1. Premessa. Per agevolare l’applicazione del d. lgs. 97/2016 sono intervenute le Linee guida dell’ANAC del dicembre 2016 e la circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica Amministrazione del maggio 2017: qui di seguito sono sintetizzati i profili organizzativi, operativi e procedurali, rinviando a successive schede gli approfondimenti sui problemi interpretativi emersi nel primo periodo di attuazione, anche alla luce della giurisprudenza (clicca qui e qua).

2.Principi generali e orientamenti. L’accesso civico mira a rafforzare il carattere democratico dell’ordinamento, promuovendo un dibattito pubblico informato e un controllo diffuso sull’azione amministrativa. Ciascuna Amministrazione può disciplinare con regolamento, circolare o altro atto di natura interna esclusivamente i profili procedurali e organizzativi (uffici competenti, modalità di presentazione istanze etc), senza però introdurre limitazioni ulteriori rispetto a quanto previsto dalla normativa generale (come precisato dalla circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; vedi anche sentenza del Tar Liguria n. 434 del 2018): i profili di rilevanza esterna, cioè quelli che incidono sull’estensione del diritto (ad esempio in tema di limiti al principio dell’accessibilità) sono coperti da riserva di legge. Ciascuna Amministrazione è, quindi, chiamata ad applicare i limiti imposti dalle nuove previsioni legislative, tenendo nella dovuta considerazione le richiamate Linee guida dell’ANAC, oggetto di periodico aggiornamento in base alla evoluzione della prassi. Si ricorda che, a differenza del diritto di accesso civico “semplice”, il solo limite al diritto di conoscere è rappresentato dagli interessi pubblici e privati espressamente indicati all’art. 5 bis ed è inammissibile il rifiuto fondato su altre ragioni. Se dal punto di vista soggettivo l’accesso civico generalizzato non ammette restrizioni alla legittimazione del richiedente, dal punto di vista oggettivo il diritto è tendenzialmente onnicomprensivo fatti salvi i limiti contenuti nell’articolo 5 bis, commi 1-3. Nell’applicazione della normativa vengono affermati due significativi orientamenti: in primo luogo, l’Amministrazione è tenuta ad applicare un favor verso il diritto alla conoscenza, una sorta di principio della tutela preferenziale verso quest’ultimo: nei casi di dubbio, le Amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo e, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda, la stessa dovrà essere trattata come richiesta di accesso generalizzato. In secondo luogo, le Amministrazioni dovranno privilegiare il criterio del minor aggravio possibile nell’esercizio del diritto, per cui non potranno pretendere dal richiedente l’adempimento di formalità o oneri procedurali, ponendoli come condizioni di ammissibilità della domanda di accesso. Secondo quanto riportato dalla circolare si deve ritenere in linea di principio contraria alle finalità della disciplina, la possibilità di dichiarare inammissibile una domanda di accesso generalizzato per motivi formali o procedurali.

3.Modalità di presentazione della richiesta. Per la presentazione delle richieste di accesso la legge non prevede nessun requisito come condizione di ammissibilità. Con il fine di agevolare l’esercizio del diritto d’accesso da parte dei cittadini, è opportuno che ogni Amministrazione renda disponibile sul sito istituzionale nella sezione “Amministrazione trasparente” e con apposito link nella home page, tra le altre cose: delle istruzioni per l’uso, quali la modulistica e l’indirizzo di posta elettronica dedicato  (dettagliatamente indicate anche nella circolare della Funzione pubblica), oltre che informazioni generali sulla procedura da seguire per presentare una domanda di accesso, i rimedi disponibili (procedura di riesame e ricorso in via giurisprudenziale), in caso di mancata risposta dell’Amministrazione entro il termine di conclusione del procedimento o nel caso di rifiuto parziale o totale dell’accesso. Il mancato utilizzo della modulistica predisposta dalla singola Amministrazione non può peraltro costituire motivo per rinviare l’accesso agli atti, in presenza di una puntuale identificazione della documentazione richiesta (così il Tar Palermo, sentenze nn. 1704 e 1752 del 2018).

Di seguito, a titolo esemplificativo, si riportano, fra i plurimi disponibili online per ciascuna amministrazione alcuni moduli di richiesta che, di norma prevedono l’opzione per un unico modulo per tutti e tre i tipi di accesso a oggi vigenti nel nostro ordinamento, con le dovute distinzioni di disciplina e di ambito soggettivo e oggettivo di applicazione (si veda qui) ovvero diversi moduli per ciascun tipo di accesso (si veda qua e qui).

3.1.L’identificazione dell’oggetto della richiesta. In base alla norma sopracitata è sufficiente che l’istanza di accesso “identifichi” i dati o i documenti che si vuole ottenere e non è richiesta motivazione (anche se la motivazione può essere utile ai fini di una corretta individuazione dei documenti richiesti). Nel valutare l’adeguatezza di tale identificazione le pubbliche amministrazioni devono, pertanto, tener conto della difficoltà che il richiedente può incontrare nella precisa individuazione di dati e documenti di suo interesse. Nei casi di domanda formulata in termini talmente vaghi da non consentire di identificare l’oggetto della richiesta (cosiddetta richiesta generica), questa dovrebbe svolgere un ruolo di “assistenza” al cittadino perché si possa procedere a una migliore ridefinizione dell’oggetto della domanda: prima di dichiarare la domanda inammissibile, secondo l’ANAC “l’Amministrazione destinataria della domanda dovrebbe chiedere di precisare l’oggetto della richiesta”.

3.2.L’identificazione del richiedente. L’identificazione del richiedente è indispensabile ai fini di una corretta gestione delle domande e va quindi intesa come condizione di ricevibilità della richiesta. In caso, comunque, di richiesta anonima o di soggetto incerto, l’Amministrazione deve comunicare al richiedente la necessità di identificarsi.

3.3.Invio della richiesta: modalità e istruzioni per l’uso. Ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013 l’istanza può essere trasmessa per via telematica e in questo caso si applica l’art. 65, comma 1, del decreto lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione digitale- CAD) senza però escludere altre possibilità, per cui qualsiasi modalità deve ritenersi ammissibile.

4.Uffici competenti. Per quanto concerne la gestione delle domande e la relativa organizzazione interna il decreto trasparenza presuppone la distinzione tra tre tipologie di competenze: la prima a riceverle, la seconda a decidere sulle stesse e la terza sulle richieste di riesame. Un punto di particolare importanza per la Funzione Pubblica consiste, poi, nella raccomandazione – fatta alle Amministrazioni – di adottare delle soluzioni organizzative individuando, in particolare, “delle risorse professionali adeguate, che si specializzano nel tempo, accumulando know how ed esperienza” e che ai fini istruttori possano dialogare con gli uffici che detengono i dati richiesti”, in questo senso si immagina una sorta di centri di competenza o di help desk, che possa assistere gli uffici della medesima Amministrazione nella trattazione delle singole domande, oltre che nella capillare diffusione interna delle informazioni riguardanti gli strumenti impiegati dall’Amministrazione per attuare la normativa sull’accesso generalizzato e nella disseminazione di buone pratiche e di indicazioni operative provenienti dalle autorità centrali che, appunto, monitorano e orientano l’attuazione del d.lgs. n.97/2016.

4.1.La competenza a ricevere le richieste. La richiesta può essere presentata alternativamente all’ufficio che detiene i dati e i documenti, all’Ufficio relazioni con il pubblico ovvero ad altro ufficio indicato dall’Amministrazione nella Sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale. Si tratta di uffici tutti competenti a ricevere le domande di accesso che, se non coincidono con l’ufficio competente a decidere sulle medesime, devono trasmetterle a quest’ultimo tempestivamente. Interessante è notare, inoltre, che qualora sia palese che la domanda è stata erroneamente indirizzata a una Amministrazione diversa da quella che detiene i dati o documenti richiesti, l’ufficio ricevente deve inoltrare la domanda all’Amministrazione competente ma deve anche darne comunicazione al richiedente, specificando peraltro che il termine di conclusione del procedimento decorre dalla data du ricevimento della richiesta da parte dell’ufficio competente. In quest’ambito un’importante precisazione attiene al ruolo del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (di seguito RPCT), il quale può ricevere soltanto le domande di accesso civico semplice, in caso ciò non avvenga quest’ultimo provvede a inoltrare tempestivamente la stessa all’ufficio competente a decidere sulla domanda oggetto di invio (art. 5 comma 3 del d.lgs. n. 33/2013).

4.2.La competenza a decidere sulla domanda. La competenza a decidere se accogliere o meno una richiesta di accesso è attribuita all’ufficio che detiene i dati o i documenti richiesti, ufficio che dovrebbe coincidere con quello competente nella materia a cui si riferisce la richiesta (competenza ratione materiae), ma nei casi dubbi si deve privilegiare il criterio fattuale del possesso degli stessi dati o documenti che sono stati richiesti.

4.3.La competenza a decidere in sede di riesame. Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine, […] il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” (art. 5, comma 7 d.lgs. n. 33/2013), il quale decide con provvedimento motivato entro il termine di venti giorni. Nel caso in cui i documenti siano detenuti dal responsabile che dunque è competente a decidere in sede di prima istanza, appare necessario che l’Amministrazione individui preventivamente un diverso ufficio eccezionalmente competente a decidere sulle domande di riesame. Si ricorda, inoltre, che l’Ufficio competente per il riesame deve essere indicato al richiedente in caso di rifiuto totale o parziale della richiesta.

5.I tempi e i termini della decisione. Sul rispetto dei tempi, la circolare ricorda che il termine per la conclusione del procedimento di accesso è di trenta giorni e decorre dalla presentazione della istanza (non dalla data di acquisizione al protocollo); è fissato dal legislatore; non è derogabile (salvo l’ipotesi di sospensione fino a dieci giorni nel caso di comunicazione della richiesta al controinteressato) e deve dare luogo alla adozione di un provvedimento espresso e motivato da comunicare al richiedente e agli eventuali controinteressati. Non è, pertanto, ammesso il silenzio-diniego e si aggiunge che l’inosservanza del termine sopra indicato costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’Amministrazione e viene anche valutata nei termini di “retribuzione di risultato” e di “performance individuale dei responsabili”.

6.“L’accesso parziale” ai documenti. Nelle Linee Guida dell’ANAC è indicato che, in attuazione dei principi di necessità, proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, “il soggetto destinatario dell’istanza, nel dare riscontro alla richiesta di accesso generalizzato, dovrebbe in linea generale scegliere le modalità meno pregiudizievoli per i diritti dell’interessato, privilegiando l’ostensione di documenti con l’omissione dei dati personali in esso presenti, laddove l’esigenza informativa, alla base dell’accesso generalizzato, possa essere raggiunta senza implicare il trattamento dei dati personali. In tal modo, tra l’altro, si soddisfa anche la finalità di rendere più celere il procedimento relativo alla richiesta di accesso generalizzato, potendo accogliere l’istanza senza dover attivare l’onerosa procedura di coinvolgimento del soggetto controinteressato (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013)”. Al riguardo, deve essere ancora evidenziato che l’accesso generalizzato è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione “Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, quando l’oggetto della richiesta di accesso riguarda documenti contenenti informazioni relative a persone fisiche (e in quanto tali “dati personali”) non necessarie al raggiungimento del predetto scopo, oppure informazioni personali di dettaglio che risultino comunque sproporzionate, eccedenti e non pertinenti, l’ente destinatario della richiesta dovrebbe accordare l’accesso parziale ai documenti, oscurando i dati personali ivi presenti.

7.Il dialogo con i richiedenti. A seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 97/2016 e, più in generale, secondo le finalità di partecipazione e accountability delle pubbliche Amministrazioni, introdotte dal cosiddetto modello FOIA, secondo la circolare sarebbe auspicabile che le Amministrazioni si adoperassero per soddisfare l’interesse conoscitivo su cui si fondano le domande di accesso ed evitassero atteggiamenti ostruzionistici. Per questo si parla di un “dialogo cooperativo” con il richiedente secondo un’idea per cui l’Amministrazione dovrebbe comunicare con il richiedente, in alcuni momenti in particolare e cioè: subito dopo la presentazione della domanda (al fine di rilasciare una ricevuta che attesti l’avvenuta presentazione della richiesta; chiedere a chi ha formulato la richiesta di identificarsi nel caso in cui non lo abbia fatto; chiedere alcuni chiarimenti circa l’oggetto della richiesta o una sua eventuale ridefinizione; confermare che l’invio dei dati o documenti richiesti avverrà in formato digitale, salvo che una diversa modalità di trasmissione sia stata indicata dal richiedente e non risulti eccessivamente onerosa per l’Amministrazione; indicare gli eventuali costi di riproduzione derivanti dalle diverse modalità di accesso) ed entro il termine di conclusione del procedimento (al fine di comunicare al richiedente la decisione motivata relativa alla sua domanda; in caso di accoglimento della richiesta, trasmettere la documentazione richiesta contestualmente; in caso di rifiuto della richiesta, comunicare le ragioni del diniego e indicare i mezzi di riesame e di ricorso giurisdizionale esperibili): l’utilizzo della tecnica degli omissis permetterebbe in molti casi di soddisfare sia l’interesse conoscitivo del richiedente sia le esigenze di tutela della riservatezza degli altri soggetti coinvolti.

Una particolare attenzione deve essere, quindi dedicata alle richieste che provengono dai mass media e, per queste ragioni “si raccomanda alle Amministrazioni di valorizzare la possibilità di pubblicare informazioni anche diverse da quelle oggetto di pubblicazione obbligatoria”, nonché a dare corso a comunicazioni tramite i cosiddetti social media. L’utilità della motivazione che – si ricorda –  formalmente non è necessaria, può però consistere e sostanziarsi nell’individuazione delle modalità di risposta più aderenti e confacenti alle necessità dell’istante che avanza la richiesta.

8.Il ruolo dei “controinteressati”. L’Amministrazione, per ciascuna domanda di accesso, deve verificare l’eventuale esistenza di controinteressati (verifica che – viene da sé – non è necessaria nel caso in cui la richiesta abbia ad oggetto dati la cui pubblicazione è prevista dalla legge come obbligatoria). Vi è, dapprima, una fase di individuazione dei controinteressati, definiti nella circolare come “tutti i soggetti (persone fisiche o giuridiche) che, anche se non indicati nel documento cui si vuole accedere, potrebbero vedere pregiudicati loro interessi coincidenti con quelli indicati dal comma 2 dell’articolo 5-bis (protezione dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali)”. La circostanza secondo cui, per esempio, dati e documenti facciano riferimento a soggetti terzi, non fa di questi dei soggetti qualificabili come “controinteressati”. Occorre, invece, al fine di un corretto inquadramento, valutare il “pregiudizio concreto” ai sopracitati interessi, che i “controinteressati” potrebbero subire, proprio in conseguenza dell’accesso. Nel caso in cui siano stati individuati eventuali controinteressati, l’Amministrazione ha il compito di comunicare loro di aver ricevuto la domanda di accesso concedendo un termine di dieci giorni per la presentazione di opposizione motivata e consentendo così di intervenire eventualmente nel procedimento. Al fine, poi, di agevolare la tutela degli interessi privati e, al contempo, di velocizzare la procedura, appare opportuno che l’Amministrazione indichi nella comunicazione ai controinteressati anche le modalità di presentazione dell’eventuale opposizione all’accesso. Poiché l’Amministrazione non può assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato, la normativa prevede, quindi, l’ipotesi esplicita di “accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato”, da comunicare al controinteressato medesimo. In queste situazioni la normativa rimette sempre all’Amministrazione destinataria della richiesta il potere di decidere sull’accesso, la quale deve valutare sia la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (se esplicitato del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare. Particolare attenzione dovrà essere comunque posta dall’Amministrazione nella motivazione sia in caso di accoglimento che di diniego.

I dati e i documenti non possono essere inviati prima di quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di accoglimento della domanda di accesso da parte del controinteressato, tutto ciò con l’obiettivo di consentirgli di attivare gli strumenti di tutela previsti contro il provvedimento di accoglimento della richiesta. La comunicazione di accoglimento della richiesta di accesso deve contenere l’espressa precisazione per cui “la trasmissione al richiedente dei dati e documenti avviene qualora, decorsi quindici giorni,  non siano stati notificati all’Amministrazione ricorsi o richieste di riesame sulla medesima domanda di accesso”.

9.Il diniego. Vengono elencate nella circolare alcune indicazioni e fornite – di fatto – delle raccomandazioni operative di cui le Amministrazioni devono tener conto. In primo luogo, le Amministrazioni devono rispondere a ciascuna richiesta nella sua interezza, in maniera esaustiva e, nel caso di diniego parziale, con una motivazione che sia adeguata in relazione a ciascun gruppo di dati e documenti; in secondo luogo, il differimento dell’accesso (art. 5-bis, comma 5 d. lgs. n. 33/2013) è ammesso solo quando ricorrano cumulativamente le due condizioni per cui “l’accesso può comportare un pregiudizio concreto a uno degli interessi pubblici o privati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis” e “che quel pregiudizio abbia carattere transitorio […]”; in terzo luogo  sono impropri e illegittimi i dinieghi fondati su motivi diversi da quelli riconducibili ai limiti prescritti dalla normativa, per esempio, non sarebbe legittimo un diniego di accesso sulla base dell’argomento secondo cui i dati e i documenti richiesti risalirebbero a una data anteriore alla entrata in vigore del decreto trasparenza e successive modificazioni o ancora l’accesso non può essere negato perché la conoscibilità del dato o del documento potrebbe provocare un danno alla Amministrazione o alla professionalità delle persone coinvolte o per ragioni derivanti dalla necessità di consultare gli organi di indirizzo politico; e, infine, non è possibile accogliere richieste massive o manifestamente irragionevoli, sulla base di alcuni criteri indicati (l’attività di elaborazione che l’Amministrazione dovrebbe concretamente svolgere, le risorse interne da impiegare a tal fine, le ore di lavoro per unità di personale e la rilevanza dell’interesse conoscitivo) e nel rispetto dei principi di buon andamento e di proporzionalità. Gli stessi principi si applicano anche se uno stesso soggetto propone più domande entro un periodo di tempo limitato e se le richieste sono identiche o sostanzialmente coincidenti, “l’Amministrazione ha la facoltà di non rispondere alla nuova richiesta, a condizione che la precedente sia stata integralmente soddisfatta”.

10.I ricorsi di fronte alla Commissione per l’accesso. L’articolo 17 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 ha previsto il ricorso (mediante raccomandata, telefax o posta elettronica) alla Commissione per l’accesso, nei casi di diniego di accesso, espresso o tacito delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato (sulla relazione presentata a marzo 2018 leggi questa scheda; per le relazioni precedenti clicca qui) al fine di evitare un vuoto di tutela in sede amministrativa, la Commissione per l’accesso, anche nell’anno 2015, ha ritenuto di dover estendere la propria competenza, per evitare un vuoto di tutela in sede amministrativa, decidendo nel merito anche i ricorsi contro i dinieghi di accesso degli enti locali, in tutti i casi di assenza totale ed accertata di difensore civico, sia a livello provinciale sia a livello regionale comunque in sede consultiva ai sensi dell’articolo 27 della legge n. 241/90, fornendo il proprio orientando interpretativo agli organi di governo delle Amministrazioni locali che ne facciano richiesta, specialmente con riferimento al peculiare diritto di accesso spettante ai cittadini residenti nei confronti degli atti comunali e ai consiglieri comunali e provinciali, ai sensi del TUEL. Riferimenti all’attività dei Difensori civici regionali in materia di accesso sono contenuti nelle relazioni annuali al Parlamento: vedi ad esempio le relazioni 2017 Piemonte, Val D’Aosta, Basilicata, Trentino (dove vengono evidenziati alcuni aspetti critici della normativa attuativa locale e le resistenze da parte delle pubbliche amministrazioni), Lombardia.

Il ricorso deve essere notificato ai controinteressati che possono presentare le proprie controdeduzioni entro 15 giorni (art. 12, c. 2 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184). Entro 30 giorni dalla presentazione del ricorso stesso, la Commissione decide. Scaduti i termini senza una pronuncia della Commissione, il ricorso si intende respinto (cd. silenzio-rigetto). Per apposito modulo di richiesta si veda qui.

11.I ricorsi di fronte al TARDi fronte all’inerzia da parte del RPCT o del titolare del potere sostitutivo, il richiedente, al fine della tutela del proprio diritto, può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale, nel termine perentorio di 30 giorni, che decide in forma semplificata ai sensi dell’art. 116 del decreto legislativo n. 104 del 2010 (vedi anche sentenza del Tar Ancona n. 411 del 2018). Rientrano nella competenza esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di diritto di accesso, indipendentemente dal fatto che la situazione giuridica finale a cui tutela viene esercitato il diritto di accesso si configuri come diritto soggettivo ovvero come situazione di interesse legittimo (sentenza Consiglio di Stato n. 3555 del 2018). Il ricorso può anche essere presentato con apposita istanza presso la segreteria del giudice ove pende il giudizio principale, dopo aver provveduto alla notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati. Sulla inammissibilità della reiterazione di una domanda di accesso, se non per fatti nuovi, non rappresentati nell’originaria istanza o a fronte di diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante (vedi, tra le altre, le sentenze del Tar Napoli nn. 2984 e 4919 e le sentenze del Consiglio di Stato nn. 1724 del 2012 e 1113 del 2015 nonché la sentenza del Tar Roma n. 8512 del 2018).

Il giudice decide con sentenza in forma semplificata ovvero con ordinanza. In caso di illegittimità del diniego il giudizio si conclude con  l’ordine  all’Amministrazione  di  esibire  il documento e/o di dare pubblicità ai dati; in tale caso (o in quello di ritardo nella messa a disposizione dei documenti richiesti) le spese processuali possono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente (vedi ad esempio sentenze del Tar Palermo n. 1007 del 2018, Tar Venezia n. 423 del 2018, Tar Lecce n. 778 del 2018, Tar Milano n. 1250 del 2018, Tar Calabria n. 1074 del 2018) oppure potrebbe essere presentata una richiesta di risarcimento danni (vedi ad esempio le sentenze del Tar Bari nn. 582 e 583 del 2018). Nel caso di presentazione del ricorso alla Commissione per l’accesso, invece, il termine per ricorrere al TAR contro il diniego di accesso decorre dalla data di ricevimento da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza di riesame alla Commissione stessa.

12.Eventuale parere del Garante per la Privacy. Se l’accesso è stato negato o differito a tutela “della protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia” (articolo 5 bis, comma 2, lettera a), il RPCT provvede sentito il Garante per la prevenzione dei dati personali che si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A questo punto, per ciò che concerne le tempistiche, il termine per l’adozione del provvedimento da parte del responsabile viene sospeso fino alla ricezione del parere da parte del Garante e comunque per un periodo che non sia superiore ai predetti dieci giorni. Medesima disciplina e tempistica del Garante operano anche nel caso in cui, trattandosi di atti delle Amministrazioni delle regioni o degli enti locali, la competenza può essere attribuita al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituto o all’ambito territoriale immediatamente superiore.

13.Il registro degli accessi. Viene prospettata l’intenzione di predisporre un monitoraggio sulle decisioni delle Amministrazioni in relazione alle richieste di accesso generalizzato: proprio a tal fine si auspica l’istituzione di un “registro degli accessi” da pubblicare sui siti istituzionali delle Amministrazioni. Il registro degli accessi può essere definito come una delle soluzioni tecnico-organizzative, da pubblicare preferibilmente con cadenza trimestrale, al fine di: facilitare e agevolare l’esercizio del diritto di accesso civico generalizzato da parte dei cittadini e consentire “di tracciare tutte le domande e la relativa trattazione in modalità automatizzata”, la semplificazione della gestione delle richieste e delle connesse attività istruttorie, l’armonizzazione delle decisioni su richieste di accesso che identiche o simili e l’agevolazione dei cittadini nella consultazione delle richieste già presentate.

14.Un dialogo congiunto e vicendevole tra fonti. Il dialogo fra fonti primarie e secondarie risponde alle condizioni imposte dalla riserva di legge, ma non risolve le criticità emerse nell’applicazione del modello del cosiddetto FOIA all’italiana. Questo è completamente aggiornato e completato in ragione della recente giurisprudenza formatasi sul tema e della prassi applicata dalle singole Amministrazioni, chiamate a svolgere, come evidenziato dalle stesse Linee Guida, un’attività valutativa tramite la tecnica del bilanciamento caso per caso, “[…] tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento”. Si ritiene, infine, utile precisare che sono le stesse Linee guida a prevedere un loro continuo aggiornamento – sempre d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali – che “consentirà di tenere conto della prassi nel frattempo formatasi con le decisioni delle Amministrazioni, ovvero con le decisioni su eventuali ricorsi amministrativi o giurisdizionali, e di selezionare le tecniche di bilanciamento e le scelte concretamente operate […]”.

Ciò spiega la necessità di ricorrere a successive schede di analisi attente all’evoluzione e all’andamento della prassi e della giurisprudenza.

 

(a cura di Antonia Albanese – studentessa del Master in Parlamento e politiche pubbliche della Luiss Guido Carli)