Premessa. La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha elaborato la consueta Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo luglio 2018 – dicembre 2019 (per le precedenti Relazioni clicca qui). Di seguito se ne sintetizzano alcuni aspetti.

Le cd. “mafie storiche”. La Relazione approfondisce le dinamiche e le evoluzioni delle principali forme di criminalità mafiosa di origine italiana. Indagini, sentenze e ordinanze cautelari confermano che le attività di ‘Ndrangheta, Cosa nostra, Camorra e delle due principali consorterie pugliesi, che operano nell’area di Bari e del foggiano, sono per molti aspetti in linea con la Relazione dello scorso anno. Per i dettagli si rimanda alle analoghe Relazioni elaborate nelle analisi semestrali della Direzione Investigativa Antimafia (leggi qui e qui).

Corruzione. L’ottavo capitolo affronta i temi di interesse della Direzione Nazionale Antimafia, tra cui quello della corruzione. A conferma di un trend ormai consolidato, la DNA ribadisce che la criminalità organizzata preferisce “negoziare” con i legittimi attori in campo invece di usare metodi tipicamente mafiosi, ovvero sempre meno ricorre alla forza e alla violenza.

“I sodalizi mafiosi infatti – recita una nota della DNA –  si sono mossi verso una sistematica e progressiva occupazione del mercato legale, manifestando una crescente attitudine a sviluppare le attività illecite in ambiti imprenditoriali, ove riciclano le imponenti risorse economiche che derivano dagli affari criminali. Naturalmente continuando nella gestione dei tradizionali affari criminali quali il traffico di stupefacenti, il commercio di armi, il contrabbando, la contraffazione, le estorsioni”.

Appalti e opere pubbliche sono l’ambito di interesse delle mafie, che attraverso la leva corruttiva e la collusione mirano a consolidare un sistema di relazioni forti. Buona parte dell’espansione dei clan passa per gli affidamenti pubblici. Infiltrare le amministrazioni locali, garantendosi l’assegnazione di opere pubbliche, non rappresenta quindi solo un’occasione per generale profitti. Ma contemporaneamente costituisce uno degli strumenti fondamentali per rafforzare il controllo del territorio e acquisire consenso sociale.

Questo è ancora più vero nel contesto economico attuale, condizionato dall’emergenza Covid-19. Infatti, oggi più di prima “l’impresa che risulta affidataria, o che partecipa ad una commessa pubblica, è in grado di generare importanti ricadute sul tessuto sociale”. Tutto questo si traduce in distribuzione di posti di lavoro, gestione di contratti di noleggi e forniture e quindi nella capacità di “fidelizzare” un numero elevato di persone.

Tuttavia è emerso che non sono solo le cosche a offrire i propri servizi, bensì sono gli stessi candidati a cercare il sostegno dei clan, mettendosi totalmente a disposizione del sodalizio. L’appoggio mafioso viene visto come determinante nella competizione elettorale. A conferma di questo trend crescente ci sono numerosi procedimenti. Uno su tutti l’indagine Geena della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, che ha documentato l’appoggio dei clan a diversi candidati autonomisti nelle elezioni amministrative dei Comuni di Aosta e di Saint Pierre, tanto da arrivare per quest’ultimo allo scioglimento per infiltrazioni mafiose.

I sistemi di affidamento. Le organizzazioni mafiose tendono a sfruttare la vulnerabilità dei politici o dei funzionari preposti all’aggiudicazione delle gare, “sensibili” ai meccanismi corruttivi e collusivi. Più raramente si passa all’intimidazione. Ma l’illegalità – come emerge dalla nota della DDA – non si ferma al solo affidamento dell’opera, ma riguarda anche la qualità del servizio fornito. Nella maggior parte dei casi la fornitura è scadente, quando non del tutto mancante; la realizzazione dell’opera è spesso inidonea e non corrisponde agli standard richiesti.

Gli appalti vengono pilotati in vario modo, sfruttando la compiacenza di funzionari pubblici, che risparmiano tempo e inventiva ai clan nel ricorrere a tecniche di manipolazione particolarmente sofisticate. Tra quelle più frequenti ci sono:

  1. capitolati redatti in modo da inserire specifiche caratteristiche possedute soltanto dall’impresa che si intende favorire;
  2. formazione pilotata delle commissioni aggiudicatrici;
  3. offerte concordate tra le ditte che partecipano alla gara;
  4. cartelli di imprese basati su un accordo di desistenza, deliberatamente orientato a favorire l’aggiudicazione, a rotazione, nei confronti di una di esse;
  5. adozione sistematica di procedure di rinnovo, o anche di procedure negoziate, creandone artatamente i presupposti come, ad esempio, l’assoluta urgenza;
  6. varianti in corso d’opera attraverso le quali si rendono remunerative offerte che, in sede di aggiudicazione, erano state aggiudicate grazie a fortissimi ribassi.

A confermare quanto sopra descritto, c’è ad esempio l’indagine “Cumbertazione” della DDA di Reggio Calabria che ha dimostrato come per una molteplicità di gare bandite da Comuni calabresi vigeva un accordo di cartello, a cui avevano aderito oltre 60 imprese, che regolava “l’aggiudicazione degli appalti tenendo conto degli interessi delle varie famiglie di ‘ndrangheta in tutta la regione”.

Il capitale sociale delle organizzazioni mafiose. La capacità delle organizzazioni mafiose di costruire reti di relazioni con soggetti appartenenti a diverse realtà e classi sociali si è sempre più affinata. È una rete di relazioni destinata ad accrescersi continuamente, in quanto la interazione del mafioso con un imprenditore, un politico o un professionista genera ulteriori contatti ed alimenta così il “capitale sociale” della mafia. In recenti procedimenti è emersa la sistematica affiliazione alla massoneria di alcuni associati, specificamente finalizzata ad avvicinare soggetti che ricoprono ruoli di rilievo nella società, pronti a scendere a patti con le famiglie criminali.

CRIMINALITÀ FINANZIARIA ED EMERGENZA COVID-19

Dalla ‘ndrangheta a Cosa nostra, dalla Camorra alla mafia Garganica i clan stanno allungando i tentacoli non sono sulla compravendita di forniture e servizi sanitari, ma anche direttamente sui finanziamenti messi a disposizione dallo Stato nel cosiddetto Decreto Liquidità licenziato dal governo in primavera.

Nella relazione la DNA evidenzia come le organizzazioni criminali abbiano mantenuto un apparente basso profilo nel gestire le attività illecite, cercando “di proporsi come fornitori di generi di prima necessità nell’ambito di iniziative pseudo-caritatevoli per acquisire e/o consolidare il consenso degli strati più popolari delle comunità cittadine”.

Ma dietro questa facciata di apparente immobilismo – avverte la nota della Direzione Nazionale Antimafia – non si sono mai fermati  i soliti business, a cui si aggiungono nuove esplorazioni finalizzate a mettere direttamente le mani sul “gettito monetario e dei cospicui contributi che l’Autorità di Governo e l’Unione Europea, hanno deciso di stanziare destinare, nell’ambito di un piano pluriennale, alle imprese e a tutti i settori produttivi del Paese”.

Le mafie  guardano lontano nello spazio e nel tempo, con una straordinaria capacità di ampliare gli orizzonti operativi e strategici nell’indirizzare quantità ingenti di denaro di provenienza illecita verso nuove opportunità derivanti dalla post-epidemia, quali quelle offerte dal settore sanitario, dalle forniture medicali, ma anche quelle offerte dai più tradizionali settori dell’edilizia, del turismo, della grande distribuzione, del comparto scolastico, ecc.”.

Per questo – avverte la DNA – bisogna rivolgere particolare attenzione alla fase di pre-investigazione, mettendo in atto strategie in materia di contrasto patrimoniale della criminalità organizzata, al fine di individuare quelle “pedine umane che sempre più spesso non si identificano nel mafioso tout court ma si ritrovano in quei circoli affaristico-politici, composti sovente da pezzi della burocrazia istituzionale in grado di agevolare, anche per il tramite di processi corruttivi, la realizzazione degli interessi e degli obiettivi illeciti perseguiti dall’organizzazione criminale”.

(a cura di Massimo Lauria, giornalista)