Premessa. Come noto, la Legge Regionale dell’Emilia-Romagna 5/2013 ha introdotto (art. 6) il distanziometro di 500 metri dei punti gioco dai cd. luoghi sensibili, disciplinando ulteriormente tale strumento con la Delibera di Giunta Regionale 831/2017.
Il Comune di Modena, in aderenza a quanto stabilito dalla Legge regionale, ha effettuato la prescritta mappatura e ha, di conseguenza, ordinato la chiusura della sala gioco ricorrente per violazione delle misure distanziali.
La sentenza 21/2024 del TAR Emilia-Romagna, che qui si analizza, ha respinto la richiesta di corresponsione di un indennizzo attivata dal gestore della sala giochi.
La richiesta di indennizzo ex art. 21-quinquies L. 241/1990. Il primo argomento speso da parte ricorrente concerne l’asserita configurabilità della vicenda in esame nell’ambito di un provvedimento di revoca ex art. 21-quinquies della Legge 241/1990 che stabilisce l’obbligo di indennizzo a carico dell’amministrazione.
Il TAR non ritiene corretta questa interpretazione: stando alla lettera dell’articolo, infatti, l’esercizio del potere di revoca è “assoggettato alla ricorrenza di sopravvenuti motivi di pubblico interesse o di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (…) ed è connotato da ampia discrezionalità”, mentre nel caso di specie, sottolineano i giudici, “l’attività comunale di mappatura dei punti di raccolta posti nel raggio di 500 metri da luoghi sensibili è strettamente attuativa della legge regionale e delle relative disposizioni attuative (D.G.R. n. 831/2017), trattandosi di eseguire scelte già compiute a monte dal legislatore regionale”.
Gli stessi provvedimenti di chiusura delle attività di gioco in violazione del distanziometro, prosegue il TAR, sono attività del tutto vincolate, consequenziali e senza alcuna nuova ponderazione di interessi, che è stata compiuta dal legislatore regionale a monte.
La richiesta di indennizzo ex art. 1 Primo prot. add. CEDU e art.17 Carta di Nizza. Anche questa richiesta viene respinta dai giudici. L’addentellato giuridico di parte ricorrente risiedeva, essenzialmente nella nozione ampia di “beni” tutelata dalla Cedu e dalla Carta di Nizza, comprensiva cioè anche dei diritti patrimoniali e delle utilità economiche derivanti da titolo abilitativo concessorio o autorizzatorio: in presenza di limitazioni all’esercizio di un’attività economica lecita, sosteneva la sala giochi, queste debbono essere compensate mediante indennizzo.
Sostiene il TAR, tuttavia, che parte ricorrente avrebbe dovuto provare il mancato rispetto del limite della proporzionalità, stretta necessità ed adeguatezza delle misure distanziali, ad esempio dimostrando il verificarsi dell’effetto espulsivo a seguito dell’applicazione del distanziometro. Ciò che invece la sala giochi, secondo i giudici, non ha fatto.
In questo senso, inoltre, rileva il TAR come la moratoria prevista dalla normativa regionale del termine per la chiusura delle sale non rispettose del limite distanziale, pari a 6 mesi, prorogabile discrezionalmente dai Comuni di ulteriori 6 mesi, rappresenti di per sé un elemento di tutela dell’operatore economico diretto a consentirgli di reperire nuovi locali entro un lasso temporale ritenuto congruo.