Premessa. Una società operante con diverse sale nel territorio regionale ha presentato ricorso avverso la legge regionale dell’Emilia-Romagna 5/2013, le Delibere di Giunta 831/2017 e 68/2019 e, in via generica, i Regolamenti dei Comuni in cui ha insediamenti commerciali posti a distanza inferiore a 500 metri dai luoghi sensibili.

Il TAR per l’Emilia-Romagna si è pronunciato con le sentenze nn. 200, 201 e 202 del 2023 che qui si analizzano congiuntamente.

Il rapporto tra le varie fonti. In primo luogo, il TAR respinge in rito l’impugnazione dei Regolamenti non specificamente individuati.

Con riferimento al rapporto tra le fonti, i giudici sostengono che le delibere regionali e i successivi Regolamenti comunali sono di natura attuativa e operano in coerenza con la normativa nazionale settoriale, avente finalità e obiettivi di contrasto al fenomeno, definito “dilagante”, della ludopatia, onde tutelare al meglio la salute dei cittadini.

Dunque è errato, secondo il TAR, attribuire ai regolamenti comunali un valore edilizio-urbanistico, trattandosi di ratio del tutto differente.

Un discorso analogo viene impostato anche con riferimento alle Delibere di Giunta impugnate che, ribadisce il Collegio, sono rispettose delle competenze e attribuzioni affidate alla Regione.

Il principio di proporzionalità. Il TAR rigetta la censura di parte ricorrente che tendeva a collegare il contestato difetto di proporzionalità e ragionevolezza delle disposizioni impugnate all’asserito effetto espulsivo determinato dal cd. distanziometro. I giudici, in particolare, ribadiscono in primo luogo che non si può riscontrare tale effetto espulsivo sul territorio regionale; per quel che riguarda il territorio comunale, invece, vale quanto già affermato in giurisprudenza, ossia la necessità di “accertare l’esistenza di una pur minima parte di territorio comunale che sia oggettivamente ed effettivamente fruibile per legittimare la delocalizzazione delle sale giochi/scommesse che non rispettano il limite distanziometrico”.

A ciò aggiunge il Collegio l’orientamento del Consiglio di Stato che, in tema di distanziometro, tende ora ad “ampliare l’ambito territoriale nel quale alle imprese del settore è consentito delocalizzare la propria attività dal territorio comunale con estensione ai Comuni limitrofi, all’ ambito provinciale e, nel caso, financo a quello regionale”.

Le eccezioni di legittimità costituzionale. Infine il TAR reputa palesemente infondate le questioni di legittimità costituzionali sollevati dall’operatore del gioco con riferimento ai parametri degli art. 3, 23, 41 e 97 Cost.

Precisano i giudici che è ragionevole la scelta del legislatore regionale di disincentivare la collocazione degli impianti di gioco e le sale scommesse vicina ai centri abitati e ai “luoghi sensibili”. È inoltre coerente e non in contrasto con l’art. 41 Cost., secondo il TAR, la previsione di un limite distanziometrico quale misura diretta ad allontanare le attività di gioco dai luoghi frequentati ordinariamente da persone psicologicamente più fragili rispetto ai rischi connessi all’attività di gioco e scommesse.

Ribadisce poi il Collegio che le disposizioni distanziometriche sono prive di efficacia retroattiva, ricordando anzi l’importanza della previsione di un periodo di proroga di sei mesi connesso alla richiesta di delocalizzazione che costituisce una forma di salvaguardia per le attività economiche. Non è in discussione, in ogni caso, l’applicazione del distanziometro alle attività già in essere: se così non fosse, infatti, si vanificherebbe la portata delle disposizioni con conseguenze anche sul principio della concorrenza.