Premessa. L’utilizzo della misura dello scioglimento degli Enti locali in conseguenza di infiltrazioni della criminalità organizzata ha assunto negli ultimi anni dimensioni ingenti: basti considerare che, su un totale di 319 decreti emanati a partire dal 1991 (anno di entrata in vigore di tale strumento normativo), ben 112 sono gli scioglimenti deliberati dal Governo nel periodo compreso tra il 2012 e il 2018, dei quali soltanto 3 annullati dai giudici amministrativi (cfr. Tabella 1).

Tabella 1. Elenco scioglimenti, proroghe, annullamenti e archiviazioni (2012-2018)

Le relazioni governative sugli scioglimenti. Ai fini di un’attenta valutazione di questo istituto e delle dinamiche che regolano i rapporti tra clan malavitosi e amministrazioni locali, risulta fondamentale l’analisi delle relazioni del Ministro dell’Interno che accompagnano i decreti di scioglimento (negli ultimi anni sono quasi sempre pubblicate anche le relazioni del prefetto, che forniscono ulteriori elementi di conoscenza sull’esito dell’attività di verifica delle commissioni di accesso). In questa scheda sono presi in esame i 44 decreti di scioglimento emessi tra gennaio 2017 e dicembre 2018 (concentrati tutti nel Sud del Paese, con l’eccezione di Lavagna, in provincia di Genova; cfr. Grafico 1). In sette casi (Corigliano Calabro, Seregno, Niscemi, Villa San Giovanni, Pago del Vallo di Lauro, Mandatoriccio, Colosimi) la procedura di accesso si è conclusa con un decreto di archiviazione.

Grafico 1. Riepilogo scioglimenti per regione 2017-2018

Assieme alle relazioni allegate ai decreti, sono state poi contemplate le informazioni contenute nell’ultima relazione sull’attività svolta dalle Commissioni per la gestione straordinaria degli enti sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso (trasmessa alle Camere dal Ministro dell’Interno nel marzo 2018), nonché le motivazioni delle 9 sentenze finora emesse dai giudici amministrativi sui ricorsi presentati dai diretti interessati, riguardanti i Comuni di Borgetto, Canolo, Castelvetrano, Crispano, Parabita, Scafati, Sorbo San Basile (nei casi di Crispano e Parabita si è pronunciato anche il Consiglio di Stato).

ENTE LOCALE PROVINCIA DPR TAR CDS
Delianuova Reggio Calabria 21/11/2018
Casabona Crotone 29/10/2018
Crucoli Crotone 29/10/2018
Siderno Reggio Calabria 09/08/2018
San Biagio Platani Agrigento 06/08/2018
Vittoria Ragusa 02/08/2018
Sogliano Cavour Lecce 29/06/2018
Briatico Vibo Valentia 11/05/2018
San Gregorio d’Ippona Vibo Valentia 11/05/2018
Surbo Lecce 11/05/2018
Trecastagni Catania 11/05/2018
Platì Reggio Calabria 27/04/2018
Manduria Taranto 27/04/2018
Limbadi Vibo Valentia 27/04/2018
Caivano Napoli 27/04/2018
Bompensiere Caltanissetta 27/04/2018
Strongoli Crotone 20/04/2018
Calvizzano Napoli 20/04/2018
Camastra Agrigento 13/04/2018
Scilla Reggio Calabria 22/03/2018
Mattinata Foggia 19/03/2018
San Gennaro Vesuviano Napoli 12/02/2018
Cirò Marina Crotone 19/01/2018
Isola di Capo Rizzuto Crotone 24/11/2017
Cassano all’Ionio Cosenza 24/11/2017
Petronà Catanzaro 24/11/2017
Lamezia Terme Catanzaro 24/11/2017
Marina di Gioiosa Ionica Reggio Calabria 24/11/2017
Valenzano Bari 25/09/2017
Brancaleone Reggio Calabria 31/07/2017
Cropani Catanzaro 31/07/2017
Sorbo San Basile Catanzaro 13/06/2017 Lazio 6239/2018  
Castelvetrano Trapani 07/06/2017 Lazio 4836/2018  
Gioia Tauro Reggio Calabria 15/05/2017
San Felice a Cancello Caserta 15/05/2017
Laureana di Borrello Reggio Calabria 15/05/2017
Bova Marina Reggio Calabria 15/05/2017
Canolo Reggio Calabria 05/05/2017 Lazio 8488/2018  
Borgetto Palermo 02/05/2017 Lazio 6231/2018  
Lavagna Genova 27/03/2017
Parabita Lecce 17/02/2017 Lazio 3187/2018 III 5970/2018
Scafati Salerno 27/01/2017 Lazio 3542/2018  
Crispano Napoli 24/01/2017 Lazio 3675/2018 III 4727/2018
Casavatore Napoli 24/01/2017

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 2. Elenco scioglimenti gennaio 2017-2018 

Le indagini della magistratura. Nella gran parte dei casi, la procedura di verifica sulle infiltrazioni mafiose ha tratto origine da inchieste della magistratura sulle attività illegali dei singoli clan nelle rispettive zone di influenza, le cui conclusioni hanno fatto emergere stretti rapporti di esponenti della malavita con amministratori e dipendenti dei comuni interessati oltreché un uso distorto della cosa pubblica e scarsa trasparenza delle procedure amministrative.

In alcune circostanze, sulla base di gravissime imputazioni, sono stati adottati provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti del vertice politico del Comune: Bova Marina (arresti domiciliari per il sindaco nell’ambito di un procedimento per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, violenza privata, corruzione elettorale, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio); Cirò Marina (l’inchiesta “Stige” della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha portato all’arresto di 169 persone, tra cui sindaco e vicesindaco, come pure al sequestro di beni per oltre 50milioni di euro); Cropani (ordine di arresto per il vicesindaco, cui è contestato il concorso esterno in associazione mafiosa); Delianuova (provvedimento di fermo per il sindaco, vicesindaco al tempo dei fatti imputatigli, sotto indagine per il delitto di cui all’art. 416-bis del codice penale); San Biagio Platani (arresto del sindaco per associazione mafiosa, confermato dalla Cassazione, sulla base delle risultanze di un’inchiesta della magistratura di Palermo); San Felice a Cancello (ordine di arresto per il sindaco e alcuni consiglieri, tutti inquisiti per associazione a delinquere di stampo mafioso); Scafati (custodia cautelare in carcere per il sindaco, che risultava indagato, assieme al segretario generale e ad un membro dello staff, per i reati di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale) e Strongoli (misure restrittive cautelari per il sindaco e due dipendenti comunali, indagati, tutti, per concorso esterno in associazione di tipo mafioso; pure per falso ideologico aggravato dal metodo mafioso, uno dei dipendenti; per danneggiamento seguito da incendio, l’altro impiegato).

Pesanti imputazioni emergono anche dai procedimenti a carico degli amministratori di Briatico (sindaco indagato per il delitto di corruzione elettorale aggravato dal metodo mafioso), Isola di Capo Rizzuto (per il sindaco, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, e per un consigliere associazione a delinquere di stampo mafioso) e Lamezia Terme (contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa a due consiglieri). In altri casi le inchieste della magistratura hanno riguardato consiglieri comunali e/o assessori, come a Castelvetrano (un consigliere comunale è indiziato di appartenere ad un’associazione di tipo mafioso), Manduria (disposte, nell’ambito dell’operazione “Impresa”, 27 misure di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti ed altri gravi reati; figurano tra queste un consigliere ed un assessore), Siderno (diversi consiglieri sotto indagine) e Vittoria (un consigliere arrestato per scambio elettorale politico-mafioso).

Conseguentemente sono state istituite apposite commissioni di indagine volte ad appurare l’esistenza  dei presupposti per lo scioglimento dell’ente ai sensi dell’art. 143 del testo unico sugli enti locali o Tuel (“elementi concreti, univoci e rilevanti”). L’iter procedurale prevede che le conclusioni delle commissioni di accesso siano quindi sottoposte al parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, cui prende parte anche un rappresentante della Direzione distrettuale antimafia (un siffatto parere è contenuto, ad esempio, nella relazione prefettizia relativa al Comune di Vittoria), e poi trasmesse al Ministero dell’Interno per le valutazioni di competenza del Ministro e, infine, del Consiglio dei Ministri. D’altra parte, tale passaggio può non essere necessario nel caso in cui, nel corso delle indagini dell’Autorità Giudiziaria, emergano elementi certi (è quanto avvenuto per il Comune di Delianuova).

Si segnala che in numerosi casi la nomina della commissione straordinaria è intervenuta dopo che il Consiglio comunale era stato già sciolto ai sensi dell’art. 141 del Tuel: Borgetto, Caivano, Delianuova, Laureana di Borrello, Lavagna, Manduria, Platì, San Gennaro Vesuviano, San Felice a Cancello, Strongoli (per dimissioni dei consiglieri); Giuia Tauro (dopo sfiducia al sindaco); Bova Marina, Scafati, San Biagio Platani (per dimissioni del sindaco, susseguenti ai provvedimenti adottati dalla magistratura); Calvizzano (per decesso del sindaco).

I collegamenti tra criminalità e Amministrazioni locali. Le relazioni allegate ai decreti di scioglimento, dopo aver delineato il contesto economico-sociale delle singole comunità – compreso il ruolo dei diversi clan criminali che operano sul territorio -, si soffermano in primo luogo sull’esistenza di collegamenti tra esponenti della criminalità organizzata e l’Ente locale.

Vengono evidenziate con precisione le risultanze delle indagini concernenti rapporti di parentela e frequentazioni assidue di amministratori e dipendenti comunali con esponenti dei clan locali che, singolarmente non decisivi, possono risultare complessivamente sintomatici di una condotta permeabile alle interferenze della criminalità: si prenda il caso di Crispano, dove le frequentazioni del sindaco e di numerosi consiglieri comunali si accompagnano ad una vera e propria attività di sostegno alle liste durante la campagna elettorale seguita da atti di intimidazione, come sottolineato anche dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4727 del 2018); analogamente, a Casavatore e Vittoria viene segnalata una fitta rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni, che lega esponenti delle locali consorterie criminali ad alcuni amministratori, cui vengono contestati i reati di minacce al corpo elettorale o di voto di scambio; a Calvizzano gli accertamenti sulle frequentazioni con pregiudicati riguardano numerosi consiglieri ed assessori (uno dei quali indagato dalla Dda di Napoli); e lo stesso a Caivano, dove alcuni consiglieri sono indagati per gravi reati. Anche nella sentenza del Tar su Canolo si dà risalto ai rapporti di parentela della sindaca con esponenti vicini alla criminalità organizzata (uno dei quali latitante da anni in Colombia). In alcuni casi, poi, emerge una vera e propria comunanza di interessi economici tra amministratori pubblici e crimine organizzato, come nei Comuni di Bompensiere, Borgetto, Crucoli, San Biagio Platani, San Gregorio d’Ippona, Surbo, Vittoria.

Particolare risalto viene dato alle inchieste della magistratura che hanno rivelato veri e propri accordi elettorali. Esemplare, da questo punto di vista, il caso di Borgetto, sul cui proposito la relazione del Ministro dell’Interno parla di un «accordo politico mafioso in base al quale i candidati sostenuti dalla consorteria mafiosa una volta eletti avrebbero dovuto garantire come controprestazione l’affidamento di alcuni servizi» (DPR 3 maggio 2017); o quello di Lavagna, dove si registrano «diversi incontri tra l’organo di vertice dell’ente e personaggi di spicco del sodalizio, in occasione dei quali è stata discussa anche la composizione della futura giunta. Al riguardo, è emerso che in attuazione degli intervenuti accordi elettorali al sopra menzionato consigliere comunale – destinatario di un avviso di conclusione delle indagini preliminari per abuso d’ufficio e voto di scambio aggravati dalla finalità mafiosa – è stata conferita la delega al demanio e patrimonio» (DPR 27 marzo 2017). Per Scafati si ipotizza un «vero e proprio patto elettorale-mafioso finalizzato all’infiltrazione di società riconducibili alla stessa associazione camorristica in appalti ed apparati della pubblica amministrazione in cambio di propaganda elettorale e promessa di voti» (Prefettura di Salerno). Non dissimile il ciclo degli eventi a Delianuova, paese il cui «primo cittadino è stato eletto avvalendosi dell’appoggio elettorale della locale cosca criminale con il compito di curare gli interessi della consorteria secondo gli accordi preelettorali precedentemente stilati» (DPR 21 novembre 2018). Si veda anche la relazione del prefetto riferita a Briatico, nella quale si evidenzia che i contrasti tra i diversi clan della ‘ndrangheta sono stati superati con la predisposizione di una sola lista alle ultime elezioni amministrative (e il sindaco, come già evidenziato, è stato indagato per corruzione elettorale). Molte altre relazioni mettono in evidenza il sostegno elettorale prestato dalle organizzazioni criminali a liste o candidati, come a Bova Marina, Caivano, Calvizzano, Canolo (in tale circostanza, anche la sentenza del Tar dà grande risalto alla situazione di particolare permeabilità alle infiltrazioni mafiose dell’apparato comunale), Casavatore, Castelvetrano, Cirò Marina, Crispano, Cropani, Crucoli, Lamezia Terme, Limbadi, Manduria, Parabita, Surbo e Sorbo San Basile. A proposito di quest’ultimo, il Tar evidenzia anche «l’esposizione per debiti tributari degli amministratori (vedi la relazione della Prefettura), che denunciano una sovraesposizione degli amministratori comunali alle verosimili illegittime richieste di un ambiente connotato dalla presenza di organizzazioni criminali» (sentenza Tar Lazio n. 6239 del 2018). A San Biagio Platani è il sindaco a stipulare accordi con i clan locali per ottenerne l’appoggio alle elezioni in cambio di agevolazioni nella gestione degli appalti pubblici.

Non mancano i casi in cui il clima elettorale è fortemente condizionato da episodi di intimidazioni e minacce, come riportato nelle relazioni vertenti sui Comuni di Brancaleone, Camastra, Casavatore, Cassano all’Ionio, Crispano, Isola di Capo Rizzuto, Manduria, Mattinata, Siderno, Strongoli, Surbo, Vittoria.

Il condizionamento della criminalità sull’attività amministrativa. Dalla lettura delle relazioni appare altresì evidente il disordine amministrativo che identifica molti degli Enti coinvolti (inosservanza delle normative in materia di trasparenza e anticorruzione, mancata approvazione di regolamenti nei settori strategici, assenza di un Albo dei fornitori, ricorso ad affidamenti diretti o con procedure anomale ed a soggetti privi dei necessari requisiti, inadeguatezza del sistema dei controlli, etc.); condizioni che ampliano la discrezionalità dell’Amministrazione e facilitano indubbiamente i fenomeni di corruzione e di influenza e condizionamento da parte delle organizzazioni criminali. In molti casi le prefetture sottolineano che i problemi legati ad un uso distorto dell’Amministrazione risalgono nel tempo (dei 44 Comuni considerati nella presente analisi, ben 15 erano già stati in passato oggetto di scioglimento ai sensi dell’art. 143 del Tuel), in connessione anche con la continuità che spesso caratterizza la conduzione dell’Ente (vedi, tra gli altri, i casi dei Comuni di San Gregorio d’Ippona e di Briatico).

Peraltro, come si evince da consolidati principi giurisprudenziali, è indispensabile che vengano individuati in dettaglio quali siano gli atti amministrativi piegati agli interessi delle consorterie criminali e come si sia concretizzata un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi rappresentativi e/o burocratici.

Nell’ambito di questa verifica concreta svolta dalle singole commissioni di accesso, vengono analizzati in profondità i diversi settori nei quali sono state registrate corpose anomalie (gestione rifiuti, concessioni edilizie, lavori di manutenzione, refezione scolastica, etc.) ed il modo in cui le decisioni dell’Amministrazione sono state piegate agli interessi dei sodalizi criminali. Particolare rilievo viene dato ai numerosissimi casi di assegnazione di appalti di lavori a ditte colpite da interdittiva antimafia e che avrebbero pertanto dovuto essere escluse da qualsiasi rapporto con gli organismi pubblici: si prendano, per esempio, i fatti relativi ai Comuni di Borgetto, Bova Marina, Briatico, Calvizzano, Camastra, Canolo – dove si annoverano anche numerosi affidamenti a soggetti gravati da vicende penali e/o collegati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata, come rimarcato dai giudici amministrativi, in assenza di un’«efficace vigilanza e controllo da parte del vertice politico amministrativo» (sentenza Tar Lazio n. 8488 del 2018) -, Cassano all’Ionio, Castelvetrano, Cirò Marina, Cropani, Crucoli, Lamezia Terme, Laureana di Borrello, Limbadi, Mattinata, Marina di Gioiosa Ionica, Platì, San Gregorio d’Ippona, Scafati, Scilla, Siderno (in questo caso sono numerosi gli episodi di appalto a ditte già destinatarie di interdittive antimafia), Surbo, Valenzano. A Crucoli, per giunta, l’intervento di imprese infiltrate ed interdette e di fatto esecutrici di lavori si è celato dietro le imprese formalmente aggiudicatarie; «in altre occasioni quelle interdette hanno completato il segmento della procedura di affidamento, incaricandosi dei servizi strumentali» (Prefettura di Crotone). Sempre a Crucoli, inoltre, si presenta con decisa singolarità la circostanza che l’Amministrazione sia usualmente ricorsa ad una certa ditta «di cui, per contro, in una separata procedura, amministra[va] i relativi beni confiscati»; ciò che – sostiene la Commissione di accesso (citata dal prefetto) – «depone nel senso di un utilizzo del Comune quale stanza di compensazione all’interno della quale trovano composizione interessi antitetici» (ibid.). Le considerazioni del prefetto su Vittoria si soffermano, invece, sui gravi illeciti concernenti il locale mercato ortofrutticolo (uno dei più importanti a livello nazionale unitamente a quelli di Fondi e Milano), dove si segnala un forte radicamento della criminalità organizzata, interessata all’enorme giro d’affari che ruota attorno ad esso: all’Amministrazione è imputato un atteggiamento caratterizzato da «inerzia, tolleranza, mantenimento dello status quo» e dalla «mancata predisposizione di risorse umane, strumentali e finanziarie in grado di poter esercitare una reale opera di controllo all’ingresso e all’interno del Mercato» (Prefettura di Ragusa).

In altre situazioni sono state comunque disposte assegnazioni di lavori e servizi ad imprese direttamente o indirettamente collegate alla criminalità organizzata (vedi, ad esempio, Brancaleone, Casabona, Casavatore, Crispano, Lavagna, Platì, San Felice a Cancello), alcune delle quali poi sottoposte ad amministrazione giudiziaria; che si sarebbe potuta evitare attraverso l’utilizzo corretto della richiesta di certificazione antimafia, anche nei casi in cui non è obbligatoriamente prevista dalla legge (vedi sul punto questa scheda). Evidente talora il ricorso al frazionamento degli appalti e ad affidamenti diretti al fine di eludere la normativa antimafia: così a Caivano (sottolineato anche da un’ispezione dell’Anac), Crispano, San Biagio Platani, Sorbo San Basile, Surbo, Trecastagni, Vittoria, Cropani. A proposito di quest’ultimo, la relazione del Ministro dell’Interno parla di un «sistema delle cooperative» volto ad impedire la partecipazione di altre imprese agli appalti relativi al servizio idrico e quello di pulizia e manutenzione ordinaria di edifici comunali (DPR 31 luglio 2017); mentre, con riferimento a Sorbo San Basile, i giudici del Tar Lazio rimarcano la mancanza di «una “white list” delle ditte o un albo dei fornitori che fornissero garanzie di estraneità ad infiltrazioni mafiose nell’anno e mezzo in cui [la parte ricorrente, ndr] ha gestito il Comune» e, alternativamente, la mancata garanzia di una turnazione delle ditte (sentenza Tar Lazio n. 6239 del 2018). Il mancato controllo periodico sull’Albo dei fornitori è evidenziato anche dalla relazione del prefetto di Ragusa sul caso di Vittoria; per San Biagio Platani rileva l’assenza del prescritto Albo dei fornitori per i cottimi fiduciari.

Quadro generale riassuntivo. Da quanto sopra sinteticamente esposto, appare chiaro che ci si trovi di fronte a situazioni piuttosto differenziate. Vi sono casi, infatti, in cui è il vertice politico dell’Amministrazione ad essere direttamente coinvolto nelle inchieste della magistratura, con imputazioni molto pesanti e contesti ambientali di degrado assoluto. Si prenda la relazione del Ministro su San Felice a Cancello: sulla base delle indagini giudiziarie si appalesano «gravissimi e reiterati fenomeni corruttivi tali da costituire un vero e proprio “sistema illegale” caratterizzato dal costante asservimento delle risorse pubbliche al tornaconto personale di esponenti dell’apparato politico e burocratico dell’ente in un contesto inquietante di commistione con gli interessi delle consorterie localmente egemoni» (DPR 15 maggio 2017). Come pure rammentato dal prefetto di Caserta richiamando le valutazioni della Dda di Napoli, «non è il clan malavitoso a cercare il contatto con le istituzioni e a imporre o proporre accordi vantaggiosi per entrambi, ma è direttamente la “politica” a sollecitare l’intervento del clan camorristico per ottenere l’apporto finanziario sufficiente per la gestione illecita di grossi appalti pubblici» (Prefettura di Caserta). Per Camastra la relazione del prefetto mette in luce l’«acquiescenza agli interessi della criminalità, una palese “inattività”, una serie reiterata di comportamenti omissivi che vanno nella direzione di mantenere lo status quo in modo da non turbare gli interessi economici e patrimoniali della famiglia mafiosa operante» sul territorio (Prefettura di Agrigento). Relativamente a San Gennaro Vesuviano si parla di un’amministrazione comunale «strutturata per assecondare gli interessi della criminalità organizzata con la quale condivide relazioni parentali e di affari» (Prefettura di Napoli). A Surbo il quadro descritto è di «stagnazione democratica aggravata dai ripetuti e costanti condizionamenti derivanti dal collegamento con gruppi di affari illeciti legati alla criminalità organizzata egemone, nel tempo, nel territorio in questione», cui si accompagna il «coinvolgimento sostanziale dell’intera Assise attuale in virtù della presenza anche dal lato della opposizione consiliare […] di soggetti vicini alla criminalità» (Prefettura di Lecce). Mentre quello tenuto dai pubblici amministratori di San Biagio Platani va a connotarsi come «un perdurante comportamento di passività, indifferenza ed acquiescenza in ordine alle “attenzioni” ed alle “agevolazioni”» fornite a ditte legate ai locali esponenti del malaffare. (Prefettura di Agrigento).

Molte altre situazioni, pur non portando all’emersione di specifiche responsabilità a carico del vertice politico, appaiono comunque di particolare gravità. Come riportato nella relazione prefettizia su Valenzano, ad esempio, «gli amministratori, anche quando non inseriti organicamente nel sodalizio criminale, sono divenuti […] un veicolo per favorirne gli interessi, ponendosi a disposizione degli stessi» (Prefettura di Bari). A riprova di ciò, è illustrata in particolare la ripetuta assegnazione a ditte locali, riconducibili direttamente o indirettamente a organizzazioni criminali, di lavori e servizi pubblici con procedure di somma urgenza o affidamento diretto. Va da sé, inoltre, che non possano ritenersi avulse da responsabilità quelle Amministrazioni che dovessero adottare anche atti o misure di pubblica utilità. Evocativo in tal senso il caso inerente al Comune di Crispano, a proposito del quale il Consiglio di Stato afferma: «La “rassegna” di eventuali provvedimenti utilmente adottati dall’amministrazione comunale […] non dimostra che l’inerzia di questa in altri ambiti o settori della vita pubblica non abbia potuto favorire, consapevolmente, il perdurare o l’insorgere di un condizionamento o di un collegamento mafioso, poiché il condizionamento o il collegamento mafioso dell’ente non necessariamente implicano una paralisi o una regressione dell’intera attività di questo, in ogni suo settore, ma ben possono convivere e anzi convivono con l’adozione di provvedimenti non di rado, e almeno in apparenza, anche utili per l’intera collettività, secondo una logica compromissoria, “distributiva”, “popolare”, frutto di una collusione tra politica e mafia» (sentenza Consiglio di Stato n. 4727 del 2018, cit.).

Nel caso in cui le indagini della magistratura abbiano riguardato soprattutto l’apparato burocratico, d’altronde, è comunque necessaria una valutazione delle responsabilità eventualmente imputabili all’organo politico (vedi in tal senso la sentenza del Consiglio di Stato n. 4578 del 2017). Con riguardo a Gioia Tauro, per esempio, la relazione ministeriale attribuisce un ruolo centrale nella gestione illecita delle risorse del Comune ad alcuni dipendenti dell’Amministrazione (in particolare al responsabile dei lavori pubblici); all’organo politico viene tuttavia contestata l’assenza di un’adeguata attività di vigilanza e verifica, attraverso la quale «intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell’interesse pubblico dalla compromissione di ingerenze esterne» (DPR 15 maggio 2017). Allo stesso modo, il titolare del dicastero dell’Interno, nella relazione su Trecastagni, deplora «l’inerzia della compagine di Governo dell’ente che ha omesso di adottare le dovute misure per sopperire alle […] disfunzioni della struttura burocratica, benché l’allora segretario comunale avesse più volte formalmente segnalato l’esigenza di procedere ad un accorpamento dei servizi ed alla periodica rotazione dei dipendenti comunali per prevenire fenomeni corruttivi» (DPR 11 maggio 2018).

Le responsabilità dell’apparato burocratico. Quasi tutte le relazioni analizzate vedono protagonisti a vario titolo anche dipendenti della burocrazia comunale: di particolare rilevanza le condizioni individuate dal prefetto di Napoli nel Comune di Caivano, in riferimento al quale, richiamando le parole del commissario straordinario attualmente in carica, scrive di «una struttura totalmente allo sbando e asservita alla logica dell’approssimazione quotidiana e della conseguente irresponsabilità gestionale; come se da anni non vi sia mai stata una qualsiasi idea di pianificazione e di visione di insieme […] in una cornice di una struttura burocratica fortemente inadeguata e palesemente conflittuale e forse coinvolta nei processi politici-economici del territorio» (Prefettura di Napoli). Significative irregolarità poste in essere dal personale dell’Amministrazione sono segnalate anche dalla relazione prefettizia sul Comune di Vittoria (diversi dipendenti sono stati financo coinvolti in inchieste della magistratura).

L’analisi condotta aiuta a meglio comprendere la portata delle considerazioni espresse dalla Commissione parlamentare antimafia (nella relazione conclusiva sui lavori svolti nella XVII Legislatura) circa l’importanza, per le commissioni straordinarie – e per gli amministratori che entreranno in carica al termine del commissariamento -, di poter contare su risorse di personale aggiuntive, provenienti da altre Amministrazioni, in grado di sostituire quei dipendenti che non offrano le indispensabili garanzie di indipendenza e di rispetto dei principi dell’etica pubblica. Infatti, laddove l’apparato amministrativo è di dimensioni ridotte (nel campione osservato sono 18 i comuni al di sotto dei 5mila abitanti, cfr. Grafico 2), risulta spesso impossibile reperire le professionalità necessarie attraverso l’applicazione del solo criterio della rotazione.


Grafico 2. Comuni sciolti per fascia di popolazione (2017-2018)

Situazione di bilancio. L’ultima relazione del Governo sull’attività svolta dalle Commissioni per la gestione straordinaria degli enti sciolti per infiltrazioni mafiose (marzo 2018) sottolinea che, in diversi casi, le anomalie e le irregolarità in materia di imposizione e riscossione tributaria, determinando un minor gettito per le casse comunali, hanno comportato sensibili squilibri finanziari: nel 2017 «il 9,5% dei comuni sciolti per condizionamento/infiltrazione di tipo mafioso versa[va] in condizioni di deficit finanziario e, quindi, ha dichiarato il dissesto o si è avvalso della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale» (Ministero dell’Interno); una percentuale molto più alta di quella registrata nei restanti comuni italiani (0,9 per cento). Tale situazione, come autorevolmente affermato dalla Commissione antimafia nella summenzionata relazione, pone una riflessione circa la necessità di sostenere con opportuni finanziamenti sia le commissioni straordinarie che i nuovi organi politici democraticamente eletti, al fine di coniugare l’indispensabile azione di risanamento finanziario con l’adozione di interventi di riqualificazione del territorio, in particolare nei campi edilizio e ambientale, e in grado di garantire un adeguato livello dei servizi. In tale ambito, perdipiù, potrebbero essere individuate anche le risorse necessarie per consentire il riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, su cui si è spesso concentrata l’attenzione delle stesse commissioni straordinarie.

Il tema delle proroghe. La medesima relazione governativa pone l’accento sul fatto che, nel periodo di gestione straordinaria, la maggior parte delle commissioni adotti «disposizioni regolamentari per colmare lacune e/o porre rimedio a criticità esistenti in settori fondamentali dell’amministrazione o per modificare i regolamenti al fine di renderli conformi alle vigenti disposizioni di legge» (ibid.): in materia di personale (disciplina dell’orario di lavoro, applicazione delle sanzioni disciplinari, mobilità interna ed esterna, valutazione della performance), funzionamento del nucleo interno di valutazione, accesso civico, contabilità, entrate, urbanistica, edilizia, etc. Si tratta di un processo di ripristino delle regole essenziali per il buon andamento dell’Amministrazione, volto a contrastare illecite interferenze da parte dei sodalizi malavitosi radicati sul territorio, e che richiede spesso tempi lunghi, anche in ragione dello stato complessivo del singolo ente e delle limitate risorse disponibili. Dalla lettura dei decreti di proroga della gestione straordinaria, sembra d’altronde potersi spiegare anche così il ricorrente prolungamento dei commissariamenti fino al limite massimo consentito dalla legge (24 mesi).

L’importanza della trasparenza. La documentazione sottoposta a disamina fornisce elementi molto utili per conoscere gli aspetti peculiari delle singole realtà comunali e per consentire un’approfondita valutazione in ordine all’utilizzo dello scioglimento quale misura straordinaria di contrasto all’invasività del fenomeno mafioso. Sicché, salvo le esigenze di tutela delle indagini in corso, risulta di fondamentale importanza la pubblicazione in forma integrale di tutti i documenti funzionali al riconoscimento dei settori più frequentemente soggetti a rischio di infiltrazione, nonché alla definizione delle singole responsabilità accertate. Una piena consapevolezza dei modi in cui si è data attuazione alla normativa vigente, difatti, rappresenta una condizione imprescindibile perché possano ipotizzarsi delle efficaci proposte di modifica della stessa. Assieme alle relazioni del Ministro dell’Interno e del prefetto, dunque, dovrebbero essere accessibili all’opinione pubblica pure quelle delle commissioni di accesso. E ciò anche nell’eventualità in cui non si proceda allo scioglimento, in modo tale da esplicitare le ragioni che hanno condotto all’archiviazione e sollecitare le forze politiche a rivolgere maggiori attenzioni alle zone d’ombra comunque emerse. Sarebbe opportuno, infine, dare ampio risalto alle concrete misure di risanamento adottate dalle commissioni straordinarie (e dalle Amministrazioni che vi sono succedute), consentendo così di chiarire alla cittadinanza le tappe del processo di ripristino della legalità nei differenti contesti.

 

(dicembre 2018)