla qualificazione di gara della procedura seguita per la selezione della s.c., nella pronuncia in rassegna viene richiamata anche la concezione “oggettiva” delle qualifiche pubblicistiche ed i caratteri che qualificano l’attività svolta in concreto dal general contractor, con la conseguenza che, secondo la Cassazione, i vertici di tale organismo dovevano essere considerati come incaricati di pubblico servizio. Tale conclusione è stata infatti ritenuta in linea con la lettura delle qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio delineate dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale le nozioni ricavabili dagli articoli 357 e 358 cod. pen. sono collegate alle attività realmente svolte, che possono definirsi come pubblica funzione amministrativa o come pubblico servizio non tanto per il legame tra il soggetto e un ente pubblico, ma piuttosto per la disciplina pubblicistica che regola l’attività, nonché per i contenuti giuridici pubblici che la connotano.

Si è affermato (nel confronto tra il vecchio e nuovo testo dell’articolo 358 cod. pen., dal quale è  stato espunto ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente pubblico e per la presenza della locuzione “a qualunque titolo”) che il legislatore ha privilegiato, ai fini della delimitazione esterna della categoria di incaricato di pubblico servizio, al pari di quella di pubblico ufficiale, il criterio oggettivo-funzionale, imperniato sulla natura della disciplina pubblicistica dell’attività svolta.

L’elemento che differenzia il pubblico ufficiale dall’incaricato di pubblico servizio è costituito dal fatto che il primo è dotato di poteri deliberativi, autoritativi o certificativi mentre l’incaricato di pubblico servizio difetta di tali poteri, nonostante la sua attività sia comunque riferibile alla sfera pubblica (Cassazione penale, n. 37102/2004). In altri termini, l’articolo 358 cod. pen., attribuisce la qualifica di incaricato di pubblico servizio a coloro che, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, prescindendo dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, fornendo poi, nel secondo comma, la definizione di pubblico servizio, inteso come un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma senza i poteri tipici di questa, con esclusione di attività concretizzantesi in semplici mansioni di ordine o di opera meramente materiale. Da qui la ricorrente affermazione giurisprudenziale secondo la quale anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, benché con gli strumenti privatistici (cfr. Cassazione penale, n. 49759/2012 e n. 1327/2015). Ne consegue che “servizio pubblico” è quello che realizza direttamente finalità pubbliche e che, nell’ambito delle attività pubblicistiche, la qualifica di incaricato di pubblico servizio spetta a coloro che svolgono compiti di rango intermedio tra le pubbliche funzioni e le mansioni di ordine o materiali: tali compiti si identificano in attività in senso lato intellettive, rimanendo escluse quelle meramente esecutive, per le quali il contributo che da esse ricava la realizzazione delle finalità pubblicistiche può essere indifferentemente fornito con altri rimedi strumentali, sostitutivi della prestazione personale. La pronuncia riconosce configurabilità della qualifica di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio ai soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa del soggetto che affida l’appalto, qualifica da ritenersi confermata ed integrata laddove quest’ultimo soggetto sia disciplinato da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, ancorché con gli strumenti privatistici propri delle società per azioni e a condizione che il soggetto abbia svolto in concreto un’attività che rientri in tale servizio pubblico.

Il carattere pubblicistico dell’attività svolta dal general contractor. La giurisprudenza ha cercato di individuare gli indici sintomatici del carattere pubblicistico dell’attività svolta dal general contractor, facendo riferimento:

–         alla natura pubblica dell’ente da cui deriva l’attività del contraente generale;

–         al perseguimento di finalità pubbliche da parte del general contractor;

–         all’impiego di denaro pubblico;

–         alla soggezione a controlli pubblici.

La medesima giurisprudenza ha ogni caso escluso, tra i criteri idonei a qualificare come di rilievo pubblico, la forma giuridica dell’ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico. La stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione ha inoltre affermato che i funzionari dipendenti di società operanti nei c.d. settori speciali sono incaricati di pubblico servizio ai sensi dell’articolo 358 cod. pen., atteso il rilievo pubblicistico dell’attività svolta da tali società, obbligate ad adottare la procedura di evidenza pubblica nella gestione degli appalti (Cassazione penale, n. 28299/2015).

Dall’analisi della disciplina che regola l’attività del general contractor è quindi possibile desumere gli indici positivi del carattere pubblicistico dell’attività svolta e, quindi, individuare, nel caso di specie, nel Consorzio incaricato della costruzione di uno dei lotti dell’alta velocità la funzione di agente dell’amministrazione, ovverosia incaricato di pubblico servizio, nei rapporti con i soggetti a cui lo stesso Consorzio affida l’esecuzione delle opere: in tal caso, il general contractor, fungendo da stazione appaltante, è tenuto al rispetto delle normative europee ed è quindi tenuto ad applicare i principi di imparzialità e trasparenza che presiedono allo svolgimento dell’attività amministrativa.

La responsabilità del general contractor. Con la sentenza in rassegna, il general contractor è stato dunque ricompreso tra gli enti aggiudicatori, ai quali si applicano le disposizioni relative ai contratti del settori speciali (art. 176 d.lgs. n. 163/2006, che trova un preesistente referente normativo in quella recata dal d.lgs. n. 190/2002 in attuazione della c.d. “legge obiettivo” n. 443/2001).

Il sistema normativo originariamente delineato con la creazione delle figure del general contractor non rispondeva, invero, agli obblighi imposti dalla normativa europea in tema di libertà di stabilimento, concorrenza e parità di trattamento quali si erano venuti a delineare con la successiva legislazione, anche comunitaria, obblighi ai quali avrebbero dovuto adattarsi le successive attività di sub-affidamento della realizzazione delle opere dell’alta velocità, regolate dalle norme vigenti al momento dell’esecuzione del contratto. Attraverso il d.lgs. n. 112/2008 i rapporti con i sub-affidatari del consorzio general contractor furono pertanto conformati a tale nuovo sistema normativo, con la previsione, per il 60% dei lavori, dell’obbligo di procedere all’indizione di una gara ad evidenza pubblica in ambito europeo, fermo restando il necessario rispetto dei principi europei di parità del trattamento, di trasparenza e concorrenza. Si è, dunque, in presenza di un obbligo derivante dalla legge di procedere con le procedure di evidenza pubblica, scaturito da impegni assunti in ambito comunitario, al fine di far cessare un procedimento di infrazione avviato nei confronti dell’Italia proprio per le modalità con le quali si era proceduto (senza un’originaria gara) alla stipula delle convenzioni con i contraenti generali e al correlativo affidamento diretto dei lavori (Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 25847/2016). Ne consegue che nel momento in cui i contraenti generali effettuano la scelta di soggetti terzi contraenti, a cui dovranno essere sub-affidate le opere o le forniture, gli stessi sono comunque vincolati, quali enti aggiudicatori, al rispetto delle regole poste dalla normativa in tema di appalti a tutela della libera concorrenza e della par condicio, e ciò indipendentemente dalla veste di soggetto privato ed anche al di fuori della quota del 60% dei lavori per cui sono obbligati ad effettuare gare ad evidenza comunitaria.

Da ciò consegue, inoltre, che quando i vertici del general contractor, per la scelta dei sub-affidatari, abbiano seguito una procedura concorrenziale, violandone le regole, ne rispondono non in qualità di soggetti privati ma in qualità di incaricati di pubblico servizio, trattandosi di affidamenti effettuati per conto della pubblica amministrazione e finalizzati alla realizzazione di un’opera pubblica finanziata da pubblico denaro.

 

(a cura della dott.ssa Ilenia Filippetti, Responsabile Sezione Provveditorato della Regione Umbria, Presidente di Forum Appalti)