Premessa. La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo ha presentato il 31 luglio 2019 la Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo luglio 2017 – giugno 2018 (per le precedenti Relazioni clicca qui). Di seguito se ne sintetizzano alcuni aspetti.

‘NDRANGHETA

I dati emersi dalle indagini e dalle sentenze emesse nel periodo di riferimento, confermano i profili sull’operatività delle ‘ndrine già emersi nelle precedenti Relazioni (vedi il tema dell’unitarietà della ‘ndrangheta, già sviluppato nella Relazione 2017).

In particolare sul concetto di “’ndrangheta unitaria” viene specificato che “i locali di ‘Ndrangheta mantengono piena autonomia, non solo operativa, ma anche decisionale, rispetto agli affari che esauriscono la loro portata ed i loro effetti, nello specifico territorio di competenza, dovendo, tuttavia, rapportarsi alla struttura di vertice del Crimine in Calabria, allorché gli interessi in gioco riguardino, invece, assetti più complessivi, la gestione di situazioni di respiro più ampio o, addirittura, il funzionamento e le regole di base dell’organizzazione, di cui, in quanto tali, va garantito il rispetto ovunque, in Italia come all’estero”.

La  “componente riservata”. La Relazione si sofferma sulla sentenza di primo grado del procedimento Gotha (marzo 2018), in cui sono confluite diverse indagini condotte dalla locale DDA. La sentenza riconosce l’esistenza di una componente “segreta o riservata della ‘Ndrangheta, a lungo occultata attraverso lo strumentale utilizzo di molteplici schermi personali, professionali, istituzionali e massonici, che ha costantemente pianificato le strategie operative delle componenti visibili dell’organizzazione mafiosa, nonché condizionato il funzionamento delle istituzioni e finanche degli organi di rango costituzionale, sfruttando le informazioni riservate provenienti da apparati informativi ed istituzionali e gestendo un enorme bacino di voti, strumento indispensabile per mantenere il controllo di organi elettivi, non solo a livello territoriale, ma anche sovraregionale”. Una vera e propria associazione segreta, perlopiù sconosciuta agli affiliati, in grado di ergersi come “centro strategico dell’organizzazione”.

Tanto in Calabria quanto nel resto del Paese le ‘ndrine si presentano oggi come un’organizzazione in grado di permeare tutti i gangli della Pubblica Amministrazione, attraverso un “rapporto privilegiato” con alcuni amministratori locali, grazie alla capacità di creare e conservare “consenso popolare”. Sono inoltre capaci di avere “disponibilità” di imprenditori attivi “in tutti i settori economici”. Queste caratteristiche rendono la ‘Ndrangheta unica nel panorama nazionale e le consentono di “perseguire l’obiettivo dell’arricchimento, del guadagno, conservando, al contempo, il potere grazie a quella capacità intimidatoria costruita nel tempo”.

Leggi il paragrafo su il controllo degli stupefacenti

COSA NOSTRA

La morte di Salvatore Riina nel 2017 continua ad influenzare le dinamiche interne a Cosa Nostra (aspetto più volte evidenziato dalle Relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia).

Il timore che la corsa alla successione ai Corleonesi, e il ritorno in Sicilia dei cosiddetti “scappati” – gli sconfitti della guerra di mafia degli anni Ottanta – potesse innescare una lunga scia di sangue è stato finora smentito dai fatti. È invece “venuta alla luce la capacità camaleontica di Cosa Nostra di scegliere la strada di una pacifica convivenza anche con i c.d. perdenti, tornati sul territorio, al fine di evitare che l’inasprirsi della repressione giudiziaria, conseguente ai fatti omicidiari, potesse interferire con i consolidati meccanismi di produzione di reddito criminale, proveniente dai traffici di stupefacenti, dalle estorsioni, dalle infiltrazioni nel settore di giochi e scommesse e dagli altri meccanismi di controllo e di snaturamento dell’economia legale, non ultime le costanti infiltrazioni nell’economia degli appalti pubblici e privati”. Anche quest’anno la Direzione Nazionale Antimafia riporta i tentativi di Cosa nostra di ricostituire un organismo simile alla Commissione provinciale, che prima delle stragi rappresentava il centro del potere della mafia siciliana; tentativi continuamente frustrati dalle investigazioni di magistratura e forze dell’ordine.

Sanità, petrolio, pascoli: gli affari. “Le più attuali acquisizioni investigative, oltre a documentare l’interesse di compagini criminali nella sanità pubblica e privata, nel contrabbando transnazionale di prodotti petroliferi e nel settore delle forniture di generi alimentari presso i centri di accoglienza per immigrati, hanno ribadito l’operatività di articolazioni mafiose anche in ambiti che, seppure non di primaria importanza, risultano comunque remunerativi e funzionali al controllo del territorio.  Inoltre, vanno rilevate nuove evidenze in settori di antica tradizione mafiosa, quali l’imposizione della c.d. guardiania, la commissione di rapine e l’abigeato. Quest’ultimo contesto, e più in generale il settore zootecnico e dello sfruttamento dei terreni ai fini del pascolo nell’area del Parco dei Nebrodi, è stato recentemente esplorato nell’ambito dell’indagine Nebrodi e dell’indagine Nibelunghi, che hanno accertato gli interessi della c.d. mafia agricola verso la concessione degli ingenti contributi comunitari erogati dall’A.G.E.A. [Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, ndr] e destinati al settore agricolo”.

CAMORRA

Anche relativamente alla Camorra – o per meglio dire “Camorre” – la Direzione Nazionale Antimafia conferma come principali elementi che la caratterizzano gli aspetti già emersi nelle precedenti Relazioni, a partire da una perdurante frammentarietà (vedi Relazione 2018) e dalla difficoltà di tracciarne delle linee evolutive.

Una mafia fluida. Non esiste un fenomeno criminale omogeneo: la discontinuità e la “pulviscolarità” dei gruppi che operano la rendono, secondo la definizione data dalla DNA, una mafia fluida. “Le strutture organizzative si sovrappongono le une alle altre, generando forme ibride, frutto di veloci processi di decomposizione e ricomposizione, in modo incerto e temporaneo, volatile. Un continuum che non possiede la trasparenza della liquidità, ma porta con sé l’opacità della melma, nella quale si smarriscono confini e riferimenti, si alterano i rapporti di forza, si nascondono i veri detentori del potere. Una vischiosità in cui la forza bruta della violenza e i metodi intimidatori si sposano con più raffinate tecniche di persuasione, di convincimento. I mondi e gli scopi illegali trovano la loro dimensione, prima subdolamente parassitaria e, poi, prepotentemente monopolistica, negli istituti e nei circuiti legali, che vengono infettati, corrotti, condizionati.

Collaborazioni temporanee, non alleanze. Non siamo di fronte al caos ma ad una realtà criminale che è data dalla coesistenza di nuclei compatti, spesso autosufficienti, che per ragioni vocazionali o successorie- sviluppano caratteristiche peculiari e maturano abilità criminali specialistiche. Ciò comporta una elevata mutevolezza delle alleanze tra i vari gruppi: esse spesso non assurgono neppure alla condizione di veri/stabili patti vincolanti, dovendosi  perlopiù riscontrare l’esistenza di meri accordi temporanei, una sorta di joint venture, finalizzati alla realizzazione di specifici progetti comuni. Collaborazioni delinquenziali destinate a terminare quando l’obiettivo comune sia stato raggiunto e pronte a ricostituirsi, anche con partner prima nemici tra loro, in una sarabanda di doppi giochi e tradimenti, non di rado suggellati da omicidi o da azioni clamorosamente violente”.

La scomparsa dei capi carismatici e gli affari (si veda a tal riguardo la Relazione della DIA del 1°semestre 2018)

LA CRIMINALITÀ PUGLIESE

La Direzione Nazionale Antimafia in merito alla criminalità operante in Puglia distingue due tipologie di consorterie che operano nella regione, che si differenziano per fisionomia: quella operante nell’area di Bari e quella che opera nel foggiano e nel Gargano. Quest’ultima, come più volte sottolineato dagli investigatori negli ultimi anni (leggi qui) presenta un quadro particolarmente allarmante, a causa dei ripetuti fatti di sangue che si sono verificati nel biennio 2017-2018.

Le mafie foggiane secondo gli investigatori coniugano tradizione e modernità. “La tradizione è quella del familismo mafioso tipico della ‘ndrangheta e della ferocia spietata della camorra cutoliana; la modernità, invece, è la vocazione agli affari, la capacità di infiltrazione nel tessuto economico-sociale, la scelta strategica di colpire i centri nevralgici del sistema economico della provincia,  cioè l’agricoltura, l’edilizia e il turismo.  Pur potendo distinguere all’interno del circondario di Foggia due aree, quella foggiana e quella garganica, caratterizzate da una diversa economia, l’immagine complessiva della mafia del circondario ha una caratterizzazione unitaria e completamente diversa da quella della criminalità organizzata del circondario di Bari. Trattasi di una mafia chiusa, impenetrabile e saldamente legata a valori mafiosi ai quali – a causa della prevalente composizione familiare dei sodalizi – si intrecciano quelli familiari”. I tratti di modernità dei sodalizi foggiani si evidenziano anche nella capacità di farsi imprenditori, dimostrando una capacità di tessere relazioni anche con altri gruppi criminali, come quello dei Casalesi.

LA CRIMINALITÀ  DI ORIGINE STRANIERA

Un progressivo radicamento. In estrema sintesi potrebbe essere questa la descrizione della storia delle mafie straniere in Italia, oggi capaci di gestire “in proprio” alcune attività criminali, non esercitate o lasciate esercitare dalle mafie italiane. Operative e sempre più strutturate nel nostro Paese, con propaggini e collegamenti in altre nazioni occidentali quali Francia, Germania, Inghilterra, Olanda e Belgio.

Il rapporto tra mafie autoctone e straniere si sta “intensificando”. Particolarmente significativa è in tal senso la presenza della mafia nigeriana nel Sud Italia, proprio nelle regioni di nascita delle mafie italiane, dove è più asfissiante il loro controllo del territorio. Si fa strada la criminalità albanese nella gestione del traffico degli stupefacenti, settore dominato dalla ‘ndrangheta).

“Gli episodi di conflitto anche violento ed armato accertati dalle Forze dell’Ordine e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia autorizzano ipotesi di non piena e stabile sintonia ma di tolleranza e collaborazione utilitaristica tra le due mafie, alla ricerca di un vantaggio economico che potrebbe essere pregiudicato dai contrasti e dalle concentrazioni di Forze dell’Ordine nei territori in cui si manifestano. In molti casi è stato accertato il pagamento di un quantum da parte delle mafie straniere a quelle tradizionali come riconoscimento della sovranità territoriale, ma il dato non può essere esteso a tutto il territorio nazionale”.

Leggi il paragrafo su criminalità nigeriana, albanese, rumena e cinese.

LA CORRUZIONE

L’ottavo capitolo della Relazione tratta i poli di interesse della Direzione Nazionale Antimafia, tra cui quello della corruzione, tematica indipendente ma interconnessa con le attività della criminalità organizzata nel nostro Paese. La DNA ribadisce un concetto emerso più volte negli ultimi anni: le mafie ricorrono meno alla violenza e puntano maggiormente a creare una rete, un sistema corruttivo-collusivo.

Fattore strategico per l’espansione mafiosa. “Le intimidazioni, l’aggressione, le lesioni, l’omicidio vengono attuati soltanto quando risultano indispensabili per realizzare gli scopi dell’associazione, nella consapevolezza che, in una società evoluta, l’utilizzo sistematico della violenza finisce per elevare il livello di attenzione delle istituzioni, con conseguente danno per l’operatività delle stesse organizzazioni criminali. Come osservato dalla Cassazione è in atto una sorta di mutazione genetica delle associazioni mafiose che tendono a vivere sott’acqua, cioè mimetizzandosi nel momento stesso in cui si infiltrano nei gangli dell’economia produttiva e finanziaria e negli appalti e servizi pubblici. Insomma, la corruzione è ormai uno dei fattori strategici per l’espansione mafiosa”.

Tale espansione si consolida attraverso il “condizionamento degli amministratori locali e/o la corruzione di funzionari locali, che diventano così le pedine di un gioco criminale finalizzato ad incrementare ed estendere il potere mafioso”. Tale strategia si evidenzia nell’alto numero di Amministrazioni locali sciolte per infiltrazione mafiose negli ultimi anni (vedi l’apposita sezione sul sito di Avviso Pubblico). I legami criminali tra consorterie mafiose e pezzi della macchina amministrativa e politica dei governi locali provocano, inevitabilmente, l’inquinamento delle procedure di affidamento pubblico.

Com’è noto, la presenza della mafia nell’economia legale si palesa nel settore degli appalti di opere pubbliche (fornitura, produzione e distribuzione degli inerti, edilizia, cantieri stradali, ciclo del cemento) e si estende in altri settori quali lo smaltimento dei rifiuti, la ristorazione, la gestione di hotel e villaggi turistici, il gioco d’azzardo, il comparto della sanità, il sistema dell’accoglienza agli immigrati.

Un sistema illegale che si autoalimenta. “A fronte di una persistente e grave congiuntura economica quale quella che il nostro paese da tempo sta affrontando, e che non accenna a ridimensionarsi, la gestione (diretta o indiretta) di un’impresa affidataria di commesse pubbliche, come pure il controllo di una società partecipata da un ente territoriale, o la presenza in un consorzio pubblico, hanno importanti ricadute sul tessuto sociale. Si tratta di situazioni che consentono di affidare subcontratti, di offrire posti di lavoro, di gestire i contratti di nolo e di fornitura, e dunque di fidelizzare all’organizzazione mafiosa un numero rilevante di persone. E proprio attraverso tale fidelizzazione le mafie riescono poi ad orientare vaste aree della popolazione nell’esercizio del diritto di voto, e dunque a far eleggere amministratori che subiranno il condizionamento mafioso e che pertanto conferiranno nuovi appalti, così chiudendo il cerchio in un sistema di illegalità che si autoalimenta”.

I sistemi di affidamento. “Le modalità concrete con cui, attraverso tali accordi corruttivi, vengano pilotate le gare di appalto sono davvero varie, anche se, di fatto, l’appoggio compiacente di funzionari pubblici ha ridotto la necessità di ricorrere a tecniche di manipolazione delle gare particolarmente sofisticate”. Tra quelle più frequentemente utilizzate si possono citare:

  1. i capitolati redatti inserendo specifiche caratteristiche possedute soltanto dall’impresa che si intende favorire;
  2. la formazione pilotata delle commissioni aggiudicatrici;
  3. le offerte concordate tra le ditte che partecipano alla gara;
  4. i cartelli di imprese basati su un accordo di desistenza, deliberatamente orientato a favorire l’aggiudicazione, a rotazione, nei confronti di una di esse;
  5. l’adozione sistematica di procedure di rinnovo, o anche di procedure negoziate, creandone artatamente i presupposti come, ad esempio, l’urgenza;
  6. le varianti in corso d’opera attraverso le quali si rendono remunerative offerte che, in sede di aggiudicazione, erano state affidate grazie ai forti ribassi praticati.

L’interesse mafioso verso gli Enti locali. “Le imprese infiltrate dalla mafia hanno privilegiato gli appalti banditi dal circuito delle autonomie comunali e regionali. La concentrazione del fenomeno negli affidamenti gestiti dagli enti territoriali risponde a varie motivazioni:

  • Sovente la mafia gioca di anticipo, favorendo o determinando l’elezione, nei consigli comunali e regionali, di soggetti ritenuti in grado di acquisire posizioni di rilievo nell’amministrazione, così da poter poi chiedere il conto – una volta eletti – in termini di affidamenti, autorizzazioni edilizie, forniture ed altri vantaggi. Le analisi più recenti consentono di affermare che più che puntare su un candidato da appoggiare tramite il tradizionale voto di scambio, la mafia persegue, in non pochi casi, l’elezione di rappresentanti direttamente espressi dagli ambiti criminali.
  • Nei contesti storicamente controllati dalle famiglie mafiose, nel corso del tempo è stata favorita l’assunzione, nei posti chiave degli apparati comunali, di soggetti contigui alle consorterie criminali, in grado di manovrare abilmente le leve della macchina amministrativa con la finalità di condizionare il sistema di aggiudicazione.
  • Le procedure relative agli affidamenti gestiti dalle amministrazioni locali, non sono presidiate dalle cautele e dai sistemi di controllo predisposti per le opere di rilievo nazionale, cosicché la loro forzatura risulta più semplice.
  • Occorre considerare che in un periodo caratterizzato da un imponente debito pubblico, da risorse pubbliche molto limitate, sono ben poche le opere pubbliche a livello nazionale finanziate e destinate alla realizzazione, cosicché la maggior parte degli appalti è bandita, necessariamente, dagli Enti locali. Essi sono pertanto divenuti il più rilevante centro di imputazione della spesa pubblica, e proprio per questo sono il contesto in cui le organizzazioni mafiose trovano conveniente operare.

ALTRI POLI DI INTERESSE

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)