La normativa e il caso. Il Comune di Ravenna, con la deliberazione del Consiglio comunale n. 37 del 10 aprile 2018 ha effettuato la mappatura dei luoghi sensibili, in ottemperanza alla legge regionale 5/2013.
Nel caso in esame, una sala slot/vlt operante nel territorio comunale di Ravenna è stata oggetto di un provvedimento di chiusura per mancato rispetto delle distanze minime da un luogo sensibile (nello specifico, un Istituto Scolastico).
La sala slot/vlt ha quindi presentato ricorso dinanzi al TAR per l’Emilia-Romagna, impugnando la deliberazione consiliare e i provvedimenti di chiusura a essa diretti; il TAR si è pronunciato nella sentenza 476/2021 che qui si analizza.
Il regime di doppio binario. La società ricorrente, innanzitutto, presenta un motivo di ricorso rispetto alla qualificazione della deliberazione del Consiglio comunale: secondo la prospettazione della sala giochi, infatti, l’atto con cui il Comune di Ravenna ha proceduto a mappare i luoghi sensibili, a dispetto del nomen juris, dovrebbe essere ricompreso tra le deliberazioni di pianificazione in materia urbanistico-territoriale, avendo esso finalità di tutela non solo della salute, ma anche della qualità ambientale del territorio in senso lato. Secondo questo approccio, come per le altre deliberazioni di pianificazione urbanistico-territoriale, tale atto andrebbe assoggettato al regime di “doppio binario”, con la conseguente suddivisione in due distinti procedimenti delle fasi di adozione e di approvazione dell’atto pianificatorio.
Il TAR respinge questo motivo di ricorso: “l’atto consiliare impugnato è attuativo della specifica materia della disciplina regionale della lotta alla ludopatia di cui alla L.R. Emilia – Romagna n. 5 del 2013 (…) la cui ratio è diretta esclusivamente alla tutela della salute dei cittadini”, e pertanto “in nessun caso può essere assimilato agli atti comunali di pianificazione urbanistica”. Non soggiace, dunque, al regime di doppio binario.
Il sistema di calcolo della distanza. Il TAR respinge anche la censura del ricorrente in merito al criterio di calcolo della distanza tra la sala in questione e il luogo sensibile: il fatto che il Comune di Ravenna abbia dichiarato espressamente di avere utilizzato il criterio distanziometrico del c.d. “doppio – raggio”, apportando alcuni accorgimenti e modificazioni in modo da renderlo utilizzabile ed oggettivamente raffrontabile con il metodo del “percorso pedonale più breve” espressamente indicato dalla legge regionale 5/2013, non genera alcun problema nel caso specifico, dal momento che con entrambi i metodi la distanza tra i due siti risulta inferiore ai 500 metri previsti per legge.
La ratio del distanziometro. Il TAR si esprime, inoltre, sulla ratio complessiva dei provvedimenti relativi al distanziometro. In particolare, i giudici sottolineano che la normativa regionale in tema di distanze “ha la chiara ratio di contrastare la ludopatia e di tutelare la salute dei cittadini, mediante interventi e misure di prevenzione della dipendenza da gioco” e per questo motivo l’intervento avviene su “un interesse pubblico oggettivamente di rango superiore a quello del privato all’esercizio dell’attività di gioco”.
Non sussistono dubbi sul fatto che, in base alla normativa regionale, il Comune abbia “il potere di dettare disposizioni di carattere socio sanitario, finalizzate a combattere il fenomeno della ludopatia”, come quelle previste nel caso di specie; si sottolinea, infine, che tali misure “sono oggettivamente proporzionat[e] e soprattutto rispettos[e] dei principi di libertà economica privata di cui all’art. 41 Cost. e di tutela della concorrenza di derivazione europea”.
L’effetto espulsivo. Il ricorrente lamenta, inoltre, che la mappatura dei luoghi sensibili determinerebbe un vero e proprio effetto espulsivo delle attività del gioco dal territorio comunale, non potendosi individuare zone all’interno della città in cui potersi insediare.
Il Collegio respinge anche questa censura: anzitutto, si dice, una precedente deliberazione del Consiglio comunale individua almeno due diversi Ambiti Territoriali del Comune di Ravenna in cui sarebbe possibile procedere con l’insediamento di sale giochi. A ciò si aggiunge che la consulenza tecnica di parte sul punto asserisce che le attività del gioco possono trovare spazi utili nello 0,23% del territorio comunale.
Seguendo l’insegnamento del medesimo TAR (tra cui la sentenza 703/2020), l’accertamento dell’esistenza anche di una pur minima disponibilità di aree idonee alla localizzazione di tali attività di gioco d’azzardo lecito nel territorio comunale è fatto idoneo a determinare il non verificarsi del c.d. “effetto espulsivo”.
L’autotutela. La sala slot, oltre alla deliberazione consiliare contenente la mappatura dei luoghi sensibili e al provvedimento di chiusura della sala stessa, solleva un ulteriore motivo di ricorso rispetto al diniego del Comune di operare in autotutela per annullare il provvedimento di chiusura dei locali della ricorrente.
Il TAR respinge anche questo motivo di censura: infatti, dicono i giudici, è corretta la scelta del Comune di non intervenire in autotutela poiché, sul versante delle tempistiche, è stata la sala giochi a scegliere di “non avvalersi della possibilità di delocalizzare la propria attività” e di non presentare “l’istanza di riapertura dei termini per presentare istanza di delocalizzazione dell’attività di impresa”.
In altri termini, poiché la legge regionale dell’Emilia-Romagna consente agli esercenti del gioco che debbono chiudere i locali di beneficiare di proroghe semestrali per procedere alla rilocalizzazione delle attività, il fatto che “sulla base di proprie scelte e strategie imprenditoriali” la sala in esame non abbia usufruito di tale opportunità non le consente poi di richiedere legittimamente l’annullamento in autotutela del provvedimento di chiusura.
(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)