E’ stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 7 gennaio 2014 il nuovo Regolamento su funzionamento, accesso e consultazione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (DPCM n. 193 del 2014), così come previsto dal Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011, ed in particolare dall’art. 99).

Tale Banca dati, istituita presso il Ministero dell’Interno, è volta a facilitare le operazioni di rilascio della documentazione antimafia e gli altri adempimenti previsti dalla normativa antimafia e può essere utilizzata anche per scopi statistici. Grazie alla nuova Banca dati, infatti, le stazioni appaltanti e altre amministrazioni interessate ottengono il rilascio automatico della documentazione antimafia, collegandosi in via telematica alla stessa Banca dati, salvo che il soggetto non risulti censito oppure ci siano situazioni ostative o controindicanti stabilite dalla legge (in tal caso, le verifiche antimafia vengono condotte secondo un’istruttoria tradizionale affidata ai Prefetti).

La Banca dati contiene tutte le informazioni (dati identificativi dell’impresa, tipologia dei provvedimenti adottati etc) relative alle comunicazioni antimafia (liberatorie e interdittive), ai provvedimenti  di  diniego di  iscrizione  e  di  cancellazione  dagli  elenchi  di   fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori istituiti presso  le  Prefetture, alle violazioni  degli  obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari, ai procedimenti penali ed agli accertamenti effettuati dalle prefetture. La Banca dati opera in stretta sinergia con le altre banche dati esistenti (Direzione investigativa antimafia, Osservatorio  dei  contratti  pubblici, sistemi informativi delle Camere di Commercio, Ministero della Giustizia etc).

Sull’istituzione della banca dati vedi le osservazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 565 del 2017, che sottolinea l’importanza di tale strumento “considerato il carattere pervasivo ed espansivo, a livello economico, e la dimensione sovente transnazionale delle attività imprenditoriali da parte delle associazioni mafiose”: essa permette ora ai prefetti “di monitorare e di “mappare”, le imprese sull’intero territorio nazionale – o, addirittura, anche nelle loro attività svolte all’esterno – e nello svolgimento di qualsivoglia attività economica”.

(ultimo aggiornamento 13 febbraio 2017)