Con una determinazione del 28 ottobre 2015, l’Autorità nazionale anticorruzione, ha reso noto l’aggiornamento 2015 al primo Piano nazionale anticorruzione, varato nel 2013. Il documento, annunciato da diverso tempo, era molto atteso, e ha rispettato la scadenza annunciata dal presidente Cantone e viene alla luce dopo un primo periodo di sperimentazione delle “politiche di prevenzione” che hanno visto una produzione consistente di linee guida, orientamenti, determinazioni e pronunce giurisprudenziali, in diversi ambiti “sensibili”: il whistleblowing (la tutela del dipendente che segnala gli illeciti); gli affidamenti nel Terzo settore (servizi sociali e alla persona); gli obblighi delle società partecipate (sia in tema di trasparenza che di prevenzione della corruzione); il regime degli appalti pubblici.

In “nuovo Piano” esordisce evidenziando il completo trasferimento all’ANAC delle competenze in materia di prevenzione della corruzione e, già in apertura, ribadisce il potere sanzionatorio dell’Autorità nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in caso di omessa adozione, declinando i casi che sono assimilabili a tale violazione.

Con l’occasione ribadisce la responsabilità degli “organi politici”, quali soggetti responsabili dell’approvazione e dell’aggiornamento dei piani di prevenzione della corruzione (quindi destinatari delle sanzioni) e ne auspica un maggiore coinvolgimento, anche nel processo di definizione delle misure di prevenzione, prevendendo un “doppio esame” (per gli enti locali, con un passaggio in Consiglio per i principi generali e in Giunta per l’approvazione definitiva) ai fini dell’approvazione del nuovo piano di prevenzione, la cui scadenza è prevista per il prossimo 31 gennaio 2016.

Il documento, dopo una disamina delle criticità contenute nei piani di prevenzione delle pubbliche amministrazioni, che risultano, per buona parte, inadeguati, evidenzia la necessità di promuovere un processo, con il più ampio coinvolgimento, che cominci con l’analisi del contesto (sia esterno, sia interno), allo scopo di acquisire maggiore consapevolezza sulle caratteristiche in cui opera l’amministrazione e individui gli ambiti “a rischio” e le conseguenti misure.

Viene, giustamente, richiamata la natura del piano di prevenzione, non quale documento di tipo adempimentale, ma come occasione di monitoraggio e verifica dell’attività di prevenzione, richiedendo l’attribuzione di specifiche responsabilità ai dirigenti e ai dipendenti riguardo alle eventuali inadempienze riscontrate.

In diverse occasioni l’ANAC afferma la piena autonomia dell’ente nella individuazione delle misure, senza la necessità di conformarsi alle “aree obbligatorie” definite nel precedente piano che adesso vengono definite “aree generali”, alle quali si aggiungono le seguenti:

–  la gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio;

–  i controlli, le verifiche, le ispezioni e le sanzioni;

–  gli incarichi e le nomine;

–  gli affari legali e il contenzioso.

L’aggiornamento al PNA fornisce una importante guida sistemica negli ambiti di maggiore interesse della prevenzione della corruzione e contiene al suo interno due ambiti di attenzione che rappresentano per l’ANAC una delle priorità attuali: gli appalti e la sanità.

Il processo di aggiornamento non è concluso e la stessa Autorità annuncia una prossima definizione del nuovo Piano nazionale anticorruzione, una volta che saranno emanati i decreti delegati previsti, anche nella materia della prevenzione della corruzione, dalla legge n. 124/2015 (la cosiddetta Riforma Madia).

 

(A cura del dott. Santo Fabiano, novembre 2015)