Premessa. “Sistema di sorveglianza nazionale sul disturbo da gioco d’azzardo” è un progetto sperimentale coordinato tra il 2015 e il 2016 dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping e dall’Istituto Superiore di Sanità. Lo scorso mese di maggio è stata pubblicata una monografia che presenta i risultati di alcune indagini originali volte a raccogliere le evidenze scientifiche sul tema e dati nazionali inerenti: la distribuzione delle strutture cliniche di trattamento; la percezione del fenomeno da parte della popolazione generale e dei pazienti; l’impianto legislativo sul gioco d’azzardo oggi vigente in Italia. Di seguito sono sintetizzati i principali risultati contenuti nella prima parte della monografia, relativa alla dimensione “socio-sanitaria”.
Strutture cliniche per il trattamento del disturbo da gioco d’azzardo. È stata effettuata una revisione dei database disponibili nel web ed è stato creato un archivio elettronico per raggruppare tutte le strutture pubbliche e del privato sociale individuate. Il 56% delle 615 strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) contattate, 343 in totale, hanno fornito risposta all’indagine. Analogamente appena il 17,2% di 769 centri del privato sociale, 137 in totale, ha fornito un feedback (per approfondire clicca qui).
Percezione del fenomeno “gioco d’azzardo” nella popolazione generale. È stato preso in considerazione un campione composto da 1437 uomini e 1563 donne, con un’età media di circa 49 anni. Il 46% dei rispondenti risiede in un comune del Nord Italia, il 20% in uno del Centro e il restante 34% in uno del Sud/Isole. Il 55% dichiara un grado medio-elevato di istruzione. Il 57% del campione riconosce la casualità della vincita o perdita di denaro quale caratteristica specifica del gioco d’azzardo, ma un 8% circa attribuisce l’esito del gioco ad una qualche abilità del giocatore.
Agli intervistati è stata mostrata una lista di giochi ed è stato chiesto quali potessero essere definiti giochi d’azzardo o meno. Il poker è stato il gioco più citato (81%), seguito dal videopoker (79%). Oltre la metà degli intervistati non ritiene che i Gratta e Vinci (56%), il Lotto (54%), il Win for life (51%) rientrino nella categoria gioco d’azzardo. Gli uomini riconoscono meno delle donne i giochi d’azzardo, mentre non sono state osservate differenze rilevanti per classi di età e area geografica. Il 49.7% del campione ha praticato almeno un gioco d’azzardo nell’anno preso in considerazione (2016).
Tra i provvedimenti per limitare i problemi legati al gioco d’azzardo, quello considerato più indicato dagli intervistati è l’eliminazione delle slot machine da bar e locali pubblici (51,8%) e il divieto di fare pubblicità (34,3%). Sia uomini che donne ritengono come più indicato il provvedimento di togliere le slot machine dai bar e dai locali pubblici (54% donne e 50% uomini). Le donne esprimono un ulteriore preferenza per provvedimenti quali fornire maggiori informazioni sui danni del gioco d’azzardo (29% vs 25%) e permettere il gioco solo in spazi dedicati (15% vs 14%). Provvedimenti ritenuti utili più dagli uomini che dalle donne sono il divieto di fare pubblicità (35% vs 33%), le iniziative di prevenzione nelle scuole (31% vs 30%), la limitazione del tetto massimo delle giocate (30% vs 28%) e del numero delle sale giochi nel territorio o del numero di apparecchi per abitante (26,4% vs 26,7%).
Perché si gioca? Le difficoltà economiche da fronteggiare sono ritenute la motivazione principale da donne (36,2%) e da uomini (34%), a seguire il disagio sociale (uomini 32,6% vs maschi 31,3%). Le donne più degli uomini dichiarano che vivere un momento di particolare difficoltà possa essere un fattore scatenante.
Il disturbo dal gioco d’azzardo visto dal giocatore. Sono state individuate e coinvolte 11 strutture distribuite sul territorio nazionale dislocate quattro al Nord, quattro al Centro e tre nel Sud-Isole. I centri sono stati selezionati in base alla loro appartenenza ai due ambiti assistenziali: sei strutture rappresentative del servizio pubblico (SerD e SerT) e cinque appartenenti al “privato sociale” (comunità terapeutiche residenziali, gruppi di auto-mutuo aiuto, onlus, associazioni). Durante i focus group sono stati osservati 100 utenti, 25 donne e 75 uomini (50 nei servizi del Servizio Sanitario Nazionale-SSN e 50 nelle strutture del privato sociale).
I risultati più significativi hanno riguardato l’individuazione di un insieme di temi inerenti al miglioramento dei processi di accesso e di presa in carico dei pazienti da parte dei centri. Di seguito si riportano in ordine di frequenza di riscontro i temi più rilevanti emersi negli incontri e mostrano l’ampio spettro delle sollecitazioni di contenuto raccolte dagli intervistati:
- Importanza della tempestività nell’individuare il luogo di cura per arginare rovina economica
- Necessità di favorire l’accesso delle donne ai servizi
- Utilità del coinvolgere la famiglia nell’intervento terapeutico;
- Difficoltà per il paziente con disturbo da gioco di azzardo nel condividere gli spazi con i pazienti tossicodipendenti;
- Bisogno di presa in carico a più livelli (clinico, sociale e legale);
- Importanza di individuare diversi livelli di obiettivi terapeutici (rimodulabili);
- Importanza dell’aiuto per il fronteggiamento del debito;
- Importanza del ruolo dell’amministratore di sostegno;
- Valutare l’incidenza del debito illecito nello stato debitorio;
- Importanza di valorizzare il ruolo dell’antiusura;
- Importanza di affrontare il problema del sovra indebitamento (facilità di accesso al credito);
- Importanza dell’indagare la familiarità dei comportamenti additivi;
- Necessità di rimettere i giochi nei “luoghi del gioco”
Ai 100 utenti è stato somministrato un questionario, a cui hanno risposto in 74. Per un utente su due (49,0%) l’arrivo alla struttura di presa in carico è stato conseguente a un suggerimento dei familiari e solo per un quarto (26,7%) l’accesso è stato del tutto volontario. Un utente su due (50,7%) è in trattamento da meno di un anno e circa due su tre (62,0%) frequentano il servizio una volta alla settimana. Il 62,0% dei rispondenti ha dichiarato di aver avuto una preferenza di gioco soprattutto rivolta alle slot machine e/o alle videolottery (VLT).
L’ultima sezione del questionario, a cui hanno risposto in 67, ha rilevato il livello autopercepito di gravità del disturbo sulla base delle risposte fornite alle domande disegnate sui criteri diagnostici per disturbo da gioco d’azzardo. Emerge l’abitudine a giocare per rincorrere la vincita, infatti due giocatori su tre (42/67, 63%) dichiarano di tornare a giocare “sempre” o “frequentemente” dopo aver perso. A causa di questi comportamenti circa due intervistati su tre (63%) dichiarano di aver raccontato, frequentemente o sempre, bugie per nascondere il loro coinvolgimento nel gioco e di aver messo a repentaglio, o perso, relazioni affettive, un lavoro o un’opportunità di carriera a causa del gioco (29/67, 47%). Circa il 30% dei rispondenti è inoltre ricorso ad altri per far fronte alla situazione finanziaria negativa causata dalle perdite al gioco.
L’identikit che emerge dai dati dello studio è quello di un giocatore con disturbo da gioco d’azzardo maschio, ultraquarantenne, con un livello di scolarità medio-superiore e, nella metà dei casi, sposato, con un lavoro a tempo pieno e in possesso di un’abitazione.
(a cura di Claudio Forleo, giornalista)