Premessa. L’art. 11, comma 4, della Legge regionale Piemonte 19/2021 prevede il divieto di “qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco e sale scommesse” e di “qualunque forma di esposizione di cartelli, manoscritti e proiezioni video che pubblicizzano la possibilità di vincita ovvero vincite, di qualunque importo, appena accadute o risalenti nel tempo”. Il Decreto 87/2018, convertito in Legge 96/2018 (cd. Decreto Dignità) ha previsto il divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, “comunque effettuata e su qualunque mezzo”, espressamente estendendo la proibizione a “tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti”.

Nel caso in esame una sala giochi, che aveva presentato istanza per installare due vetrofanie con le scritte “Bingo”, “Slot” e “Vlt” (nell’ambito del nome della ditta), si è vista respingere dal Comune di Torino la richiesta, sul presupposto che tali diciture sono “contrarie alla vigente normativa regionale e nazionale di contrasto alla ludopatia e al gioco patologico”.

Avverso tale provvedimento l’esercente ha presentato ricorso al TAR Piemonte che, confermando le ragioni del Comune, lo ha respinto con la sentenza 575/2024.

Il divieto di pubblicità e le insegne. Sostengono i giudici che, a valle della disciplina regionale (che trova fondamento nella competenza concorrente in materia di salute) e nazionale, peraltro coerenti tra loro, si trovano le linee guida dettate dall’AGCOM nell’Allegato A alla delibera 18.4.2019 n. 132/19/CONS. Queste, all’art. 5, precisano che i segni distintivi del gioco legale sfuggono al divieto di cui all’art. 9 D.L. 87/2019 “solo ove strettamente identificativi del luogo di svolgimento della relativa attività”; inoltre, non sono considerate pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, purché rispettose dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza e sempre che non vi sia enfasi promozionale.

Con riferimento al logo, la sua esposizione pubblica e il riferimento a servizi di gioco presenti sulle vetrofanie sono consentiti “solo se effettuati con modalità, anche grafiche e dimensionali, tali da non configurare una forma di induzione al gioco a pagamento”.

Fatte queste premesse, i giudici del TAR richiamano il parere CDS 415/2023 in cui si è argomentato che le diciture “slot” e “vlt” integrano “simboli non neutri, ancorché si tratti di simboli registrati nel marchio d’impresa”.

Nel caso di specie, inoltre, il cassone luminoso e lo stendardo bifacciale installato dalla sala presentano dimensioni rilevanti e sono contraddistinte da apprezzabile visibilità.

L’orientamento della Corte di Giustizia Europea. Il TAR, dopo aver confermato la corrispondenza della scelta del Comune di Torino rispetto a Legge regionale, Decreto Dignità e Linee Guida Agcom, ha respinto le doglianze di parte ricorrente che miravano a far dichiarare il contrasto con il diritto comunitario. Ricorda il Collegio, infatti, che secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea la pubblicità di giochi e scommesse “dev’essere contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate, mentre sono precluse modalità dirette a incoraggiare la naturale propensione al gioco dei consumatori, in particolare banalizzando il gioco o aumentandone la forza di attrazione attraverso messaggi pubblicitari accattivanti che facciano balenare la prospettiva di vincite ragguardevoli”.