Premessa. La Legge Regionale 5/2013 dell’Emilia-Romagna prevede il distanziometro per l’esercizio delle sale gioco e delle sale scommesse con riferimento ai locali che si trovino a una distanza inferiore a 500 metri, calcolati secondo il percorso pedonale più breve, da una serie di luoghi sensibili. Con la DGR 831/2017 la Giunta Regionale ha vincolato i Comuni ad eseguire una mappatura del proprio territorio e a disporre la delocalizzazione ovvero la chiusura degli esercizi a distanza irregolare.
Nel caso di specie, il Comune di Rubiera (Reggio Emilia) ha prima approvato la mappatura dei luoghi sensibili e poi, con altro provvedimento, ha individuato gli esercizi situati a distanza non consentita da questi luoghi sensibili.
Con riferimento alla sala giochi ricorrente in giudizio, il Comune con ulteriore provvedimento ha chiesto la delocalizzazione o la chiusura per mancato rispetto del distanziometro.
Il TAR Parma, con la sentenza 29/2022 (qui la scheda di sintesi), aveva confermato il provvedimento comunale, rigettando in primo grado il ricorso dell’esercente.
In appello, il Consiglio di Stato, con la sentenza 3624/2024 che qui si analizza, ha riformato la pronuncia di primo grado accogliendo le doglianze dell’operatore.
Il calcolo delle distanze e il Codice della Strada. Il Collegio ricostruisce innanzitutto le argomentazioni addotte dal TAR, che aveva considerato legittima la scelta comunale di tenere conto del percorso più breve percorribile dai pedoni per il raggiungimento della sala giochi partendo dal luogo sensibili: infatti, secondo i giudici di primo grado, secondo “l’id quod plerumque accidit, a fronte di due percorsi alternativi entrambi possibili per raggiungere un luogo partendo da un altro, è ragionevole attendersi che i pedoni percorrano la via più breve”.
Il ricorrente, tuttavia, aveva argomentato che tale percorso più breve avrebbe comportato due violazioni del Codice della Strada.
Secondo il Consiglio di Stato, “nel compiere il calcolo del percorso … non si può considerare un percorso legittimamente non percorribile”. Nel caso di specie, in particolare, la “misurazione eseguita dal Comune presuppone” secondo i giudici, “che i pedoni attraversino la strada in un punto non consentito”: solo con questo “taglio” nel percorso pedonale, la distanza sarebbe inferiore a 500mt (rendendo applicabile il distanziometro), mentre considerando il percorso corretto secondo le prescrizioni del Codice della Strada la distanza arriverebbe a 523mt.
Il Consiglio di Stato, dunque, accoglie il ricorso, poiché il calcolo deve essere effettuato “nel rispetto delle norme del Codice della Strada, e in particolare dell’art. 190 … concernente la circolazione dei pedoni” ai quali non è consentito l’attraversamento in punti privi di strisce pedonali, benché ciò accorci il percorso che essi devono compiere per arrivare a destinazione.