Premessa. L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha presentato il 28 giugno 2018, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in Roma, il 3° Rapporto annuale sul whistleblowing. Sul sito dell’ANAC sono stati pubblicati i dati relativi al monitoraggio delle segnalazioni di cui qui si fornisce una breve sintesi.

Inquadramento normativo. La tutela del whistleblower (letteralmente «colui che soffia nel fischietto»), quel soggetto, cioè, che si rende autore di segnalazioni di reati o irregolarità di cui sia venuto a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, è garantita nell’ordinamento italiano dalla legge n. 179 del 2017 che, attraverso una modifica della previgente normativa, assicura una maggiore protezione del dipendente da possibili discriminazioni, prevedendo anche una disciplina volta a limitare, con diverse modalità, la pubblicizzazione dell’identità del segnalante (per approfondire, leggi questa scheda). Nelle more dell’attuazione di tale novella legislativa, la cui efficacia andrà verificata in concreto, l’attività dell’Anac in materia di whistleblowing si è snodata lungo direttrici propedeutiche all’applicazione di tale misura e ad una sua corretta applicazione (attività di formazione, predisposizione della piattaforma informatica per la gestione delle segnalazioni, migliore definizione dell’ambito di intervento dell’Autorità) al fine di valorizzare questo strumento, che ha indubbiamente molte potenzialità, superando anche le diffidenze che ancora lo accompagnano (al riguardo vedi le considerazioni contenute nel 2° Rapporto dello scorso anno).

L’analisi della serie storica dei dati statistici, che inizia nell’anno 2014 fino ai primi mesi dell’anno 2018, fa comunque registrare un significativo aumento del numero di segnalazioni ricevute dall’Anac.

I numeri. Proprio il grande incremento di segnalazioni avutosi a partire dal 2017 è il primo dato che colpisce analizzando il Rapporto. Tra il 2015 e il 2016 il numero di fascicoli aperti annualmente dall’Anac non ha superato le 180 unità, con una media di circa 150. Nell’anno della sopracitata riforma, invece, tale cifra è cresciuta fin oltre le 350 unità, corrispondenti a quasi 900 protocolli (ad ogni segnalazione viene assegnato un numero di protocollo; per ragioni di “connessione oggettiva o soggettiva” più segnalazioni possono essere accorpate in un’unica pratica). Dato destinato a crescere ulteriormente nel 2018 in quanto, solo nei primi cinque mesi dell’anno, le procedure avviate dall’Autorità hanno già superato quota 330 (oltre 600 le segnalazioni ricevute, con una media mensile più che raddoppiata rispetto all’anno precedente).

È poi interessante prendere in considerazione l’area geografica di provenienza delle segnalazioni. Con valori sostanzialmente sovrapponibili fra 2017 e 2018, la maggioranza relativa dei whistleblower si colloca nel sud del Paese (43 per cento circa), seguono il nord (poco oltre il 32 per cento) ed il centro (quasi il 22 per cento).

Quanto alla qualifica del soggetto segnalante, rilevantissima è la porzione di dipendenti pubblici (circa il 66 per cento nel 2017 e il 56 per cento nei primi mesi del 2018), di molto superiore a quella seguente dei dirigenti (quasi 15 per cento e circa 12 per cento, rispettivamente, nel 2017 e 2018). Molto significativo, nel 2018, il numero delle segnalazioni provenienti da dipendenti di dipendenti o collaboratori di aziende private che lavorano per la pubblica amministrazione ovvero di dipendenti di enti pubblici privati o di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico.

Le tipologie delle condotte illecite maggiormente segnalate afferiscono ai demansionamenti e trasferimenti illegittimi derivanti da segnalazioni (19 per cento nel 2017 e 25 per cento nel 2018), alla cattiva amministrazione (circa 21 per cento e poco oltre 22 per cento), nonché all’illegittimità degli appalti (17 per cento e 13 per cento).

Gli enti cui appartengono i segnalanti sono principalmente Regioni ed Enti locali (46 per cento nel 2017 e 36 per cento nel 2018); Istituzioni scolastiche (12 per cento e 17 per cento circa); Aziende sanitarie e ospedaliere (14 e 15 per cento); e società pubbliche (7 e 10 per cento circa).

Il whistleblowing nelle amministrazioni italiane. Il Rapporto prosegue con una puntuale analisi delle condotte segnalate nei vari contesti della pubblica amministrazione del nostro Paese nonché degli esiti cui sono pervenute le procedure avviate dall’Anac. Si fornisce di seguito un’illustrazione dei casi ritenuti più rappresentativi dei diversi settori quanto a volume delle segnalazioni.

Tra le Amministrazioni centrali, solo dall’Agenzia delle entrate nel 2017 sono pervenute 56 segnalazioni, di cui 43 anonime (le segnalazioni anonime, in via generale, non sono ricomprese nell’ambito applicativo della normativa, e la loro considerazione è rimessa alla scelta della singola amministrazione). Esse sono legate soprattutto a comportamenti non conformi ai doveri d’ufficio; accesso indebito ai sistemi informativi; utilizzo improprio di istituti di tutela del dipendente (legge n. 104/1992, malattia, etc.); irregolarità nel comportamento dei superiori (vessazioni, decisioni non conformi a leggi o prassi, favoritismi, etc.). Quanto agli esiti delle procedure: 23 si sono concluse con l’archiviazione (per insufficienza di elementi, irrilevanza dei fatti segnalati, duplicazione); 18 sono in corso di istruttoria o in attesa di integrazione da parte del segnalante; 11 sono state inviate all’autorità competente (Procura penale, Procura Corte dei conti, Ufficio Disciplina); e 4 si sono concluse con una segnalazione al Direttore regionale competente per i provvedimenti a lui spettanti. Il Rapporto specifica che alcune delle segnalazioni pervenute negli anni precedenti hanno condotto all’arresto di dipendenti dell’Amministrazione.

Tra le Regioni il caso più significativo è quello della Sardegna, dalla quale nel 2017 sono pervenute 17 segnalazioni, delle quali 3 anonime. I casi, tra gli altri, hanno riguardato la presunta illegittimità nella procedura per la selezione di uno psicologo; casi di mobbing, minacce, maltrattamenti e sottrazione password; criticità in merito a un procedimento di affidamento in locazione di immobili; presunte irregolarità riferite a un appalto integrato; un procedimento penale riguardante sette dipendenti; la presunta omissione di atti d’ufficio in materia ambientale. Tali segnalazioni hanno comportato, a seconda dei casi, l’avvio di procedimenti disciplinari, la segnalazione all’Anac, l’invio del fascicolo alla Procura della Repubblica o l’archiviazione.

Tra i Comuni è Palermo a far registrare il più rilevante numero di segnalazioni: 21 quelle effettuate nel 2017, di cui 3 in modo anonimo. Esse hanno avuto ad oggetto: criticità di carattere organizzativo; anomalie nella gestione dei processi di lavoro; presunti comportamenti ritorsivi nei confronti dei segnalanti; maladministration; incompatibilità di incarichi. Da ciò sono discese l’attivazione di procedimenti interni e una segnalazione alla Procura della Repubblica competente. Numerose anche le segnalazioni riguardanti il comune di Milano.

Nel comparto Sanità esemplare appare il caso della ASL di Bari, con la segnalazione nel 2017 di 21 condotte (10 anonime). I casi ineriscono alla violazione di normative concorsuali e delle norme in tema di accreditamento, nonché al conflitto di interessi, anche potenziale. Come conseguenza di tali segnalazioni sono state migliorate alcune procedure aziendali.

Quanto alle società pubbliche rilevanti appaiono i casi della RAI e di Leonardo S.p.a.. Nel primo, delle 53 condotte segnalate nel 2017 (21 anonime), il maggior numero attiene a presunte violazioni dei principi di condotta da parte di dipendenti/collaboratori e a presunte anomalie nella gestione e sviluppo del personale. Nel secondo caso, invece, le violazioni segnalate hanno riguardato la selezione e gestione dei fornitori (46 per cento) e del personale (27 per cento); scelte gestionali (6 per cento). Nel 45 per cento dei casi le segnalazioni sono risultate fondate.

Criticità ed esiti virtuosi. Il Rapporto si conclude con l’evidenziazione di alcune criticità riscontrate dalle amministrazioni. Tra queste si annoverano la mancanza di specifici poteri di indagine utili al riscontro dei fatti segnalati, con un conseguente allungamento dei tempi dell’istruttoria; l’utilizzo improprio dell’istituto, con segnalazioni riferite a materie non di competenza dell’ente; la scarsa qualità delle segnalazioni; la scarsa fiducia nell’istituto del whistleblowing; le difficoltà a trattare segnalazioni provenienti dai collaboratori delle imprese appaltatrici; le difficoltà dell’istituto ad attecchire nei contesti lavorativi di ridotte dimensioni.

Oltre a ciò sono però illustrati dei casi in cui l’adozione della normativa in oggetto ha avuto come conseguenza l’implementazione di buone pratiche come, ad esempio, l’istituzione di un nucleo collegiale per la valutazione delle segnalazioni presso il Comune di Catania; l’attività di formazione rivolta ai pubblici dipendenti avviata dal Comune di Napoli; la revisione delle procedure amministrative al fine di renderle più semplici, chiare e trasparenti attuata dal Comune di Roma Capitale; la possibilità di inoltrare segnalazioni da parte di operatori economici (soggetti esterni) che si interfacciano con la società disposta dalla Consip.

 

(a cura di Luca Fiordelmondo, Master APC dell’Università di Pisa)