Premessa. Il Sindaco di Ventimiglia, con l’ordinanza 220/2018, ha disciplinato l’orario di funzionamento degli apparecchi cd. newslot, consentendone l’uso dalle ore 19,00 alle 24,00 e dalle 00,00 alle 7,00 di ogni giorno.
Un esercente nel settore della raccolta gioco ha presentato ricorso avverso l’ordinanza: dapprima il TAR Liguria (sentenza 972/2019) e poi il Consiglio di Stato (sentenza 7345/2023, che qui si analizza) hanno respinto le doglianze dell’imprenditore confermando la disciplina oraria del Comune.
Gli interessi in gioco e i poteri del Sindaco. Per prima cosa il Consiglio di Stato fa una sorta di ricognizione dei plurimi interessi in gioco. Da una parte, quelli privati dei gestori, che tendono alla massimizzazione dei loro profitti invocando i principi costituzionali di libertà di iniziativa economica e di libera concorrenza e il principio dell’affidamento; dall’altra, quelli pubblici e generali, relativi alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, della quiete pubblica, e della salute dei cittadini. In questo bilanciamento di interessi, il Consiglio di Stato riprende la sua giurisprudenza (sezione V) che ha riconosciuto la legittimità delle ordinanze sindacali che stabiliscono, per le tipologie di gioco, delle fasce orarie di interruzione quotidiana.
Ciò avviene, in concreto, con l’esercizio da parte del Sindaco del potere di cui all’art. 50, comma 7, TUEL (come pacificamente riconosciuto anche dalla Corte costituzionale) che, consentendo al Primo cittadino di regolare l’articolazione dell’orario di apertura dei locali, a maggior ragione, secondo il Collegio, gli permette di disciplinare, come in questo caso, anche l’orario di accensione e spegnimento degli apparecchi da gioco.
L’istruttoria. Premette il Consiglio di Stato di condividere quanto afferma la difesa comunale, quando sottolinea che “la diffusione indiscriminata di fenomeni di dipendenza da gioco nasce dalla presenza di apparecchi in tipologie assai varie di locali pubblici, non destinati esclusivamente al gioco d’azzardo ma, anzi, destinati in via principale e prevalente ad attività di ordinaria e abituale frequentazione”.
In questo contesto, specifica il Collegio, un’ordinanza sindacale di regolazione degli orari non può considerarsi viziata da deficit di istruttoria o di motivazione soltanto perché il numero dei giocatori ludopatici non è in assoluto elevato, poiché ciò che massimamente va considerato è la tendenza registrata nel periodo considerato, la quale, da sola, induce allarme negli enti pubblici preposti alla tutela della salute e giustifica pertanto l’adozione di misure restrittive.
L’istruttoria condotta nel caso specifico, che annoverava anche i dati dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale delle Dipendenze, i dati di AAMS sul giocato pro-capite e i dati dell’ASL sul numero di persone in carico con diagnosi di Disturbo da gioco, è ritenuta solida dai giudici.
Le misure inoltre sono anche proporzionate, secondo il test di proporzionalità, perché in potenza capaci di conseguire l’obiettivo prefissato, ossia il contrasto a quel disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale.
Le garanzie partecipative. Infine, il Collegio conferma che l’ordinanza sindacale che introduce una nuova disciplina degli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali, trattandosi di atto di regolamentazione a contenuto generale e a valenza sostanzialmente regolamentare, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, respingendo così anche la doglianza relativa all’asserita violazione delle garanzie partecipative.