Premessa. Il Comune di Capua, con ordinanza commissariale n. 2 del 21 Dicembre 2018, ha stabilito gli orari di esercizio delle sale gioco e di utilizzo degli apparecchi: in particolare, l’utilizzo di tali apparecchi è consentito per otto ore nell’arco della giornata, distribuite tra mattina e pomeriggio e con intervalli diversificati in ragione dell’avvio dell’anno scolastico; nelle ore di sospensione del funzionamento, tali apparecchi devono essere spenti tramite l’apposito interruttore ed essere mantenuti non accessibili.
Il gestore di una sala scommesse in cui sono installati anche apparecchi da gioco ha sollevato ricorso al TAR Napoli, che si è pronunciato, rigettando il ricorso dell’esercente, con la sentenza 6189/2022 che qui si analizza.
Le competenze. In primo luogo, i giudici ribadiscono come non sussistano dubbi in ordine alla competenza del Sindaco di disciplinare gli orari di esercizio delle sale gioco, in ragione dell’art. 50, comma 7 del TUEL, confermato anche dalla Corte costituzionale con la sentenza 220/2014.
Il TAR si esprime, inoltre, anche sul rapporto tra ordinanza sindacale ed indirizzi espressi dal Consiglio comunale: questi ultimi, ai sensi sempre dell’art. 50, comma 7 del TUEL sono vincolanti per il Sindaco solo qualora siano già stati espressi. La mancata formulazione di tali indirizzi, come nel caso di specie, non paralizza l’attività del Sindaco, ma comporta per lui un legittimo e più ampio dispiegamento della propria discrezionalità nell’individuazione delle misure ritenute più efficaci in relazione alle finalità perseguite.
I giudici confermano, inoltre, che la richiesta di parere obbligatorio all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di cui all’art. 34, comma 5, del Decreto “Salva Italia” non riguarda gli atti amministrativi e che né questa disposizione, né lo stesso art. 50, comma 7 del TUEL, impongono qualsivoglia forma di consultazione delle associazioni di categoria. Tale evenienza, peraltro, va comunque esclusa ai sensi dell’art. 13 della legge 241/1990: trattandosi di atto generale, infatti, la fattispecie è soggetta all’esonero dalle garanzie partecipative.
L’istruttoria. La legittimità dell’ordinanza è confermata anche sul piano dell’istruttoria: i giudici ribadiscono che i dati raccolti dal Comune confermano l’elevato numero di macchinette per il gioco presenti nel territorio comunale e l’aumento delle patologie connesse al gioco.
La diffusione della ludopatia, in ogni caso, come espresso spesso in giurisprudenza, deve essere considerata un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza; del resto, anche i dati riportati in istruttoria devono essere vagliati attentamente, se è vero che il fenomeno è di per sé caratterizzato da una notevole cifra oscura.
Il principio di proporzionalità. Il TAR conferma la legittimità del provvedimento anche sul piano del rispetto del principio di proporzionalità: la libertà di iniziativa economica non è assoluta ed è quindi possibili porre dei limiti senza che da ciò discenda l’assenza di un bilanciamento. Anzi, proprio l’introduzione di fasce orarie dimostrerebbe la considerazione delle esigenze dei privati, posto che permette di non interdire completamente l’iniziativa economica.
Le otto ore di funzionamento consentite dall’ordinanza sono giudicate proporzionate dal TAR rispetto agli obiettivi perseguiti e attuano un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, “non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza”.
Lo scopo dell’ordinanza va individuato nella prevenzione, contrasto e riduzione del rischio di “dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco. La riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è, in altre parole, solo una delle molteplici misure che le autorità pubbliche possono mettere in campo per combattere il fenomeno della ludopatia, che ha radici complesse e rispetto al quale non esistono soluzioni di sicuro effetto”.
Tutto ciò, del resto, è in linea con quanto espresso in sede comunitaria anche dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 10/09/2013 e a livello nazionale dal Decreto Balduzzi. In quest’ultimo, in particolare, si prevedeva anche la “progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta dei punti gioco per tener conto della presenza nel territorio di scuole, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio- ricreativi e sportivi”: in assenza del relativo decreto ministeriale, “le amministrazioni regionali e locali hanno adottato legittimamente, in assenza di una normativa di coordinamento di ambito statale, propri regolamenti in materia”.
Il rapporto tra le misure adottate in Comuni diversi. Il TAR rigetta la censura del ricorrente che contestava la disparità di trattamento rispetto agli operatori di Comuni diversi. Dicono i giudici che “i provvedimenti municipali esplicano la loro efficacia solo nei rispettivi territori” e “pur essendo auspicabile una regolamentazione uniforme della disciplina degli orari di apertura delle strutture in cui si esercita l’attività di gioco o scommessa da parte dei Comuni, allo stato, non sussiste alcun obbligo in tal senso, potendo ogni Comune provvedere autonomamente”.
Anzi, ribadisce il TAR, a fronte del rischio ludopatia, sussiste in capo ai Comuni un vero e proprio obbligo di intervento per limitare le attività di gioco.
Altre censure. Il TAR respinge anche le ulteriori doglianze presentate dall’esercente. Tra queste:
- Non è illogico accomunare gli apparecchi AWP e VLT sul piano delle limitazioni: entrambi sono capaci, in virtù dei sistemi di automazione che li caratterizzano, di creare dipendenza nei giocatori;
- L’obbligo di spegnimento degli apparecchi nel periodo di non funzionamento non contrasta con le prescrizioni poste a carico dei concessionari di rete nella convenzione di concessione sottoscritta con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che impongono il collegamento costante alla rete: non può essere qualificato come inadempimento ad un obbligo convenzionale il rispetto di una prescrizione imposta da un’ordinanza comunale. Occorrerà, semmai, intervenire sulla disciplina convenzionale al fine di rendere omogenee le previsioni;
- L’argomento con cui il ricorrente stigmatizza la mancata valutazione dell’incidenza delle forme di gioco illegali, verso le quali i soggetti ludopatici si indirizzerebbero, prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco, appunto quelle legali, se altre ve ne sono a disposizione;
- In termini generali, ribadiscono i giudici che “se la premessa è quella di voler contrastare il fenomeno della ludopatia, è coerente con essa la decisione di limitare l’offerta (sia pure temporale) di gioco”.