Premessa. Alcuni operatori del gioco, con sale giochi ubicate in vari comuni emiliano-romagnoli, hanno impugnato dinanzi al TAR Emilia-Romagna la deliberazione 831/2017 della Giunta regionale con cui sono state definite le modalità applicative del distanziometro e hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale rispetto alla legge regionale 5/2013 (come modificata negli anni).

Il TAR per l’Emilia-Romagna ha rigettato il ricorso, confermando la regolarità del distanziometro rispetto ai vari profili vagliati, con la sentenza 382/2023 che qui si analizza.

La tutela della salute. In primo luogo i giudici confermano quale sia la ratio indiscussa delle misure di limitazione al gioco, ossia quella di tutelare al meglio la salute dei cittadini. Tale scopo, per altro, è coerente con la normativa nazionale settoriale.

Risultano dunque del tutto inconferenti le argomentazioni degli operatori che considerano tale normativa nel contesto del governo del territorio (con ciò che ne consegue rispetto ai procedimenti edilizi e urbanistici).

I poteri della Giunta regionale e dei Comuni e il loro fondamento legislativo. Chiariti gli obiettivi e gli scopi della normativa regionale, il TAR conferma che l’impugnata delibera 831/2017 è coerente con la disciplina di legge regionale in materia di lotta alla “ludopatia” e rispettosa delle competenze e attribuzioni da questa affidata alla Regione: va smentito, quindi, che tramite delibera di Giunta (anziché legge) siano state introdotte delle limitazioni ulteriori rispetto al contenuto legislativo.

Parimenti, sul piano dei Comuni, è sempre la legge regionale 5/2013 a specificare le potestà degli Enti locali, che procedono alla mappatura dei luoghi sensibili e alla formazione dell’elenco degli esercizi ubicati a distanza inferiore dal limite di 500 metro dai luoghi sensibili e che adottano gli ulteriori previsti procedimenti di chiusura e delocalizzazione degli esercizi quando ne ricorrono le condizioni.

Il principio di proporzionalità e il cd. effetto espulsivo. La censura dei ricorrenti relativa alla violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza si fonda, principalmente, sulla contestazione del cd. effetto espulsivo che il distanziometro genererebbe per le attività di gioco. Il TAR, dopo aver rilevato l’assenza di elementi probatori di tali affermazioni, ha ricostruito la giurisprudenza in materia:

  • Secondo l’orientamento del TAR Emilia-Romagna, la questione della verifica dell’effetto espulsivo si pone rispetto al singolo territorio comunale, ma esso non si verifica quando si accerti “l’esistenza di una pur minima parte di territorio comunale che sia oggettivamente ed effettivamente fruibile per legittimare la delocalizzazione delle sale giochi/scommesse”;
  • Secondo il Consiglio di Stato, sarebbe ora possibile ampliare l’ambito territoriale nel quale alle imprese del settore è consentito delocalizzare la propria attività dal territorio comunale ai Comuni limitrofi, all’ambito provinciale e, nel caso, financo a quello regionale. Dunque, si verificherebbe effetto espulsivo e impossibilità a delocalizzare solo quando anche in questi più estesi ambiti territoriali si determinasse un impedimento al gioco.

Le questioni di legittimità costituzionale. Non trovano accoglimento le questioni di legittimità costituzionale sollevate dagli operatori rispetto agli articoli 3, 23, 41 e 97 Cost.

È ragionevole, secondo la prevalente giurisprudenza richiamata nella pronuncia, la scelta del legislatore regionale di disincentivare la collocazione degli impianti di gioco e le sale scommesse vicina ai centri abitati e ai “luoghi sensibili” ed è coerente e non in contrasto con l’art. 41 Cost. la previsione di un limite distanziometrico tra impianti di gioco e “luoghi sensibili”, quale “misura diretta ad allontanare dette attività dai luoghi frequentati ordinariamente da persone psicologicamente più fragili rispetto ai rischi connessi all’attività di gioco e scommesse”. Dunque, si conferma una finalizzata dal forte valore preventivo rispetto ai soggetti più fragili.

La retroattività. Smentita, infine, la censura relativa al presunto carattere retroattivo del distanziometro. Questo, infatti, si applica a tutte le sale giochi senza per altro mirare alla immediata cessazione delle attività, essendo invece previsto un sistema di proroghe per consentire la delocalizzazione (anche per la tutela della continuità occupazionale).

Viene confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la pretesa deroga per le attività in essere rischia di porsi in contrasto con i principi generali posti a tutela della libera concorrenza tra imprese (valorizzando eccessivamente le autorizzazioni preesistenti), oltre a vanificare la portata della disciplina di tutela.

Il legittimo affidamento. Non merita accoglimento neppure la doglianza relativa all’asserita lesione del legittimo affidamento: lo stesso titolo rilasciato dal Questore ex art. 88 Tulps, infatti, “espressamente condiziona l’attività ad ulteriori valutazioni dell’Amministrazione comunale in base alle distanze previste da leggi regionali”.

Altre pronunce. Lo stesso orientamento è stato ribadito, dal TAR Bologna, anche nella sentenza 383/2023 presentata da un operatore del gioco nei confronti anche del Comune di Bologna.