PREMESSA. Il Ministro dell’Interno ha trasmesso alle Camere il 3 luglio 2019 la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2018, della quale si sintetizzano i punti salienti (per le precedenti relazioni cliccare qui). In particolare, l’attenzione è focalizzata sulle connotazioni strutturali e sulle linee evolutive delle principali mafie italiane (‘ndrangheta, Cosa nostra, Camorra e le mafie pugliesi) e straniere che operano in Italia (criminalità albanese, cinese, romena, dell’est Europa, sud americana, nord-centro-africana e nigeriana).
‘NDRANGHETA (pp. 12-58). La Direzione Investigativa Antimafia, in continuità con le precedenti relazioni, rileva nel territorio calabrese una ‘ndrangheta ancora fortemente strutturata e in grado di controllare il tessuto socio-economico della regione. In un contesto economico fortemente in crisi, la ‘ndrangheta sembra continuare a far leva soprattutto sul bisogno di lavoro delle nuove generazioni, offrendosi come sistema istituzionale alternativo. A tal proposito, nella relazione viene sottolineata la necessità di mettere in atto qualsiasi iniziativa utile a far comprendere alle nuove generazioni quanto la mafia annulli ogni possibilità di sviluppo della società.
Forza espansionistica. Inchieste giudiziarie e note operazioni di contrasto (si veda “Aemilia” del 2015), rilevano come la forza espansionistica della ‘ndrangheta favorisca la riproduzione delle cosche anche in territori extraregionali secondo lo schema tipico delle strutture calabresi, con affiliati di “ultima generazione” in grado di consolidare relazioni affaristico-imprenditoriali e condizionare gli ambienti politico-amministrativi ed economici locali. Sul punto, meritano di essere citate l’operazione “Geenna”, (conclusa con l’ordinanza di custodia cautelare nel gennaio 2019) che ha scoperto l’operatività di un locale ad Aosta, e l’importante decisione con la quale la Corte Superiore di Giustizia dell’Ontario canadese ha riconosciuto la struttura gerarchico mafiosa della ‘ndrangheta con ramificazioni in Canada, confermando la forte propensione dell’organizzazione a ramificarsi anche all’estero.
Capacità imprenditoriale. Un altro punto di forza della ‘ndrangheta è la sua spiccata capacità imprenditoriale mostrata soprattutto nel settore del narcotraffico internazionale, delle estorsioni, degli appalti pubblici, dell’edilizia, dello smaltimento dei rifiuti e del gioco d’azzardo. In riferimento a quest’ultimo, nella relazione si legge come “le consorterie calabresi dimostrano da tempo un profondo interesse nel business del gioco illegale e delle scommesse, tenuto conto dei profitti in tal modo generati. L’entità delle somme movimentate nello specifico comparto costituisce una forte attrattiva per la criminalità organizzata, sia sotto il profilo dell’ingerenza nella gestione delle stesse attività ludiche, legali e non, sia per i risvolti legati a condotte di riciclaggio di proventi derivanti da altre attività illecite”. In questa sede si cita l’operazione “Galassia” del novembre 2018 condotta a Reggio Calabria dalla DIA e dalla Guardia di Finanza, che ha portato al sequestro di un patrimonio per un valore complessivo stimato in oltre 723 milioni di euro, dimostrando il forte interesse delle consorterie criminali anche nel reimpiego di capitali illeciti nel settore del gioco e delle scommesse online.
Le reti relazionali. Le indagini hanno anche confermato la tendenza dei gruppi calabresi a istaurare “forme di utilitaristica collaborazione” (soprattutto nel settore del narcotraffico internazionale) con Cosa nostra; collaborazione giustificata da specifiche contingenze più che da una costante condivisione di interessi criminali. La rete relazionale della ‘ndrangheta è tuttavia principalmente costituita da relazioni e convergenze di interessi con pezzi delle istituzioni, imprenditori, politici e amministratori pubblici. Basti pensare che nel periodo di riferimento di tale relazione, si è assistito allo scioglimento di quattro amministrazioni comunali per infiltrazione mafiosa: parliamo dei consigli comunali di Delianuova e Siderno in provincia di Reggio Calabria, e quelli di Casabona e Crucoli in provincia di Crotone. (Per avere un riepilogo degli scioglimenti in Calabria cliccare qui). Tutto ciò dà conto di quanto l’attenzione degli investigatori debba continuare a rivolgersi verso quell’area grigia, quello spazio di sovrapposizione tra i sodalizi criminali e ambienti non solo istituzionali, ma anche imprenditoriali, funzionali alle diverse esigenze delle cosche.
COSA NOSTRA (pp. 59-144). Dal punto di vista strutturale, in continuità con le ultime annate, si riscontra uno stato generale di crisi. A dimostrarlo è anche il risultato dell’importante operazione denominata “Cupola 2.0” del 4 dicembre 2018, che ha impedito il tentativo di Cosa nostra palermitana di riorganizzare la commissione provinciale, mai più riunita dall’arresto di Salvatore Riina del 1993. Sulla relazione viene scritto come già da tempo Cosa nostra – a causa dell’assenza di un organismo di direzione – stava attraversando una lunga fase di transizione e che la morte di Riina avrebbe aperto una nuova fase, quella della successione, caratterizzata da grosse problematiche legate ai nuovi rapporti di forza. È da osservare che, anche se il tentativo di ricostruzione della cupola non ha avuto successo grazie alla pronta attività di contrasto, le risultanze investigative confermano “la consapevolezza degli associati del fatto che uno dei punti di forza di Cosa nostra è quello di essere un’organizzazione strutturata, ben radicata sul territorio, unitaria e verticistica”. Difatti, nonostante si sia fortemente ridimensionata rispetto al passato – perché raggiunta da importanti attività di sequestro e confisca dei beni – le numerose attività info-investigative delineano la presenza di un’organizzazione ancora dotata di un forte dinamismo e di una certa potenzialità offensiva, e dunque in grado di muoversi sia attraverso il controllo del territorio nelle aree tradizionali, sia attraverso l’infiltrazione negli ambienti imprenditoriali e finanziari al fine di riciclare il denaro illecito e accaparrarsi appalti. In genere, Cosa nostra si infiltra negli appalti pubblici facendo ricorso a società di comodo intestate fittiziamente a terzi o a imprese compiacenti. L’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici avviene, in genere, attraverso turbative di gare d’appalto, ma sempre più frequentemente anche nella fase esecutiva dei lavori, attraverso l’imposizione di sub-appalti o della fornitura di materie prime e manodopera, imponendo alle ditte aggiudicatarie il pagamento di una somma di denaro al fine di garantirsi l’esecuzione dei lavori. Soprattutto nel settore dei collegamenti marittimi e nel settore dei rifiuti, si registra sempre più frequentemente il ricorso ad affidamenti diretti senza gara ad opera degli enti pubblici, giustificati da presunte circostanze di urgenza e necessità.
La strategia della sommersione e il metodo collusivo-corruttivo. Oggi Cosa nostra cerca di evitare gesti eclatanti al fine di perseguire meglio i propri scopi e acquisire consenso sociale. Questa strategia sta consentendo la subdola infiltrazione nel tessuto sociale, economico ed istituzionale del paese, che comunque non sarebbe possibile senza un diffuso clientelismo e senza la presenza di un tessuto sociale corruttibile. Soprattutto a livello locale, Cosa nostra continua a manifestare, assieme alle tradizionali forme di coercizione e di controllo del territorio, una propensione ad infiltrarsi negli apparati locali politico-amministrativi al fine di interferire sul funzionamento della pubblica amministrazione in quei settori dove transitano ingenti somme di denaro, come quelli della sanità, dei rifiuti e dei trasporti marittimi, quest’ultimo destinatario di ingenti finanziamenti pubblici anche comunitari. A tal proposito, nella relazione è possibile leggere che “anche nel semestre in esame si sono registrati danneggiamenti e atti intimidatori nei confronti di amministrazioni locali e loro rappresentanti, come sindaci, comandanti della polizia municipale, amministratori giudiziari di aziende confiscate alla criminalità mafiosa, direttori di consorzi di bonifica e sindacalisti tramite incendi e danneggiamenti, lettere minatorie, rinvenimenti di cartucce e teste di animale”. In particolare, per il semestre in esame, si segnalano, a seguito dello scioglimento degli Enti locali, le gestioni commissariali di Corleone, Palazzo Adriano e Borgetto in provincia di Palermo; Castelvetrano in provincia di Trapani; San Biagio Platani e Camastra in provincia di Agrigento; Bompensiere in provincia di Caltanissetta; Trecastagni in provincia di Catania; e Vittoria in provincia di Ragusa. All’inizio del 2019 si sono registrati lo scioglimento di Pachino, Mistretta e San Cataldo (per avere un riepilogo degli scioglimenti in Sicilia cliccare qui).
Settori di attività. Storicamente Cosa nostra controlla l’edilizia, la produzione di cemento, il movimento terra, l’attività estrattiva e il settore agro-silvo-pastorale. Per quest’ultimo, si fa riferimento alla c.d. “agromafia”, che continua a manifestarsi attraverso reiterate vessazioni nei confronti dei proprietari terrieri e conduttori di fondi agricoli, attraverso estorsioni e intimidazioni ai danni degli imprenditori agricoli e l’imposizione dei prezzi. Nella relazione si legge come “è concreto il rischio di infiltrazione anche nella concessione di terreni demaniali per uso pascolo, al fine di ottenere contributi pubblici”. A tal proposito, si segnala l’adozione a livello regionale del Protocollo della legalità sottoscritto a Palermo il 26 settembre 2016 dai prefetti delle province siciliane al fine di evitare tentativi di ingerenza criminale nelle concessioni amministrative ed incrementare gli sforzi diretti alla diffusione della cultura della legalità a tutela e garanzia dei cittadini. Accanto a questi settori, Cosa nostra ha saputo infiltrarsi anche nel settore della grande distribuzione alimentare, nel settore turistico alberghiero, nel settore delle scommesse e del gioco on-line (si segnala l’importante operazione “Game Over” del febbraio 2018), nell’industria manufatturiera, nel ciclo dei rifiuti, negli investimenti immobiliari, nei lavori connessi alla realizzazione degli impianti di energia da fonte rinnovabile e in tutti quei settori che usufruiscono di fondi statali e comunitari. Una importante testimonianza di tutto questo è l’affarismo riconducibile al noto latitante Matteo Messina Denaro, per il quale la DIA ha consentito l’adozione di numerosi provvedimenti emessi nei confronti di prestanome o soggetti con accertati rapporti con lo stesso, fra i quali la più recente confisca (nel 2018) di una società riconducibile ad un imprenditore già attivo nel settore turistico-alberghiero e in quello delle autovetture. Per quanto concerne i tradizionali settori prettamente criminali, emergono da sempre quello del racket, dell’usura, e del traffico di stupefacenti. Giusto nell’ottobre del 2018 la DIA, nell’ambito dell’operazione “Pars Iniqua” ha individuato a Partinico (PA) una grossa piantagione di Marijuana e un sito adibito all’essiccazione e stoccaggio dello stupefacente. Merita di essere citata anche l’operazione “Lampedusa” del novembre 2018 nei confronti di un’associazione a delinquere che si approvvigionava della sostanza stupefacente in Calabria allo scopo di rifornire le piazze di spaccio in Sicilia.
CAMORRA (pp. 146-202). Le dinamiche criminali della Camorra continuano ad essere molto complesse. Nel territorio viene rilevata la coesistenza di gruppi diversi per struttura e scelte operative. Accanto ai sodalizi minori, che operano attraverso l’uso della violenza, vi sono storiche e strutturate organizzazioni sempre più proiettate ad estendere il loro raggio d’azione e ad infiltrarsi silentemente nel mondo imprenditoriale, della politica e della pubblica amministrazione. Difatti, le più recenti indagini smentiscono la rappresentazione della camorra come un’organizzazione formata da piccoli gruppi che si contrappongono tra loro dando vita a faide, e definiscono invece il “sistema camorra” come un insieme di “sottosistemi” ognuno dei quali è costituito da sodalizi che – nella continua ricerca di nuovi metodi di controllo del territorio – evita di contrapporsi allo stato tramandandosi da generazioni il potere criminale. Tuttavia, “la perdurante vitalità della Camorra, è garantita non solo da una asfissiante infiltrazione sociale, ma anche dalle connivenze dei c.d. colletti bianchi, ai quali è demandato anche il compito di occultare i tesori dei clan”. Indicativa in proposito è l’operazione “Snake” conclusa nel mese di dicembre 2018 dalla DIA di Napoli e dalla Guardia di Finanza che ha fatto luce sull’esistenza di un’organizzazione capeggiata da un imprenditore che importava dalla Colombia ingenti quantitativi di stupefacenti per conto di alcuni clan camorristici.
Settori di attività. La principale attività criminale della camorra rimane il traffico degli stupefacenti, riscontrabile soprattutto nei centri storici delle città di Napoli, Avellino e Caserta. Dalle indagini risulta che i più strutturati gruppi camorristici – primi fra tutti i Casalesi – sono dotati anche di una spiccata vocazione imprenditoriale nell’economia legale, che coniuga finalità di riciclaggio alla produzione di ulteriori profitti. Quest’ultima avviene o attraverso la partecipazione in imprese sane, o operando direttamente con proprie ditte di riferimento. Nel caso del settore del gioco d’azzardo, ad esempio, si è riscontrata “la presenza di una rete di imprese collegate tra loro che si occupano dell’istallazione e della manutenzione delle Slot machine e della gestione delle sale e dei servizi di ristorazione”. I rapporti che legano il mondo imprenditoriale con i gruppi criminali trovano recente conferma in un provvedimento cautelare emesso il 2 ottobre 2018 a conclusione di un’indagine in cui è stato coinvolto un imprenditore contiguo ai Casalesi, grazie ai quali si sarebbe aggiudicato diversi appalti pubblici, in cambio del sistematico versamento di una quota degli importi e dell’appoggio ai latitanti. Da decenni la camorra ha esportato i suoi sistemi criminali anche fuori dalla regione. Per ragioni di vicinanza geografica, una delle aree dove le indagini hanno rilevato maggiore migrazione di clan camorristici è il Lazio, principalmente a Roma e nel Sud pontino, dove il Mercato Ortofrutticolo di Fondi (MOF) costituisce il più importante punto di interesse e nodo di connessione con le attività criminali di Cosa nostra. Si segnala la recente operazione “Aleppo” che ha portato all’arresto di sei soggetti dislocati tra Fondi, Terracina e Mondragone, e al sequestro di una società di trasporto di derrate alimentari, operante all’interno del Mercato. Nell’indagine è stata coinvolta la famiglia D’Alterio, originaria del sud pontino e contigua al clan camorristici casertani, che ha creato un monopolio di fatto sui trasporti “da e per” il MOF, imponendo anche una vera e propria tassa sui movimenti effettuati dalle altre ditte di trasporto.
MAFIE PUGLIESI (pp. 203-262). In riferimento alla Puglia, si riscontra una pluralità di organizzazioni che consentono di parlare di mafie e non di mafia. Questo dipende dalla conformazione territoriale della regione che, non avendo mai avuto una organizzazione criminale unita, si è andata frastagliando secondo la posizione geografica. Nella provincia di Foggia, operano la c.d. “Società foggiana”, “la mafia garganica” e la “mafia cerignolana”; nella provincia di Bari, “la camorra barese”; e nel Salento “la sacra corona unita”. Tutte le mafie pugliesi risultano particolarmente aggressive: il diffuso e sistematico ritrovamento di armi appartenenti alle singole cosche, parallelamente agli svariati fatti di sangue, conferma il potenziale militare delle cosche che non si fanno scrupoli a sparare anche di giorno. Il ricorso all’intimidazione anche nei confronti dei funzionari dello stato è anche sintomo di un’insofferenza nei confronti delle istituzioni: “sembra ripetersi in Puglia l’evoluzione già sperimentata dalle mafie storiche in altre regioni del meridione, con fasi di affermazione di una “giurisdizione territoriale” alternativa, che passa attraverso forme di assoggettamento, di omertà, e più in generale, di devianza sociale”.
Settori di attività. Nella tendenziale disomogeneità che contraddistingue i gruppi operanti nelle province, si registra a fattor comune una elevata specializzazione nel traffico di sostanze stupefacenti e in quello delle armi. In questi due settori le mafie pugliesi hanno dimostrato un’alta capacità di confrontarsi con le altre organizzazioni mafiose più strutturate. Nel narcotraffico, i collegamenti con le compagini criminali albanesi continuano ad essere attestati dalle numerose operazioni che documentano un flusso costante di stupefacenti tra l’Italia e l’Albania, primo paese al mondo produttrice di Marijuana e territorio di transito dell’eroina proveniente dall’Asia. Emblematica, a tal riguardo, è l’operazione “Drug Boat” che, “nell’evidenziare rilevanti risorse finanziarie e strumentali impiegate dal clan Velluto in una estesa attività di commercio di droga anche a livello transnazionale, ne ha messo in luce un ruolo attivo nella pianificazione e nella realizzazione dei traffici di droga direttamente in Albania”. I flussi illegali provenienti dall’area balcanica, alimentano anche l’approdo di clandestini. Oltre a questa proiezione verso l’estero, il “cambiamento di passo” dei più consolidati gruppi pugliesi si registra anche attraverso il reinvestimento dei guadagni illeciti nell’economia legale. Le cosche pugliesi, difatti, risultano in grado, al pari delle altre mafie, di utilizzare i canali finanziari internazionali. Nell’ambito di questa strategia, i clan stanno rivolgendo le proprie mire, oltre che nei più tradizionali settori (azzardo, rifiuti, edilizia, trasporto, e turistico-alberghiero), anche verso il settore agricolo, sfruttando sia il lavoro nero che le sovvenzioni pubbliche. In questo ultimo comparto, si registra ancora la piaga del caporalato, problematica alimentata in parte anche dall’economia locale che non esita a sfruttare la manodopera clandestina a basso costo, “cosa che impone una riflessione sulla necessità di ripristinare la filiera etica di certificazione del lavoro”. Le attività investigative dimostrano come anche in diverse località pugliesi si sia radicata un’area grigia in cui si incontrano interessi mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione. Emblematico quanto accaduto nel mese di settembre 2018 a Lecce, dove la Guardia di Finanza ha disarticolato un’associazione per delinquere (composta da criminali, politici, dirigenti, funzionari e dipendenti pubblici) finalizzata a condotte illecite tra cui corruzione elettorale, abuso d’ufficio, peculato e falso ideologico.
MAFIE STRANIERE CHE OPERANO IN ITALIA. I gruppi stranieri che operano in Italia interagiscono con le mafie italiane attraverso modalità differenti a seconda del territorio nel quale queste si inseriscono: se nel sud del paese operano con l’assenso delle organizzazioni italiane, nel nord agiscono in maniera molto più autonoma. Il carattere multietnico dell’operatività della gran parte di questi gruppi, a livello investigativo-giudiziario fa avvertire l’esigenza di ricorrere a procedure di proficua cooperazione tra le forze di polizia dei paesi interessati, con l’utilizzo di strumenti di contrasto comuni, che possono rendere più omogenea ed efficace la lotta alla criminalità transnazionale. In proposito si cita la recente e virtuosa esperienza degli apparati investigativi della DIA, l’operazione “Shefi”, conclusa nel marzo 2018 dal Centro operativo di Bari grazie allo sforzo congiunto di una squadra investigativa comune composta da funzionari italiani ed albanesi.
Settori di attività. Le attività censite dalle inchieste giudiziarie offrono uno spaccato delle potenzialità operative di una criminalità straniera sempre più integrata, in grado di gestire efficacemente le filiere illecite. I settori maggiormente remunerativi per le organizzazioni straniere restano immutati rispetto alle precedenti annate: traffico internazionale di stupefacenti (specialmente eroina e cocaina, che restano a fortissima connotazione transnazionale, nonché il principale interesse dei gruppi criminali albanesi, marocchini e nigeriani), traffico di armi, reati concernenti l’immigrazione clandestina connessi allo sfruttamento della prostituzione e al lavoro nero, la tratta degli esseri umani, e la contraffazione dei marchi.
Le principali organizzazioni criminali straniere presenti sul territorio italiano risultano essere la criminalità albanese, cinese, romena, quella proveniente dall’est Europa, quella sudamericana, nord-centro-africana, e nigeriana.
La criminalità albanese continua ad apparire tra le più pericolose in quanto risulta particolarmente abile a intessere proficue reti relazionali. La presenza capillare di questa criminalità è caratterizzata da forme associative ben strutturate in sodalizi e gruppi, composte da nuclei che si raccordano direttamente a propri referenti presenti in Albania. Il carattere della transnazionalità delle attività delittuose perpetrate dalla mafia albanese, la molteplicità degli ambiti illeciti verso i quali è interessata, e l’enorme disponibilità di armi e di risorse economico-finanziarie, sono tutti elementi che l’hanno resa tra le forme delinquenziali più aggressive e maggiormente in grado di concretizzare proficui rapporti con altre organizzazioni criminali.
La criminalità cinese, sulla base di controlli effettuati dalle forze di Polizia all’interno di laboratori ed esercizi di confezione, risulta presente principalmente in Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto e in Emilia Romagna. Questa forma di criminalità concentra le sue attività delinquenziali prevalentemente nel settore dell’immigrazione clandestina connessa al lavoro nero, in quello del traffico di droga (in particolare lo smercio della “Shaboo”, droga molto diffusa tra i giovani cinesi), nel settore della contraffazione dei marchi e in quello della prostituzione. Quest’ultimo, come sottolineato nella relazione, sta mostrando “segnali evolutivi, con confini territoriali e culturali ampliati: il mercato non è più solo circoscritto in casa o all’interno di centri massaggi a favore di una clientela principalmente cinese, ma estende l’offerta ad una platea più vasta secondo nuovi modelli operativi basati sull’interazione tra prostitute ed intermediari. Le prime, infatti, esercitano l’attività senza particolari vincoli e senza subire violenze, i secondi ricevono la percentuale sull’importo della prestazione per il solo impegno profuso nella ricerca di potenziali clienti”.
La criminalità romena, in continuità con i precedenti semestri, continua a prediligere i traffici delle sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, caporalato e i reati contro il patrimonio. Questi gruppi tendono ad agire in maniera autonoma, anche se negli ultimi anni sono molte le risultanze investigative che ne hanno evidenziato l’operatività in concorso con italiani, turchi e albanesi.
La criminalità est-europea. Nel periodo in esame, come in passato, continua ad emergere la spiccata propensione per i gruppi criminali originari dei paesi dell’ex Unione Sovietica verso le attività illecite riguardanti i reati contro il patrimonio, traffico di droga (principalmente hashish), sfruttamento della prostituzione, furti di rame e furti in appartamenti (soprattutto da parte dei cittadini provenienti dalla Bulgaria e dalla Georgia) attraverso la tecnica del “lockpicking”. Per quanto riguarda il settore dello sfruttamento della prostituzione, risulta di non poco conto l’interesse delle consorterie criminali in esame nel privilegiare il reclutamento di donne di nazionalità moldava, lettone, estone e bielorussa, per l’avviamento della prostituzione in strada o nei locali notturni della riviera romagnola, spesso affidandole a cellule che operano congiuntamente a gruppi criminali locali o di altra nazionalità extra-europea.
In riferimento alla criminalità sudamericana, non si sono registrate per il semestre in esame variazioni nella composizione dei diversi gruppi criminali, che continuano a delinquere cercando guadagni attraverso traffico di droga (cocaina), prostituzione e reati contro il patrimonio. Permane la pericolosità delle gang dei latinos e dei c.d. panidillas, diffuse soprattutto a Genova e Milano, composte prevalentemente da giovani di origine ecuadoriana e peruviana – accomunati il più delle volte da problemi di inserimento nel tessuto sociale – che si dedicano ad attività di spaccio, scippi e piccole rapine.
La criminalità Nord-centro africana continua a mostrare una spiccata vocazione al traffico di sostanze stupefacenti spesso interagendo con italiani e gruppi di altra nazionalità. Al fine di primeggiare nelle aree di spaccio, tali gruppi utilizzano metodi violenti funzionali all’affermazione della propria autonomia. Nel semestre in esame, è emerso come elemento innovativo che la criminalità nord-centro africana sta divenendo operativa anche nel settore delle estorsioni e del caporalato.
La criminalità nigeriana (pp. 506- 521), per la quale la presente relazione ha dedicato un focus a parte con l’obbiettivo di conoscerne meglio i tratti e quindi valutarne la potenzialità criminale, si è sviluppata soprattutto nelle regioni del nord Italia sfruttando i flussi migratori (i dati relativi alla presenza nigeriana in Italia sono disponibili nel Rapporto annuale elaborato per il 2018 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali). Lo spiccato associazionismo, il vincolo omertoso tra gli associati, e il timore infuso nelle vittime, sono tratti che hanno fatto luce su un modus operandi molto simile a quello delle mafie italiane. Basti pensare che l’accesso al gruppo, gestito e disciplinato dai vertici, prevede un vero e proprio rito di affiliazione e l’obbligo al finanziamento della confraternita. Il continuo ricorso alla violenza è funzionale ad assicurare ordine e coesione interna, scoraggiare eventuali spinte autonomistiche dei gruppi interni e punire coloro che disobbediscono alle regole dell’organizzazione. Le principali attività dei gruppi criminali nigeriani sono la tratta degli esseri umani e il traffico di stupefacenti. All’interno della tratta degli esseri umani, si inserisce il sistematico sfruttamento della prostituzione, attività criminale che viene controllata in ogni singola fase, dal reclutamento delle donne fino alla messa su strada. Nel corso degli ultimi anni, numerose sono le attività di indagine che hanno dato conto di questo tipo di fenomeno. In questa sede si richiama l’operazione “Trafficking”, eseguita dalla polizia di stato a Palermo nel marzo 2018, che ha permesso di disarticolare una organizzazione dedita allo sfruttamento della prostituzione di giovani donne, schiavizzate e costrette a prostituirsi. Per quanto riguarda il traffico degli stupefacenti, le attività di indagine hanno permesso di accertare l’esistenza di una struttura reticolare distribuita in moltissimi paesi, grazie alla quale i nigeriani riescono a garantirsi l’acquisto di stupefacenti nei luoghi di produzione. La droga viene poi portata in Italia per via aerea, marittima o terrestre, attraverso la particolare tecnica di trasporto “a grappolo” o “a pioggia”, che coinvolge un elevato numero di corrieri – ingoiatori di ovuli o occidentali incensurati – che utilizzano rotte differenziate così da limitare le perdite in caso di arresto di un corriere. Le aree maggiormente interessate al flusso degli stupefacenti sono la provincia di Caserta e Palermo, mentre nel nord abbiamo il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Per ultimo, importante sottolineare che la mafia nigeriana spesso si avvale della criminalità italiana, sfruttata come manovalanza con il compito di tagliare e spacciare la droga importata dall’estero, oppure come corrieri nell’ambito dei territori cittadini.
CONCLUSIONI. Si mette in evidenza la capacità delle organizzazioni criminali non solo di infiltrarsi nell’economia, ma anche di saper gestire e modulare i propri investimenti a seconda della realtà economico-sociale nella quale si inseriscono e delle prospettive che può offrire. I “reati spia” per eccellenza della presenza mafiosa sul territorio nazionale restano confermati il traffico e lo spaccio di stupefacenti, l’estorsione e l’usura. Questi ultimi generano un forte afflusso di denaro contante, con la conseguente necessità di reimpiegare questi capitali che, al netto dei costi sostenuti per essere riciclati, una volta immessi nel circuito legale impongono un cambio di prospettiva alla strategia mafiosa: è questo il vero momento di cesura tra la “vecchia mafia” e la “nuova mafia” imprenditrice, che adotta modelli manageriali per la gestione delle risorse e che crea vere e proprie reti al fine di accumulare capitale sociale composto da professionisti, burocrati, politici, imprenditori, e tutti quei soggetti in grado di facilitare il riciclaggio e di gestire le operazioni internazionali. Si tratta di un capitale relazionale composito – che costituisce l’area grigia – dove gli affari leciti e illeciti tendono a fondersi anche attraverso la corruzione dei pubblici funzionari. Questa compenetrazione nell’economia è divenuta una caratteristica comune a tutte le organizzazioni criminali, anche se la ‘ndrangheta riesce a proiettarsi all’estero e fuori regione con maggior vigore.
(a cura di Sara Giovannelli, studentessa del Master APC dell’Università di Pisa)