Premessa. Il Comune di Pavia, prima con l’ordinanza del 23 Ottobre 2014 e poi con il Regolamento approvato con la deliberazione di C.C. n. 10/2018, ha disciplinato limiti orari e distanziometro nel Comune di Pavia. Si prevede, in particolare, che il gioco sia consentito dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 18:00 alle ore 23:00.
Una concessionaria per la gestione del gioco lecito tramite apparecchi ha presentato ricorso al TAR Lombardia avverso tali restrizioni al gioco. In primo grado il ricorso è stato dichiarato inammissibile, ritenendo i giudici che tale concessionaria ricorrente, non gestendo direttamente punti di gioco, non sia portatrice di posizione giuridica differenziata dal resto della collettività.
La legittimazione ad agire. Il Consiglio di Stato, con la sentenza 1674/2024 (riformando quella del TAR) riconosce, invece, la legittimazione ad agire della concessionaria. Infatti, dice il Collegio in appello, la concessionaria si avvaleva di società controllate per la concreta gestione delle sale giochi, che risultavano essere un mero veicolo per l’esercizio dell’attività propria della controllante, che dunque “esercita essa stessa, seppur per il tramite di soggetti controllati, l’attività di gestione del gioco lecito, di cui risulta concessionaria”.
I limiti al gioco introdotti dal Comune di Pavia. Ritenuto così esistente l’interesse ad agire dell’appellante, i giudici di Palazzo Spada respingono nel merito le doglianze della concessionaria. In primo luogo, non vanno annullati i provvedimenti comunali per asserito contrasto con l’Intesa: essa ha, infatti, natura non vincolante visto che non è stata recepita dal Ministro dell’economia e delle finanze.
Infondato è, inoltre, anche il vizio d’istruttoria lamentato dall’operatore. Il provvedimento, secondo i giudici, è fondato su “un’analisi accurata del fenomeno ludopatico nel territorio del Comune di Pavia, anche con particolare riferimento alla comunità giovanile”. Non rileva, inoltre, la circostanza che la maggior parte dei dati si riferisca al 2013 (anno antecedente alla prima ordinanza): spiegano i giudici, infatti, che “ma la circostanza che nei successivi anni il quadro sia leggermente migliorato conferma, invece che smentire, l’efficacia delle limitazioni apportate e la necessità di mantenerle a fronte della perduranza del fenomeno”.