Il distanziometro nei Comuni di Parma e di Rubiera (Re)
I casi. Il Comune di Parma è intervenuto sul tema del distanziometro con le deliberazioni di Giunta Comunale 435/2017 e 181/2018; il Comune di Rubiera con la deliberazione 187/2017. In entrambi in casi si è data attuazione alla normativa regionale dell’Emilia-Romagna che, sul punto, prevede il distanziometro di 500 metri e la mappatura dei luoghi sensibili a cura degli Enti locali.
Una società di che svolge attività di raccolta delle giocate tramite apparecchi, nel caso di Rubiera, e un’altra che esercita l’attività di centro elaborazione dati, nel caso di Parma, si sono viste recapitare dei provvedimenti di chiusura degli esercizi commerciali per violazione delle distanze minime dai luoghi sensibili.
Il TAR di Parma si è quindi pronunciato con le sentenze 29/2022 e 30/2022 che qui si analizzano.
La competenza della Giunta comunale. Il Collegio, innanzitutto, chiarisce la questione della competenza ad adottare gli atti relativi al distanziometro (mappatura dei luoghi sensibili e provvedimenti di chiusura): non viene accolta la tesi dei ricorrenti che mirava a sostenere che la competenza spettasse al Consiglio comunale. Spiegano i giudici, infatti, che “l’attività di c.d. mappatura dei luoghi sensibili non implica alcuna scelta urbanistica in senso stretto, né può ricondursi ad altra materia di competenza del Consiglio Comunale ex art. 42 del TUEL, ma ha come fine prevalente la tutela della salute dei cittadini e può essere ricondotta nell’ambito della competenza residuale della Giunta Comunale ex art. 48 del TUEL”, senza neppure dover passare dal doppio binario adozione/approvazione tipico delle disposizioni urbanistico-territoriali.
Il criterio di calcolo della distanza. Corretto, inoltre, secondo il Collegio, è anche il criterio di calcolo della distanza adottato dal Comune di Rubiera: aver tenuto conto del percorso più breve percorribile dai pedoni per il raggiungimento della sala giochi è, a detta dei giudici, una scelta sicuramente legittima, atteso che a fronte di due percorsi alternativi entrambi possibili per raggiungere un luogo partendo da un altro è ragionevole attendersi che i pedoni percorrano la via più breve e quindi possano anche “tagliare” per un parcheggio (come nel caso di specie), anziché optare per un percorso più lungo.
Sull’effetto espulsivo. In ambedue i casi i giudici non ritengono che dal distanziometro si determini un effetto espulsivo. Nel caso di Parma, in particolare, il TAR ricorda che, in primo luogo, la stessa perizia presentata dal ricorrente dimostra come esistano altri luoghi del territorio comunale in cui è possibile delocalizzare l’attività in questione.
Non è pertinente, inoltre, l’ulteriore rilievo presentato dall’esercente sul piano della non economicità di un eventuale spostamento perché, richiamando CDS 8298/2019, “in presenza della astratta possibilità di delocalizzazione in altre aree del territorio comunale, la sua difficile attuazione in concreto, in ragione del fatto che non risultano esistenti locali commerciali liberi, è elemento irrilevante, in quanto non si tratta di una conseguenza imputabile alla misura restrittiva oggetto di contestazione e, dunque, di una barriera all’ingresso di carattere normativo, ma piuttosto di un impedimento meramente fattuale, dipendente dallo stato di fatto dei luoghi”, non dissimile dalla situazione in cui “viene a trovarsi un qualsiasi operatore economico che intenda reperire un locale commerciale idoneo per avviare una nuova attività commerciale e si trovi di fronte ad un panorama immobiliare in cui tutti i locali commerciali sono già occupati”.
Il principio di retroattività. I giudici respingono, poi, anche la censura che mirava a caducare le prescrizioni comunali sulla base dell’assunta violazione del principio di irretroattività. In primo luogo, viene ricordato come nel nostro ordinamento il principio di irretroattività ha valore assoluto solo in ambito penale; in ogni caso, richiamando CDS 579/2016, viene ribadito che l’esistenza di una pregressa autorizzazione non può comportare “una deroga permanente che sottragga l’operatore all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, quale che siano le vicende e le ubicazioni future del suo esercizio commerciale. Altrimenti, oltre a vanificare la portata della disciplina di tutela, si determinerebbe nel settore, attraverso la sorta di contingentamento o comunque la forte valorizzazione delle autorizzazioni preesistenti che ne conseguirebbero, una distorsione della concorrenza maggiore di quella che potrebbe essere imputata alle distanze minime”.
Peraltro, il Collegio conferma che la legge emiliano-romagnola sul punto è rispettosa del principio di proporzionalità e di contemperamento dei contrapposti interessi prevedendo “non l’immediata cessazione delle attività, ma la delocalizzazione dell’esercizio in altro luogo, con una tempistica congrua a tutela della continuità occupazionale e prorogabile in ragione di particolari esigenze”.
L’applicazione del distanziometro al centro di elaborazione dati. I giudici ribadiscono, inoltre, che stante il disposto letterale dell’art. 1 comma 2 della legge regionale 5/2013 (“ai fini della presente legge si intende per sala da gioco un luogo pubblico o aperto al pubblico o un circolo privato in cui siano presenti o comunque accessibili slot machine o videolottery e tutte le forme di gioco lecito previste dalla normativa vigente”) non vi sono dubbi che le prescrizioni sul gioco (compreso il distanziometro) trovino applicazione anche per i centri di elaborazione dati, i quali, a loro volta, sono ben distinti rispetto ai cd. corner.
La scuola dell’infanzia come luogo sensibile. Infine, viene respinta anche la censura che mirava a escludere le scuole dell’infanzia dai luoghi sensibili: queste, infatti, vanno annoverate tra gli istituti scolastici di ogni ordine e grado (secondo la dicitura della legge) anche alla luce del fatto che “la finalità sottesa alla disciplina concernente la lotta alla ludopatia è quella di evitare che le sale giochi o scommesse, o locali equiparati, siano un luogo di aggregazione per i soggetti potenzialmente vulnerabili”.
Il distanziometro nel caso di un cambio di destinazione d’uso del luogo sensibile
Con la sentenza 28/2022, invece, il TAR di Parma ha accolto il ricorso di un esercente che si era visto recapitare dal Comune di Piacenza, sulla base della deliberazione della Giunta comunale di Piacenza 435/2017 (mappatura dei luoghi sensibili), della determinazione dirigenziale del Comune di Piacenza 822/2018 (integrazione mappatura dei luoghi sensibili) e in attuazione della normativa regionale in materia di lotta alla c.d. ludopatia, un provvedimento di chiusura di una sala giochi e scommesse, essendo quest’ultima situata a una distanza inferiore a 500 metri dal luogo di culto costituito dalla Chiesa Evangelica Cristiana.
Il ricorso viene accolto sulla base del contenuto della deliberazione 40/2017 con cui il Comune di Piacenza ha assentito alla deroga per il cambio d’uso da “Terziario diffuso” a “Sedi di culto – Chiese Cristiane Evangeliche Assemblee di Dio in Italia” con riferimento all’unità immobiliare considerata luogo sensibile. Nel provvedimento, infatti, veniva espressamente affermato che l’utilizzo a “Sedi di culto” dell’unità immobiliare interessata “non costituisce impedimento, alle attività di sala giochi/sala scommesse già presenti ed in attività, a continuare nel loro esercizio”.
(a cura di Marco De Pasquale)