- IL TAR DI BRESCIA INTERVIENE SULL’APPLICAZIONE DEL DISTANZIOMETRO NEL CASO DI NUOVA INSTALLAZIONE DI APPARECCHI DA GIOCO
Premessa. Il Comune di Carpendolo con il Regolamento 9/2018 e l’Ordinanza sindacale 12/2018 ha introdotto, tra le altre cose, dei limiti di orario per l’utilizzo delle videolottery e delle new slot machine (con interruzione nelle fasce orarie 7.30-9.30; 12-14; 19-21). Avverso tali provvedimenti è intervenuta, con una serie di censure, una sala gioco.
All’atto della sua costituzione in giudizio, il Comune di Carpenedolo ha però sollevato la questione relativa all’assenza di interesse concreto ed attuale alla decisione, poiché l’autorizzazione stessa per la sala gioco, rilasciata dalla Questura (con parere contrario dell’Ente locale stesso), sarebbe in realtà viziata, in quanto non terrebbe in considerazione l’obbligo di distanza minima di 100 metri dagli sportelli bancomat per le nuove installazioni di apparecchi (ai sensi dell’art. 4 del Regolamento comunale). Il giudizio dinanzi al TAR di Brescia (sentenza 130/2019) che qui si analizza si concentra proprio su questo aspetto.
Il caso. La società in questione difende la legittimità dell’autorizzazione ricostruendo la vicenda in questi termini: la società ricorrente nel 2017 ha ceduto il ramo d’azienda a un terzo; successivamente il contratto è stato risolto consensualmente; a partire dall’ottenimento della licenza per l’esercizio del gioco ex art. 88 TULPS, la società in questione ritorna in possesso del ramo d’azienda. Con ciò il ricorrente intende dunque dimostrare che quella in esame non sarebbe una nuova installazione (e che dunque non sarebbe soggetto all’obbligo di rispetto delle distanze).
Le argomentazioni del TAR. Il Collegio respinge le spiegazioni addotte dalla società ricorrente e qualifica la vicenda nei termini di nuova installazione. In particolare argomenta sulla base dell’art. 5 della Legge regionale 8/2013, in cui si individuano alcune ipotesi che si possono equiparare alla nuova installazione di apparecchi: tra questi, in particolare, “la stipulazione di un nuovo contratto, anche con differente concessionario, nel caso di rescissione o risoluzione del contratto in essere”. La vicenda oggetto del caso di specie sarebbe, per questo TAR, ricompresa in questa fattispecie.
I giudici richiamano anche l’art. 8 del TULPS in cui si prescrive che le autorizzazioni di polizia sono personali e non possono essere trasmesse (così come ricordato anche nella sentenza del TAR Lazio 7816/2016): dunque, “anche il ritorno in capo al soggetto che ne era già proprietario … deve essere considerato come il rilascio di una nuova licenza, che implica anche la verifica dei requisiti oggettivi dei locali presso cui l’attività deve essere svolta”. In questo senso, si cita anche la sentenza del TAR di Lecce 1031/2018.
Conclusioni. Sulla base di queste considerazioni, il TAR afferma che la società in esame deve rispettare la distanza minima dagli sportelli bancomat prevista per le nuove installazioni di apparecchi e pertanto non può considerarsi titolare di un interesse attuale a impugnare il provvedimento limitativo degli orari in quanto non legittimata alla gestione stessa della sala giochi. Il ricorso dunque viene dichiarato inammissibile.
D’altro canto, i giudici optano per la compensazione delle spese poiché comunque il Comune non ha agito in modo tempestivo per far cessare l’attività di gioco.
- IL TAR DI BRESCIA BOCCIA LE LIMITAZIONI ORARIE INTRODOTTE DAL SINDACO DI ROE’ VOLCIANO GIUDICANDO INSUFFICIENTE L’ISTRUTTORIA EFFETTUATA;
- IL COMUNE DI BRESCIA INTERVIENE IN AUTOTUTELA PER ANNULLARE L’ORDINANZA DOPO LA BOCCIATURA IN SEDE CAUTELARE
La normativa e il ricorso. Il Comune di Roè Volciano è intervenuto sugli orari di funzionamento degli apparecchi del gioco d’azzardo (in particolare, videolottery e new slot machine) con il Regolamento 30/2018 e l’Ordinanza sindacale 1512/2018.
Nello specifico, il Regolamento ha dato mandato al Sindaco di determinare gli orari in cui è possibile l’esercizio del gioco in modo da non penalizzare determinate tipologie di gioco a favore di altre e in modo che le fasce di apertura e chiusura siano efficaci per contrastare il gioco in quei momenti della giornata che sono “tradizionalmente e culturalmente dedicati alle relazioni familiari”. L’Ordinanza ha reso operativo quanto previsto nell’atto del Consiglio comunale specificando le fasce di interruzione (7.30-9.30; 12-14; 19-21) degli apparecchi ovunque essi siano collocati. Contro questa normativa ha fatto ricorso una società che gestisce una sala nel territorio comunale lamentando la violazione di diversi profili. Il TAR si è pronunciato prima con l’ordinanza 465/2018 e poi con la sentenza 274/2019 che qui si analizzano.
Le contestazioni rispetto all’istruttoria. Il primo profilo che viene sollevato dal ricorrente è quello relativo all’istruttoria condotta dal Comune di Roè Volciano in premessa al provvedimento. In particolare, oggetto di contestazione sono:
1) la circostanza che i dati riportati non fanno riferimento al territorio del Comune bensì a tutta la provincia;
2) il fatto che la spesa pro capite di 300 euro nel gioco non sarebbe in realtà un dato preoccupante;
3) il fatto che la tendenza di crescita di questa cifra, che il Comune evidenzia, non risulterebbe invece da un esame attento dei numeri.
Il Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo. Il Comune di Roè Volciano ha fatto poi riferimento anche al Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo, col quale l’Ente Locale ha assunto l’impegno di contrastare il gioco. Tuttavia, già con l’ordinanza 465/2018, il TAR di Brescia, chiamato a pronunciarsi in via cautelare, aveva escluso l’ipotesi che questo atto potesse in qualche misura sopperire alla carenza di motivazione (che già in quella sede veniva evidenziata dai giudici, i quali accoglievano la richiesta di sospensione dell’Ordinanza sindacale, rimandando la trattazione del merito a udienza successiva).
La natura derogatoria dell’intervento comunale sugli orari e la necessità di un’istruttoria adeguata. Il TAR di Brescia, con la sentenza in esame, ha di fatto confermato l’indirizzo che aveva già assunto nell’ordinanza cautelare e ha accolto il ricorso della società per quanto attiene il profilo dell’inadeguatezza dell’istruttoria. Il ragionamento del Collegio si fonda anzitutto sulla natura derogatoria degli interventi comunali in materia di orari: viene detto, infatti, che il settore del gioco d’azzardo è già disciplinato dal legislatore (che assicura già un bilanciamento tra i diversi interessi di cui all’art. 41 della Costituzione). Per introdurre limitazioni ulteriori (come quelle sugli orari) è necessario che venga accertata la “concreta necessità” di incidere a livello locale sul fenomeno della ludopatia.
Da un lato, pertanto, è corretto e plausibile, che un Comune decida di introdurre delle limitazioni ulteriori “al fine di preservare altri beni costituzionalmente tutelati, la cui tutela sia demandata all’autorità comunale”; dall’altro, però, ciò è possibile solamente se tali limitazioni “risultino adeguatamente supportate da una compiuta istruttoria”, stante la natura derogatoria di queste prescrizioni rispetto alla normativa generale e benché comunque si ribadisca che effettivamente il problema della ludopatia possa essere ritenuto “ormai un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza” (in questo senso si veda la sentenza del TAR Veneto 982/2017).
L’Ordinanza e il Regolamento. Il TAR di Brescia, procedendo su queste argomentazioni, opera poi una distinzione tra l’Ordinanza e il Regolamento, salvando quest’ultimo e bocciando la prima. Infatti, è solo con l’Ordinanza che si determinano le limitazioni per il privato ed è, quindi, con riferimento a questa che si richiede che l’istruttoria sia completa e dimostrativa della necessità di adottare limitazioni nel Comune (specialmente se consistenti, come ritiene il TAR siano quelle introdotte nel caso di specie, con l’interruzione del gioco per quattro ore e mezza su quindici ore complessive di apertura).
Secondo il Collegio, l’Ordinanza del Sindaco:
1) non dimostra che nel Comune c’è un’emergenza ludopatia, accogliendo in pieno le censure sull’istruttoria proposte dal ricorrente (poco sopra ricordate);
2) non dimostra l’efficacia delle misure anche in relazione all’assenza di misure analoghe nei Comuni limitrofi (onde per cui gli utenti delle sale potrebbero spostarsi).
In definitiva, il TAR in questo caso ha ritenuto insufficiente gli accertamenti istruttori addotti in epigrafe dell’Ordinanza (per un orientamento simile, si veda anche la sentenza del TAR Brescia 930/2018).
Sui requisiti dell’istruttoria, comunque, si deve ricordare che nella giurisprudenza amministrativa sono presenti anche indirizzi che tendono a ridurne l’importanza ai fini della giustificazione dei provvedimenti comunali (ad esempio, tra le più recenti, si veda la sentenza del Consiglio di Stato 1200/2020 e quella del TAR Lazio 1414/2019).
L’uniformità degli orari tra tipologie di esercizi. Un altro motivo di ricorso che il ricorrente solleva è quello relativo alla disparità di trattamento che si crea imponendo un orario unico e indifferenziato per tutte le tipologie di esercizi commerciali. Il TAR in questo caso boccia le richieste della società, affermando che l’uniformità degli orari per gli apparecchi ovunque installati costituisce invece presupposto per l’efficacia della misura stessa, posto che altrimenti la trasmigrazione degli utenti da un’attività all’altra vanificherebbe ogni sforzo.
La sanzione della sospensione in caso di recidiva nella violazione. Il ricorrente infine solleva una censura rispetto all’introduzione di una sanzione sospensiva in caso di recidiva nella violazione delle misure limitative degli orari. Anche in questo caso, però, il TAR respinge il ricorso, affermando che:
1) l’Amministrazione comunale può applicare l’art. 10 del TULPS (che prevede le ipotesi di sospensione delle autorizzazioni) in caso di abuso: nell’argomentazione i giudici richiamano la sentenza 450/2017 del medesimo Collegio;
2) il Comune ha la facoltà di stabilire quali comportamenti siano qualificabili in termini di abuso;
3) in questo caso il Comune ha semplicemente esercitato questa facoltà, definendo come abuso la violazione della normativa in esame per due volte in un anno, il che non appare irragionevole.
Il caso del Comune di Brescia. Una questione simile a questa si è presentata nel Comune di Brescia: qui infatti nel Novembre del 2017 e nel Marzo del 2018 sono stati adottati rispettivamente il Regolamento e l’Ordinanza per disciplinare il gioco d’azzardo, in particolare con introducendo con quest’ultima gli stessi orari di sospensione del gioco del caso appena analizzato.
I ricorrenti hanno proposto delle censure simili, fondate essenzialmente sulla carenza di istruttoria e sull’insufficienza del riferimento al Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d’azzardo a giustificazione delle limitazioni. L’iter ha visto anzitutto la pronuncia del TAR di Brescia, in sede cautelare, con l’ordinanza 151/2018. Anche in questo caso il Collegio ha bocciato le misure introdotte per insufficienza dell’istruttoria e carenza di motivazione, evidenziando l’assenza sia di dati specifici relativi alla situazione nel Comune di Brescia sia di indicazioni scientifiche comprovanti l’utilità delle misure.
A seguito di questa pronuncia il Comune di Brescia ha deciso di annullare in autotutela l’ordinanza sindacale: la sentenza 677/2018 con cui il TAR di Brescia si è pronunciato nel merito della questione, pertanto, non ha fatto altro che dichiarare improcedibile la parte del ricorso relativa all’Ordinanza ormai espunta, e ha comunque bocciato le altre doglianze presentate dai ricorrenti.
Il caso di Manerbio. Infine, si deve anche dar conto di un’altra notizia: il Comune di Manerbio, che aveva introdotto limitazioni al gioco con fasce orarie uguali a quelle dei casi appena visti, dopo il ricorso di alcuni esercenti e alla luce delle pronunce del TAR Brescia ha scelto di revocare l’ordinanza evitando così il giudizio.
- IL TAR DI BRESCIA BOCCIA LE LIMITAZIONI ORARIE INTRODOTTE DAL SINDACO DI CAVERNAGO (Bergamo)
La normativa. Il Regolamento del Comune di Cavernago 12/2018 ha previsto all’art. 6 che il funzionamento degli apparecchi da gioco (del tipo new slot e videolottery), ovunque essi siano installati, è vietato dalle ore 23 alle ore 9. A questa previsione del Consiglio comunale ha fatto seguito l’Ordinanza del Sindaco 4/2019 con cui gli orari sono effettivamente entrati in vigore.
Il ricorso. Di fronte a queste prescrizioni, una società che gestisce una sala giochi nel Comune di Cavernago ha presentato ricorso dinanzi al TAR di Brescia (che si è pronunciato con la sentenza 684/2020) censurando alcuni profili degli atti impugnati.
La competenza del Sindaco in materia di orari. Innanzitutto, nella sentenza del TAR si ricorda che la competenza rispetto alla limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi del gioco è assegnata al Sindaco, ai sensi dell’art. 50, comma 7 del TUEL: il Consiglio comunale pertanto può soltanto svolgere una funzione di indirizzo in quest’ambito, mentre l’operatività della decisione si determina con l’Ordinanza.
Il coordinamento tra le competenze della Questura e del Comune. Una parte della sentenza è dedicata al tentativo di far luce sul modo in cui le diverse competenze di Questura e Comune in tema di sale gioco si coordinano tra loro. La Questura, infatti, ha il compito di rilasciare l’autorizzazione per l’installazione degli apparecchi per il gioco, mentre il Comune ha la competenza sugli orari di funzionamento degli apparecchi e di apertura delle sale gioco. Le due distinte prerogative, ad avviso di questo TAR, non confliggono tra loro se:
1) i Comuni non arrivano, con le loro determinazioni in termini di orari, fino al punto di cancellare il valore economico delle licenze rilasciate dalla Questura;
2) la Questura non si interessa di valutare gli interessi pubblici di competenza dei Comuni alla base delle limitazioni orarie.
In questo senso, viene ritenuta adeguata la scelta della Questura di operare un semplice rinvio nell’atto di autorizzazione alle disposizioni del Comune, prescrivendone il rispetto al soggetto autorizzato.
L’istruttoria. Nelle premesse dell’Ordinanza del Sindaco vengono riportati tutta una serie di dati relativi al fenomeno della ludopatia; in particolare essi sono riferiti sia alla Provincia di Bergamo e all’Ambito Territoriale di Seriate che al Comune di Cavernago (questi ultimi dati sono stati richiesti all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e ricevuti dopo l’approvazione del Regolamento comunale ma prima dell’Ordinanza). Le risultanze istruttorie mostrano che nel Comune in questione, nel periodo 2015-2018, c’è stata una crescita dei numeri assoluti della raccolta del gioco, di quelli specifici delle giocate con videolottery e la crescita dell’incidenza di queste ultime sul totale del volume di gioco.
Le limitazioni orarie per videolottery e slot. L’Ordinanza, come si è visto, limita gli orari di funzionamento proprio per le videolottery e le new slot. Su questo punto si concentra particolarmente il TAR che esprime alcune considerazioni:
1) i dati mostrano che c’è stata una crescita della raccolta gioco tramite videolottery e dunque l’intervento del Comune in questo ambito “non si espone a censure di disparità di trattamento” pur dovendo gli interventi comunque rispettare il principio di proporzionalità;
2) la modalità di gioco con questi apparecchi è associata a un “rischio potenzialmente severo di ludopatia”;
3) le videolottery sono “giochi a elevato contenuto tecnologico … già regolabile a monte attraverso i programmi informatici” e di ciò il Comune deve tener conto.
Le innovazioni legislative e tecnologiche. Quest’ultimo aspetto risulta decisivo nella decisione che è stata assunta dal Collegio. Infatti, viene detto che se da un lato utilizzando gli strumenti offerti dalla tecnologia è possibile tutelare gli utenti a rischio, dall’altro ciò comporterebbe la riduzione dello spazio di intervento a disposizione dei Comuni, i quali dovrebbero pertanto tenere conto delle innovazioni introdotte sotto questo punto di vista.
E così accade nel caso specifico: l’introduzione con il DL 87/2018 (come convertito) dell’accesso alle videolottery solo con tessera sanitaria (a tutela dei minori), la previsione di formule di avvertimento sugli apparecchi e il monitoraggio attraverso la tecnologia del volume di gioco (anche rispetto alla sua distribuzione territoriale) sono tutti elementi che il Comune avrebbe dovuto tenere debitamente in considerazione prima di emanare la propria disciplina.
Ad avviso del TAR ciò però non è avvenuto: l’Ordinanza avrebbe sottovalutato queste innovazioni legislative adottando “un’impostazione rigida”.
Il rigetto della disciplina. Il risultato sarebbe duplice:
1) quello di aver privato la licenza della Questura di una porzione significativa del suo valore economico;
2) quello di non essere in grado di incidere sul vero problema del gioco patologico, individuato nella “eccessiva durata delle sessioni di gioco individuali”, visto che questa non sarebbe intaccata da una lunga sosta notturna e che invece l’obiettivo potrebbe essere meglio perseguito attraverso l’introduzione di fasce di intervallo durante il giorno.
Da queste considerazioni il TAR fa discendere la conclusione che il Regolamento deve essere riformulato tenendo conto delle indicazioni fornite.
(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)