Premessa. La Commissione Finanze della Camera, nella seduta del 20 settembre 2016, ha ascoltato i rappresentanti della Direzione investigativa antimafia, che hanno svolto una dettagliata relazione sull’attività di contrasto della criminalità organizzata, con particolare riferimento al riciclaggio nel settore finanziario. Qui di seguito sono sintetizzati i contenuti principali dell’audizione.
Il peso della criminalità organizzata nell’economia. E’ stato analizzato il fenomeno delle infiltrazioni dei diversi gruppi criminali nell’economia e nelle istituzioni, già ampiamente sviluppato nell’ultima relazione semestrale della DIA: l’Istat stima in 15 miliardi di euro il volume dei traffici illegali; ma occorre valutare con estrema attenzione anche l’influenza negativa che la presenza di gruppi criminali esercita sugli investimenti, in particolare da parte di imprenditori esteri: senza la presenza dei gruppi criminali la Banca mondiale ritiene che tali investimenti negli ultimi anni sarebbero stati superiori del 15 per cento (pari a 16 miliardi di euro nel periodo 2006-2012). Si continua a registrare l’estensione delle mafie in territori diversi da quelli tradizionali (ad es. Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto), previ accordi per la ripartizione delle aree di influenza, anche se manca ancora una piena e generale consapevolezza delle dimensioni di tale fenomeno. E si sviluppano forme originali di penetrazione nell’economia e nelle istituzioni, combinando i modelli organizzativi classici, basati su forte vincolo associativo, con alleanze “flessibili” con soggetti estranei all’organizzazione, ma che facilitano l’infiltrazione nella società civile e politica.
Le attività della Direzione investigativa antimafia. La Dia rappresenta uno strumento essenziale di contrasto alle mafie, grazie alla cooperazione tra tutte le forze di polizia (polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria, corpo forestale) in grado di assicurare la massima circolarità delle informazioni ed un approccio organico delle indagini sui singoli episodi: un potenziamento degli organici sicuramente appare utile al fine di corrispondere alle richieste di assistenza specializzata che proviene dalle prefetture e dall’autorità giudiziaria. Rilevantissima è l’attività di prevenzione patrimoniale, con una crescita significativa dei beni confiscati alle mafie, grazie anche al perfezionamento delle tecniche investigative (la DIA ha realizzato anche un apposito vademecum): viene citata ad esempio l’operazione che ha riguardato il gruppo Virga, che in passato era un gruppo di braccianti e manovali, e oggi vanta un patrimonio sconfinato, con trust all’estero a cui sono intestati 700 beni immobili, grazie anche ad un sistema collaudato di aggiudicazione di appalti pubblici nel settore dell’edilizia. Altrettanto importante è l’opera di verifica della regolarità degli appalti, al fine di intercettare le risorse pubbliche che andavano a finire nelle mani della criminalità organizzata: l’Osservatorio centrale sugli appalti pubblici e il Sistema informatico rilevamento accesso ai cantieri (SIRAC) sono gli strumenti operativi per garantire un controllo efficace sul sistema delle aziende appaltatrici – e delle imprese che eseguono in concreto i lavori – esportando il sistema positivamente sperimentato con l’Expo di Milano (che ha consentito di coniugare la rapidità nell’istruttoria delle interdittive antimafia con l’indagine approfondita delle singole situazioni).
Segue: l’antiriciclaggio. Terzo filone dell’attività della DIA riguarda il contrasto del riciclaggio dei proventi dei traffici illeciti (droga, armi, prostituzione etc), attività estremamente complessa causa la continua commistione di profitti criminali con quelli legali nonché il forte ricorso a prestanome, a front man esterni all’organizzazione, oltre a sistemi e schermi operativi opachi volti a facilitare le operazioni di riciclaggio anche tramite transazioni internazionali. Il sistema italiano è stato giudicato molto positivamente anche dal GAFI (Gruppo d’azione finanziaria internazionale), anche se vanno intensificati gli sforzi, sia attraverso la definizione di nuovi strumenti normativi che tramite un sempre maggiore coinvolgimento delle banche, degli altri intermediari finanziari e dei professionisti: infatti, se da un lato sono in crescita, anche qualitativa, le segnalazioni delle operazioni sospette (85.000 nel 2015, tutte scrutinate dalla DIA), dall’altro le possibilità di utilizzo di tale strumento sono ancora ampie, se si considera che esse risultano ancora concentrate soprattutto in alcune regioni (Lombardia, Lazio, Campania). Le segnalazioni rilevanti sono tempestivamente segnalate all’autorità giudiziaria e all’Agenzia delle entrate per i provvedimenti di rispettiva competenza.
L’aggiornamento della legislazione. I rappresentanti della DIA sottolineano l’importanza di una sollecita approvazione dei progetti di legge di riforma del codice antimafia e riutilizzo dei beni confiscati, attualmente all’esame del Senato, e del recepimento della IV direttiva antiriciclaggio, che consentirà – tramite un registro generale – di conoscere esattamente chi sta dietro un trust. Essenziale appare inoltre la prosecuzione dell’opera di omogenizzazione della normativa tra i diversi Paesi (si cita come esempio il decreto legislativo n. 137 del 2015 sul reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca – leggi questa scheda) perché le “maglie larghe” di alcuni Stati sono utilizzate dalle mafie per portare avanti le loro operazioni di riciclaggio; vanno anche rafforzate le forme di collaborazione tra gli Organismi analoghi a livello internazionale, secondo le linee indicate dal progetto Antimafia Operational Network, promosso proprio dall’Italia.
(17 ottobre 2016)