Premessa. Il Comune di Milano, con l’ordinanza del 15 ottobre 2014, ha disposto che l’attività di gioco sia consentita, nel Comune, dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 18:00 alle 23:00 (modificando una precedente ordinanza sindacale del 29 gennaio 2013 che prevedeva l’utilizzo degli apparecchi da gioco dalle 10:00 all’1:00).
Avverso tali previsioni una sala giochi operante a Milano aveva presentato ricorso al TAR Lombardia che, con la sentenza 550/2019, lo aveva respinto. È stato dunque proposto appello: il Consiglio di Stato ha ulteriormente respinto anche in secondo grado le doglianze dell’operatore confermando i limiti orari introdotti nel Comune di Milano, con la sentenza 1656/2024 che qui si analizza.
L’istruttoria. Il cuore della vicenda è costituito dalle contestazioni, avanzate dall’appellante, in merito all’istruttoria condotta dal Comune di Milano. Sostengono i giudici del Consiglio di Stato la necessità, in linea generale, di “un’adeguata istruttoria fondata su una concreta analisi della diffusione del fenomeno ludopatico nell’ambito territoriale di riferimento”.
Nel caso di specie, il Collegio ritiene corretta l’istruttoria condotta dal Comune che fa espresso riferimento ai dati dei SerT del Dipartimento Dipendenze della ASL di Milano (da cui emerge un aumento del numero di persone affette da patologia da gioco d’azzardo nell’area di Milano), ripresi nella relazione della “Regione Lombardia, Direzione Generale Famiglia, Solidarietà sociale e Volontariato”.
In questo senso, dunque, il Consiglio di Stato smentisce l’idea che la diffusione del fenomeno del gioco patologico sia stato considerato un mero fatto notorio, poiché risulta, invece, “adeguatamente provato con specifico riferimento all’area di Milano”.
Inoltre, la genericità espressa dal TAR in primo grado con riferimento alle doglianze relative al difetto d’istruttoria non costituisce, secondo i giudici, alcuna inversione dell’onere probatorio: quel che è avvenuto, spiega il Collegio, è che la sala giochi in primo grado non è riuscita a confutare i dati riportati nell’ordinanza sull’aumento della diffusione della patologia da gioco.
Il coinvolgimento dell’ASL. Viene respinto, infine, anche il secondo motivo di doglianza, in merito al mancato coinvolgimento dell’ASL. Chiariscono i giudici, infatti, che “nessuna norma prevede la necessaria partecipazione dell’ASL nei procedimenti volti all’adozione di provvedimenti limitativi dell’attività delle sale da gioco”. Viene comunque sottolineato che, nel caso di specie, proprio dall’ASL sono stati tratti i dati fondamentali esposti in istruttoria.